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27 marzo 2024 3 27 /03 /marzo /2024 11:38
Un oggetto distopico

Pregevole reperto,
avvistato a Palermo,
in via Francesco Scaduto,
la via che contorna Villa Sperlinga
Scultura postmoderna
da poter accoppiare felicemente
con una merda d'artista
'Comoda' da poter utilizzare
in caso di improvviso e violento scisone
oppure per riporre le deiezioni canine
Oggetto polivalente
di cui godere
in molteplici modi,
persino dotato di tavoloccia
in ottimo stato d’uso,
tale da assicurare
confortevolissima seduta
La tavoletta era abbassata
Ciò non ha dato all'occasionale passante
la possibilità di verificare
se il WC fosse ben pieno

Forse sì,
considerando il forte olezzo
che da esso si dispiegava

Accade nelle migliori famiglie

Dopo un paio di giorni,
l'oggetto distopico è scomparso

Maurizio Crispi (27.03.2024)

Merda d'artista

Merda d'artista è un'opera dell'artista italiano Piero Manzoni.

Nel dicembre del 1961, l'autore sigillò 90 barattoli di latta, uguali a quelli utilizzati normalmente per la carne in scatola, ai quali applicò un'etichetta identificativa, tradotta in quattro lingue (italiano, francese, inglese e tedesco), con la scritta «Merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 01 a 90 insieme alla firma dell'artista.

L'artista stabilì il prezzo in 30 grammi di oro zecchino, attraverso uno scambio diretto che non prevedeva la mediazione del denaro, e stabilendo un legame tra valore e oro affine a quello del sistema aureo. L'opera suscitò anche un'interrogazione parlamentare da parte di Guido Bernardi, contrario ad una retrospettiva dell'autore a Roma nel 1971. Attualmente i barattoli sono conservati in diverse collezioni d'arte pubbliche in tutto il mondo; ad esempio, l'esemplare n. 01 è esposto presso il Museo San Fedele di Milano (parte della Nanda Vigo-Private Collection), il n. 04 alla Tate Modern di Londra, il barattolo n. 80 si trova al Museo del Novecento di Milano, il Centro Georges Pompidou di Parigi possiede la scatoletta n. 31 e al Museum of Modern Art di New York troviamo la n. 14.

A Milano, il 7 dicembre 2016, un collezionista privato si è aggiudicato l'esemplare n. 69 a 275.000 euro, compresi i diritti d'asta, nuovo record mondiale d'asta.

 

Manzoni considera che il vero valore simbolico di un’opera risieda nel rapporto con il corpo dell’artista (è l’artista a essere sacralizzato dal mercato), le cui manifestazioni assumono dunque, nella dimensione del paradosso critico, un valore equivalente a quello delle reliquie: le Impronte e le firme, il Fiato d’artista, la Merda d’artista ne sono altrettanti esempi: “in un progetto precedente intendevo produrre fiale di “sangue d’artista””, inoltre “nel ’61 ho cominciato a firmare, per esporle, persone. A queste mie opere, do una "carta di autenticità". Sempre nel gennaio del ’61 ho costruito la prima “base magica”: qualunque persona, qualsiasi oggetto vi fosse sopra era, finché vi restava, un’opera d’arte”, scrive in Alcune realizzazioni - Alcuni esperimenti - Alcuni progetti. il fatto che la società contemporanea attribuisca un grande valore economico alle opere di un artista si estende al valore delle sue reliquie, che è fatto equivalere a quello dell’oro, identificato simbolicamente come la materia cui si attribuisce comunemente il massimo del pregio così da riscattare il dispregio attribuito ordinariamente alle feci.

Non è previsto che il contenuto della scatoletta sia conosciuto dal fruitore, che se ne può accertare solo aprendola, dunque distruggendola e annientandone il valore.

Come già aveva fatto nelle Linee, rotoli di carta tracciati da un segno continuo presentati all’interno di un cilindro sigillato, anche in questo caso il “reliquiario” diventa in se stesso la garanzia di ciò che contiene.

Agostino Bonalumi, amico di Piero Manzoni, ha dichiarato che, in realtà, all'interno delle famose scatole non vi è nient'altro che gesso.

Più precisamente:

«Posso tranquillamente asserire che si tratta di solo gesso. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non sarò certo io a rompere le scatole.» (Corriere della Sera di lunedì 11 giugno 2007, pagina 30)

Nel 2008, Bernard Bazile, artista francese, ha aperto una delle scatolette, appropriandosi dunque dell'opera attraverso la sua distruzione. Dentro vi ha trovato una seconda lattina più piccola (che però non ha aperto).

Cochi Ponzoni, amico di Piero Manzoni, ha dichiarato in una intervista che la nipote di Piero Manzoni, Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, gli abbia riferito che, in realtà, all'interno delle famose scatole non vi è nient'altro che marmellata d'arance.

L'opera di Manzoni risulta influenzata dai celebri ready-made di Marcel Duchamp– in questo caso i ready-made aided - e al di là dell'aspetto più superficialmente scandalistico suscitato alla sua presentazione, ha suggerito diverse letture simboliche:

l'opera allude per paradosso al culto delle reliquie, che le considera sacre a prescindere dalla loro natura effettiva;

  • in senso ironico, allude all'idea che un artista già affermato troverebbe mercato e consenso della critica per qualsiasi opera produca, al di là della sua qualità specifica;
  • in particolare si riferisce al fatto che il mercato dell'arte contemporanea è pronto ad accettare letteralmente della merda, purché in edizione numerata e garantita nella sua autenticità ed esclusività;
  • contemporaneamente, il valore artistico di quest'opera di Manzoni è squisitamente concettuale, e perciò accessibile a chiunque senza limitazioni dovute né al costo di acquisto, né al possesso materiale o all'accessibilità fisica, né alla riproducibilità tecnica. È dunque, secondo Duchamp, tipicamente “anestetica”.
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20 gennaio 2024 6 20 /01 /gennaio /2024 09:01
Uno dei tre alberetti morto abbandonato nel cassonetto (foto di Maurizio Crispi)

C’erano una volta tre alberetti
messi a dimora in Piazza Noce
Due non passarono l’estate afosa del ‘22
e morirono prosciugati dalla calura
Né i giardinieri del Comune,
né la gente del quartiere
si preoccuparono di abbeverarli

Il sopravvissuto alla prima estate
dopo la piantumazione
ha tirato avanti per un anno ancora
Ma non è riuscito a passare l’estate del ‘23
altrettanto afosa della precedente
Anche quest'alberetto
è morto di sete,
perché nessuno s’è preoccupato
di  portargli dell'acqua
per rinfrancarlo

Adesso il tronco disseccato
è stato rimosso
ed è stato collocato di traverso
su due cassonetti dell’indifferenziata
all’angolo della via

Se ne sta là
da qualche tempo
e nessuno lo rimuove
Probabile che gli addetti
allo svuotamento dei cassonetti
ritengano che non sia faccenda
di loro competenza

Fino a quando la reliquia dell’alberello defunto
se ne starà là?
Non si sa!

