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14 settembre 2012 5 14 /09 /settembre /2012 09:21

Mondello settembrina dopo la pioggia - Foto di Maurizio Crispi

 

Ha piovuto, a spizzichi e a bocconi per tutto il giorno. 
Poi, alla fine, nel pomeriggio, è venuto giù un bel temporale.
L'aria di Mondello era pulita, lavata dalla pioggia da ogni traccia di polvere e quindi trasparente.
La coltre di nubi sospinta dal vento si era già aperta, lasciando grosse zolle di cumuli a navigare all'orizzonte, con il sole al tramonto che con i suoi ultimi raggi si sinsinuava di essi tingendoli di un morbido colore rosato.

Mondello deserta, ad eccezione di frettolosi affittuari di cabine (le "capanne", come vengono chiamate da noi: "cabine" é una parola dal sapore troppo nordico, non adatta ai nostri climi) che ritiravano le proprie masserizie estive (e paraphernalia), visto che dal giorno dopo (il 15 settembre) per l'Italo-belga (la società che più di un secolo detiene una sorta di monopolio sulla spiaggia di Mondello Valdesi) scatta ufficialmente la fine della stazione balneare.
E bisogna smammare.
Un mesto addio alla stagione mondellana con il fresco e l'umidità della recente pioggia.
Un addio all'estate, mentre dei cani senza collare e senza guinzaglio ospiti permanenti del lungomare trotterellavano impettiti, consapevoli di essere tornati nel pieno possesso del loro dominio.
Anche la borgata marinara é insolitamente deserta: la pioggia ha fatto fuggire tutti e ha distolto gli extracomunitari dall'esporre - come ogni pomeriggio - le proprie mercanzie e paccottiglie varie sul lungomare.
Intanto è calata la sera, anche troppo velocemente, complici le nubi che ancora affollano il cielo; il mare s'è fatto sempre più scuro e le luci sono diventate brillanti come stelle.
Le nuvole in alto riflettevano il colore di quelle luci e anche la roccia della montagna ha assunto delle intense tonalità dorate,surreali.
Ho percorso il lungomare ancora più deserto che all'andata, ad eccezione di sparuti podisti intenti nella loro fatica quotidiana.
Quando sono arrivato al punto di partenza, sotto la luce gialla di un lampione, una ragazza dai capelli biondi se ne stava tutta rannicchiata, a piangere.
Io non so perché.
L'essenza stessa della solitudine e dello sconforto.
Avrei voluto chiederle: "Perchè piangi? Cosa ti rende triste?".
Ma non l'ho fatto e sono andato via, senza trovare in me il coraggio di interrompere quella solitudine.
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1 settembre 2012 6 01 /09 /settembre /2012 12:27

Pantelleria. Contrada SibàIl volo aereo è stato tranquillo.
L'aereo semivuoto, al massimo una ventina di persone a bordo.
La veloce planata sulla costiera nord della Sicilia e poi all'altezza di Trapani, la lenta virata verso Sud che regala la vista su Monte San Giuliano, ammantato di nubi - e di Erice medievale appollaiata sulla rupe con le sue pietre antiche - e il profilo delle Egadi (e Marettimo - la più lontana delle tre sorelle - è la più indistinta nella bruma).

