Alba tranquilla
cielo terso
il tubare dei piccioni
il freddo e il duro
delle doghe di una panchina di ferro
sotto il culo
davanti alla statua benedicente del santo
Non si passa mai indenni
attraverso la vita
Ci sono strettoie
passaggi ardimentosi
tormente di ghiaccio
e venti infuocati
Ogni transito infligge ferite,
strappi, dolori lancinanti
Se si sopravvive, tutto passa
Lentamente
Poi rimangono soltanto i segni,
nelle ossa, sulla pelle
e nell’animo
Il tempo è un grande scultore,
disse una scrittrice
da me molto amata
Entro in un bar qualsiasi,
di periferia, forse
e mi confronto con un tizio esaltato
armato di un grosso coltello
Altri presenti
sono tutti ammassati da una parte
spaventati, terrorizzati
Io mi faccio sotto
per cercare di disarmarlo
e ridurlo all’impotenza,
riconducendolo anche
nel terreno della ragionevolezza
(se ciò sia possibile)
Anche io sono spaventato,
terrorizzato,
eppure mi faccio sotto
con finte e controfinte,
schivando più volte la lama
(pur facendomela sotto)
Mettiamo in scena una danza,
io duellante a mani nude
Lo blocco con presa d’acciaio,
lui si divincola,
fissandomi con torvi occhi di fuoco,
e ogni volta la danza riprende
Il tizio mena dei fendenti
e ogni volta mi par di sentire
il sibilo della lama che mi sfiora Whooooosh!
Alla fine, riesco a bloccarlo
ancora una volta
Lo costringo ad allentare la presa
e quel coltellaccio letale
cade a terra con un tonfo,
ma ora rimane la parte difficile
che è quella di ricondurre
quell’esaltato alla ragione,
e per raggiungere quest'obiettivo
occorre neutralizzarlo
in modo radicale
Cogliendo la sua sorpresa,
per essere rimasto privo dell’arma
gli mollo una violenta testata sulla fronte
(la cosiddetta presa di bella),
seguita - quasi in simultanea -
da una potente ginocchiata nei testicoli
Insomma, roba da supereroe
o da super Jeeg Robot
o da un berserker, invasato dallo spirito di Odino
o da beekeeper la cui mission è occuparsi
del benessere dell’alveare
Non mi riconoscevo in questo sogno
Mi guardavo agire,
come fossi stato il personaggio di un film
The Beekeeper è un film del 2024 diretto da David Ayer. I Beekeepers sono un'unità scelta di agenti operativi incaricata di correggere le anomalie e i pericoli presenti all'interno della società...
«Perché si vede sorgere d'un tratto la sagoma della nave dei folli, e il suo equipaggio insensato che invade i paesaggi più familiari? Perché, dalla vecchia alleanza dell'acqua con la follia, è nata un giorno, e proprio quel giorno, questa barca?
[…]
La follia e il folle diventano personaggi importanti nella loro ambiguità: minaccia e derisione, vertiginosa irragionevolezza del mondo, e meschino ridicolo degli uomini.»
Siamo barcaioli al governo
d’una imbarcazione che naviga,
sempre, senza sosta,
senza mai gettare l’ancora,
sempre stipata all’inverosimile
delle sue capacità
I posti a disposizione dei passeggeri
devono sempre essere tenuti occupati
Uno spazio vuoto a bordo é causa di squilibrio
Se uno per sfiancamento o a fine corsa scende,
un altro deve immediatamente rimpiazzarlo
I vuoti devono essere subito colmati
Uno sale, uno scende
Uno scende e un altro sale
Soffriamo di horror vacui
Questa nostra nave deve sempre viaggiare al massimo del suo carico
Si viaggia senza meta
oppure si sta alla fonda,
per giorni e giorni
Sia che siamo fermi
sia che siamo in movimento
siamo sempre un piccolo avamposto
sperduto nel mare deserto
in attesa di qualcosa che non arriverà mai
e senza poter mai giungere in un porto che sia vero e tale
Il fatto è che il viaggio mai è l’obiettivo principale
anche se ci dicono che lo sia
Noi siamo la ciurma
Noi siamo gli esecutori
Tra noi ci sono i comandanti
Ma ci sono anche i serventi ai pezzi,
i cambusieri, i cuochi e i manutentori
e anche gli agrimensori,
per non parlare degli storiografi
e dei geografi e degli ortolani
Noi guidiamo la nave
e governiamo i passeggeri
preoccupandoci di far sì che, per loro,
il periodo del traghettamento
trascorra nel modo migliore
È un traghettamento fine a se stesso
Non c’è una vera meta
Non c’è un passaggio evolutivo
I nostri passeggeri sono qui,
giusto per essere messi da qualche parte,
perché non c’è un’altra parte
dove possano stare
e quindi è stabilito
che debbano stare sulla nave
La nave viaggia ma,
nello stesso tempo, non viaggia
perché è radicata al fondo del mare
da catene d’acciaio
È incagliata su di una secca,
ma scenari mobili
danno di continuo l’illusione del movimento
Le vele schioccano,
gonfiate da alisei costanti
A tutti i passeggeri viene detto “Stai qua!”