Certo a vederlo così,
gli animi più sensibili fremono d'indignazione

La sua presenza lì, come spoglia,
è un monumento all'insipienza, all'indifferenza,
alla sciatteria, al pressapochismo, alla inettitudine
e a tutte le altre buone (pessime) qualità 
dei cittadini non-cittadini
dei governanti non governanti

Questa è Palermo, Bellezza! 

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21 dicembre 2023 4 21 /12 /dicembre /2023 06:50
Monopattini e monnezza (foto di Maurizio Crispi)

Monopattini e monnezza
Palermo é la città delle due M

 

Lo dicono anche i più esperti cartografi

 

Avete notato che i monopattini elettrici
abbandonati in strada
si associano spesso
alla monnezza
a cassonetti straripanti
e a cesti debordanti come maligne cornucopie?

 

C’è, forse, in questo
una naturale affinità tra le due cose,
in omaggio ad un oscuro pensare delirante?

 

Oppure, forse, ciò accade
perché la monnezza è endemica,
ovvero ovunque e comunque presente,
assillante,
prepotente,
invadente,
tracimante,
come del resto son diventato endemici
i mono-trabiccoli elettrici
di sicuro altrettanto assillanti e invadenti?

 

Palermo, è dunque la città delle due M
o forse si potrebbe anche dire
la città delle tre M,
se includiamo anche
le epidemiche merde dei cani,
costantemente presenti,
inquinanti e assillanti

 

In questo mare magno,
siamo costretti a  navigare a vista,
eludendo,
scansando,
saltellando,
per scansare queste tre M
moleste e assillanti 

 

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19 dicembre 2023 2 19 /12 /dicembre /2023 08:24
L'unica targa rimasta delle 21 dedicate alle 21 madri costituenti nel "Teatro Donne della Costituente" a Palermo (foto di Maurizio Crispi)

Oggi voglio raccontare una storia edificante, ma edificante davvero.

Come sapete (anche se forse non tutti lo sanno) il 14 marzo 2019 in una cerimonia di grande spicco presso il giardino Rosa Balistreri (ex-Roseto), si è svolto l'evento "21 Madri Costituenti della Repubblica Italiana" nel quadro di un'intera giornata alla memoria delle 21 Madri Costituenti della Repubblica Italiana, promossa da A.N.D.E. Palermo e dall'Associazione Toponomastica Femminile.
I nomi delle 21 “madri costituenti” sono stati ricordati con delle targhe che sono state apposte sui gradini dell'Anfiteatro del Giardino “Rosa Balistreri” che è stato a loro dedicato (assumendo la denominazione di "Anfiteatro Donne della Costituzione") in una cerimonia pubblica alla presenza dell'allora sindaco della Città di Palermo Leoluca Orlando, di altri rappresentanti delle Istituzioni, del Dirigente del Settore Toponomastica del Comune, Michelangelo Salamone.
Questo l'antefatto.
Ma veniamo a ciò che mi ha colpito.
L'altro giorno, come faccio spesso al mattino, mi sono ritrovato a passeggiare nel giardino de Il Roseto (oggi dedicato a Rosa Balistreri).
Una bella giornata, non c'è che dire, con un bel sole e il cielo azzurro, percorso da nuvolette bianche. 
Forse, proprio perché i raggi del sole nascente piovevano sul giardino, ho intravisto un luccichio proveniente dalla recinzione metallica che delimita il giardino tutt'attorno.
Mi sono avvicinato, incuriosito.
Di cosa si trattava?
D'una targa metallica! 
Ed era - come ho scoperto accostandomi ancor di più - proprio una delle 21 targhe dedicate alle madri costituenti.
Ero là, esattamente alle spalle dell'anfiteatro.
Quindi, con il cuore in gola, ne ho disceso a balzi gli spalti, mi sono girato, abbracciando in una visione d'insieme l'intero anfiteatro.
Ebbene, delle 21 targhe commemorative, ne rimaneva al suo posto solo una, più l'altra che se ne stava infilata tra le sbarre dell'inferriata, due sopravvissute, 19 mancanti all’appello delle quali - come unica traccia della loro esistenza - rimaneva soltanto la superficie increspata dai resti della colla con cui erano state originariamente fissate.
Sono andato dai guardiani-giardinieri e ho chiesto loro cosa fosse accaduto alle targhe.
Uno di loro mi ha risposto: "Sono stati i picciuttieddi! Le hanno messe solo con la colla! Dovevano imbullonarle! Basta che di una si stacca un angolo e subito la scippano!"
È vero! Le hanno tolte via tutte, all’infuori di una.
Ma è una risposta debole, la sua: loro - i guardiani - dove sono? Dove erano quando lo scempio è stato compiuto? Non avrebbero avuto il dovere di controllare e di fermarli?
Hanno segnalato ciò che accadeva agli uffici preposti?
In ogni caso, il Giardino del Roseto è uno di quelli per i quali vige l'orario di chiusura notturno e, quindi, l'idea di vandali notturni che abbiano agito non attenzionati, non visti e non sentiti, è alquanto improbabile.
La rimozione delle targhe è stata portata avanti quasi sicuramente, mentre il personale era presente, ma - evidentemente - distratto.
Mi sembra che, nell'indifferenza generale, sia stato perpetrato un crimine molto grave, di annientamento e distruzione di un allestimento dall'elevato valore simbolico.
Un simbolicidio, dunque.
Ma nello stesso tempo - poiché le targhe rimosse ricordavano le 21 madri costituenti - si è trattato anche, a tutti gli effetti, d’un femminicidio, anche se soltanto metafisico e senza spargimento di sangue.
Un'azione casuale o premeditata?
E poi, perché nessuno è corso ai ripari?
Perché le targhe non sono state ripristinate?
Insomma, cose che succedono a Palermo! 
Ed è grave il fatto che ciò sia accaduto nell’indifferenza generale dei cittadini e non solo degli amministratori.
Non abbiamo speranze!
Non riusciamo mai a vedere la luce in fondo al tunnel!
Ci riusciremo mai a venire fuori nella luce?
Quando cambierà questo andazzo, se mai potrà cambiare?

