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7 febbraio 2025 5 07 /02 /febbraio /2025 06:13
Pensoso (selfie, Maurizio Crispi)

Ho sognato che andavo a New York
Partivamo tutti quanti per andarci: mio padre, mia madre, mio fratello e ci andavamo con la Tatamobile (La speciale vettura con rampa mobile per consentire l'accesso su di essa di mio fratello in carrozzina) e c’era anche il cane, come nei due famosi romanzi di 
Jerome K. Jerome
A New York ci andavamo per mare e, infatti, a bordo del veicolo giungevamo fino a un porto dove avremmo dovuto imbarcarlo 
Arrivati ai moli e agli attracchi, io scendevo dall’auto e cominciavo a scattare delle foto a un gruppo di marinai che si facevano degli scherzi tra loro e che saltavano in alto, facendo piroette con abilità degna di artisti circensi e mettendo alla prova la propria abilità in una sfida reciproca
Riuscivo persino a congelare uno in aria in una strana postura  (ed ero molto fiero di questo scatto)
Più tardi, il viaggio era già compiuto e con la Tatamobile parcheggiavamo in uno spazio dedicato alle vetture per disabili, proprio davanti all’hotel a cui eravamo destinati
Due vigilanti nerboruti e con il volto di pietra  (di quelli con il dispositivo auricolare nell’orecchio, per intenderci) ci guidavano sino al nostro parcheggio
Entravo nell’hotel, con la mia attrezzatura fotografica, e qui trovavo una grande folla fatta di tanti, uomini, donne, per non parlar dei cani, che erano venuti sin da Palermo per correre la maratona di New York
Io non ero là per questo, ma solo per fotografare 
Eppure mi ritrovavo immerso in questo turbine di folla oceanica, uno sterminato fiume di persone intente nel loro scopo, immerse nel loro sogno e nella loro visione, tutti camminanti a testa alta e con vigore nella stessa direzione
Mi univo a loro
il mio cuore batteva all'unisono
All’improvviso, comprendevo che anch’io avrei fatto parte della squadra, che avrei indossato un pettorale e che avrei corso la maratona di New York, pur non avendo alcuna preparazione per portare il complimento la sfida della grande mela 
Ricevevo gli indumenti idonei, pantaloncini e canotta, scarpe da corsa e indossavo il numero che mi viene assegnato, con foga quasi sacrale ed iniziatica
Nient'altro, niente orpelli tecnologici, niente computerini da polso, niente cronometro, niente smartphone per tracciare il percorso fatto, niente cardiofrequenzimetro: voglio correre la distanza di maratona alla maniera di Fidippide
Non ero pronto, eppure mi sentivo pronto 
Avevo il cuore in gola 
Trepidante sono in attesa del segnale dello start 
Non so se ce la farò 
Ma sicuramente ce la metterò tutta 

Il dado è tratto!

Ready Player Number One!

Dissolvenza

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30 gennaio 2025 4 30 /01 /gennaio /2025 14:55
Levanzo 1989 - Imbarco a Trapani (foto di Maurizio Crispi)

Fu questo viaggio improvviso e alla ricerca di un senso di benessere (o forse la fuga dal malessere), tra il 28 marzo 1989 (il martedì dopo il Lunedì dell'Angelo) e il successivo 1° aprile, con l'idea di andarmene a Levanzo (la mia isola preferita di quegli anni) "via dalla pazza folla", in un periodo in cui sicuramente non avrei trovato affollamento vacanziero. 
Come sempre facevo (e faccio tuttora) avevo con me la mia fedele attrezzatura fotografica ed anche una macchinetta polaroid, molto divertente da adoperare e che consentiva di avere foto immediate in un tempo in cui la fotografia analogica richiedeva tempi e attese (durante i quali le foto fatte si potevano pregustare solo nell’immaginazione).
Mi portai appresso persino la canoa, in modo da poter fare, oltre alle passeggiate instancabili e ai miei allenamenti di corsa, poiché quello fu anche l'anno in cui decisi di andare a correre la mia prima maratona (a New York), anche delle escursioni in canoa lungo la costa dell'isola. Furono giorni di solitudine e di pensieri che mi arrovellavano. 
Fuggivo, in verità, dalla mia depressione e cercavo soluzioni interiori senza però trovarne. Come dice Orazio in una delle sue satire, rivolgendosi all'amico tormentato da pene d'amore, è inutile spostarsi in un altro luogo pensando che il cambiamento d'aria e di latitudine possa giovare, poiché il tuo dolore si sposterà con te. 
Ero cieco e sordo a tutto in quei giorni e sentivo di avere il cuore straziato e sofferente. 
Ricordo che una delle letture che mi portai appresso fu un grosso volume sui medici nazisti (una lettura non certo rallegrante) che lessi avidamente sino alla fine. 
Avevo con me altri libri, ma di quelli i titoli non li ricordo (forse si trattava di letture “più leggere”, ma non ho memoria). 
Andai bene attrezzato di walkman e delle molte musicassette dove avevo registrato la musica che in quei mesi avevo imparato a preferire.
Correvo, passeggiavo, andavo in canoa, una serie di attività frenetiche ed ardite. Con la canoa, soprattutto, feci delle cose ardite ed imprudenti, come ad esempio spingermi a fare l'intero giro dell'isola, mettendo tra parentesi il rischio implicito (pur sempre possibile) del guastarsi del mare e del capovolgersi del fragile guscio della mia imbarcazione (se ciò fosse accaduto sarebbero stati guai, perché con quella canoa, risalire dall'acqua non si poteva e il tratto di costa esposto ad ovest era impervio e poco praticato dalle imbarcazioni locali.
Ma anche dedicavo molto tempo a scrivere nella mia agenda e a leggere.