oppure “Sulla nave farai il tuo percorso!”
Ma loro non lo sanno che saranno obbligati
a stare sempre fermi,
per giorni, per settimane,
per mesi e per anni,
e noi con loro
Loro diventando ogni giorno più vecchi
e noi altrettanto
Tra i passeggeri ci sono i ritrosi
ed anche i riottosi,
i disturbatori,
i manipolatori,
i prepotenti e i violenti
Noi governiamo la nave,
la ciurma allo sbando
e i passeggeri, a colpi di frusta,
con fruste di parole e di opere,
con pillole, capsule e gocce a tempesta
Ogni tanto qualcuno scende
Ogni tanto qualcuno sale
Noi siamo sempre a bordo
Siamo il team che si occupa della Narrenschiff,
ma non siamo i soli naviganti:
assieme a noi molti altri
a bordo di tante altre piccole navi
in navigazione senza meta,
le navi dei folli,
senza meta e senza tempo,
a prendere tempo,
a far trascorrere il tempo,
a governare le diversità
per cui altrove non c’è posto
e poi si vedrà
La nave dei folli ( Das Narrenschiff) è un'opera satirica in tedesco alsaziano di Sebastian Brant, la cui prima edizione fu pubblicata nel 1494 a Basilea. Composta da una serie di 112 satire brevi...
Ero indaffarato
Facevo cose
Incontravo persone
Andavo a giro in posti diversi
Tornavo a casa
Uscivo
Rientravo
Prendevo un libro
Lo posavo, dopo aver letto alcune pagine
Salivo sulla cima d’un alto edificio
Mi sporgevo a guardare giù
oltre la ringhiera
Osservavo i gabbiani in volo planato
Pensavo che mi sarebbe piaciuto
possedere un paio di ali
e librarmi con loro
oppure scendere in picchiata
per poi risalire
Tornavo giù
scendendo lungo strette rampe di scale
gradino per gradino Tump Tump Tump
Questo era il suono della mia pesantezza
Poi mangiavo, anche
o sgranocchiavo
E poi ripetevo
Ripetevo
Ripetevo
Leggevo e facevo una partitella a scopa
Preparavo merende succulente
Poi uscivo a condurre a passeggio il cane
(oppure era lui a condurre me)
Inciampavo e cadevo rovinosamente
a terra, come un sacco di patate
Mio figlio che era con me mi diceva: Papà, prima d’ora
non ti ho mai visto cadere!
Capita, sì, che all’improvviso
un figlio assista alla caduta a terra del padre
per un improvviso acciacco
o per un inciampo
e che ciò rappresenti un’epifania
Ricordo che mio padre cadde davanti a me
mentre andavamo in bici,
io ancora alle prime armi,
lui esperto ciclista e mio ruvido istruttore
Lui cadde, io no
Fu questa una premonizione?