Poi, la trasvolata attraverso il vuoto blu - oggi un po' lattiginoso - del Canale Sicilia e, alla fine, Pantelleria, tutta cinta di nubi che le fanno da corona.
L'aereo scende verso la terra ospitale verdeggiante e nera di lava.
L'atterraggio è violento.
L'aeromobile si piega sul fianco destro, quasi volesse ribaltarsi.
Si sente la forza di uno strappo, come quello di un cavallo imbarizzito che vuole disarcionare il suo cavaliere.
Tutto dura soltanto 10 secondi.
Poi, l'aereo ritorna docile e la sua velocità all'impatto con il terreno della pista, si va spegnendo.
Il drago è stato domato e noi, minuscole pagliuzze, siamo salvi.
In quei lunghi, fatidici, 10 secondi nessuno ha fiatato.
Non c'é stato il tempo di lanciare un singolo grido di paura.
Si apre il portello e scendiamo a terrra un po' frastornati.
L'aria è calda, non soffia un solo refolo di vento, l'erba secca a lato della pista non trema nemmeno.
Il silenzio è totale, all'inizio quasi innaturale.
Entriamo in una grande aerostazione, spropositata: una cattedrale nel deserto, inaugurata pochi mesi fa, assolutamente spropositata rispetto all'esiguo traffico passeggeri.
Eppure, è grande come se dovesse accogliere oceaniche.
Vuota com'è fa una strana impressione, come se fosse la vestigia di ciò che rimane di un tempo in cui invece si riempiva di gente chiassosa, come era, ad esempio, l'aeroporto da cui provengo.
Un'atmosfera che, con una leggera deriva umorale, potrebbe rievocare "I Langolieri" di Stephen King.
Un giardino pantesco trasformatoRitiro dal nastro trasportatore il mio bagaglio e mi sposto nell'edificio che, sino all'anno passato, fungeva da scalo passeggeri e faccio le pratiche per prendere in consegna lo scooterone che avevo già prenotato. 
Il resto della giornata a casa di Tiziana e di Giorgio - i miei ospiti - mentre le condizioni meteo vanno peggiorando progressivamente. 
Aumentano le nubi, si alza e si rinforza il vento.
Cade qualche rada goccia d'acqua che, tuttavia, non si trasforma in pioggia.
Si accresce il senso della solitudine.
E' incredibile come l'isola, anche se sei in compagnia d'altri, abbia un immediato impatto su di te, creando un senso di distacco dal luogo da dove vieni e da tutto ciò che sei...
Un distacco, dovuto alla consapevolezza che sei lontano e, soprattutto, staccato da tutto il resto del mondo, in una realtà piccola in cui rapidamente tutto può mutare e in cui puoi rimanere confinato dal mutare delle condizioni climatiche.
L'isola ti trasforma - le isole, in genere, specie se piccole, hanno quest'efffetto su di te: l'effetto che hanno sul tuo animo è impalpabile, eppure potente.
All'inizio, sento l'esigenza di dormire, quasi che il sonno avesse una funzione terapeutica sul primo impatto che l'isola ha su di me.
Un impatto a cui non bisogna opporsi: c'è il rischio che tu ti auto-espella.
Pantelleria. laluna ammicca tra le nubiIl sonno catalizza l'adattamento.
E' come se io dovessi rinascere sull'isola, ritrovando in me l'insularità della propria condizione di uomo e della solitudine profonda e primigenia che é dentro ciascuno di noi.

Il vento soffia sempre più forte e freddo.
Muggisce, quasi, e questo ansito, come un potente respiro, accresce ancora di più la sensazione di separatezza.
Una sensazione che non ti rende debole, ma ti fa sentire più forte.
Nel cielo risplende la luna che, a tratti, scompare inghiottita dalla coltre di nubi, ma il suo chiarore forte e costante continua ad intravedersi dietro, quasi fosse in filigrana.
Poi, di nuovo il sonno rigeneratore, nel silenzio.


Foto di Maurizio Crispi
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24 agosto 2012 5 24 /08 /agosto /2012 09:44

Villa Sperlinga tardo pomeriggio agostaro - Foto di Maurizio Crispi

Sera d'agosto

e la luna é al suo primo quarto

Un rombo  di moto
svanisce in dissolvenza

Rimangono i chiacchiericci lontani
l'abbaio insistente d'un cane

Dal pub affondato nel verde
fluiscono le note lente e dolci
d'una ballata country
e il liquido refrain della slide guitar

Si sente il profumo intenso del Pino
e quello pungente e speziato del Falso Pepe
e l'odore pungente della terra surriscaldata


La giostrina è immobile,

come morta,
imprigionata in un graticolato d'acciaio

I lampioni illuminano
spazi deserti,
maliconnici

Soltanto i suoni e le voci distanti,
ovattate,
tradiscono presenze

Pietra dura e fresca
sotto le natiche

I fiorai chiusi per ferie:
s'avverte la mancanza
di quelle isole di luci,
allegre e scintillanti,
piene di cromatismi,
anche se avvicinandosi,
in quelli sontuose fragranze
s'indovina il lezzo greve del cimiteri