 

Scalo a Faviglana (Marzo 1989) - Foto di Maurizio Crispi)

(on the road, 28 marzo 1989

Viaggio magico 
all'alba 
Nastro d'asfalto 
corre sotto le ruote 
Velocità 
La luna alta nel cielo, 
una metà perfetta 
illumina di una luce quieta 
la campagna punteggiata di fioche luci palpitanti, 
sparse e remote 
Stelle brillano ancora nel cielo,
immote 
Ecco che a Oriente, 
alle mie spalle 
balugina il primo chiarore 
d'un nuovo giro 
Il miracolo del nuovo giorno che risorge, 
si ripete


 

Approdo a Levanza, dalla zia Sarina /foto di Maurizio Crispi)

(Levanzo, 29 marzo 1989)

Due gabbiani
si rincorrono
con volteggi arditi,
cabrate e picchiate
Il cielo è di un incredibile azzurro,
senza una sola nuvola,
senza nemmeno la traccia d'una scia
L'aria è ferma
Il sole picchia
ma senza far sentire il suo calore
sulla pelle
Forse ancora l'ora è giovane
Poi, più tardi,
si è levata la brezza
con un soffio che penetra nelle ossa
I gabbiani continuano le loro evoluzioni
con strida continue e laceranti
e salgono più su, più su,
oltre la cima della montagna
e, per certo, con il loro occhio vagante
possono scrutare la distesa di mare 
al di là
poi, d'improvviso,
i due gabbiani,
forse stanchi di ascendere e di osare,
prendono a scivolare d'ala,
paralleli, in perfetta formazione
come due cacciabombardieri
guidati da mani esperte,
quasi si toccano, 
pur tenendo la distanza
Scendono
Scendono,
sin quasi alla superficie del mare,
luminosa e mossa
Poi, con un colpo d'ala,
s'impennano di nuovo verso il cielo
Mi chiedo se questo non sia,
dei due gabbiani in coppia,
una sorta di volo nuziale,
oppure semplicemente un inno alla gioia
Non saprei dire
Mentre rimugino su questa domanda
i due si separano
e i loro voli prendono
inattese direzioni divergenti,
mentre compare d'improvviso 
un terzo gabbiano,
prima fuori dalla vista,
con intenti predatori 
o di prevaricazione
(così mi mi pare)
Uno dei due due gabbiani felici di prima
si allontana solitario e si perde nel blu
La nuova coppia
che s'è appena formata
riprende quota
e ricomincia i giochi aerei


 

Autoscatto a Levanzo (foto di Maurizio Crispi)

(Levanzo, 30 aprile 1989)

Il segreto del walkman è quello di questa musica magica
che ti penetra nelle orecchie e nella testa, 
inondando la mente
Si viene a creare una sorta di dissociazione percettiva
tra ciò che vedono gli occhi
e ciò che arriva attraverso il canale uditivo
Le percezioni uditive non sono più supportate e arricchite 
dal canovaccio di uno sfondo sonoro variegato
(fatto di voci, suoni, i rumori più diversi e casuali)
Le percezioni visuali 
vengono ad essere in un certo qual modo
de-affettivizzate

E' come vedere le cose che accadono
o che entrano nel proprio campo percettivo
e sentirsene distaccato
perché al tempo stesso attraverso gli auricolari 
hai questa musica che ti entra nelle orecchie
e ti fa sentire distante da ciò che vedi,
non coinvolto

In fondo, è come vedere un film
supportato da una bella colonna sonora
Sai, in questo caso, che ciò che vedi
è soltanto una finzione
Nel film qualcuno potrebbe essere ucciso
o torturato
o picchiato
e a te non importerebbe granchè
poichè hai quella bella musica nelle orecchio
che fa da filtro e stravolge del tutto 
il percetto visuale
In fondo il Walkman 
[come tutte le tecnologie successive]rientra perfettamente
nel tema generale della ricerca di un oggetto-droga
che consenta di frapporre un filtro rispetto alla realtà,

oppure di sentirsi distanziato dalla realtà degli altri

Ciò che vediamo diventa soltanto uno scenario,
nel quale non siamo più coinvolti

 

