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15 aprile 2021 4 15 /04 /aprile /2021 22:03

La sera stavano distesi sulle loro brande (...) ammazzavano il tempo infiammando scorregge, cosa che ai loro occhi era "uno sport nazionale svevo".
Eisbrand spiegò a Fussman come funzionava: "Ti stendi sulla branda su di un lato, pieghi la gamba come fanno i cani mentre tieni un accendino acceso vicino ai pantaloni. Ne molli una e il gas che fuoriesce dalla stoffa si infiamma, capi'?"
Il fenomeno ricordava il lancio di un razzo e, a seconda della quantità e della spinta dei gas si potevano osservare delle notevoli fiammate. Eisbrand era il detentore del record assoluto. Dopo una 'fagiolata'aveva mandato un'imponente 'fiaccola' di più di venti centimetri, ma da allora la sua "rosellina" gli bruciava come il fuoco.

"Bruciatura di terzo grado all'ano", queste le parole del dottor Leimtraut che con Eisbrand lesinava sulla pomata per ferite.

da Thor Kunkel, Pornonazi, Fazi Editore, p. 349

scorreggia infuocata (internet)

Questo passaggio (dal romanzo "Pornonazi") che ha suscitato la mia ilarità mi ha fatto ricordare due episodi.

In uno, molti anni fa - ero ancora studente - ero a casa di amici inglesi a Sheffield nello Yorkshire. Eravamo riuniti nel soggiorno, la mia "fidanzata" di allora, la sorella e il ragazzo di lei, e altri. Si parlava del più del meno e si mangiavano dei dolciumi posti in apposite ciotole. All'improvviso nel bel mezzo della conversazione, il ragazzo della sorella che era un tipo lungo e allampanato con i capelli lunghi e sottili tenuti assieme in una coda si alzò improvvisamente in piedi, levò il alto il braccio con il dito indice teso verso il soffitto e lampiò un pirito (o peto) potente e rumoroso (di quelli che si possono definire "sfardalenzuoli"), dopo di che si sedette - nell'indifferenza generale - e continuò la sua conversazione.
Nel secondo episodio di non molto tempo dopo (anche qui ero ancora studente), stavamo facendo una cena casalinga tra amici (frequentavo allora  una compagnia di un mio cugino, ed erano tutti più giovani di me di qualche anno). All'improvviso uno di loro (ricordo chi,ma non dirò il nome) si alzò da tavola e si buttò a terra di schiena, allargando e sollevando le gambe le gambe.
"Presto, fate presto! - disse - Datemi un accendino!".
Qualcuno glielo porse con concitazione e lui lo prese, lo portò vicino alla cucitura del cavallo dei pantaloni lo accese e ... una fiamma colorata di arancione si dipartì dal suo culo, una vera e propria vampa (ma senza alcun rumor di tuono): un effettaccio pirotecnico! E ci furono sghignazzate e meraviglia, ovviamente.
D'altra parte in  quegli anni la "scienza" delle scorregge e la loro frequentazione  ludica era parte del gioco. E, in fondo, si trattava di un'attività sociale...a cui nessuno poteva sottrarsi... in applicazione del ben conosciuto proverbio la cui formula base, pur con tutta una serie di varianti, era "Chi non piscia in compagnia o fa il ladro o fa la spia".

In tema vedi anche i seguenti articoli

Alla partenza di una maratona i subdoli artiglieri sono tra noi (30 aprile 2015)

Il contrapasso del subdolo artigliere (2015)

Vanvere e piritere: così sappiamo cosa stiamo facendo quando parliamo a vanvera (2013)

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17 febbraio 2019 7 17 /02 /febbraio /2019 09:30

"...d'un tratto mi balenò, per così dire nella mente la rivelazione dell'unica cosa veramente comica al mondo. Questo non significa che ci siano molte cose non comiche. E che non lo sono sino in fondo, perchè tutte hanno un lato tragico. Questa invece lo è sempre, immancabilmente. E' la scorreggia. Ridi pure, se vuoi, ma così facendo mi darai solo ragione. Sì, la scorreggia é sempre buffa, non la si può mai prendere sul serio. La più dilettevole tra le umane debolezze.

