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10 febbraio 2023 5 10 /02 /febbraio /2023 09:55

Se è andato un vecchio caro amico

Gian Mauro Costa su Facebook

Foto condivisa su Fb da Gian Mauro Costa che ha commentato: “Se è andato un vecchio caro amico”.

Foto condivisa su Fb da Gian Mauro Costa che ha commentato: “Se è andato un vecchio caro amico”.

La grande magnolia abbattuta (foto di Maurizio Crispi)

È crollato un gigante.
È stato come se l’enorme mano d'un gigante invisibile avesse abbattuto un suo pari, dopo una strenua lotta.
Il gigante crollato è l'immensa Magnolia, ubicata all'angolo tra Viale delle Magnolie e via Boris Giuliano (ex Via Piemonte) che - da quando abito in questa zona (e, cioè, dal 1962) - ogni giorno mi sono ritrovato ad ammirare (e a salutare) quando passavo sotto la sua vasta canopia nei miei spostamenti quotidiani.
Tra l'altro, anche adesso, ogni giorno passo da lì, in occasione della mia passeggiata mattutina con il cane. Di solito, percorro viale Lombardia, quindi svolto per via delle Magnolie e passo sul ponticello di metallo, che, nel tempo, è stato parzialmente conglobato nella massa sempre più sviluppata di tronco e radici columnari (cosa che mi piace molto fare). Oggi, al momento di uscire, ho perso del tempo: non trovavo il mio I-phone e mi sono soffermato a scrivere una mail. Probabilmente, se fossi andato senza questi imprevisti mi sarei trovato a passare sotto la magnolia proprio nel momento critico…
Passare da lì, percorrere il ponticello metallico che moltissimi anni addietro l'amministrazione comunale pose per evitare ai passanti di inciampare nell'asperità delle radici emergenti dal suolo e causanti dissesto del marciapiedi, era per me un must. Come pure era un must stare ad osservare le radici pensili che scendevano lungo il tronco e che, anno dopo anno, si andavano ingrossando sino a diventare tronchi che poi si fondevano con quello principale.
Il guaio è che queste magnolie senza la possibilità di gettare radici columnari anche a distanza dal tronco principale e che poi diventano delle vere e proprie colonne portanti della grande fabbrica arborea e senza periodici interventi di alleggerimento finiscono con il diventare instabili, anche perché le radici nel terreno non possono andare dovunque, espandendosi a raggiera, in considerazione della cementificazione.
La grande Magnolia cresciuta a dismisura, con le sue radici interamente su suolo pubblico, è stata sottoposta a manutenzione l'ultima volta circa 10 anni addietro (secondo la testimonianza di uno dei condomini dello stabile ad angolo) e poi nulla più, malgrado le numerose richieste che si sono succedute nel corso degli anni senza che ottenessero nessuna significativa e fattiva risposta.

Ma torniamo al fatto.
Al crollo un’auto di passaggio è rimasta intrappolata. Il tettuccio è stato parzialmente deformato, ma i passeggeri sono stati estratti illesi, per quanto scioccati, grazie all'intervento tempestivo di un buon samaritano e accompagnati all'interno dell'atrio del Tiffany Cityplex, in quel momento aperto per via della presenza del personale adibito alle pulizie. Per loro, solo tanta paura e, ovviamente i danni materiali della vettura schiacciata sotto il peso immane dei rami.
E, per fortuna, il crollo non è avvenuto in ora di punta, quando - spesso e volentieri - le auto in questo tratto di strada sono incolonnate.
Altre auto parcheggiate ai lati della via sono state sepolte sotto le possenti diramazioni del tronco principale.
Come già detto, l’enorme magnolia si trova ubicata all’angolo tra via Boris Giuliano (ex via Piemonte) e viale delle Magnolie, qui a Palermo.
Il crollo è avvenuto con un enorme schianto, attorno alle 7.20: così hanno riferito alcuni condomini della palazzina ad angolo che sono stati a lungo ad osservare gli spasmi dell'albero mentre si apprestava il crollo, quasi avesse ingaggiato una lotta contro un nemico invisibile, prima di soccombere.
Soffiava, nelle ore del cedimento, un forte vento di grecale a raffiche.
Interessante notare che la prima auto della Polizia municipale è arrivata soltanto alle 8,10. Molta tempestività, davvero.
Ma c’è anche da dire che i Vigili Urbani, con maggiore urgenza, sono andati a presidiare l’incrocio tra via Piemonte e via Principe di Paternò. Ovviamente, si è creato subito un ingorgo di immani proporzioni.
Anche i Vigili del Fuoco sono arrivati in leggero ritardo.
Hanno transennato approssimativamente le macerie del grande albero che occupavano l’intera carreggiata e hanno cominciato a sgridare rudemente chi faceva la mossa di avvicinarsi molto: “Adesso che siamo arrivati noi C’é pericolo!” - ha detto qualcuno di loro, con involontaria e inconsapevole ironia.

Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

Poi, dopo qualche tempo, sono arrivate le motoseghe con le loro urla laceranti e il gigante è stato smembrato e fatto a pezzi, in un tempo risibile considerando il tempo che aveva impiegato a crescere e a fortificarsi.
E mentre le motoseghe urlavano, la magnolia lacerata e spaccata piangeva rivoli di sangue bianco.

A poco a poco, a fatica, il grande corpo è stato smembrato, via le braccia, via le gambe, poi tagliato a pezzi, ma il colosso ha resistito a lungo, in una dura lotta con le motoseghe che stridevano e un escavatore enorme che abbatteva i denti di acciaio che guarnivano la sua benna sul tronco principale già scalfito dalle lame della motosega, per completare la loro opera destruente.
Una tristezza infinita, ancora maggiore di quella derivante dal vedere il colosso abbattuto sull'asfalto.
L’agonia è durata sino al tardo pomeriggio, quando già era calato il buio e quando rimanevano soltanto frammenti e detriti; e soltanto le grandi radici tabulari ancora profondamente radicate.
Chi sa se dopo, con calma e meticolosità, gli uomini delle motoseghe e delle ruspe ingaggeranno una battaglia pure contro di loro!
Oso pensare (e desiderare nel profondo del mio cuore) che quelle radici possenti, sporgenti dal terreno come le creste di un dinosauro antico, vengano lasciate lì in segno di rispetto e nella memoria del grande albero, in attesa che magari un giorno possano germogliare di nuovo e rigenerare una pianta vigorosa.
E' solo una fantasia la mia, ovviamente, perché molto realisticamente sono certo che tutto quanto verrà spazzato via, in nome dei "sani" principi della sicurezza e del "mettere tutto in sicurezza" che escludono del tutto il pensare e il sentire poetico ed emozionale.

È stata questa la fine triste di un gigante che mi è stato compagno, anche amico direi, e che, negli anni, ho fotografato, per non parlare delle innumerevoli volte in cui al mio passaggio ne ho sfiorato il tronco sperando che una parte della sua forza entrasse in me.

Un gigante buono e gentile che, anche nel momento del crollo, è riuscito a non far male a nessuno.

Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

Ficus, riflessione del giorno dopo: io non conosco chi abita nell’appartamento che gode di un bel giardino utilizzato per parcheggiare l’auto e le motociclette anziché godersi il verde in città, e sicuramente mi renderò impopolare con questo post; ma, dalla fotografia, risulta evidente che il cortiletto cementificato apparteneva per legge di natura al ficus centenario, piantumato anni prima che si decidesse di costruire il palazzo, che si decidesse di fare della curva a valle un asse viario dirimente del traffico cittadino. Altre epoche, altre sensibilità, ma mi piacerebbe sognare un futuro in cui le città diano il giusto respiro agli alberi e alla natura, nostra salvezza.

Maria Adele Cipolla - riflessione del giorno dopo

La Conigliera, storica tenuta dei Florio, doveva essere all’inizio del secolo uno degli spazi verdi più belli della città, un giardino caratterizzato dalle sue geometrie e dalla presenza di una struttura Liberty, ora non più esistente. Di quest’area, travolta dalla speculazione edilizia e distrutta infine da un incendio, oggi rimane soltanto un filare di ficus, che costeggia l’attuale via delle Magnolie.