 

#femminicidio
#madricostituenti
#andepalermo 
#associazionetoponomasticafemminile
#toponomasticafemminile
#avvistamenti

 

(foto di Maurizio Crispi)
(foto di Maurizio Crispi)
(foto di Maurizio Crispi)
(foto di Maurizio Crispi)
(foto di Maurizio Crispi)

(foto di Maurizio Crispi)

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14 dicembre 2023 4 14 /12 /dicembre /2023 08:03
Al posto della Libreria Sciuti di un tempo (foto di Maurizio Crispi)

Qui su tre vetrine (o luci, come si dice oggi), in via Sciuti a Palermo, si affacciava la Libreria Sciuti (ingresso al 91/F), una storica attività in questa parte della città.
I titolari, assillati dalle ristrettezze sempre crescenti in cui versa il mercato librario a causa della spietata concorrenza di Amazon e di altri venditori online ma anche per motivi connessi con la necessità, oggi, per chi esercita questo mestiere, di reinventarsi radicalmente allo scopo di potere attrarre un pubblico sempre più distratto, hanno dovuto abbandonare la partita, con grande dolore loro e degli affezionati clienti.

L’ultimo atto si è consumato, in silenzio e quasi senza che nessuno se ne accorgesse.
Nella fase di smobilitazione, con le scaffalature prima gremite di libri e ora sempre più desolatamente vuote, più volte mi sono ritrovato a parlare con Alessandro Cusimano e con Massimo, da sempre il mio preferito referente quando mi ritrovavo a ordinare dei volumi, e a discorrere del futuro della libreria, se avrebbe riaperto i battenti, dove e quando.

Mi sono ritrovato spesso, nel corso di queste conversazioni, spesso fortemente emozionali, a dover trattenere lacrime e singulti, perché vedevo dissolversi - con questa progressiva smobilitazione - un pezzo della mia vita che si è esteso nell'arco di diverse decenni.

Ho voluto intendere nel corso di queste chiacchierate che essi nel dover chiudere fossero stati assillati da richieste esose da parte dei proprietari dell'immobile, a cui non avevano più potuto far fronte, ma non è così, in realtà: questa è stata indubbiamente una mia narrazione personale che forse si è originata da loro non detti di cose a cui dare parola sarebbe stato imbarazzante e faticoso.

In realtà, la causa principale di questa chiusura (in verità, una morte annunciata) è stato il cambiamento dei tempi e il restringersi sempre più grave dei profitti, con la necessità - come ho detto - di doversi reinventare, cosa peraltro non facile e che come mostra Shaun Bythell, nel suo "Una Vita da Libraio", richiede enormi enormi energie e una non indifferente creatività organizzativa, sconfinando in attività che non sono esattamente connesse con la vendita di libri ma che fanno cultura, commercio, aggregazione e, per questo, non bastano le semplici e tradizionali, canoniche, presentazioni di libri con annesso firma-copie: la stessa causa che, in definitiva, ha portato alla decisone dei conduttori della Libreria Sciuti di non riaprire più in altri locali ubicati in zona (e in questo caso, sì, venivano davvero avanzate richieste di pigioni assolutamente esose); oltretutto, nella nostra realtà, per l'avvio o il riavvio di un'attività commerciale qualsivoglia sono enormi gli intralci burocratici e innumerevoli le norme da applicare, i certificati da richiedere, le specifiche tasse da pagare: non è come in altri paesi europei dove tutte queste procedure sono semplificate al massimo e, soprattutto, sono meno costose.

Foto Carmelo Di Rosalia

A giugno scorso (2023) la Libreria Sciuti ha chiuso i battenti, alla fine del doloroso sgombero e ancora per diverso tempo è rimasta l'insegna a sormontare le vetrine, come testimonianza del passato.

Il vicino negozio di arredi s'è espanso ad occupare i locali che furono della Libreria Sciuti.

Sono state rapidamente cancellate tutte le tracce che possano far dire che qui c’era una libreria “storica” della mia (della nostra città) con una necessaria azione di restyling e di omologazione alle vetrine già preesistenti del negozio di arredi che si espandeva già lungo tutto il marciapiedi.

Ancora di più - con la cancellazione delle ultime tracce - mi sento affranto e dispiaciuto.
Sono stato da sempre cliente affezionato di questa libreria che era a pochi passi da casa e per me, oltretutto, comodissima da raggiungere per soddisfare qualsiasi ghiribizzo librario mi saltasse in mente.
Qui potevo sempre entrare a dare un’occhiata alle novità, a ordinare i libri che andavo selezionando per i miei approfondimenti, ad acquistare quelli da dare in regalo, a scambiare quattro parole con i titolari e i dipendenti, circostanze che, a volte, si trasformavano in vivaci conversazioni e scambi di idee.
Ora, è tutto finito.

Ma è una storia che si ripete
Come è successo prima e come, sicuramente, succederà ancora
Per esempio, come non menzionare la scomparsa della Libreria L'Aleph in via Vincenzo di Marco, condotta dal mitico Lorenzo Giordano e soppiantata da un emporio cinese, o - ancora prima - con la storicissima Libreria Flaccovio in via Ruggero Settimo, che è persino nei miei ricordi di infanzia, perché mi ci portava mio padre, al cui posto s’è insediato un venditore di intimo femminile e che, negli anni del dopoguerra sino certamente alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, è stata un centro pulsante della intellighenzia culturale di Palermo e della Sicilia, per non parlare di tante altre librerie cittadine (e mi viene in mente la Libreria Ciuni, collocata di fronte al Teatro Massimo) e di tanti altri storici esercizi invasi e metarmofizzati in attività di tipo diverso che sono effimere e che, soprattutto , non hanno tradizione alcuna e un mondo di cultura alle loro spalle.