Tracce di nuvole (foto di Maurizio Crispi)

Il cielo sopra di noi

Una traccia bianca
distante
attraversa il cielo azzurro
(un azzurro tanto intenso che fa male agli occhi
e lacera il cuore)
Una mano invisibile traccia 
una sottile stria bianca 
che dopo un po' si sfalda e si perde
La sicurezza spavalda e perentoria di quella linea
si annulla,
rivelando la sua effimera natura

Lassù in alto una vita palpita
ai comandi della volta celeste 
e delle sfere sublimi
Gli uomini se ne stanno in basso,
minuti come formicole,
annichiliti di fronte all'immensità
e a loro è dato solo 
volgere gli occhi al cielo,
con sguardo carico di nostalgia

(Palermo, 14 marzo 1989, rielaborata)

 

Foto di Maurizio Crispi. Creta anni Ottanta

Un'immagine della fine

Colate nere,
come di inchiostro,
scendono giù dal cielo
e si spandono in basso,
cancellando a poco a poco
il mondo degli uomini
che si stravolge,
mentre perde i suoi dettagli e le sue varietà,
appiattendosi alla bidimensionalità,
come una foto che si va cancellando 
dalla periferia verso il suo centro 
ma anche da altri punti di nulla 
scaturenti dal suo interno

Ecco quello che succede, 
mentre io osservo 
pieno di meraviglia, ma anche di orrore,
perché son certo che presto 
tutto quel nero 
attraverso i miei occhi 
entrerà nella mia mente,
tutto annullando,
cancellando irrevocabilmente 
memoria e pensieri,
emozioni e desiderio,
sino a che anche il cuore 
annerito e divorato
cesserà di battere
Passano le ore
Passano i giorni 
Passano le settimane e i mesi
Passano gli anni, i lustri e le decadi
E questa processione procede sempre più veloce 
sino ad avere il ritmo frenetico di un tornado

Poi, 
senza che nemmeno ci si accorga,
la fine è giunta 

(testo originario del 21 marzo 1989, rielaborato)

Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi
Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi

Levanzo 1989 - foto di Maurizio Crispi

Ho riflettuto a lungo su quanto sia sottile il confine tra la vita e la morte
Si può arrivare alla morte dopo una lunga malattia e con molta sofferenza
Si può morire per un trauma violento ed improvviso e, in tal caso, forse, non si avrà neppure la consapevolezza del trapasso
Oppure, il morire potrebbe consistere in un lento scivolamento, dolce e senza scosse, in cui l'atto finale - quello del transito (o, come dicono gli Inglesi, del "passing over") avviene insensibilmente, come se si fosse presi dal sonno e poi si entrasse in uno stato di incoscienza e di oblio (un dormire dal quale non ci sarà più risveglio, oppure forse sì, se si crede ad una vita possibile dell'anima dopo la morte)
Come accade con il sonno fisiologico, quando si chiudono gli occhi aspettando fiduciosi di essere ghermiti da Morfeo, così potrebbe accadere per il sonno definitivo e senza risveglio della Morte
Forse, in quest'ultima evenienza, il morire non dovrebbe essere una cosa così angosciante e terrificante (cosa a cui invece pensavo molto da ragazzo): il morire come strenua lotta, come battaglia, come agone...
La morte dolce e lenta è, in un certo senso, quella dei filosofi: una consapevole e desiderata transizione nel Mistero per andare a vedere cosa vi sia dall’altra parte

(Palermo, il 25 Marzo 1989)

Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989
Foto Polaroid, Primavera 1989

Foto Polaroid, Primavera 1989

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20 gennaio 2025 1 20 /01 /gennaio /2025 11:27

A volte Facebook e i social sono un autentico scrigno di tesori, dove si trovano proprie cose scritte estemporaneamente e poi lì abbandonate e dimenticate. Come è il caso di questa piccola storia che riguarda il ritrovamento di un elefantino abbandonato e alcune nefaste conseguenze che, a torto o a ragione ad esso attribuii. Da questo piccolo racconto si vede bene che il pensiero magico è sempre presente in noi ed è ben difficile che la razionalità possa estirparlo del tutto!