Agosto è il mese della smobilitazione

Poi, verrà l'autunno
e saremo un po' più soli,
in viaggio verso la fine del mondo
alla ricerca di una Finisterre della mente,
verso quell'ultima meta
da tempo annunciata




Chiuso per ferie - Foto di Maurizio Crispi

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14 agosto 2012 2 14 /08 /agosto /2012 14:51

Viale del Fante - Palermo - Foto di Maurizio Crispi

 

L'aria arroventata
è pesante
Niente corsa: troppo caldo
La piscina comunale
desolatamente chiusa
Non vado al mare
L'idea della folla e del baccano sguaiato,
dei rumori e dell'aria ammorbata di fumi di scarico
m'inquieta
Non sono mai pronto per questo
Pedalo lungo strade vuote
Il sudore intride la T-shirt
lo sento scivolare a gocce sotto le ascelle
Mi fermo in un bar in smobilitazione
a sorseggiare lento un caffé
Leggo un libro di facile lettura
Ma poi il cameriere si avvicina
e mi dice brusco: "E' tempo di sloggiare, oggi si chiude in anticipo"
Non faccio in tempo ad alzarmi e già leva via sedie e tavolo
Congelo i miei pensieri
Guardo al passato remoto,
quando tutto era possibile,
quando il tempo era ancora giovane
Poi, riprendo ad andare
sulla mia bici,
affannandomi qua e là
come un criceto nella sua ruota
I pedali sono pesanti
Anche se è vuota
la strada mi seduce
con le sue promesse indistinte
E, poi, sono di nuovo al riparo
della mia conchiglia
a leggere di vite fantastiche
che non sono la mia

I libri sono i migliori amici.
ma anche formidabili prigioni

Palermo, il 14 agosto 2012



Viale Strasburgo - Palermo - Foto di Maurizio Crispi

 

 

Foto di Maurizio Crispi

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13 agosto 2012 1 13 /08 /agosto /2012 06:26

Ultimi barlumi del tramonto nel cielo sopra la Villa dello Stadio (foto di Maurizio Crispi)

 

L'altro giorno ho voluto intraprendere una passeggiata serale assieme alla "fida" Frida e, mentre calava la sera, ho camminato a passo svelto da casa sino alla Villa accanto allo Stadio di Atletica ("ex-Villa Case Rocca") per poi fare ritorno, seguendo lo stesso percorso.
Ho impiegato circa un'ora a compiere l'intero tragitto: una camminata inframmezzata da numerose soste per tirar foto, come è mio solito.

Mentre andavo, dopo aver superato la zona un po' più caotica di Via Libertà e di Piazza Leoni, sentivo la quiete del giorno che volgeva al tramonto, senza il traffico convulso abituale.
La città era semivuota e avevo la sensazione che quelli rimasti potessero spartirsi lo spazio a disposizione a loro piacimento: anche nella Villa accanto allo Stadio di Atletica, solitamente molto "vissuta" con le più disparate tipologie d'uso, vigeva una calma sonnacchiosa, con pochi "utilizzatori", o da soli o aggregati in piccoli gruppetti.
E qualsiasi attività veniva portata avanti in quiete tranquillità, senza grida e baccano, ma soltanto con sommessi mormorii di voci e scalpiccii di passi a basso volume.
Intanto, gli ultimi bagliori della luce s'attardavano pigramente nel cielo pulitissimo e quasi cristallino, del tutto privo di nubi, contr il quale le sagome frondose egli alberi e i profili snessi dei cipressi si stagliavano nettamente quasi fossero le quinte di un teatro d'ombre.

Le città d'estate sono molto più belle e fruibili che non d'inverno.
Era la sera del giorno del mio 63° compleanno.
Era da molto tempo che non facevo questo tipo di passeggiata, non finalizzata all'allenamento di corsa: e mi sono voluto fare questo regalo.
Camminare stimola i pensieri: si sta con se stessi ed intanto, come le nuvole, fluiscono le associazioni, i ricordi, le intuizioni...
Meglio il rumore del silenzio che quello disturbante delle chiacchiere.