Paul Auster, Notizie dall'interno, Einaudi, 2014, p. 158

Un esempio di scorreggia infuocata (dal web)

Riprendo qui una mia nota, originariamente pubblicata nel mio profilo Facebook, il 18 dicembre 2018: con qualche piccolo miglioramento rispetto all'originale.

Quella di Paul Auster, serissimo scrittore, ma con il senso dell'ironia, è un'affermazione decisamente vera, molto allineata a quella famosa frase di Montaigne che fa "Si haut que l'on soit placé on n'est jamais assis que sur son cul" che lo zio Luigi, fratello di mia madre, ai vertici della carriera militare, ma con uno spiccato senso dell'ironia, soleva spesso ripetere.

Insomma culo e scorregge sono eguali per tutti e, secondo Paul Auster, queste ultime sono, in assoluto, la cosa più buffa che è data all'uomo di produrre.

E sul fatto che, in generale, di fronte ad una scorreggia o - per meglio dire - investiti da essa acusticamente e/o olfattivamente, tenendo conto dell'esistenza dei peti silenziosi), non si può che ridere, nemmeno su questo ci piove. Ancora di più quando si è nei panni del "subdolo artigliere" (ovverossia colui che produce scorregge non rumorose, ma estremamente puzzolenti), al centro di un nobile - ed ignaro - consesso. E sull'intrinseca comicità delle scorregge e dei riti messi in atto dallo scorreggiatore esplicito, ognuno avrebbe molti divertenti episodi da citare. Come il caso di uno che, nel bel mezzo di riunioni salottiere in cui si bivaccava sino a tarda ora, ogni qualvolta avesse pronta una scorreggia da liberare si alzava in piedi (effetto amplificato dalla sua imponente statura) e puntando il dito al cielo emetteva un peto sonoro e prolungato e talvolta la sua performance era seguita da scroscianti risate, mentre in altri casi cadeva nell'indifferenza generale, quasi fosse un evento normale, come un brontolio di tuono fuori dalla finestra, che non è considerato tale da interferire con le umane attività: e queste sono state una mie osservazioni personali.

Ma che dire delle scorregge che "uccidono"?. Come nel caso della notizia (bufala o no che sia): "Credeva che fosse una scorreggia ed é morto asfissiato".

Oppure cosa dire delle scorreggie "infuocate" che sono una dimostrazione tangibile del loro mefitico potere? Per intendere quelle che incendiate dallo scorreggiatore medesimo mediante la fiamma di un accendino all'atto dell'emissione, si trasformano in palle e gettiti di fuoco, impressionanti effetti pirotecnici, per quanto effimeri?

Insomma ci sono scorregge e scorregge ed io, personalmente, non riderei mai della scorreggia sganciata da un aguzzino che si accinge a torturarmi con strumenti medievali. Non la prenderei mai come un qualcosa che allegerisce la tensione del momento con una risata liberatoria.

Ma, a parte questo caso drammatico (e, forse, non realizzabile, poichè di norma gli aguzzini hanno uno scarsissimo, se non assente, senso dell'ironia e si pigliano molto sul serio), Paul Auster ha ragione, penso...

"Ed ei avea del cul fatta trombetta": e tutta la cupa rappresentazione dell'Inferno dantesco non ci ha esentato dal ridere di grasse risate, quando ci siamo imbattuti in questo verso. Non soprenderà riconoscere che, al tempo in cui Paul Auster, scrisse la fraae citata, egli studiava Letteratura alla Columbia University di New York e che aveva da poco letto l'Inferno di Dante.