 

Questi casi che ho menzionato sono vividi esempi di un mondo che scompare, che viene cancellato sistematicamente senza che si faccia nulla per serbarne tracce per una futura memoria collettiva e senza che si reagisca.

Siamo diventati torpidi e indifferenti.

La civiltà dello spettacolo in cui tutto passa ed è effimero, senza un reale valore, ci ha abituati a questo.

Non voglio essere o apparire sterilmente nostalgico o dare l'idea di essere uno che si piange addosso e guarda continuamente al passato, rimuginando e rimpiangendo ciò che non è più; e che è disgustato dal modo in cui il mondo sta cambiando velocemente, troppo velocemente persino.

Se fossimo in altri paesi con una maggiore vocazione culturale e un’attitudine a conservare le tracce del passato e a farle vivere nella memoria individuale e collettiva, nei luoghi che hanno ospitato queste tre librerie verrebbero affisse delle targhe in bronzo o in marmo per fissare il ricordo e così tramandarlo.

Ed è quello che io propongo agli amministratori distratti di una città che si avvia a vivere una crescente condizione di “non luogo”, senza conoscenza delle proprie radici storiche e culturali e senza memoria collettiva
 

Salvatore Cangelosi. La città e i Libri. Avventure di un libraio

Salvatore Cangelosi, La Città e i Libri. Avventure di un libraio, Torri del Vento Edizioni (Collana I Capperi), 2014

Il volume è arrichito dalla prefazione di Marcello Bonfante. Vi si parla di pezzi di storia delle librerie di Palermo e vi si chiariscono anche i rapporti "di parentela" per così dire tra Libreria Ciuni e la Libreria Sciuti

Andrebbe sicuramente letto per chi ha desiderio di consolidare ulteriomente le radici delle proprie memorie

(risguardo di copertina) Alla fine degli anni settanta, un giovane monrealese si impiega, per puro caso, in una libreria, senza sapere che quel lavoro diventerà tutta la sua vita. Attraverso le vetrine delle librerie in cui negli anni lavorerà, Cangelosi vedrà una città in continuo cambiamento, incontrerà volti noti e meno noti, stringerà la mano a scrittori più o meno famosi, ma soprattutto inizierà a conoscere se stesso. Un'autobiografia scritta come un romanzo di formazione, una prosa asciutta e ponderata frutto di anni di frequentazioni intellettuali e di meditate letture.

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8 dicembre 2023 5 08 /12 /dicembre /2023 08:43

Anche a Natale
cosa vedono i miei occhi?
Munnizza
Munnizza natalina,
anziché pasquale o ferragostana
Robe abbandonate
per incuria dei raccoglitori
ma anche per incuria dei cittadini
Sono incurie che si incontrano
e si rinforzano a vicenda
Ci si deve lamentare,
è ovvio
Ma occorre anche
che ciascuno di noi
prima di proferire verbo
con lamenti e alti lai
si faccia un bell’esame di coscienza
Facciamolo a Natale
quando lo scambio e il delirio dei doni
portano a deliri complementari di munnizza

Maurizio Crispi (oggi)

La nota che segue è stata scritta il 6 dicembre 2022, quindi un anno addietro circa e posso confermare che da allora non è cambiato nulla. E dunque ciò che scrissi allora è tuttora attualissimo

La nota che segue è stata scritta il 6 dicembre 2022, quindi un anno addietro circa e posso confermare che da allora non è cambiato nulla. E dunque ciò che scrissi allora è tuttora attualissimo

Monnezza a Palermo (foto di Maurizio Crispi)

A volte capita di trovarsi a percorrere una via dalla quale non si passa per molto tempo.

Queste vie che si vedono come per le prima volta (anche se sono già conosciute) inducono una sensazione di estraneità e derealizzazione, come se all’improvviso si fosse divenuti stranieri in terra straniera. 
E quelli che colpiscono sono certi tratti di marciapiede abbandonati e negletti, perché magari non costeggiano le abitazioni ma soltanto le mura perimetrali di ville o giardini private.
Tratti di strada che in sé possiedono una valenza quasi romantica e che invece sono diventati ricettacolo di spazzatura varia, di merde di cane, di piatti di plastica lasciati per terra dalle gattane per nutrire i “loro” gatti, resti di bici rubate, macerie, incarti McDonalds (espressione del consumismo gastronomico dei poveri che però sono anche incivili), per non parlare degli alberi che adornano la via del tutto inselvatichiti, e ancora vecchie scarpe e scarponi, indumenti vari abbandonati anziché essere conferiti negli appositi contenitori oppure misteriosamente vuotati proprio dalle loro viscere.

Si cammina in mezzo a tutte queste brutture che a volte sono anche maleodoranti, costretti ad una vera e propria gimcana, e ci si chiede perché tutto questo debba accadere in una città che vorrebbe definirsi civile ed europea ed invece é da bollino rosso su tutta la linea. Una città che ha sempre avuto la vocazione per la lurdìa: basta andarsi a leggere le magistrali pagine di Goethe in Sicilia, risalenti a oltre 200 anni fa, proprio relative al modo in cui i nostri concittadini di quel tempo smaltivano i rifiuti solidi e, per di più, nelle vie prinicipali - come il Cassaro - dove massimo, anche a quel tempo, avrebbe dovuto essere il decoro.

E sì che siamo costantemente spremuti con il tributo sulla munnizza: dove vanno a finire questi soldi?

Come vengono spesi?

Vorrei proprio che qualcuno venisse a raccontarmelo.

Le foto che pubblico qui sono state scattate lungo la via Vincenzo di Marco (PA) una via che, essendo in parte sfuggita alla massiccia speculazione edilizia, ha un suo carattere un po’ retro e malinconico.
Ed invece il passante occasionale (come è capitato a me l’altro giorno) deve fare i conti con brutture e inestetismi, con la puzza e il degrado.

Il bello è che, se dal lato di chi amministra l’incuria é totale, da parte dei cittadini che abitano nelle casette e nei condomini che si affacciano lungo questa via, vi deve essere sicuramente indifferenza e assuefazione, o anche - forse - il non vedere perché oggigiorno sono sempre di meno quelli che camminano a piedi, o il non voler vedere, il fare finta di di niente, rendendosi selettivamente ciechi.