 

Viale del Fante di notte (Palermo, Foto di Maurizio Crispi)

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6 agosto 2012 1 06 /08 /agosto /2012 08:03

Monti Sartorius - Etna Nord (Foto di Maurizio Crispi)

 

 

Silenzio profondo
Aria pulita e fresca
Profumo di conifere

La sabbia vulcanica si smuove
leggera sotto i piedi

Mosche e tafanelli
pascolano sulla mia pelle
Moscerini svolazzano attrono al mio volto

Astagalo e ppino laricio
Betulle dell'Etna e ginestre
ancora adore di minuscoli
fiorellini gialli

Tronchi secolari
incisi a lisca di pesce
dai raccoglitori di resina d'un tempo

Distese fitte di felci
all'ombra dei larici

Un paesaggio primordiale,
quello delle grandi foreste post-glaciali

Sembra di essere proiettati
di millenni indietro
nel tempo,
quando la Terra era ancora giovane

Bianchi scheletri arborei
e magiche pietre cannone

lapilli, frustoli di lava
pietrificata, così leggeri,
eppure temibili
quando presero a cadere dall'alto dei Cieli
come fuoco liquido

La sabbia nera,
rossastra a tratti,
che scricchiol sempre sotto i piedi,
dagli echi sonori ferrigni
che evocano la fucina di Efesto
nel ventre del monte
e il clangore di spade ribattute sull'incudine

Turbinii di polvere sottile
si levano dalle cavità profonde
segnate da ogni passo

 

La potenza della natura:

capace di distruggere in un attimo

e di dar subito dopo spazio

all'inarrestabil vigore della vita che risorge
dal deserto nero di sabbia e roccia
e dal mare pietrificato di roccia nera

Oltre il crinale
s'abbandona il mondo primordiale
e lo sguarda vaga su di un paesaggio lunare,
potente e terrifico,
ma anche lì
friniscono le cicale,
salterine e nero-mimetiche
Il loro movimento
ricompone l'estraniamento,
ma subito lo rilancia
in modi inattesi

Vorrei fermarmi a dormire nel bosco,
sognare,
dimenticare forse,
oppure essere vagabondo delle stelle
e, dall'alto incommensurabile,
osservare i cambiamenti

e il flusso delle trasformazioni
che regolano ogni cosa

Essere nel silenzio

Assaporare
l'ebbrezza della stasi
per poi riprendere a divenire,
seguendo i cicli eterni
della ruota cosmica

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22 luglio 2012 7 22 /07 /luglio /2012 17:51

Vicolo di Palermo- Foto di Maurizio CrispiQuello che segue è il resoconto "interiore" di una mia passeggiata (in un giorno primaverile del 2012, già insolitamente caldo) da casa mia al Foro Italico e ritorno,  passando da Via Libertà, Piazza Castelnuovo e via Cavour all'andata e poi da via Emerico Amari e il Giardino Inglese al ritorno.
Non è stato un percorso lunghissimo: però, per come ne parlo e per come lo sento, ha la qualità di un percorso molto lungo sia spazialmente parlando, sia soprattutto temporale. Camminare per Palermo, qualunque sia la direzione verso cui ci si dirige, è come affrontare un viaggio nel tempo, prima ancora che nello spazio: e, quindi, proprio prchè come con un coltello che taglia i veli nel tempo si sprofonda in altre epoche storica, una semplice passeggiata può diventare una faccenda lunga, complicata e faticosa.
Ed ecco le mie riflessioni, come mi trovai a scriverle allora, quasi di getto.