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17 aprile 2016 7 17 /04 /aprile /2016 07:47
Stop trivelle. Sperando in una vittoria dei sì (no), ma sopratutto nella fine delle menzogne

(Domenica 17 aprile 2016) Penso che oggi andrò a esprimere il mio parere al Referendum sulle trivellazioni in mare.
Dirò sulla scheda (che significa "no" alle trivelle ad libitum).
Tuttavia, mi rendo conto che comunque vadano le cose su questa faccenda siamo stati sommersi dalle menzogne e continueremo ad esserlo.
Se dovessero vincere i sì (ammesso e non concesso che al voto si presenti il 50% degli elettori più 1), sarà una ben magra vittoria, perchè non sapremo mai tutta la verità e tutte le losche manovre di interessi che si annidano dietro le quinte.
Sopratttto c'è da sperare che cessino su questi argomenti le molte menzogne governative e quelle delle grandi holding che tutelano solo i propri interessi.

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22 giugno 2014 7 22 /06 /giugno /2014 11:09

Sobrietà non significa austerità(José Mujica, Presidente dell’Uruguay) “La mia idea di vita è la sobrietà. Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro.
Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano.
Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui, che però ti tolgono il tempo per vivere”.

 

José Alberto "Pepe" Mujica Cordano (Montevideo, 20 maggio 1935) è un politico uruguaiano, conosciuto pubblicamente come Pepe Mujica, Senatore della Repubblica e Presidente.
Il suo mandato è iniziato il 1º marzo 2010.

Con un passato da guerrigliero ai tempi della dittatura, è stato eletto come deputato, senatore ed infine tra il 2005 ed il 2008 ha ricoperto la carica di ministro "de Ganadería, Agricultura y Pesca". È stato il leader della corrente del Movimento di Partecipazione Popolare, settore maggioritario del Frente Amplio, fino alle sue dimissioni avvenute il 24 maggio 2009. Il 30 novembre 2009 ha vinto le elezioni presidenziali, battendo al ballottaggio Luis Alberto Lacalle. Dal 2005 è sposato con la senatrice e leader storico del MPP Lucia Topolansky, dopo una lunga convivenza.

Mujica riceve dallo Stato uruguaiano un appannaggio di 12.000 dollari al mese per il suo lavoro alla guida del paese, ma ne dona circa il 90% a favore di organizzazioni non governative e a persone bisognose.
La sua automobile è un Maggiolino degli anni Settanta.
Vive in una piccola fattoria nella periferia di Montevideo: ha infatti rinunciato a vivere nel palazzo presidenziale. Il resto del suo stipendio è di circa 1.500 dollari; in un'intervista il presidente ha dichiarato: "Questi soldi mi devono bastare perché ci sono molti Uruguaiani che vivono con molto meno!"

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23 dicembre 2012 7 23 /12 /dicembre /2012 06:19

Traffico natalizio (Catania)

 

 

 

Delirio di auto

Una barriera impenetrabile
anche a bici e a pedoni,
muro d'acciaio e plastica

Nuvole di fumi di scarico,
venefici

Carne ed ossa
si offrono inermi,
per essere triturati dal ferro

Gaudete: ecco lo spirito del natale!

 

 

 

 

Queste parole le ho scritte dopo un'esperienza incredibile di attraversamento periglioso della città in bivi per arrivare alle 18.30 ad un appuntamento con il mio dentista.
Passando da Via Cipressi, ad un erto punto non potevo più passare nemmeno con la bici, né tanto meno se avessi voluto avrei potuto proseguire con la bici a mano, perché le auto erano così incastrate l'una con l'altro che non c'era più spazio nemmeno per uno spillo...

La foto l'ho scelta soltanto per il suo potere evocativo... Mentre ero in situazione, intento a districarmi dal groviglio di auto, non ero in condizione di fare delle foto...