La conigliera dei Florio, emblema di un altro progresso

La memoria della "Conigliera", in Viale delle Magnolie n.1, a Palermo (foto di Maurizio Crispi)

(Mauro Alessi) Panormos era una città tutta giardino e come una collana (dal greco ὅρμος) cinta dalla Conca d'Oro. In questo Eden le famiglie nobili e quelle venute dall'estero per innovative attività imprenditoriali condividevano il piacere di una vita immersa nella Natura di parchi e ville ricchi di specie botaniche acquistate in paesi esotici o scambiate tra loro, nell'ottica di una competizione nata per stupire ospiti, amici e visitatori. Vincenzo Florio che risiedeva all'Olivuzza, a villa Igiea e alla Casina dei Quattro Pizzi all'Arenella aveva acquistato un appezzamento di terreno dell'enorme giardino del duca Oneto di Sperlinga (firriato di Sperlinga) che si estendeva dalla sua settecentesca villa in via P.pe Palagonia (oggi diventata sede del Tribunale per i minori e del carcere Malaspina) verso la costa. Con la sua passione per la caccia e per la botanica realizzò una "conigliera" con un viale d'accesso costeggiato da sedici Ficus Macrophylla columnaris (denominati anche magnoloides da cui Viale delle Magnolie), figli del primo arrivato 170 anni prima all'Orto botanico di Palermo dall'Australia. Alla fine del viale era stato edificato un cottage (chalet) con torretta d'avvistamento per la cacciagione e al centro della conigliera una grande gebbia per irrigazione di agrumi e specie floreali spesso utilizzata per svaghi balneari e per gite in pedalò come fosse un laghetto.
All'interno del cottage, era predisposta una sala biliardo che permetteva il riposo di figli e consorti durante l'attività venatoria di padri e mariti. Un'altra porzione del 'firriato Sperlinga' era stata acquistata nel 1886 da Joshua Whitaker e dalla moglie Euphrosyne, che risiedevano nella palazzetto in stile gotico-veneziano, oggi sede della Prefettura in via Cavour.
Nel 1952 il sindaco Scaduto stipulò un accordo fra il Comune, i rappresentanti della Società Generale Immobiliare e i proprietari dei terreni autorizzando lottizzazioni di 60.000 
metri quadri a fronte di una cessione di 18.000 mq. come parco pubblico urbano (l'attuale "villa Sperlinga"). La speculazione travolse tutto e i poveri Ficus Macrophylla furono avvolti dal cemento non riuscendo più a trovare appigli per le loro radici aeree (columnari) e incontrando fondazioni edilizie per quelle sotterranee.

Le osservazioni di Mauro Alessi si ispirano ampiamente ad un articolo scritto da Cassandra Carroll Funsten, architetto paesaggista che allego qui di seguito in .pdf, scaricabile.

Ecco lo splendido articolo sulla "Conigliera dei Florio di Cassandra Carroll Funsten, architetto paesaggista

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30 luglio 2022 6 30 /07 /luglio /2022 09:27
Il furto della sanseveria (foto di Maurizio Crispi)

A Palermo, in Viale Principe di Paternò,  davanti all’ingresso di un esercizio di Bioestetica, sono stati posti - simmetrici - due vasi con Sanseverie.
A quanto pare all'inizio di luglio, una delle due piante decorative, spregevolmente, è stata estirpata dalla terra che l’accoglieva e portata via (ovviamente, da mani ignote). Ed è stato lasciato soltanto il vaso (bontà dei ladruncoli).
Un gesto più che altro vandalico, poiché non ci si arricchisce di certo rubando una sanseveria.
Ricordo che una volta ignoti sono entrati nel mio terreno in campagna, tagliando con le apposite forbici la recinzione di filo spinato, e hanno portato via tre piantine di ulivo, piantumate l'anno prima e seguite con cura nel loro sviluppo.
Che senso ha un simile furto: se quel ladro fosse venuto a chiedermi cinque euro per acquistare na piantina di ulivo di qelle dimensioni gliele avrei date volentieri, tanto per dire, ecco!
Ma nel caso del furto da me subito e di questo (dei cui effetti sono stato testimone e cronista) si tratta più che altro di un gesto asseverativo che dice “Io puó”.
L’altra Sanseveria gemella è stata risparmiata: ma sino quando?
Al gestore dell’attività commerciale non è rimasto altro da fare se non affiggere un cartello sul vaso sconsolatamente vuoto per esprimere il proprio disprezzo nei confronti del ladro
Questo è il vivere quotidiano in una città che si definisce "europea" e che, invece, non lo è affatto tra monnezza lasciata per giorni a marcire al sole, ignobili e vili furtarelli, clacson sparati a duemila, fumi di scarico … etc etc