Sembra quasi che io stia dicendo che questa esperienza di cammino sia stata un'avventura del tipo "dalle Alpi alle Ande" e ritorno, oppure "dal Manzanarre al Reno" and back.
Ma è stata una semplice passeggiata.
Eppure fare le passeggiate in questa mia città è ogni volta come fare un viaggio sempre nuovo e sempre impegnativo, una traslazione nello spazio che è anche viaggio temporale (e, in più, traslazione interiore), attraverso molte stratificazioni e sedimenti di pensieri ed emozioni...
Perchè, qunado mi avventuro in una passeggiata, sono ogni volta diversi i pensieri e gli scenari mentali che, come le nuvole, navigano attraverso la mia mente.
Mi chiedo, per esempio, perchè questa nostra città tende con tanta facilità al degrado entropico.
Una cosa appena fatta e ristorata, diventa immediatamente vecchia, entrando con rapidità (ma quasi per necessità) in uno stato di incuria e abbandono.
Questa idea è rafforzata dal fatto che, ovunque, nelle piccole aiuole e nelle più grandi distese che si supppone dovrebbero essere verdi e ridente, piene di fiori, allignano con rigoglio prepotente le erbe infestanti, che arrivano a formare delle piccole giungle, per poi trapassare al colore giallo o giallo-brune delle stoppie.
E, in mezzo, si annidano le cartacce, incarti oliati provenienti da punti di vendita gastronomici, fogli di giornale gualciti o prossimi a sbriciolarsi, cotti dal sole ed altri oggetti che evocano più immediatamente l'idea del trapasso e del transito.
Saracinesche chiuse di un vecchio fondaco a Palermo - Foto di Maurizio CrispiPiccoli animali morti con le ali spiegate come per affrontare un ultimo volo liberatorie o ripiegate secondo angoli innaturali, e con le povere zampe rattrappite, resti di cibo assalito dalle formiche, tracce di vomito.
Il  Castello a Mare che è stato recuperato dopo che per decenni (ciò che ne rimaneva) era caduto nell'oblio) è sepolto da un mare d'erba ingiallita: eppure è presidiato dal personale comunale per le visite turistiche.
C'è una guardiola all'ingresso e per entrare si paga un biglietto d'ingresso. Arrivano costantemente gli stranieri e i viaggiatori per visitare questo importante reperto, un pezzo importante della storia di questa città.

Eppure tutto è sciatto, benchè il luogo potrebbe essere magnifico: in Inghilterra e in Scozia (ma lì è tutto un altro mangiare), ho visto che anche un pezzo di muro antico e tutto sbrecciato può diventare oggetto di considerazione: lì lo recintano, ci fanno crescere attorno un prato, tenuto sempre ben rasato, magari sul prato mettono una o due panchine "classiche" di solido legno massello. Et voilà! Il gioco è presto fatto.
Ecco un sito archeologico, ecco le rovine del castello tal dei tali: e per accedere al prato o sedersi sulla panchina si paga anche un bel biglietto d'ingresso. Magari in vicinanza della biglietteria viene anche predisposto un piccolo museo che racconta la storia di quel pezzo di muro.
Noi invece - mi duole davvero dirlo - non siamo cosa per queste sofisticherie e per le cose leccate...



Il trionfo della morte, gia a Palazzo Sclafani e ora nella Galleria di Palazzo Abbatellis

 

 