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6 dicembre 2012 4 06 /12 /dicembre /2012 12:44

Punto Einaudi palermo - Foto di Maurizio Crispi

 

 

Ci sono certe combinazioni di dettagli che, se riesci a vederli estrapolati da tutto il resto, assumono un fascino incredibile, come se fossero stati messi lì apposta per provocare quell'effetto.
Ma devi poter "vedere", per renderti conto...
Occorre uno sguardo che vada altro e che colga la quintessenza delle cose.
La buona Letteratura (ed anche la Fotografia, anche se con un linguaggio ben più sintetico ed immediato) sono così.
Assolvono la funzione di aiutare altri a "vedere"...
Lo scrittore in questo senso è un "visionario" perché non fa che proporre realtà alternative o realtà nascoste nelle pieghe del Reale ordinario, apparentemente prosaico e scontato.
Entrare - e stare - in una libreria è come penetrare all'interno di uno scrigno di tesori: ovvero è come avere accesso alla caverna dei quaranta ladroni, piena all'inverosimile di inenarrabili tesori...


Foto di Maurizio Crispi, realizzata al Punto Einaudi Palermo

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28 giugno 2012 4 28 /06 /giugno /2012 08:01

foglie secche d'autunno

 

 

Quando vado in campagna, trovo sempre la spianata davanti alla casa invasa dalle foglie secche. Una delle cose che mi prefiggo è quella di toglierle via.
E le foglie secche, dalle nostre parti, non arrivano solo d'autunno, ma ci sono anche in primavera e d'estate: basta una giornata più calda e tante folgie cascano giù dagli ulivi e da altre piante...
Se non svolgo quest'attività, non sono pienamente soddisfatto della giornata trascorsa lì.
Soltanto dopo - se rimane del tempo - faccio degli altri lavoretti.
Il business delle foglie secche è un must: se siamo d'inverno (o comunque nella stagione buoma), le foglie le brucio (e anche questa cosa mi piace parecchio). D'estate, mi limito ad accumularle in un punto dove poi accenderò il fuoco, quando sarà possibile e, per fissarle in qualche modo, faccio delle stratificazioni con altri detriti da giardino che devono essere combusti. I materiali più pesanti sono utili anche perchè trattengono le foglie dall'essere disperse dal soffio del vento e il vanificarsi della mia opera solerte (che sooggettivamente ritengo importante e fondamentale).
Ogni volta mi costa una grande fatica fare questo lavoro: radunare le foglie, raccoglierle a palate, infilarle in un grande secchio di plastica e trasportarle sino al luogo dove - o subito o in un prossimo futuro - arderanno.

Eppure, malgrado la fatica, non sono veramente contento, se non quando ho terminato.
C'è appena il tempo di contemplare l'opera compiuta e già bisogna andare via, perchè la giornata s'è conclusa.
So che rapidamente, in un ciclo eterno ed inarrestabile, lo spazio davanti alla casa, sarà ricoperto da un tappeto di foglie morte.

Mi chiedo il perchè, allora, di questo affannarsi. Si potrebbe lasciare tutto com'è, tanto domani le foglie secche saranno di nuovo lì.
Ieri, riflettendoci su, provavo a darmi delle risposte.

Innanzitutto, c'è la ricompensa dell'intimo piacere di un lavoro semplice, portato a termine, i cui risultati sono concreti e tangibili.
In secondo luogo, credo, interviene un elemento più universale che è quello del fare "manuntenzione" delle cose che ci circondano.
E' come se avessimo l'oscura consapevolezza che nulla è per sempre e che tutto ciò che che fa parte dellla nostra esistenza (comprese le relazioni) è destinato al decadimento, alla corruzione, al degrado, sulla base della spinta di un forte movimento entropico verso la disorganizzazione e il disordine.
Allora, nei limiti delle nostre risorse,  ci sforziamo di ostacolare (e quanto meno rallentare) il decadimento, con la certezza che la nostra è come la fatica di Sisifo, condannato a spingere in eterno il grande masso che scivolerà giù non è appena sulla cima del monte.
Dedicandoci a queste forme di manutenzione ordinaria e straordinaria, nel nostro piccolo (e pur sapendo che ciò che facciamo è solo una goccia nel vasto mare della dispersione entropica), ci confortiamo, perchè introduciamo nel nostro mondo angusto una parvenza di ordine e, intanto, abbiamo la certezza che ci stiamo prendendo - in qualche modo - cura delle cose.
Il nostro riparo dall'inarrestabile declino e rispetto al morire delle cose.
Il nostro riparo dalla consapevolezza che, non appena si nasce, già si comincia a morire.
E, così, spazziamo via le foglie morte...