In mezzo a questo tripudio di monnezza e di degrado troneggiano beffardi i monopattini e le bici elettriche che posteggiati in maniera selvaggia ed incurante degli elementari diritti di chi cammina a piedi divengono essi stessi monnezza.

Vorrei una città più pulita e con la sua bellezza restaurata e senza questi infernali aggeggi di locomozione che alcuni dicono essere liberata e sostenibile, ma che a mio avviso aggiungono bruttura a brutture. 

L’unica cosa per difendersi da questi assalti di degrado è alzare lo sguardo verso il cielo (il che non è distogliere lo sguardo, badate bene). 

Ma un modo di cercare una risposta nel divino ineffabile ed immanente che ci sovrasta.

Ma dal cielo non arriva mai alcuna risposta

Il cielo, pur bello, con i suoi colori e con le sue nubi cangianti, pur ritemprando l’animo, è un rimedio che dura poco perché il volo della mente e dello sguardo dopo qualche istante si esaurisce e ritorna al livello del suolo per farci scoprire che la monnezza é sempre li, inamovibile (eterna, si potrebbe dire) a farci riflettere che viviamo in un mondo estremamente precario in cui il confine tra civilizzazione e totale inciviltà di modi é estremamente labile ed evanescente.

Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

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27 settembre 2023 3 27 /09 /settembre /2023 06:56
Magnolia abbattuta (foto di Maurizio Crispi)

Oggi stanno deturpando con la motosega le magnolie di Viale delle Magnolie, qui a Palermo.
Manutenzione intrapresa per quelle che insistono su terreni privati con taglio dei rami ammalorati.
Nello stesso tempo hanno cominciato un intervento su quella che si trova al centro della piazzetta triangolare, a metà circa del tratto di Viale delle Magnolie tra Via Boris Giuliano (ex Via Piemonte) e Via Sciuti
Questa la stanno proprio “azzerando”. Grrrr!
Ho chiesto ad uno dei "boscaioli" selvaggi, perché stiano deturpando così un albero che é sostanzialmente in buona salute. 
Mi ha risposto che l’albero, dentro, è cavo e che, dunque, è a rischio di caduta.
Mi hanno detto altri, in particolare il portiere di uno stabile proprio di fronte, che giorni addietro, avrebbero esplorato con una sonda questa cavità per constatare che arrivava sino alla base del tronco e che, per di più, era infestata dai sorci (il boscaiolo disse: “Sorci”; un altro lì presente aggiunse: “Pantegane!
Qualcun altro degli astanti ha aggiunto che dopo il crollo della grande magnolia ubicato all'angolo tra Via delle Magnolie e Via Boris Giuliano e dopo che il comune ha dovuto rimborsare i danni causati dal crollo alle vetture parcheggiate sotto, l'Amministrazione comunale ha deciso di seguire la via maestra del totale azzeramento del rischio, non già procedendo ad un accurato censimento delle piante di grandi dimensioni e all'attuazione di tagli essenziali, ma sostanzialmente conservativi e che tengano conto della necessità di mantenere ben bilanciata la chioma, ma di abbattimenti indiscriminati e di sostanziale azzeramento della vegetazione arborea nelle vie dei diversi quartieri (quindi, detto in soldoni, senza la previsione di alcun rimpiazzo). Da diversi miei contatti mi sono giunte testimonianze in tal senso.
Dirò che questa magnolia per anni (ben me la ricordo da quando ero piccolo) era stentata e che - solo negli ultimi tempi (forse aiutata per via delle connessioni radicali sotterranee con altri alberi che, nel frattempo, si sono sviluppati pure loro rigogliosi) ha decollato nella sua crescita - diventando folta e mostrandosi nello splendore d'una buona salute.
Proprio il momento giusto per fare questi tagli indiscriminati!
E, tra l'altro, alla dissezione delle prime grosse ramificazioni la linfa bianca colava abbondante, segno anche questo di buona salute, indubbiamente.
La formulazione che “l’albero è cavo e che è per questo instabile e a rischio di crollo” è pretestuosa e, se applicata coerentemente, dovrebbe portare all’abbattimento di molti degli ulivi e di altri alberi plurisecolari, come ad esempio del platano millenario di Curinga (in Calabria) che ha al suo interno una vasta cavità che può accogliere ben venti persone in piedi (ci sono entrato dentro).
Sono sconcertato: questa azione è un vero e proprio albericidio!
Non solo i fuochi, anche i tagli indiscriminati!
Ora sono preoccupato per quello che faranno alle altre magnolie della via e, in generale, ad altri alberi cresciuti e svettanti della città, visto che la "filosofia" operativa sembra essere quella del taglio indiscriminato.
Cosa si può fare per fermarli?
Cosa si può fare per fermare quelli che sembrano né più né meno dei crimini, considerando che, secondo le teorie più avanzate gli alberi non sono delle creature isolate, ma si connettono in reti e comunità di auto-aiuto e capaci di comunicazione e si possono considerare dunque delle creature in qualche modo (diverso dal nostro) senzienti?
Questi crimini avvengono nell’indifferenza generale e, come sempre, nel silenzio dei governanti e senza il parere di botanici esperti.
Tra l’altro la cosa - secondo me - grave è che quest’attività non è svolta dell’apposito servizio del Comune ma da un’azienda privata con la vocazione dichiarata dell'"ingegneria naturalistica", come si vede dal logo del camioncino, una Srl che si chiama Sicilville.
Ora, se si dà ad un’azienda privata l’appalto per simili lavori, c’è il rischio molto elevato che - per puro lucro - vengano decise ed attuate potature selvagge e non necessarie.
Si può capire che alcuni alberi con rami ammalorati possano essere fonte di rischio per i cittadini.
A volte, però, in simili azioni, soprattutto quelle portate avanti dalla pubblica amministrazione, manca la trasparenza e sembra di essere davanti a scelte arbitrarie e non motivate.
Qualcuno che ha letto la prima stesura di questo post ha scritto: "Se si tagliano rami di diametro superiore a 20 cm la squadra incaricata deve avere un 'piano per la compensazione biologica del danno'. Tagli di questa portata sono da considerarsi già 'abbattimenti'. Se non c'è questo piano non si può procedere con i tagli (da regolamento comunale del verde, che si trova in internet). In teoria si possono chiamare le forze dell'ordine, é un abuso. Serve un avvocato, perchè usano la scusa dell'urgenza per lavorare fuori norma".