Siamo assuefatti a ben altro: non vogliamo la finzione della vita, ma un vivere in cui i segni della morte siano immanenti, costantemente presenti ed ineludibili, pienamente tangibili. Alla splendida artificiosità dei prati verdi all'Inglese preferiamo un prato che, all'improvviso, per inspiegabile incuria, si faccia giallo, appassisca e venga invaso dalla crescita selvaggia.
Ci teniamo a fare in modo (inconsapevolmente) che tutto porti con sé una cifra che dichiari il suo essere effimero e con un termine.
Quasi si trattasse di una cosa genetica: oppure, un effetto derivante dall'accettazione totale del pensare che nel vivere è contenuto il morire: e che, ad un certo punto, bisogna lasciare che il morire faccia la sua parte...
Tutti sembrano indifferenti a ciò che vedono, come se questi scenari della morte e del morire, della corruzione, del degrado e del decadimento (e non c'è bisogno di avere davanti una persona che muore, per evocare in sé simili scenari) fossero nella nostra Sicilianità profondamente connaturati, come se con essi fossimo in intimo e continuo dialogo.
Nessuno si cura degli scenari di degrado: siamo forse anestetizzati ad essi.
Eppure, ispirano un senso di solitudine, come a ricordarci costantemente che possiamo sempre morire in ogni istante (ogni istante è buono per questo ed è sempre possibile che una cosa del genere accada quando meno uno se l'aspetta) e lo squallore che ci circonda ci aiuta a non attaccarci troppo alla bellezza. Potrebbe essere, in fondo, la filosofia de Il Trionfo della Morte, il famoso dipinto che occupa oggi un ruolo preminente nella galleria pittorica di palazzo Abbatellis e che, originariamente era collocato a Palazzo Sclafani che - sempre a Palermo - dal 1435 venne utilizzato come lebrosario e poi come ospedale.
Del resto, come osservava Giuseppe Tomasi di Lampedusa, uno dei più grandi autore della Sicilianità, nella bellezza sontuosa dei fiori che sbocciano, è già contenuto come una promessa il loro decadimento: il profumo greve e pesante che emanano è contiguo al lezzo dolciastro della putrescenza.
Il senso della morte incombente si fa avanti e gli scenari di caduta sono accentuati, anche passando dalle vie del centro, dove tante saracinesche sono abbassate: esercizi commerciali che hanno avuto una vita effimera oppure che sono passati senza fortuna da una mano all'altra, da un'insegna all'altra, da una destinazione d'uso ad un'altra, troppe volte, per poi - alla fine - naufragare nell'oblio.
Matrimonio etnico a Palermo - Foto di Maurizio CrispiMa, nello stesso tempo, pur davanti a queste quinte e prospettive malinconiche che parlano di morte, c'è sempre la vita che occheggia.
I pescatori che puliscono le reti dal pescato del giorno, mentre altri seduti sul bordo di pietra del molo se ne stanno lì per ore a contemplare il mare oppure i minimi movimenti della superficie di acqua immota e quasi oleosa che tradiscono l'improvviso guizzo di un pesce che si è fatto vicino: li vedo all'andata e sono ancora lì al mio passaggio successivo dopo circa un'ora.
Ci sono altri che accudiscono le proprie barche, sia i pescatori sia i più danarosi proprietari di barche, barchini e cabinati da diporto: sono tutti lì a curarsi la propria imbarcazione, amorevolmente, quasi fosse una sposa - o una donna - di cui prendersi cura (e, del resto, la maggior parte delle imbarcazioni, secondo un'antichissima consuetudine, hanno nomi femminili).
Nelle molte scene - al passaggio della Cala, la parte del Porto di Palermo indubbiamente più antica - di foto di gruppo di matrimonio o di prime comunioni - già, maggio è il mese mariano, quelle delle Prime comunioni, soprattutto. E nei molti che, pur degli abiti di circostanza, si seggono a riposare - o addirittura a dormire - sulle panchine della vecchia Cala.
E così è anche nella vicina Villa a Mare del Foro Italico Umberto I.
Anche lì sono evidenti preoccupanti segni di caduta, anche se questo enorme spazio verde è di recente sistemazione urbanistica: si notano segni di decadimento nel prato che era stato manuteso perfetttamente sino alla stagione passata, palme morenti intaccate o devastate dal Punteruolo rosso e non più rimosse, sagome di alberi rinsecchiti che rimandano a scenari di pre-desertificazione del mondo.
Aquilone nel cielo di Palermo - Foto di Maurizio CrispiMa, nello stesso tempo, ci sono i runner che inneggiano alla vita, aquiloni veleggiati in cielo, pescatori con le barchette e con la canne, lettori e dormienti sulle panchine, oppure fidanzatini alla Peynet che si sbaciucchiano, avvinghiandosi l'un l'altro: vorrebbero fare qualcosa di più, forse, ma le convenienze non lo consentono.
Ciclisti e guidatori di scooter, bimbi che giocano, altri che seduti sulle panchine all'ombra densa guardano verso il lontano orizzonte e meditano oppure sognano di viaggi in paesi esotici e lontani...
Io penso - anzi ne sono convinto - che una delle cose più affascinanti di Palermo sia proprio questa continua ed inestricabile commistione della morte con la vita.