Maurizio Crispi (20 gennaio 2010)

Guanto di latex e foglie secche (foto di Maurizio Crispi)

Una volta ho raccolto da terra un elefantino di peluche
Era piccolo piccolo: stava confortevolmente nel palmo della mia mano chiusa a pugno
L'ho portato a casa, l'ho lavato e strigliato ben bene e l'ho messo ad asciugare
Quindi l'ho mandato per posta ad una mia amica, accompagnandolo con una lettera che era, a tutti gli effetti, una richiesta di adozione da parte di un elefantino smarrito e trovatello
Il plico arrivò a destinazione, ma purtroppo aperto e depredato proprio del povero elefantino del quale da quel momento si sono perse le tracce
Chi sa adesso su quali sentieri del mondo starà girovagando, tutto solo e ramingo?
Questa storia per arrivare al punto cruciale: dopo averlo raccolto e maneggiato, tempo due giorni, fui invaso da un prurito irrefrenabile in ogni parte del corpo, ma quello più penoso era nel palmo delle mani e nella pianta dei piedi. Passavo ogni notte, per quasi quindici giorni, a grattarmi irrefrenabilmente, insonne. E più mi grattavo più il prurito arrivava a vertici di insostenibilità. Cominciai a fantasticare che quell'elefantino fosse stato abbandonato a bella posta da qualche scienziato folle, dopo averlo intriso di batteri e virus da testare come armi biologiche (avevo letto poco tempo prima un medical thriller proprio incentrato su questo argomento)
Con il mio collega medico giungemmo alla conclusione che, probabilmente, si era trattato di un'infezione virale di tipo neurale, in forma blanda, partendo dall'osservazione che non vi erano i segni tipici (a livello locale) delle manifestazioni di tipo allergico, insomma una neuropatia diffusa di tipo virale
Poi a poco a poco, la sintomatologia si ridusse fino a scomparire del tutto
Ora non vorrei sbagliarmi ma cominciai a prendere anche del cortisone, dopo aver tentato, ma invano di lenire i sintomi, con gli antistaminici…
Ma il ricordo di quei giorni terribilmente pruriginosi è per me rimasto indelebile
Siccome, però, il lupo perde il pelo ma non il vizio, io continuai a raccogliere tutte quelle cose abbandonate per strada (purchè fossero di decente aspetto) che attraessero la mia attenzione, avendo l'accortezza di maneggiarle - prima del rituale (ed obbligatorio) lavaggio - con una certa cautela
Ancora non mi è capitato di imbattermi in un abito di latex con borchie sadomaso, ma non dispero, sono certo che prima o poi anche questo incontro si avvererà…
Una pura curiosità: quel guanto di latex della foto, l'ho ritratto a nemmeno dieci metri di distanza dal punto in cui quasi tre anni fa avvenne il rinvenimento dell'elefantino di peluche
E aggiungerò che stavolta mi sono ben guardato dal  toccare il reperto e semplicemente sfiorarlo, per timore di una ulteriore e letale contaminazione

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20 gennaio 2025 1 20 /01 /gennaio /2025 11:04

Parlando
Ridendo
Scherzando

Mi aggrondai
per futili motivi

Mi addormentai
entrando in uno stato crepuscolare
che a lungo si protrasse

Ne riemersi
ed era tutto a posto

Mi sentii rigenerato
pronto a ricominciare

Chi c'era, c'era
Chin non c'era, non c'era

Chi c’era
ha avuto modo di vedere
una classica reazione mauriziana
Tecnica auto-appresa
di dissociazione e fuga
a volte poco funzionale

Quando ci fu il terremoto
nel 1968
alla prima scossa notturna
cosa feci?
Niente!
Scesi il quadro appeso a capo del letto
mi rimisi sotto le coperte
e mi riaddormentai
senza pensieri

Questo l’esempio più icastico
di questa mia attitudine,
ma potrei raccontarne di episodi simili
molti altri
alcuni assolutamente esilaranti,
senza averne avuto l’intenzione

Maurizio Crispi (20 gennaio 2024)

Hey Teacher (Pink Floyd)

Another brick in the wall (Part I)

Daddy's flown across the ocean
Leaving just a memory
Snapshot in the family album
Daddy what else did you leave for me
Daddy what d'ya leave behind for me
All in all it was just a brick in the wall
All in all it was all just bricks in the wall


Another brick in the wall (Part II)

We don't need no education

We don't need no thought control

No dark sarcasm in the classroom
Teachers leave the kids alone
Hey teacher live us kids alone
All in all it's just another brick in the wall
All in all you're just another brick in the wall


Another brick in the wall (Part III)

I don't need no arms around me
I don't need no drugs to calm me
I have seen the writings on the wall (1)
Don't think I need anything at all
All in all it was all just bricks in the wall
All in all you were all just bricks in the wall

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18 gennaio 2025 6 18 /01 /gennaio /2025 07:21
Il fratellone con la mamma. Lettura del giornale a Capo Zafferano. 1989 (foto di Maurizio Crispi)