Inoltre esiste una procedura che si chiama "Valutazione di stabilità degli alberi" e che si può fare sia con l'ispezione ma anche con l'utilizzo di strumentazioni apposite e che l'amministrazione locale dovrebbe utilizzare oculatamente con le propria popolazione arborea, in modo da tutelarne assieme la salute e stabilità, proteggendo - ma solo in maniera mirata, con azioni minimali, ma necessarie, la sicurezza dei propri cittadini.

Qua, invece, mi pare che si proceda all'insegna dell'empiria più pura!

 

 

Fate circolare questo post!

Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
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Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

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21 giugno 2023 3 21 /06 /giugno /2023 08:42
Ordinaria inciviltà a Palermo (foto di Maurizio Crispi)

L’altro giorno sono stato testimone di una scenetta incresciosa
Una signora è arrivata alla guida della sua auto per rientrare a casa
Ma non ha potuto farlo 
Davanti al passo carrabile era parcheggiata un auto
con i lampeggianti accesi
Ha suonato il clacson ripetutamente
Niente
È rimasta in attesa
Ha cercato di mettersi in contatto con i Vigili Urbani
Niente
Niente Vigili Urbani, malgrado i ripetuti tentativi
Nel frattempo é trascorsa quasi mezz’ora, forse anche 35 minuti
35 minuti! 
Alla fine, dal vicino negozio di arredamento d’interni
è spuntata una con andatura indolente
e la faccia scocciata
Arriva nei pressi della sua auto 
lasciata in sosta
In modo inopportuno 
e in spregio delle regole della civile convivenza
per non parlare delle norme
del codice della strada
Si mette la tipa
ad altercare con la signora
“Ma non ha visto che ho lasciato
scritto il mio numero di telefono?”
In effetti, sotto il parabrezza
c’era un minuscolo bigliettino di carta
sul quale era trascritto un numero di cellulare
“No!, fa la signora
E in ogni caso non ero tenuto a chiamare,
perché lei, qui, la sua auto
non doveva lasciarla,
incurante di tutto”
La tipa é proterva
Non si scusa nemmeno
È palese il suo tentativo di bulletto
di far apparire la signora 
che é nel pieno del suo diritto
dalla parte del torto
La tipa arriva anche a dire:
Io la querelo per calunnia!
La situazione si sblocca
La tipa proterva se ne va 
alla ricerca di un parcheggio appropriato
Nella sua faccia è dipinta l’espressione
di colui i cui diritti fondamentali
sono stati lesi
La signora può finalmente rientrare
a casa sua

 

Ma in quale mondo viviamo?
Un mondo in cui il torto
diventa dritto
Un mondo in cui vale di più
la legge del più forte
che non la regola della cortesia,
gentilezza e rispetto
È molto triste assistere a simili episodi
che mostrano quanto non vi siano più 
valori etici 
a guidare la condotta di molti

Ordinaria inciviltà a Palermo (foto di Maurizio Crispi)

Alcuni leggendo questo mio post hanno ventilato l'ipotesi che in simili circostanze bisognerebbe agire in modo deciso con azioni "violente".

Per esempio, un mio contatto FB dice: "Mah, ti assicuro che succede anche qui in Piemonte. Personalmente non avrei aspettato 35 minuti né chiamato i Vigili: semplicemente sarei passata accanto all'auto, molto vicino, con la punta della chiave che accidentalmente, ovvio, raschia la fiancata. E poi sarei tornata indietro. Certi individui capiscono solo questo linguaggio (...) Io non ho alcuna speranza circa la possibilità di redimere i prepotenti ed incivili. Preferisco l'occhio per occhio, dente per dente. Sono certa che, trovandosi i geroglifici sulla fiancata, il buzzurro o la buzzurra in questione capiranno che non sono soli al mondo e che violare le norme di civile convivenza può costare caro, proprio in termini economici, di carrozziere. Personalmente mi comporto in maniera rispettosa nei confronti di tutti, ma, see mi pestano i piedi, posto che non ho alcuna fiducia nella cosiddetta giustizia, me la regolo per conto mio.".

 

Posso comprendere questo punto di vista, senza peraltro condividerlo; a mio avviso, rispondere nei modi suggeriti da questo commento non farebbe che incattivire gli animi e spingerci ancora di più verso il baratro dell’inciviltà e soprattutto verso una concezione dei rapporti sociali fondati sul principio dell'Homo Homini Lupus e della reciproca sopraffazione. 

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10 febbraio 2023 5 10 /02 /febbraio /2023 09:55

Se è andato un vecchio caro amico

Gian Mauro Costa su Facebook

Foto condivisa su Fb da Gian Mauro Costa che ha commentato: “Se è andato un vecchio caro amico”.

Foto condivisa su Fb da Gian Mauro Costa che ha commentato: “Se è andato un vecchio caro amico”.

La grande magnolia abbattuta (foto di Maurizio Crispi)

È crollato un gigante.
È stato come se l’enorme mano d'un gigante invisibile avesse abbattuto un suo pari, dopo una strenua lotta.
Il gigante crollato è l'immensa Magnolia, ubicata all'angolo tra Viale delle Magnolie e via Boris Giuliano (ex Via Piemonte) che - da quando abito in questa zona (e, cioè, dal 1962) - ogni giorno mi sono ritrovato ad ammirare (e a salutare) quando passavo sotto la sua vasta canopia nei miei spostamenti quotidiani.
Tra l'altro, anche adesso, ogni giorno passo da lì, in occasione della mia passeggiata mattutina con il cane. Di solito, percorro viale Lombardia, quindi svolto per via delle Magnolie e passo sul ponticello di metallo, che, nel tempo, è stato parzialmente conglobato nella massa sempre più sviluppata di tronco e radici columnari (cosa che mi piace molto fare). Oggi, al momento di uscire, ho perso del tempo: non trovavo il mio I-phone e mi sono soffermato a scrivere una mail. Probabilmente, se fossi andato senza questi imprevisti mi sarei trovato a passare sotto la magnolia proprio nel momento critico…
Passare da lì, percorrere il ponticello metallico che moltissimi anni addietro l'amministrazione comunale pose per evitare ai passanti di inciampare nell'asperità delle radici emergenti dal suolo e causanti dissesto del marciapiedi, era per me un must. Come pure era un must stare ad osservare le radici pensili che scendevano lungo il tronco e che, anno dopo anno, si andavano ingrossando sino a diventare tronchi che poi si fondevano con quello principale.
Il guaio è che queste magnolie senza la possibilità di gettare radici columnari anche a distanza dal tronco principale e che poi diventano delle vere e proprie colonne portanti della grande fabbrica arborea e senza periodici interventi di alleggerimento finiscono con il diventare instabili, anche perché le radici nel terreno non possono andare dovunque, espandendosi a raggiera, in considerazione della cementificazione.
La grande Magnolia cresciuta a dismisura, con le sue radici interamente su suolo pubblico, è stata sottoposta a manutenzione l'ultima volta circa 10 anni addietro (secondo la testimonianza di uno dei condomini dello stabile ad angolo) e poi nulla più, malgrado le numerose richieste che si sono succedute nel corso degli anni senza che ottenessero nessuna significativa e fattiva risposta.