 

 


Foto di Maurizio Crispi
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10 luglio 2012 2 10 /07 /luglio /2012 11:05

nave-al-tramonto.jpg

 

La nave è salpata
e s'è diretta a sud-sud-ovest,
lasciandosi la costa piatta
alle spalle,
i motori possenti ronfano,
trasmettendo una vibrazione leggera e continua
alle strutture metaliche e ai ponti

La prua punta decisa
verso il sole che si tuffa nel mare
Un po' di rollio
Altre navi all'orizzonte
vanno, vengono
con i loro carichi di passeggeri e merci,
la nostalgia del viaggio si fa intensa,
guardando quegli scafi lontani
Il vento è teso
sul ponte più alto, libero e senza ripari,
é difficile stare in piedi
senza oscillare

E le foto vengono mosse
 


Musica e divertimento

sulla nave.
D'estate, c'è sempre intrattenimento
per i passeggeri

Lo spettacolino con animazione
attrae sempre tanti,
grandi e bambini,
specie se c'è la possibilità di partecipare
con le danze ed improvvisate recite:
La vacanza fa regredire un po' all'infanzia
Grande folla, grande calca

attorno a due musicisti e all'animatore
Musica wave, da sintetizzatore:
un'intera orchestra gestita da un sol uomo
che mette la sua voce con il supporto di una vocalist


Ed è spettacolo
Tutti accalcati

Non c'è pace per chi vorrebbe starsene traquillo
Mambo number five
E vaiiiii...
Applauso!
E poi un altro pezzo, senza sosta
E un altro ancora
Cibo e divertimento a basso costo:
è ciò che vuole la maggior parte della gente
E la nave va...


Non c'è un luogo dove andare,
questa è la verità.
Puoi andare dovunque,
persino nei posti più lontani,
e sarai sempre nello stesso posto:
non ti sarai spostato di un sol centimetro...

Credevo di muovermi,
e di poter raggiungere un posto diverso:

e, invece, é stato soltanto
un falso movimento

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6 luglio 2012 5 06 /07 /luglio /2012 13:25

La notte è magica - Foto di Maurizio Crispi

 

1.
Cammino

a passi lenti
nel ventre caldo della notte estiva

Il tappeto spesso delle foglie secche
crocchia sotto i piedi

Il parco è deserto,
le panchine vuote

I lampioni diffondono
una luce giallastra,
atmosfere ominose e premonizioni

Nel silenzio, tutto é in magico equilibrio

Solo un crocchio di abitatori della notte,
un po' più là,
rompe la quiete
con voci e risate sguaiate
fuori posto

Sono i nuovi barbari
che infestano ogni luogo

Un bambino
su di una automobilina elettrica
si muove qua e là
con un motore che rilascia
un fastidioso ronzio,
anche lui alla scuola dei babari,
consumatori senza cultura

Un camioncino dei raccoglitori di spazzatura
si muove sbuffando
da un punto all'altro della via
sostando pigramente qua e là
e ad ogni fermata
diffonde un lezzo sgradevole,
putrefazione e disfacimento

Un passo dopo l'altro
riprendo a muovermi
nel silenzio,
mentre la luna rossastra
quasi piena,
si staglia alta nel cielo,
solitaria

2:
La luce del sole
illumina impetosa le brutture

Prati spelacchiati e maltenuti
bottiglie vuote
incarti di pizze e detriti vari
sfabricidi abbandonati con incuria
panchine vandalizzate
odori immondi
che i cassonetti sprigionano
attorno a sé

Meglio la notte,
in cui tutte le vacche sono nere,
come disse il Filosofo

Il buio è pietoso,
perchè con un velo di indistinzione
copre gli inestetismi,
infondendo un alito di armonia
in un mondo, sempre più disarmonico,
sull'orlo del precipizio

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26 giugno 2012 2 26 /06 /giugno /2012 17:45

Gabbiano veleggia

 

Gli uccelli

vanno

con semplicità e destrezza

dove

io

non posso andare

 

Avessi le ali

scalerei il Cielo

sino ai Pianeti di Giove

e, oltre, sino alle più lontane stelle

senza timore

che ali posticce

si sciolgano al dardeggiare

dei soli più ardenti

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Mi Presento

  • : Frammenti e pensieri sparsi
  • : Una raccolta di recensioni cinematografiche, di approfondimenti sulle letture fatte, note diaristiche e sogni, reportage e viaggi
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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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