Forse
Non so
Eppure
Quando mi sono rialzato,
mio figlio era preoccupato
e mi s'è fatto vicino
offrendomi la sua spalla
come appoggio
Non ce n'era bisogno, a dire il vero,
ma il gesto ha avuto un senso
Ho visto poi un grosso e grasso lombrico
strisciare sul pavimento,
vicino al muro
Si arricciava e si distendeva,
procedendo lentamente nel suo viaggio avventuroso
Cercavo di raccoglierlo,
senza fargli del male,
per portarlo in un terrario
oppure nel luogo del compostaggio
Ancora una volta mi son fermato
al cospetto dell’albero orecchio
e gli ho parlato
con parole silenziose
e lui mi ha risposto
Ho voluto fermarmi
accanto ad un altro albero possente,
toccare la scabra superficie del suo tronco
per sentirne la forza
e poi abbracciarlo
per un contatto rigenerante
Anche questo ho sognato
in questa notte di pochi sogni
Appena mi son messo in clinostatismo e ho poggiato la testa sul cuscino, sono subito crollato in un sonno profondo
Non ho avuto nemmeno il tempo di pensare, oppure di pormi la domanda se avessi voglia di leggere per un po’
La transizione dalla veglia al sonno è stata immediata e senza consapevolezza, repentina come quando si muove un interruttore da on a off
Ho dormito per diverse ore di seguito, contrariamente alle mie abitudini, e quando mi sono risvegliato il traghettamento dalla notte al giorno era quasi compiuto
Ho sognato vividamente, ma ricordo solo frammenti
In uno di essi ero al lavoro e, al mio arrivo, constatavo che la disposizione dei mobili dell’ambulatorio era stata mutata senza criterio
Mi rendevo conto che nel modo in cui gli arredi erano disposti adesso non mi ci ritrovavo assolutamente
Cercavo di ripristinare allora la vecchia disposizione, ma andavo incontro a non poche difficoltà pratiche e, dopo ogni tentativo, il risultato raggiunto non rispecchiava mai nemmeno per un po’ la disposizione originaria… anzi era peggiorativo.
Tutto ciò era molto frustrante
In un frammento successivo, mi recavo in una banca per discutere di alcune importanti questioni
Stranamente, la banca si trovava al 12º piano di un grattacielo e per arrivarci bisognava prendere un ascensore superveloce
In attesa c’era un sacco di gente e non era semplice potere entrare in uno degli ascensori del grande atrio a disposizione dei visitatori, a meno di non fare il furbetto
Ero in compagnia di altri: formavamo un gruppuscolo di tre e dovevamo salire assieme, senza separarci. Ciò rendeva le cose più complicate
Ricordo confusamente il momento in cui riuscivo a sgattaiolare dentro l’ascensore mentre la porta scorrevole stava per chiudersi
Compivo una vera e propria acrobazia per insinuarmi dentro senza essere schiacciato dalla porta mobile che era, con molta evidenza, sprovvista del consueto meccanismo di arresto di sicurezza automatico
Ricordo anche che, una volta dentro, a forza di braccia - come un energumeno - impedivo alla porta scorrevole di chiudersi definitivamente e - anzi - riuscivo ad allargare il varco così da consentire alle altre due persone con me di entrare dentro anche loro
Quelli che già erano in attesa all’interno guardarono la mia entrata e le successive acrobazie con palpabile disapprovazione
Ma a quel punto eravamo dentro e riuscivamo a salire
Giunti al piano, ci addentravamo in un dedalo di uffici sino ad arrivare a quello che io cercavo
Dovevo confrontarmi con un impiegato malmostoso e scostante
Spiegavo il motivo della mia visita, ma non ottenevo alcuna risposta utile
Anzi, dirò di più, l’impiegato si insospettiva poiché considerava i miei motivi non plausibili e pretestuosi e cominciava guardarmi con sospetto, insinuando che l’utilizzo dell’ascensore da parte mia fosse stato illegittimo e sottolineando che l’uso di esso era riservato soltanto ai clienti che avessero un motivo valido per rivolgersi a lui
E io gli chiedevo: "Qual è un motivo valido? Come si fa a stabilire cosa sia valido e cosa non lo è?"
Quello rispondeva: "É a mio insindacabile giudizio! Io sono arbitro e giudice! Io sono Dio e le mie decisioni sono senza appello!"