Succede a Palermo. Il meschino furto di una sanseveria
Succede a Palermo. Il meschino furto di una sanseveria
Succede a Palermo. Il meschino furto di una sanseveria
Succede a Palermo. Il meschino furto di una sanseveria
Succede a Palermo. Il meschino furto di una sanseveria
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6 marzo 2021 6 06 /03 /marzo /2021 09:19
Monopattini Helbiz

Molti avranno notato che Palermo è stata invasa da un poderoso numero di monopattini elettrici. Qui e là si trova un monopattino parcheggiato: sono molti i curiosi che si avvicinano per capire di cosa si tratti. Su alcuni ci sono anche dei cartelli con delle leggende che spiegano le caratteristiche base dell'iniziativa.
Curiosando nel web ho scoperto che il Comune di Palermo per promuovere la mobilità sostenibile (seguendo a ruota altre amministrazioni comunali) abbia autorizzato quattro diverse società all'attivazione del servizio di monopattino sharing, ciascuna società per un totale di quattrocento monopattini.
Le prime quattro società già autorizzate all'attivazione del servizio di monopattino sharing sono Bird Rides, Bit Mobility, Helbiz e Link Your City - Italia. E le notizie reperibili sul web dicono che sono 1600 i monopattini elettrici che già nei prossimi giorni saranno disponibili per il noleggio in città, 400 per ciascuna delle società autorizzate.
Le autorizzazioni allo svolgimento del "servizio con monopattini a propulsione prevalentemente elettrica", sono state rilasciate dal servizio Mobilità urbana del Comune (con determinazioni n. 2003/2004/2005 del 23 febbraio 2021) e seguono l'avviso pubblicato a ottobre scorso cui avevano risposto 10 società, per un totale di almeno 4 mila mezzi disponibili a fronte della possibilità di una flotta cittadina totale di seimila monopattini
I primi che ho visto comparire nelle vie di Palermo sono quelli della Helbiz che li ha seminati in giro, in punti strategici, promuovendo tra l'altro (previa registrazione,è ovvio) 100 minuti di utilizzo gratuito.
E questi monopattini sono davvero dovunque abbandonati nei luoghi più impensati sui marciapiedi: non si capisce bene se per fare promozione o perché gli utilizzatori li abbandonano dove prima capita (probabilmente ambedue le cose).
Sembra che questi trabbicoli siano protetti da eventuali furti, poiché si attivano soltanto con un app scaricabile su smart phone e dopo aver dato il proprio numero di carta di credito. Inoltre sono dotati di un GPS che ne consente costantemente la tracciabilità. Eppure si trovano dei commenti nel web secondo i quali alcuni monopattini a Napoli sarebbero stati oggetto di tentativi di furto nemmeno 24 ore dopo l'attivazione del servizio.
E qui dico lamia: a me personalmente i monopattini elettrici, come anche le monoruote giroscopiche non piacciono granché (la mia antipatia si estende ovviamente anche alle bici con pedalata assistita, ma con minore impeto). Questi dispositivi costringono gli utenti ad una forzata immobilità, e avendo ruote molte piccole ed essendo utilizzati sull'asfalto o su marciapiedi notoriamente dissestati, sono soggetti a sobbalzi e a incidenti vari, sino al ribaltamento del malaccorto guidatore.
In più, sono silenziosi e dunque rappresentano un pericolo sia per altri mezzi motorizzati sia per i pedoni: considerando anche il modo per lo più spregiudicato con cui vengono utilizzati.
I loro utilizzatori sono, a mio avviso, un po' ridicoli, specie in questi tempi di Covid. Non utuilizzano il casco protettivo (la maggior parte di essi) e indossano tutti la mascherina. Chi sa perchè questa mascherina, in fondo alla guida del mezzo non ce ne sarebbe bisogno: forse la mettono soltanto perchè fa tendenza ed è trendy.
Lo sapete cosa mi sembrano questi qua, a dirla francamente? Ecco lo dico: delle mummie ambulanti, davvero un'immagine molto appropriata in tempi di Covid. Una città, anzi molte grandi città italiane, sono invase da uno stuolo di mummie ambulanti/svolazzanti in un silenzio tombale.