C’è questo sogno in cui arrivo con un carico di masserizie da mettere nel garage di casa (e intendo quella di via Lombardia)
È un’operazione complessa quella da fare, non lineare: del resto il garage è già ingombro di molte altre cose tra vecchi mobili, bici in uso e scassate, materiali vari, vecchie riviste, cumuli di VHS, vecchi giornali a fumetti e perfino molti dei libri della mia infanzia declassati, ma mai buttati

La sistemazione delle nuove cose appena arrivate richiede tutto un processo complesso di risistemazione, una cernita, una sorts di triage
Sono costretto ad abbandonare temporaneamente il carico di oggetti fuori, nel cortile, riservandomi di sistemare le cose dopo
La saracinesca del mio box è alzata e vedo l’interno ingombro di cose e di tramezzi ed anche di supporti metallici per soppalchi e c’è anche un’incongrua impastatrice per il cemento che occupa molto spazio
Devo prendere la bici per andare a prendere Gabriel a scuola e non è cosa semplice estrarla da quell’ammasso
Prima di partire per la mia destinazione salgo su a casa e trovo la mamma e Salvatore che si accingono a pranzare e con loro ci sono degli ospiti, forse una delle mie cugine e due o tre miei vecchi compagni di scuola del liceo
E’ una bella atmosfera, come ai bei vecchi tempi
Mi si stringe il cuore perché io invece devo andare e non posso partecipare al banchetto
Saluto tutti, indugio un po’ sulla porta della stanza, incerto sul da farsi, ma il tempo stringe inesorabile
Eppure quel banchetto che sta per iniziare mi attrae, mi ispira molta serenità e mi sembra la cosa più bella che mi sia capitata

Ma purtroppo devo andare e non posso indugiare oltre

Ed io ricordo
Casa nostra era così: la mamma era sempre molto ospitale

C’era sempre un posto a tavola per chiunque arrivasse e lei mi incoraggiava ad invitare i miei amici a rimanere a pranzo o a cena 
Si trovava sempre qualcosa da mangiare per un ospite e c’erano scorte in frigo abbondanti, quai per poter coprire simili evenienze
La mamma invitava estemporaneamente gli ospiti a restare e condividere un pasto, tanto che poi molti tornavano e si presentavano anche all’ultimo minuto, perché sapevano che sarebbero stati accolti
La mamma era accogliente e caritatevole, a suo modo: aveva sempre pronti attenzioni, ascolto e cibo per tutti
Forse meno per me, poiché era molto occupata con mio fratello per via delle sue condizioni e con tutto il resto del mondo che ruotava attorno a lui
Ha fatto in modo che “il resto del mondo” ruotasse attorno all''asse costituito da mio fratello (e la mamma accanto a lui) ed io usufruivo di questo vantaggio indubbio, traendo cioè vantaggio dal “mondo” che veniva a casa nostra
Io certamente godevo di queste atmosfere conviviali e ricche, godevo del piacere di condividere i pasti assieme e di quello altrettanto importante della conversazione che si protraeva attorno ad una tavola ancora semi-apparecchiata e cosparsa di briciole, mentre sorbivamo il caffè, mangiavamo un dolcetto o un biscotto e magari anche sorbivamo un dito di amaro, fumando l'immancabile sigarettina post-prandiale
Ma la cosa essenziale non era tanto il cibo, era piuttosto la parola che nasceva spontanea e cresceva rigogliosa nella condivisione di pietanze e bevande e nell’atmosfera agapica che si creava quasi magicamente 
I miei compagni di scuola erano attratti da questo e tornavano talvolta, anche quando io non c’ero, se ero impegnato nei miei viaggi
Quella casa, la mamma e mio fratello, erano in verità l’ombelico del mondo, al quale io sono sempre rimasto legato
Quando andavo via e partivo, c’era sempre un cordone ombelicale che mi faceva rimanere legato a questa casa e che mi nutriva, che continuava a nutrirmi anche quando mi allontanavo per raggiungere i luoghi più disparati
Questo cordone si tendeva, si tendeva, mentre si andava allungando ed era anche come un elastico che, poi, al momento opportuno mi avrebbe riportato indietro
Ed ora sono sempre qui, in quella stessa casa che è il centro e l’ombelico del mondo e continuo a nutrirmi di quei ricordi, io con i miei fantasmi

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8 gennaio 2025 3 08 /01 /gennaio /2025 19:07

Siamo in una grande casa,
forse un resort vacanze
e ci sono tanti bambini che giocano e corrono
Tra di essi c'è anche mio figlio 

Assieme, andiamo in un posto dove si pratica dello sport
e qui vengono sviluppate
lezioni di avviamento alle varie discipline
per i più piccini.

Spiego a mio figlio,
mentre stiamo seduti
su di un enorme letto di una camera matrimoniale,
dell'importanza di stare assieme a ragazzini della sua età,
appartenenti ad etnie diverse.