Capivo che di là dovevo scappare immediatamente e cominciavo a cercare una via di fuga visto che l’uso dell’ascensore mi era ormai precluso per la decisione (o sanzione) presa da dio in persona
Capivo che avrei dovuto scendere usando le scale
Avrei potuto farlo se solo avessi saputo dove fossero, ma la porta che conduceva ad esse era ben mascherata, né vi erano cartelli che segnalassero vie di fuga in caso di pericolo
L’unica alternativa era calarsi con una corda o con altri mezzi di fortuna: ma questa era sicuramente una soluzione acrobatica che non mi si addiceva per nulla (e non mi si addice nemmeno da sveglio)
Mi accostavo ad un finestrone e spingevo il mio sguardo verso l’alto, osservando il grattacielo di fronte che si stagliava su di uno sfondo di cielo blu abbacinante
Mi accorgevo che sul tetto di quell’edificio vi erano delle automobili che facevano manovra come se là, su quella stretta terrazza, vi fosse un parcheggio d’auto
Mi chiedevo come quelle vetture fossero arrivate lì
Capivo anche che l’unica altra alternativa per andare via di lì potesse essere ascendere verso l’alto, sì da raggiungere il tetto-parcheggio di quell’altro edificio e da lì prendere un taxi
Sono in una scuola
Forse è proprio quella di Gabriel
Ci è stato detto di portare, ad integrazione del cibo distribuito in mensa, qualcosa in più che possa servire per merende estemporanee
Ognuno ha portato quel che poteva
Tipo: formaggini, prosciutto cotto affettato, salamelle, stick di salame, bocconcini di salame, formaggi vari, brioscine, merendine, biscotti e biscottelli, frutta secca e altro
Alcuni anche torte e pietanze preparate in casa
Ciò che è deteriorabile lo mettiamo in un frigorifero messo dalla Direzione a disposizione dei genitori
Tutto il resto viene collocato in una dispensa
Mentre facciamo queste operazioni dobbiamo indossare mascherine e guanti di lattice per evitare moleste contaminazioni
Poi, ad un certo punto, finisce il tempo della scuola e, allora, ogni genitore cerca di recuperare ciò che ha portato (almeno quanto è rimasto)
E sempre indossiamo mascherine e guanti di lattice (blu oppure rossi, ambedue i colori di prammatica)
Ma è tutto un grande pasticcio
Si crea un ressa attorno a quel piccolo frigorifero
Tutti quanti vorrebbero riprendere ciò che spetta loro
Tutti si affollano davanti allo sportello
Infilano le mani dentro, frugano e rovistano, con un’inaudita impellenza di modi
C’è chi riesce nell’intento e se ne va via con un sacchettino colmo delle proprie cose (ma anche di ciò che non appartiene loro)
Altri non riescono nell’intento e non trovano nulla, probabilmente perché le proprie cose sono finite nei sacchetti di altri più rapaci e più capaci nell’arraffare
C’è una lunga storia a questo riguardo
Io, in particolare, mi ritrovo tutto il tempo a trafficare attorno a questo piccolo frigorifero: tiro fuori le cose, le esamino, le rimetto dentro, le riesco, ma c’è sempre qualcosa che non mi soddisfa del tutto
Chiamo Gabriel perché mi dia una mano, ma è irreperibile
Sta giocando con i suoi amici e non mi ascolta
Devo fare qualcosa per la quale è fondamentale il suo aiuto
Quindi, mi sento come paralizzato
Non posso procedere
Tengo in mano una sportina che contiene alcuni degli item, delle cose deteriorabili e temo che possano rovinarsi, se dovessero rimanere fuori dal frigo troppo a lungo
Molta confusione e inconcludenza
Dissonante cacofonia
Il solito caos
Motociclette rombanti in modo molesto
Auto con i gas di scarico a manetta
Monopattini elettrici
sfreccianti da tutte le parti
anche sui marciapiedi e contro mano
(loro non rumoreggiano,
ma è come se lo facessero)
Marciapiedi rotti,
cervelli rotti
che è impossibile rabberciare
Detriti
Plastiche
Pietre sparse
Macerie
I cieli ingombri di nubi
e di gabbiani che veleggiano
Fa caldo
per essere un giorno di aprile,
malgrado una veloce puntata in basso
della temperatura
nei giorni scorsi
Ma tanto è bastato
perché le montagne lontane
sì ammantassero di neve
Il meteo è impazzito
C'è un profondo contrasto tra i diversi piani
Non c'è più scampo
Non c'è via di fuga
E ora bussano alla porta
Bussano una seconda volta
(sarà forse il postino
che sempre bussa due volte?)
(e se fosse il postino,
buone nuove, cattive nuove)
Ma poi bussano una terza volta
(e allora non è più il postino)
Dopo di che
è un martellio costante
che giunge alle mie orecchie
Tuppuliano
Tuppuliano
Chi sarà mai il misterioso tuppuliatore?