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25 novembre 2011 5 25 /11 /novembre /2011 13:51

DSC08225.JPGPasseggiare e camminare sono un modo dell'esistere, non v'è alcun dubbio su questo. Come del resto lo è correre, in primis il correre lento.
Sono dei modi che rimandano alla condizione dell'uomo ancestrale che, essendo fondamentalmente nomadico, si muoveva di continuo nel suo territorio, a volte correndo (per le esigenze della caccia), a volte muovendosi al passo, più indolentemente (in relazione alle esigenze della raccolta di tutto ciò che avesse un valore commestibile, dai tuberi, alle bacche, ai frutti).
Ma, in un caso e nell'altro, vigeva il principio dell'osservazione, poichè tutto era magico, tutto era permeato d'un divino immanente, tutto era pieno di cose che attiravano la sua curiosità, ma a cui l'uomo di allora non poteva dare alcun nome e che sentiva, il più delle volte lui parte minuscola di un tutto sovrumano, come ominoso ed incombente.
E tutto, essendo magico e collegato con il soprannaturale, diventava fonte e oggetto di meraviglia: ogni piccola cosa poteva contenere una scintilla del divino.
L'uomo si muoveva nei suoi contesti, meravigliandosi, consapevole della sua piccolezza e della sua fragilità di fronte all'incommensurabilità e all'impossibilità di controllare i grandi eventi naturali.
Quando passeggiamo (o corriamo), se soltiamo abbandoniamo quella odiosa certezza di tutto conoscere (che toglie mistero a ciò che percepiamo e lo appiattisce) e che ci rende superficiali perchè tutto diventa scontato, possiamo ritornare - almeno in parte - a quella disposizione d'animo dell'uomo ancestrale.
Occorre fare riferimento al dio delle piccole cose: a quel dio che porta a permeare ogni oggetto di una scintilla di divino, sia esso manufatto o prodotto naturale: ogni cosa, osservata nel suo insieme e poi isolata dal suo contesto, interpretata, diventa il tramite per sperimentare il senso della meraviglia, il novum, il mistero.
Qualche volta chi mi vede fotografare, si sofferma a guardarmi strano: come sei io fossi uno bizzarro e mezzo matto, che fa qualcosa di incomprensibile.
Una volta, mentre fotografavo, si sono fermati i poliziotti che passavano in auto e sono scesi dalla macchina, chiedendomi allarmati: "Cosa è successo?", come se io stessi fotogrando la scena di un crimine e, invece, ciò che aveva attirato la mia attenzione era soltanto una bambola rotta.
Qualche volta però accadono delle razioni inaspettate che mi riempiono di meraviglia.
Qualcuno si accorge che sto fotogrando una piccola cosa a distanza ravvicinata e mi guarda con aria interrogativa, oppure - in altri casi - si avvicina a curiosare.
Io gli mostro ciò che sto fotografando (poche parole di commento, lascio poi che sia l'altro a scoprire) e la persona, uomo o donna che sia, guarda insieme a me, accorgendosi per la prima volta d'un oggetto o di una configurazione che ha sempre avuto davanti (ci è passato tante volte davanti) senza mai riuscire a vederlo.
E, quando ciò accade, io sorrido e quell'altra persona sorride assieme a me per la scoperta condivisa.
Si attiva un senso di complicità.
Ed è accaduto un novum nel panorama esistenziale di quella persona: quella forma di istantanea condicisione è anch'essa un novum e si è creato un punto di rottura nella percezione ordinaria della realtà...