Ci sarebbe da sorridere, quasi, ma io sarei portato a piangere.

E va bene: anche questi monopattini elettrici ce li ha portati il Covid. E non possiamo lamentarcene, visto che la loro diffusione (che prosegue ormai ad un ritmo esponenziale, come la pandemia) serve a facilitare la mobilità sostenibile e a favorire l'economia (ma questa senza ipocrisie è la ragione principale: o, in altri termini, detto in modo più crudo, sono gli affari a guidare le danze). E, secondo me, dire che si tratta di una scelta tesa a favorire la mobilità sostenibile è semplicemente un'ipocrisia.
Che vengano prima costruite delle vere e autentiche piste ciclabili e che si promuova l'utilizzo delle bici tradizionali che rappresentano il vero sistema di locomozione ecologico, sostenibile ed eco-friendly. A volte devo dire che ci troviamo davanti a certe scelete decise inulateralmente da chi governa, scelte più o eno scellerate che siamo costretti a subire.
Ma è così che va il mondo. Chi pensa che non sia sia così è solo un povero illuso.

Queste alcune delle note esplicative che si trovano sul sito web di Helbiz.
Helbiz offre un servizio di sharing per eBike e monopattini elettrici. In Italia è attivo all'interno di diverse città: Milano, Torino, Verona, Cesena, Roma e Bari con altre che arriveranno in futuro: tra queste ci saranno Bergamo, Bologna, Firenze, Monza, Parma, Pisa ed ora anche a Palermo.
Tutto si gestisce da una comoda applicazione gratuita per dispositivi iOS ed Android. La prima cosa da fare è registrarsi per creare un account personale. E' possibile utilizzare un proprio indirizzo email oppure i profili Facebook, Apple e Google. Terminata la registrazione sarà richiesto di inserire un numero di cellulare su cui sarà inviato un codice di verifica da utilizzare per concludere e validare l'iscrizione. Il servizio richiede di caricare anche una copia della propria carta di identità. Bisognerà poi inserire la forma di pagamento preferita come la carta di credito

Helbiz evidenzia che utilizza il GPS dello smartphone non solo per mostrare con precisione i veicoli che si trovano nelle vicinanze ma pure per tracciare il percorso del viaggio ai fini di garantire sicurezza e affidabilità del servizio. Dall'app sarà possibile, in ogni momento, cancellare l'account. Gli utenti possono utilizzare un solo veicolo per account su cui si deve viaggiare esclusivamente da soli. Il casco non è obbligatorio ma Helbiz ne consiglia sempre l'uso.

monopattini elettrici

(22.04.2021) Il monopattino elettrico in sharing a Palermo ha preso decisamente piede. Dopo il primo lotto di quattrocento esemplari della Helbiz sono arrivati quelli delle tre altre ditte che hanno ricevuto l'appalto dal Comune di Palermo.

Quindi, la città è adesso letteralmente infestata da questi dispositivi "ecologici" che a me continauano a fare una profonda antipatia.

Il fatto è che, siccome, tutto funziona in base ad una app che mette anche in connessione ad un dispositivo di geolocalizzazione, questi monopattini a differenza delle auto e delle bici in sharing non hanno bisogno di aree di parcheggio specifiche e possono essere lasciati pressocchè dovunque.

E' questo il motivo per cui nei luoghi più disparati, nel bel mezzo di un marciapiedi, davanti all'ingresso di uno stabile, sull'asfalto, se ne possono vedere parcheggiati, spesso isolati, alle volte in piccoli gruppetti.

Io li vedo come dei veri e propri parassiti meccanici.

Ecco, questo disordine mi fa adirare ancora di più: quando, camminando, mi imbatto in uno di questi aggeggi, il mio impulso più spontaneo e genuino sarebbe quello di dargli una bella spinta e farli crollare a terra.

Oppure, in un impeto di rabbia più profonda, avrei la tentazione di lasciare sulla pedana di uno di essi gli escrementi (ben impacchettati, per carità!) dei miei cani.

E, intanto, come folletti-zombie ambulanti gli utilizzatori dei monopattini elettrici impazzano per le strade cittadine.

E' divertente osservare l'infinita varietà delle pose leziose in cui essi pongono i piedi. vezzi che ingentiliscono l'immobilità da mummia cui sono obbligati da questo tipo di locomozione.

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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