(Forse è il destino
che bussa alla mia porta)
Ora vado ed apro
Non vedo l’ora di sapere
ciò che mi aspetta
Notte di sonno opaca
Sonno profondo, però,
di riposo e rigenerazione
Sono qua adesso,
sveglio, nel cuore della notte,
mentre l’alba si approssima
In un angolo della stanza
c’è della lanugine che s’è accumulata
nel corso dei giorni
ed anche il cadavere d’una grossa mosca
Mi riprometto di fare le pulizie
da giorni
e sempre mi ritrovo a rimandare
Dovrò pur farlo prima o poi
Più che la lanugine
a disturbarmi
è la mosca morta
Chi sa perché
Ho sognato e nulla ricordo
Ero da qualche parte
Facevo delle cose
Reiteravo e ripetevo
Ho camminato
Ho corso
Ho pedalato per le vie della città
Talvolta ho parlato,
pronunciando qualche parola sparuta
ma il mio interlocutore era sempre
ombra, fantasma,
ineffabile traccia
E dunque ero sempre solo
Compensavo, allora, parlando da solo,
dicendo, emettendo suoni,
ingoiando parole e masticandole,
una alla volta
come chicchi d’uva succosi
oppure sputandole fuori
come gli acini rimasti
che, tra i denti,
danno fastidio e vanno eliminati
Volevo anche scrivere
ma cosa, poi?
Le parole sfuggivano da tutte le parti
Non ne avevo più alcun controllo
Controllo versus creazione
Creatività impossibile Mission impossible
Attesa
Verranno giorni migliori
Oppure no!
Segnali di resa, di caduta
o forse anche d'inarrestabile decadenza
L’Impero Romano,
dopo aver raggiunto
la sua massima espansione,
crollò e decadde
insidiato dalle orde barbariche
che tuttavia erano anche
afflusso di sangue nuovo
e di vitali nuove energie
Il disordine e il caos
generarono un nuovo ordine
Corsi e ricorsi
Alternanza di fasi
Decadenza e rinascita
Vediamo
cosa ci attende
al prossimo giro di giostra
(14 aprile 2024) Qual é il senso?
Ho sognato che ero in viaggio
(sempre in viaggio sono in sogno!)
e mi ritrovo nello scompartimento di un treno
che fischia e sferraglia
C’è un collega di lavoro, con me,
e nessun altro
Facciamo conversazione
sui più disparati argomenti,
ma non ricordo i contenuti
Altro non ricordo
C’è una vaga scontentezza,
la sensazione di non aver centrato gli obiettivi,
una vaga percezione di aver perso,
di essere uno sconfitto,
uno che ha percorso tanta strada per nulla
Penso al figlio grande: un senso di sconfitta
Penso al piccolo: altrettanto,
anche se ho la certezza
che mi vuole molto bene per adesso
Penso di aver perso tempo
a costruire castelli di carte o di sabbia
Il vento con il suo primo refolo
farà crollare l’edificio di carte e le disperderà,
così come disperderà per ogni dove
ogni singolo granello di sabbia
Pensavo di avere molto da dire
ma adesso anche quella vena
s’é inaridita
Vedo per terra i cocci di un vaso rotto,
o forse di un’anfora
Non so quando o perché sia caduto
O per colpa di chi
Con molta vividezza, ne vedo i frammenti sparsi
alcuni molto grossi e cospicui
Malgrado ciò, quel vaso
non potrà più essere ricostruito
perché mancano i pezzi più piccoli
che - benché minuscoli -
sono cruciali come chiavi di volta
Sono basito ed esterrefatto,
forse anche annichilito
Tossisco ripetutamente
come per espellere il Male dall’interno
Poi mi fermo e mi ascolto
Ma questa sera non c’è più
alcuna sinfonietta d’autunno o d’inverno
solo il sibilo del vento freddo
che soffia dalle desertiche steppe del Nord
Poi, dopo lunga lotta,
m sono addormentato di nuovo e ho sognato ancora
Ed ero di nuovo in viaggio
mi trovavo in una grande città, forse Londra
Che facevo?
Andavo in giro con altri come un turista rispettabile
La città era sovraffollata, una marea di persone che camminavano indaffarate, mentre altri - evidentemente turisti - giravano con il naso all’insù ed espressioni estatiche nel viso,
guardando e rimirando
Di questi, alcuni scattavano foto,
click click click
ed era sorprendente vedere
quanto usassero loro camere
come dei mitra
Altri ciarlavano
Altri ancora camminavano,
indifferenti a tutto, come zombie
In questo fiume umano
mi sentivo un po’ perso
e con lo sguardo
scandagliavo la folla
alla ricerca di qualche rappresentante della setta dei poeti estinti
Poi, entravamo in un grande spazio che appariva essere un grande negozio oppure una libreria
Propenderei a pensare che fosse una libreria
Ci dicevamo che dovevamo scendere al piano sottostante
E ci facevamo spazio a gomitate nella folla anche qui molto cospicua
Avremmo dovuto, a questo punto, percorrere una stretta scala
per accedere al livello inferiore
Mentre stavamo per imboccare il passaggio, vengo assalito da una donna vociferante e scarmigliata, la quale mi grida diffidandomi dal fare un altro passo soltanto
Ma perché poi?