E' l'unico modo per superare i pregiudizi - gli dico.

Il sogno è confuso e accadono tante altre cose che non ricordo,
ma è fulgido questo momento di dialogo
tra un padre e un figlio che, ancora acerbo,
sta muovendo i primi passi nella sua vita

Maurizio Crispi (Nota Facebook dell'8 gennaio 2014)

Mufasa e Simba, 25 anni dopo

Pur nella sua vaghezza, questo sogno mi ha fatto venire in mente una volta in cui mio padre mi parlò solennemente, chiedendomi se ci fosse qualcosa che non andava bene

Ricordo che avevo circa 10 anni e mio padre, probabilmente era preoccupato del fatto che tendessi a starmene per i fatti miei, senza troppo socializzare con i miei coetanei

Ricordo anche che questa conversazione accadde di mattina presto, mentre mio padre si stava preparando per andare al lavoro

Eravamo nella stanza da letto dei miei genitori che non era ancora stata rifatta

Mio padre chiuse la porta, come a sottolineare l'importanza del momento, a tu per tu, quasi da uomo a uomo

Fu l'unica volta che io ricordi, in cui mio padre (mia madre non lo fece mai, a mia memoria) mi chiese qualcosa di me stesso, se stessi bene o se avessi qualche difficoltà

La mia non era una famiglia nella quale si parlasse molto di cose personali ed intime

Non era nel nostro stile dilungarsi a parlare di sé, anche se a tutti noi era richiesta una dura disciplina, muta e condivisa che ruotava attorno a mio fratello

Se si deve essere forti per superare le asperità della vita, non ci si deve mostrare deboli e occorre procedere a testa alta, senza aspettarsi che la vita faccia sconti di sorta

Eppure quella volta mio padre, superando un suo naturale riserbo, lo fece e mi chiese qualcosa che potesse riguardare la mia sfera intima e privata

 Io non gli diedi molta soddisfazione, a dire il vero

 Dissi  - forse intimidito da questa solennità - che non c'era alcun problema, almeno per quello che potevo capire

Lui soggiunse che, in qualsiasi momento e per qualsiasi cosa potessi aver bisogno, avrei sempre potuto parlare con lui e che in simili circostanze lui mi avrebbe dato la massima attenzione

 Ciò che ricordo di questa conversazione, è il disordine della camera da letto e il fatto che io me ne stessi seduto sul bordo del letto, mentre mio padre era affaccendato nei suoi preparativi

Come ho già detto, probabilmente eravamo d'estate, perché mentre mio padre si preparava per andare al lavoro, io non avevo un'urgenza particolare e, quando mi chiamò per parlare, ciondolavo in giro

La conversazione non ebbe forse l'esito voluto da lui (che era fondamentalmente di poche parole, a meno che non si confrontasse in un agone intellettuale ed io, sotto questo profilo, ero ancora troppo piccolo ed acerbo per essere un suo efficace antagonista), ma fu l'espressione di una sua attenzione nei miei confronti (magari scaturita da una precedente consultazione con la mamma)
E mi fece anche capire (ma lo compresi meglio retroattivamente) che ero cresciuto abbastanza e che ora avrei potuto confrontarmi con lui

Insomma, mi indico una via possibile che, se avessi voluto, avrei potuto percorrere

 E di questo tentativo non posso che essergli grato ancora oggi

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6 gennaio 2025 1 06 /01 /gennaio /2025 14:13
Foto Michelacci

L'arrivo a Faenza dopo aver percorso i 100 km che la separano da Firenze, attraversando l’Appennini, é stato sempre profondamente emozionante
Ogni volta ho avuto la consapevolezza di aver compiuto un'impresa importante
Sapevo anche che avrei voluto riprovarci, 
senza però sapere con certezza se ci sarei riuscito di nuovo alla prossima tornata
Ho partecipato da runner 15 volte alla Cento del Passatore e sono stato finisher al traguardo di Faenza 8 volte. 
Ho smesso di correre prima di arrivare per la nona e decima volta a Faenza e conquistare così l’ambito riconoscimento dei dieci arrivi a Faenza
Il mio compianto amico Enzo ci è riuscito, pur avendo iniziato dopo di me a percorrere queste strade

La foto si riferisce alla 100 km del Passatore - Firenze-Faenza svoltasi nel1995 tra il 27 e il 28 maggio. Questa partecipazione vide la mia seconda migliore prestazione cronometrica all time (alla mia terza partecipazione): feci un po' meglio l'anno successivo quando conclusi in 13h02'. 
Qui tagliai il traguardo a Piazza del Popolo di Faenza in 13h12'28.
Ma anche di questa Cento ho un bellissimo ricordo
Parti questa volta senza niente con me e senza depositare dei ricambi al 50° km. Solo una T-shirt ritagliata che entrava tutta ripiegata nel marsupio (unico mio bagaglio). 
Come sempre ero senza assistenza: ho sempre pensato che la 100 km la si debba correre da soli, nudi e crudi, senza aiuti esterni oltre a quelli che ti offre l'organizzazione.