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16 settembre 2011 5 16 /09 /settembre /2011 11:38

frida.jpgL'altra mattina portavo a spasso a Frida...

Ho incrociato una signora che portava al guinzaglio tre cagnotti tracagnotti (tutti e tre minuscoli ed altezzosi, da "grembo" - come si suol dire...)...

Dall'altro lato, avanzava contegnosa una signora, anche lei legata al guinzaglio con un biancocane vecchiotto alquanto e dondolante sulle corte gambe...

Trafficato il marciapiede alle 10.00 del mattino...

Cose che succedono quando si è pensionati...

Un "tecnico" di qualcosa era intento, assieme ad un suo collega, a trascinare un grosso televisore demodé lungo lo stesso marciapiedi...

Fatica improba, visto che il suddetto era poco più di un rottame con viscere catodiche oscenamente esposte e fili pendenti come nervi recisi.

Il tizio - moderno Sisifo - si è distolto un attimo dalla sua fatica e, evidentemente colpito dal profluvio di cani in transito, prendendo me come interlocutore privilegiato (forse per via dell'inevitabile complicità scaturente dall'appartenenza allo stesso sesso), ha detto: "La prossima volta che nasco, voglio nascere cane... Almeno, la vita me la godo... senza pensieri".

Giusto pensiero... Ma, evidentemente, il tizio vedeva solo il lato roseo delle cose e aveva in mente essenzialmente il modello di cane vezzeggiato, coccolato, nutrito, bagnettato e spazzolato, umanizzato, in altri termini, quella categoria di cani che, a causa nostra, hanno perso lo statuto di animale, ma non possono conquistare quello di persona... come bene osserva Marcel Grenier, nel suo Le Lacrime di Ulisse (Edizioni e/0, 2003), citando un'enorme mole di esempi tratti dalla letteratura, a partire - ovviamente - dall'episodio dell'incontro di Ulisse, reduce dal lungo esilio durata ventanni, con il suo cane Argo.

 

Il tizio che vagheggiava di poter vivere da cane al suo prossimo giro di ruota, non pensava certo alla miriade di cani macilenti, derelitti, ramenghi, abbandonati, denutriti, maltrattati o mangiati (come accade in Corea) che popolano il mondo intero...

Ma anche per questa categoria di cani si aprono spiragli improvvisi per la costruzione di un forte legame con l'Uomo (vedi, per esempio il poetico racconto di Paul Auster, Timbuctù, commovente e profondo)

 

I

Il cane di Odisseo (Odissea libro XVII, versi 290-329)

 

Mentre questo dicevano tra loro, un cane

che stava lì disteso, alzò il capo e le orecchie.

Era Argo, il cane di Odisseo, che un tempo

egli stesso allevò e mai poté godere nelle cacce,

perchè assai presto partì l'eroe per la sacra Ilio.

Già contro i cervi e le lepri e le capre selvatiche

lo spingevano i giovani; ma ora, lontano dal padrone,

giaceva abbandonato sul letame di buoi e muli

che presso le porte della reggia era raccolto,

fin quando i servi lo portavano sui campi

a fecondare il vasto podere di Odisseo.

E là Argo giaceva tutto pieno di zecche.

E quando Odisseo gli fu vicino, ecco agitò la coda

e lasciò ricadere la orecchie; ma ora non poteva

accostarsi di più al suo padrone. E Odisseo

volse altrove lo sguardo e s'asciugò una lacrima

senza farsi vedere da Euméo; e poi così diceva:

"Certo è strano , Euméo, che un cane come questo

si lasci abbandonato sul letame. Bello è di forme;

ma non so se un giorno, oltre che bello, era anche veloce

nella corsa, o non era che un cane da convito,

di quelli che i padroni allevano solo per il fasto".