Forse lo dico a parole, oppure no
Comunque, la donna mi risponde, concitata, sostenendo che non ho chiesto a lei l’autorizzazione di andare, che lei è una scrittrice, che sta facendo la presentazione del suo libro e che merita il dovuto rispetto
Vabbè, faccio io, mi dispiace! Come avrei potuto capire che tu eri la Scrittrice?
Mica ce l’hai scritto sulla fronte e nemmeno su una targhettina spillata sul tuo magro petto!
Così dicendo, proseguo nella mia strada
Percorse le scale, giungo in un ampio spazio, anche questo affollato di persone e qui comincio a parlare del battibecco che si era appena verificato
Faccio una sorta di debriefing psichiatrico, spiegando la rava e la fava del comportamento inspiegabile di quella donna
All’inizio parlo in italiano, ma poi - ricordandomi che siamo a Londra - prendo a parlare fluentemente in inglese
Gli astanti apprezzano la cortesia, anche se avevano già afferrato il senso del mio discorso
Forse, se non l’italiano, conoscevano lo spagnolo
Non so
Mi profondo in lunghi discorsi e spiegazioni che tutti ascoltano un estremo interesse
Nel bel mezzo del discorso compare la donna di prima che ora appare ammansita
Prende partecipare, fa i suoi commenti ed esprime delle controdeduzioni, come in una seduta di psicoterapia
Dopo una lunga session in cui tutto sembra filare per il verso giusto, posso finalmente proseguire il mio percorso che prevedeva di uscire all’esterno
In effetti, il passaggio attraverso la libreria e la discesa di un piano erano soltanto azioni finalizzate a poter entrare nel mondo di sotto
Il mondo sotto-il-ponte
Infatti, uscendo da quella stanza sovraffollata, mi ritrovo sotto delle enormi arcate per descrivere le quali non trovavo nel sogno parole adeguate o pietre di paragone
Potevo soltanto fare un raffronto con le più ardite immagini de Le Carceri d'Invenzione di Piranesi
Ero talmente preso dalla meraviglia che tiravo fuori la mia macchina fotografica reflex e cominciavo a scattare foto su foto, cercando di cogliere l’attimo, cercando l’inquadratura migliore
Ambienti impressionanti, capaci di suscitare una fortissima emozione, che hanno nei secoli influenzato scrittori, architetti, poeti, pittori, scenografi ed artisti in ogni campo.
Pregevole reperto,
avvistato a Palermo,
in via Francesco Scaduto,
la via che contorna Villa Sperlinga
Scultura postmoderna
da poter accoppiare felicemente
con una merda d'artista
'Comoda' da poter utilizzare
in caso di improvviso e violento scisone
oppure per riporre le deiezioni canine
Oggetto polivalente
di cui godere
in molteplici modi,
persino dotato di tavoloccia
in ottimo stato d’uso,
tale da assicurare
confortevolissima seduta
La tavoletta era abbassata
Ciò non ha dato all'occasionale passante
la possibilità di verificare
se il WC fosse ben pieno
Forse sì,
considerando il forte olezzo
che da esso si dispiegava
Accade nelle migliori famiglie
Dopo un paio di giorni,
l'oggetto distopico è scomparso
Maurizio Crispi (27.03.2024)
Merda d'artista è un'opera dell'artista italiano Piero Manzoni.
Nel dicembre del 1961, l'autore sigillò 90 barattoli di latta, uguali a quelli utilizzati normalmente per la carne in scatola, ai quali applicò un'etichetta identificativa, tradotta in quattro lingue (italiano, francese, inglese e tedesco), con la scritta «Merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 01 a 90 insieme alla firma dell'artista.