Ma torniamo al fatto.
Al crollo un’auto di passaggio è rimasta intrappolata. Il tettuccio è stato parzialmente deformato, ma i passeggeri sono stati estratti illesi, per quanto scioccati, grazie all'intervento tempestivo di un buon samaritano e accompagnati all'interno dell'atrio del Tiffany Cityplex, in quel momento aperto per via della presenza del personale adibito alle pulizie. Per loro, solo tanta paura e, ovviamente i danni materiali della vettura schiacciata sotto il peso immane dei rami.
E, per fortuna, il crollo non è avvenuto in ora di punta, quando - spesso e volentieri - le auto in questo tratto di strada sono incolonnate.
Altre auto parcheggiate ai lati della via sono state sepolte sotto le possenti diramazioni del tronco principale.
Come già detto, l’enorme magnolia si trova ubicata all’angolo tra via Boris Giuliano (ex via Piemonte) e viale delle Magnolie, qui a Palermo.
Il crollo è avvenuto con un enorme schianto, attorno alle 7.20: così hanno riferito alcuni condomini della palazzina ad angolo che sono stati a lungo ad osservare gli spasmi dell'albero mentre si apprestava il crollo, quasi avesse ingaggiato una lotta contro un nemico invisibile, prima di soccombere.
Soffiava, nelle ore del cedimento, un forte vento di grecale a raffiche.
Interessante notare che la prima auto della Polizia municipale è arrivata soltanto alle 8,10. Molta tempestività, davvero.
Ma c’è anche da dire che i Vigili Urbani, con maggiore urgenza, sono andati a presidiare l’incrocio tra via Piemonte e via Principe di Paternò. Ovviamente, si è creato subito un ingorgo di immani proporzioni.
Anche i Vigili del Fuoco sono arrivati in leggero ritardo.
Hanno transennato approssimativamente le macerie del grande albero che occupavano l’intera carreggiata e hanno cominciato a sgridare rudemente chi faceva la mossa di avvicinarsi molto: “Adesso che siamo arrivati noi C’é pericolo!” - ha detto qualcuno di loro, con involontaria e inconsapevole ironia.

Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

Poi, dopo qualche tempo, sono arrivate le motoseghe con le loro urla laceranti e il gigante è stato smembrato e fatto a pezzi, in un tempo risibile considerando il tempo che aveva impiegato a crescere e a fortificarsi.
E mentre le motoseghe urlavano, la magnolia lacerata e spaccata piangeva rivoli di sangue bianco.

A poco a poco, a fatica, il grande corpo è stato smembrato, via le braccia, via le gambe, poi tagliato a pezzi, ma il colosso ha resistito a lungo, in una dura lotta con le motoseghe che stridevano e un escavatore enorme che abbatteva i denti di acciaio che guarnivano la sua benna sul tronco principale già scalfito dalle lame della motosega, per completare la loro opera destruente.
Una tristezza infinita, ancora maggiore di quella derivante dal vedere il colosso abbattuto sull'asfalto.
L’agonia è durata sino al tardo pomeriggio, quando già era calato il buio e quando rimanevano soltanto frammenti e detriti; e soltanto le grandi radici tabulari ancora profondamente radicate.
Chi sa se dopo, con calma e meticolosità, gli uomini delle motoseghe e delle ruspe ingaggeranno una battaglia pure contro di loro!
Oso pensare (e desiderare nel profondo del mio cuore) che quelle radici possenti, sporgenti dal terreno come le creste di un dinosauro antico, vengano lasciate lì in segno di rispetto e nella memoria del grande albero, in attesa che magari un giorno possano germogliare di nuovo e rigenerare una pianta vigorosa.
E' solo una fantasia la mia, ovviamente, perché molto realisticamente sono certo che tutto quanto verrà spazzato via, in nome dei "sani" principi della sicurezza e del "mettere tutto in sicurezza" che escludono del tutto il pensare e il sentire poetico ed emozionale.

È stata questa la fine triste di un gigante che mi è stato compagno, anche amico direi, e che, negli anni, ho fotografato, per non parlare delle innumerevoli volte in cui al mio passaggio ne ho sfiorato il tronco sperando che una parte della sua forza entrasse in me.

Un gigante buono e gentile che, anche nel momento del crollo, è riuscito a non far male a nessuno.

Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

Ficus, riflessione del giorno dopo: io non conosco chi abita nell’appartamento che gode di un bel giardino utilizzato per parcheggiare l’auto e le motociclette anziché godersi il verde in città, e sicuramente mi renderò impopolare con questo post; ma, dalla fotografia, risulta evidente che il cortiletto cementificato apparteneva per legge di natura al ficus centenario, piantumato anni prima che si decidesse di costruire il palazzo, che si decidesse di fare della curva a valle un asse viario dirimente del traffico cittadino. Altre epoche, altre sensibilità, ma mi piacerebbe sognare un futuro in cui le città diano il giusto respiro agli alberi e alla natura, nostra salvezza.

Maria Adele Cipolla - riflessione del giorno dopo

La Conigliera, storica tenuta dei Florio, doveva essere all’inizio del secolo uno degli spazi verdi più belli della città, un giardino caratterizzato dalle sue geometrie e dalla presenza di una struttura Liberty, ora non più esistente. Di quest’area, travolta dalla speculazione edilizia e distrutta infine da un incendio, oggi rimane soltanto un filare di ficus, che costeggia l’attuale via delle Magnolie.