E a lui, così rispondevi, Euméo, guardiano di porci:

"Questo è il cane d'un uomo che morì lontano.

Se ora fosse di forme e di bravura

come, partendo per Troia, lo lasciò Odisseo,

lo vedresti con meraviglia così veloce e forte.

Mai una fiera sfuggiva nel folto della selva

quando la cacciava, seguendone abile le orme.

Ma ora infelice patisce. Lontano dalla patria

è morto il suo Odisseo; e le ancelle, indolenti,

non si curano di lui. Di malavoglia lavorano i servi

senza il comando dei padroni, poi che Zeus

che vede ogni cosa, leva a un uomo metà del suo valore,

se il giorno della schiavitù lo coglie".

Così disse, ed entrò nella reggia incontro ai proci.

E Argo, che aveva visto Odisseo dopo vent'anni,

ecco, fu preso dal Fato della nera morte.

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9 giugno 2011 4 09 /06 /giugno /2011 07:49

solenero_01.jpgQuanto tempo inutile si perde in attese lunghissime ed insulse! Attendiamo per cose che sembrano cose importanti: almeno così ci dicono e ci fanno credere e per loro disperdiamo in mille rivoli la nostra forza vitale. Sono quelle cose che governano la nostra vita fatta di adempimenti, obblighi, messa in regola con le norme, eppure sono vane e vuote.

Per alcuni sono fonte di vita - per quelli senza fantasia e senza slanci. Per altri sono lacci, lacciuoli, intollerabili vincoli e catene, odiose prigioni che, pur essendone consapevoli, si devono subire, come il rematore delle galere di un tempo, incatenato alla sua panca, doveva subire la fatica del remo e il morso della frusta sulla sua pelle.

Quanto siamo appesantiti dalle burocrazie, dalla contabilità, da enormi edifici di carte, di documenti e di faldoni che, un giorno, ci seppelliranno e che, subito dopo, saranno corrotti dal Tempo e si disfarranno in polvere grigia.

Vorrei vivere al naturale, in un Eden bucolico, il cui tempo sia quello ciclico della ricorrenza del giorno e della notte, e dell'avvicendarsi delle stagioni.

Un tempo che sia in armonia con la musica delle sfere e con la ricorsività dell'Universo.

Solo questo conterebbe davvero.

E, ormai, è troppo tardi.

Non c'è più tempo.

Il Sole Nero di cui parla Giordano Bruno sta arrivando per inghiottire noi e tutte le nostre cose futili.

Non credo che un mondo diverso sarà più possibile.

Alcuni dicono che l'Amore potrà salvare tutto.

Io sono scettico.

Ma se la vedessi in opera, la vis sanatrix dell'amore, forse potrei crederci.

Intanto, posso soltanto pensare ad un Sole Nero che si avvicina, inesorabile.

  

"L'uomo viaggerà nel cosmo e dal cosmo

apprenderà il giorno della sua fine

[...]

proprio quando l'uomo si crederà padrone

del cosmo molte ricche città faranno la fine di Sodoma e Gomorra

[...]

un Sole Nero inghiottirà nello spazio il sole, la luna, e tutti pianeti che ruotano intorno al sole"

(Giordano Bruno: da "De l’infinito Universo et mondi")

 

GIORDANO-BRUNO.jpgGiordano Bruno, finito sul rogo il 17 Febbraio 1600, oltre alla sua visione filosofica del mondo, ci ha lasciato delle annotazioni che fanno riferimento al futuro dell'umanità. Infatti, nei suoi scritti e studi, sono incluse alcune riflessioni interessanti che qualcuno ha ribattezzato come 'profezie', screditando con tale parole la lungimiranza dello scienziato che riuscì persino a ipotizzare la fine del mondo con un linguaggio medioevale e profetico, ma ciò nonostante scientificamente condivisibile ai giorni nostri o comunque spunto di riflessione.

 

 

 

 

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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