Foto Francesco Michelacci

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30 dicembre 2024 1 30 /12 /dicembre /2024 14:00
Io e l'alino (foto di Maurizio Crispi)

Ho sognato
Incontravo la figlia del presidente degli Stati Uniti (il sogno non dà identità alcuna al “Presidente” che rimane pertanto un senza nome e un senza volto)
E ci facevamo fidanzatini
Io non ero l’io di adesso
Nel senso che ero come quando avevo 13 o 14 anni e con timidezza cominciavo ad osservare l’altra metà del cielo e mi lanciavo nei primi incerti e goffi corteggiamenti a distanza
Lo stato d’animo e i modi in sostanza erano quelli
Per il resto, non ero per nulla intimidito di avere a che fare con la figlia di un presidente degli Stati Uniti 
Ricordo che, quando avevo circa 13 anni ed eravamo da poco nella nuova casa, al piano rialzato del nostro condominio, fornito di giardinetto, venne a stabilirsi la famiglia del console americano
Erano in cinque, marito (il console), moglie e tre figli, due maschi e una femmina che era la più grande, forse quattordicenne. Erano tutti diversi, erano - per me - esotici, facevano il barbecue nel giardinetto; li osservavo dall’alto, desideravo entrare in contatto con loro, ma non prendevo mai nessuna iniziativa significativa 
Il mio maggiore oggetto d’interesse era, ovviamente, la ragazzina. Ci fantasticavo su
Poi, all’improvviso, gli “americani” se ne andarono, forse avendo trovato una sistemazione più congrua con le loro esigenze e così, dall’oggi al domani, quel sogno ad occhi aperti esotico finì
Tornando a questo sogno, c’era un’infinita serie di schermaglie e di approcci con questa figlia, anche se nulla veramente accadeva 
La invitavo ad andare a mangiare una cosa assieme
Le chiedevo se sarebbe andata a Nuova Yorca
Mi mostravo informato delle usanze miricane 
Ma nello stesso tempo facevo e dicevo cose connesse con la mia identità adulta e professionale
Insomma cose così, ma sentivo dentro di me che la tizia era imprendibile: e si trattava dunque di una di quelle vicende sentimentali dell’adolescenza in cui il fantasticato e il costrutto mentale erano la parte sommersa dell’iceberg, enorme e ingombrante al confronto di quella emergente, piccolissima e insignificante di ciò che realmente accadeva (ovvero il topolino partorito dalla montagna)
Intanto, il paese era in guerra
C’erano esplosioni, raffiche di mitra e colpi singoli, botti e tonfi; dall’alto della mia postazione vedevo avanzare uomini in divisa mimetica da campo, con gli elmetti in testa e con le armi

Dissolvenza

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8 dicembre 2024 7 08 /12 /dicembre /2024 05:00
Gabriel e Frida, dicembre 2017 (foto mia)

Gabriel e Frida, dicembre 2017 (foto mia)

Nella foto d’annata si vedono

una Frida ormai vecchietta
e Gabriel piccolino

che sembra volersi 

distendere su di lei

o cavalcarla come fosse un cavalluccio

Frida era ultrapaziente e mite
Da Gabriel si faceva fare di tutto
Talvolta, mi sembravano
quasi simbiotici


Frida, tra i cani che sono stati con me,

è stata longeva:
mi ha accompagnato per 16 anni
Me la sono portata appresso
in molti viaggi in auto
in giro per l’Italia
Poi, nel suo ultimo anno di vita,
s’è riempita di acciacchi
Se n’è volata via
e quella luce si è spenta 
nei suoi occhi buoni


Cane mitissimo e paziente
era Frida
Mi facevano ridere
quelli che mi chiedevano:
“Ma morde?”


 

Frida cane fedele (foto di Maurizio Crispi)

Tenerissima era Frida,
e le mancavano solo le parole
quando mi seguiva con lo sguardo
con quei suoi occhi umidi e scuri
Poi, se sparivo alla sua vista, 
si alzava e veniva a vedere
cosa facessi
All’ultimo non si muoveva
quasi più dal suo giaciglio
ed ero io che dovevo andare a vedere
cosa facesse


Ha tratto il suo ultimo respiro
mentre viaggiavamo in auto
alla volta della campagna
Ed è lì che l’ho inumata


Qui, con Gabriel, siamo a Cesaró 
il 7 dicembre 2017,
in occasione di una gara podistica

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8 dicembre 2024 7 08 /12 /dicembre /2024 04:59