La conigliera dei Florio, emblema di un altro progresso

La memoria della "Conigliera", in Viale delle Magnolie n.1, a Palermo (foto di Maurizio Crispi)

(Mauro Alessi) Panormos era una città tutta giardino e come una collana (dal greco ὅρμος) cinta dalla Conca d'Oro. In questo Eden le famiglie nobili e quelle venute dall'estero per innovative attività imprenditoriali condividevano il piacere di una vita immersa nella Natura di parchi e ville ricchi di specie botaniche acquistate in paesi esotici o scambiate tra loro, nell'ottica di una competizione nata per stupire ospiti, amici e visitatori. Vincenzo Florio che risiedeva all'Olivuzza, a villa Igiea e alla Casina dei Quattro Pizzi all'Arenella aveva acquistato un appezzamento di terreno dell'enorme giardino del duca Oneto di Sperlinga (firriato di Sperlinga) che si estendeva dalla sua settecentesca villa in via P.pe Palagonia (oggi diventata sede del Tribunale per i minori e del carcere Malaspina) verso la costa. Con la sua passione per la caccia e per la botanica realizzò una "conigliera" con un viale d'accesso costeggiato da sedici Ficus Macrophylla columnaris (denominati anche magnoloides da cui Viale delle Magnolie), figli del primo arrivato 170 anni prima all'Orto botanico di Palermo dall'Australia. Alla fine del viale era stato edificato un cottage (chalet) con torretta d'avvistamento per la cacciagione e al centro della conigliera una grande gebbia per irrigazione di agrumi e specie floreali spesso utilizzata per svaghi balneari e per gite in pedalò come fosse un laghetto.
All'interno del cottage, era predisposta una sala biliardo che permetteva il riposo di figli e consorti durante l'attività venatoria di padri e mariti. Un'altra porzione del 'firriato Sperlinga' era stata acquistata nel 1886 da Joshua Whitaker e dalla moglie Euphrosyne, che risiedevano nella palazzetto in stile gotico-veneziano, oggi sede della Prefettura in via Cavour.
Nel 1952 il sindaco Scaduto stipulò un accordo fra il Comune, i rappresentanti della Società Generale Immobiliare e i proprietari dei terreni autorizzando lottizzazioni di 60.000 
metri quadri a fronte di una cessione di 18.000 mq. come parco pubblico urbano (l'attuale "villa Sperlinga"). La speculazione travolse tutto e i poveri Ficus Macrophylla furono avvolti dal cemento non riuscendo più a trovare appigli per le loro radici aeree (columnari) e incontrando fondazioni edilizie per quelle sotterranee.

Le osservazioni di Mauro Alessi si ispirano ampiamente ad un articolo scritto da Cassandra Carroll Funsten, architetto paesaggista che allego qui di seguito in .pdf, scaricabile.

Ecco lo splendido articolo sulla "Conigliera dei Florio di Cassandra Carroll Funsten, architetto paesaggista

Quel che rimane del gigante crollato (foto di Maurizio Crispi)

Magnolia schiantata, ultimo atto

L'altro giorno sono arrivati con motoseghe, ruspe e altri macchinari e hanno rimosso tutto ciò che restava del gigante abbattuto, sino a non lasciare di esso più alcuna traccia.
Questo intervento radicale ha posto fine alla mia fantasia che dai resti delle possenti radici ancorate al suolo potesse rinascere qualcosa e che potesse avere luogo il miracolo della rigenerazione del gigante.
Oppure che quelle radici, per quanto isterilite, venissero lasciate lì a perenne memoria di quella meraviglia arborea di un tempo.
Lo spirito pragmatico ha prevalso, mentre invece nell'approccio a queste cose - secondo il mio modesto parere - ci vorrebbe un po' di fantasia e di un afflato di speranza.
Adesso che è stata fatta piazza pulita, sarebbe bello se l’amministrazione comunale ponesse qui una lapide commemorativa in memoria del gigante arboreo e del suo crollo e, magari anche se, vicino ad essa, piantasse anche un giovane virgulto d'una pianta di lunga crescita che sia compatibile con la costruzione adiacente; magari un cipresso o un olivo, o anche un carrubo.
Ma so che una simile cosa non accadrà mai.
Ai nostri amministratori mancano la voglia di coltivare il ricordo, la cultura e la sensibilità necessarie.

A Palermo è crollato un gigante
A Palermo è crollato un gigante
A Palermo è crollato un gigante
A Palermo è crollato un gigante
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21 settembre 2022 3 21 /09 /settembre /2022 08:05
Era una magnolia possente e vigorosa. Lo scempio è stato compiuto in un giardino condominiale a Palermo, in via Principe di Paternò n. 15 Secondo me, é stato un abuso, perché simili alberi hanno un valore inestimabile e di essi non si deve poter disporre liberamente.

Era una magnolia possente e vigorosa. Lo scempio è stato compiuto in un giardino condominiale a Palermo, in via Principe di Paternò n. 15 Secondo me, é stato un abuso, perché simili alberi hanno un valore inestimabile e di essi non si deve poter disporre liberamente.

Era una magnolia possente e vigorosa.
Lo scempio è stato compiuto in un giardino condominiale a Palermo, in via Principe di Paternò n. 15
Secondo me, si è trattato di un vero e proprio abuso, perché simili alberi hanno un valore inestimabile e di essi non si deve poter disporre liberamente.

Benché la pianta in questione non sia una specie autoctona, essendo una specie di alto fusto e con delle valenze decorative e ambientali dovrebbe essere tutelata, con una doppia attenzione, sia da parte del Servizio Ville e Giardini del Comune di Palermo sia dall'Assessorato alla Tutela dei Beni ambientali. 
Le piante di alto fusto che insistono su terreni e su fondi privati diventano a tutti gli effetti un bene pubblico con tutte le conseguenze del caso.
Quando subentrano delle condizioni della tutela della sicurezza si deve pur procedere a qualche forma di potatura che non sia però la "capitozzatura " integrale che ha subito questa povera Magnolia, senza potersi difendere.

Una capitozzatura integrale di questa portata equivale quasi ad una decapitazione e non vale nulla che qualcuno dica che "la pianta è forte e si riprenderà".

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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