L'artista stabilì il prezzo in 30 grammi di oro zecchino, attraverso uno scambio diretto che non prevedeva la mediazione del denaro, e stabilendo un legame tra valore e oro affine a quello del sistema aureo. L'opera suscitò anche un'interrogazione parlamentare da parte di Guido Bernardi, contrario ad una retrospettiva dell'autore a Roma nel 1971. Attualmente i barattoli sono conservati in diverse collezioni d'arte pubbliche in tutto il mondo; ad esempio, l'esemplare n. 01 è esposto presso il Museo San Fedele di Milano (parte della Nanda Vigo-Private Collection), il n. 04 alla Tate Modern di Londra, il barattolo n. 80 si trova al Museo del Novecento di Milano, il Centro Georges Pompidou di Parigi possiede la scatoletta n. 31 e al Museum of Modern Art di New York troviamo la n. 14.
A Milano, il 7 dicembre 2016, un collezionista privato si è aggiudicato l'esemplare n. 69 a 275.000 euro, compresi i diritti d'asta, nuovo record mondiale d'asta.
Manzoni considera che il vero valore simbolico di un’opera risieda nel rapporto con il corpo dell’artista (è l’artista a essere sacralizzato dal mercato), le cui manifestazioni assumono dunque, nella dimensione del paradosso critico, un valore equivalente a quello delle reliquie: le Impronte e le firme, il Fiato d’artista, la Merda d’artista ne sono altrettanti esempi: “in un progetto precedente intendevo produrre fiale di “sangue d’artista””, inoltre “nel ’61 ho cominciato a firmare, per esporle, persone. A queste mie opere, do una "carta di autenticità". Sempre nel gennaio del ’61 ho costruito la prima “base magica”: qualunque persona, qualsiasi oggetto vi fosse sopra era, finché vi restava, un’opera d’arte”, scrive in Alcune realizzazioni - Alcuni esperimenti - Alcuni progetti. il fatto che la società contemporanea attribuisca un grande valore economico alle opere di un artista si estende al valore delle sue reliquie, che è fatto equivalere a quello dell’oro, identificato simbolicamente come la materia cui si attribuisce comunemente il massimo del pregio così da riscattare il dispregio attribuito ordinariamente alle feci.
Non è previsto che il contenuto della scatoletta sia conosciuto dal fruitore, che se ne può accertare solo aprendola, dunque distruggendola e annientandone il valore.
Come già aveva fatto nelle Linee, rotoli di carta tracciati da un segno continuo presentati all’interno di un cilindro sigillato, anche in questo caso il “reliquiario” diventa in se stesso la garanzia di ciò che contiene.
Agostino Bonalumi, amico di Piero Manzoni, ha dichiarato che, in realtà, all'interno delle famose scatole non vi è nient'altro che gesso.
Più precisamente:
«Posso tranquillamente asserire che si tratta di solo gesso. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non sarò certo io a rompere le scatole.» (Corriere della Sera di lunedì 11 giugno 2007, pagina 30)
Nel 2008, Bernard Bazile, artista francese, ha aperto una delle scatolette, appropriandosi dunque dell'opera attraverso la sua distruzione. Dentro vi ha trovato una seconda lattina più piccola (che però non ha aperto).
Cochi Ponzoni, amico di Piero Manzoni, ha dichiarato in una intervista che la nipote di Piero Manzoni, Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, gli abbia riferito che, in realtà, all'interno delle famose scatole non vi è nient'altro che marmellata d'arance.
L'opera di Manzoni risulta influenzata dai celebri ready-made di Marcel Duchamp– in questo caso i ready-made aided - e al di là dell'aspetto più superficialmente scandalistico suscitato alla sua presentazione, ha suggerito diverse letture simboliche:
l'opera allude per paradosso al culto delle reliquie, che le considera sacre a prescindere dalla loro natura effettiva;
in senso ironico, allude all'idea che un artista già affermato troverebbe mercato e consenso della critica per qualsiasi opera produca, al di là della sua qualità specifica;
in particolare si riferisce al fatto che il mercato dell'arte contemporanea è pronto ad accettare letteralmente della merda, purché in edizione numerata e garantita nella sua autenticità ed esclusività;
contemporaneamente, il valore artistico di quest'opera di Manzoni è squisitamente concettuale, e perciò accessibile a chiunque senza limitazioni dovute né al costo di acquisto, né al possesso materiale o all'accessibilità fisica, né alla riproducibilità tecnica. È dunque, secondo Duchamp, tipicamente “anestetica”.
Nel dicembre del 1961, l'autore sigillò 90 barattoli di latta, uguali a quelli utilizzati normalmente per la carne in scatola, ai quali applicò un' etichetta identificativa, tradotta in quattro ...
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.