Non sempre strade diverse riconducono allo stesso posto da cui siamo partiti, specie quando non conosciamo i luoghi e le vie da percorrere e viene meno la capacità di orientamento, proprio quando crediamo di padroneggiarla alla perfezione
Scherzi della mente, oppure il suo fallimento, l’annuncio di una défaillance incipiente (ciò di cui tutti abbiamo paura)

Autoritratto (selfie di maurizio Crispi)

Questo è il mio sogno

Sono in un luogo straniero, forse la Liguria oppure Malta, un luogo costiero e scosceso ad alta densità di costruzioni
con strade ripide, erte scalinate e ponti arditi che si lanciano ad altezze prodigiose
A quanto pare sono lì per lavoro
In una struttura
In una stanza
Faccio il mio
Scrivo delle relazioni cliniche
Poi, stanco, decido di svagarmi
Mi alzo dalla sedia,
abbandono la scrivania
e vado a farmi un giro
tanto per distrarmi un po’
Cammino con il naso in su 
per gustarmi con gli occhi 
tanta maraviglia verticale,
una commistione di bellezze naturali
e di ardite architetture,
antiche e moderne
Vado avanti 
Avanti
Avanti
Cammino
Cammino
Cammino
Imbocco strade nuove e mai percorse
Penso che si stia facendo tardi
e che debbo tornare al lavoro
Inverto la rotta e percorro altre strade
diverse da quelle lungo le quali
avevo già camminato
Penso che comunque, 
anche se percorro vie diverse,
sto tornando
da dove ero venuto
(Pia illusione!)
(in realtà non ho idea alcuna del percorso
seguito sino a prima che decidessi di invertire la rotta)
(nemmeno ricordo il nome della via
dove si trova il luogo dove ero a lavorare
o della località)
Dove sono?
Che giorno è oggi?
Come mi chiamo?
Quando sono nato?
Cammino, attraversando altri luoghi,
tutti sconosciuti
Non mi oriento proprio per niente
Sono disorientato
Sono an-orientato
Sono perduto (I Am Lost!)
Ci sono delle vie letteralmente stipate
di gente chiassosa e vociante,
tutti a me sconosciuti
che parlano idiomi stranieri
che non comprendo,
una babele delle lingue
Ho paura di non potere fare ritorno,
ma vado avanti intrepido,
senza perdermi d’animo,
un passo dopo l’altro
Ma le cose che vedo
sono bellissime, straordinarie
e sotto il profilo paesaggistico
e sotto quello architettonico
In mezzo alla folla, all’improvviso,
incontro Ale
Che ci faccia là non so,
ma son contento
Non mi sento più straniero in terra straniera
Ad Ale fornisco spiegazioni confuse
su ciò che mi è successo
e su ciò che sto facendo lì 
ma il mio racconto è talmente confuso
che lei poco o punto comprende 
Acciuffiamo al volo un bus
in modo da arrivare al più presto,
poiché non posso più giustificare oltre
la mia assenza
Scendiamo a quella che ritengo essere 
la fermata giusta
e ci incamminiamo,
incapsulati in un fiume di persone
tutte in cammino
Ma qualcosa non torna
Non riconosco i posti
Non c’è alcun indizio familiare
che possa farmi da guida 
Vorrei comunicare 
queste mie impressioni ad Ale
Mi giro,
mi guardo attorno,
ma Ale è scomparsa
La chiamo ripetutamente: niente!

Vedo solo volti ignoti attorno a me
Molti hanno facce bianche e lisce,
senza lineamenti
Strattono qualcuno,
lo fermo,
chiedo,
riesco a tirare fuori
dall’abisso della memoria,
un nome e una via
Quello mi risponde
che ci vuole più di un’ora di cammino
e che sono completamente fuori rotta

Ma non ho idea di quale sia la direzione 
da seguire
Ale si è persa
O forse io l’ho persa
O non son piuttosto io
ad essermi perso?

Come farò?
Cosa faró?

It’s a long way to Tipperary

Dissolvenza 

A volte, ci sono cose che ingombrano la mente e che impediscono di vivere con adeguatezza il momento presente, la realtà quotidiana e gli affetti che ci circondano
Quando è così mi sento staccato, scollato, distante da tutto e tutti
I richiami, le sollecitazioni, le esortazioni mi portano a sprofondare ancora di più in un luogo lontano, una piccola prigione inviolabile, che è come un pozzo profondo o come una stanza senza porte e finestre, e a far sì che ogni singolo gesto, ogni parola di apertura e di condivisione diventino impossibili

 

Il fuoco arde nel camino e diffonde tutt’attorno un bel tepore

Fuori piove e tira vento

Il sogno, a volte, diventa la via d’uscita,
come insegna il romanzo di Jack London,
Il vagabondo delle stelle,
che lessi da adolescente
mentre ero a letto con una brutta influenza

Maurizio Crispi

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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