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14 marzo 2023 2 14 /03 /marzo /2023 08:29

Nessun uomo è un’isola,

completo in se stesso.

Ogni uomo è un pezzo del Continente,

una parte della Terra.

Se anche solo una Zolla viene portata via

dall’onda del Mare,

l’Europa ne sarebbe diminuita,

come se le mancasse un Promontorio,

o una Magione amica o la tua stessa Casa.

Ogni morte di un uomo mi diminuisce,

perché io sono parte dell’umanità.

E così non chiedere mai

per chi suona la Campana:

essa suona per te.

John Donne – Nessun uomo è un’isola (No Mann is an Island, Meditazione XVII, 1624)

Una meditazione in tre tempi
1.

Non so che dire
Certi eventi irrompono all’improvviso
Ti colpiscono duro
Ti lacerano
Ti fanno sentire in colpa
Ti fanno pensare a ciò che non hai fatto
A ciò che hai fatto e a come lo hai fatto
Rifletti sulle debolezze della memoria, 
sull’oblio e sul modo in cui, a volte,
mettiamo da parte le persone
Poi quando la realtà ti colpisce
al petto come un maglio
è troppo tardi per rimediare
Quando ciò accade
si è portati a pensare
alla propria infinita debolezza e fragilità 

 

Non dimentichiamo che,
quando una campana suona a morto
suona per ciascun vivente

 

2.

 

Il vento scuote gli alberi
Fa vibrare le finestre
Si sente fuori dalle mura 
un rimestio o un brontolio 
Ma anche una vibrazione
altalenante 
come se uno stuolo di monaci tibetani
stesse salmodiando l’OM

 

Carte e cartacce,
fogli di giornale, 
involti oleosi stropicciati
bicchieri di carta,
ma anche foglie secche,
danzano nel vento
si sollevano in piccoli vortici
e poi ricadono
fino a quando un turbine
più vigoroso non li prende
portandoli via con sé

 

Il vento allontana le persone,
le isola,
fa volare via i pensieri,  scompigliandoli,
via sciarpe e berretti
Le costringe a piegarsi per resistere,
ma poi le prende e le trascina
nell’Altrove

 

Dove? 
Forse a Erewhon
Forse a Kansas City
Forse a Xanadu di Kubla Khan 
O forse a Shangri-la
o in altri luoghi dove si possa
ricevere il dono (o la maledizione)
dell’eterna giovinezza

 

Dicono che nei giorni di vento
le anime dei defunti
possano più facilmente volare via
libere da catene e da fardelli

3.

Fa caldo in questo giorno di Marzo
Questa sezione del cimitero
è battuta dal sole,
sotto un cielo implacabilmente terso

 

C’é - a poca distanza -
un rifugio ombroso
ai piedi di un cipresso secolare
Mi ci riparo
Accanto a me,
occhieggia con i suoi fiori
una margherita selvatica
cresciuta a fatica
tra gli interstizi d’una sepoltura

 

Avverto la pace
E se non fosse considerato strano
mi sdraierei volentieri 
su d'una lastra tombale
per assorbirne la tellurica frescura

 

Attorno a me s'erge
un fitto bosco di sepolture,
ornate di croci e colonne mozze,
custodite da angeli in preghiera
o dormienti,
adorne di scritture ultime,
alcune abitate e frequentate,
ingentilite da fiori freschi e piante ancora vitali,
altre neglette, dissestate,
con inferriate e recinzioni di metallo
divelte e rugginose

 

I defunti sono qui
attorno a me
Lo sento
Alcuni sono rappacificati e sereni
Altri levano le loro voci irose
per essere stati trascurati

 

Tutti aspettano qualcosa
L’ora che verrà 
o che mai arriverà

 

Si sente echeggiare il verso del corvo,
nero guardiano

Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
Una meditazione in tre tempi
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4 settembre 2022 7 04 /09 /settembre /2022 11:28

Scrissi questo pezzo come "nota Facebook" il 27 agosto 2009 ed è rimasto sepolto lì, man mano che i contenuti della bacheca scorrevano in avanti, proiettati lungo un vettore di tempo lineare.

Riemerge oggi e avendo controllato che di questo scritto non v'è traccia nei miei blog, lo lancio qui.

parla di un momento quasi antidiluviano, prima ancora che esordisse un decennio di lutti, ma anche di grandi cambiamenti ed è, per questo motivo una traccia che vale la pena conservare.

mare all'alba (foto di Maurizio Crispi)

Sulla riva del mare, il frinire delle cicale

si mescola al fruscio della brezza

ed anche al suono attutito della risacca,

a voci indistinte,

al gracchiare d'una radio lontana,

triste,

agli schiocchi di bicchieri di plastica

trascinati qua e là da raffiche

che si formano all'improvviso

 

Tutto è indistinto e fuso assieme

nella scala policroma dell'azzurro marino,

di vele all'orizzonte,

di scafi alla fonda e giochi di gabbiani

 

Solo pochi elementi fluttuanti

attraversano le dighe che ho edificato

 

Fuggo dal mondo

e precipito

in un maelstrom

d'assenza di parola

 

Pensavo di aver conquistato un ormeggio sicuro

 

Invece,

sono alla deriva,

in viaggio ancora una volta

verso la fine del mondo

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28 agosto 2022 7 28 /08 /agosto /2022 09:35

Anche questo scrissi nel lontano 28 agosto 2010. E anche questo breve scritto mi è stato restituito in forma di "ricordo" dall'algoritmo di Facebook. Lo ripropongo qui, poichè non fu mai pubblicato nei blog che tenevo attivi a quel tempo.

Carpe diem

Gli attimi sono sempre fuggenti. E' nella loro natura esserlo

Crediamo di avere la presa sul presente e ciò che riteniamo di possedere, in un attimo, è già passato

Il presente di fatto non esiste

Ciò che è in un modo transita veloce verso successive - imprevedibili - metaformosi

E non c'è mai l'immobilità, né l'equilibrio assoluto

Viviamo in un continuo disequilibrio alla ricerca di continui micro-equillibri esistenti soltanto in funzione del caos che preme da ogni parte

Io non ho mai un mio centro, non riesco ad averlo nemmeno quando ci provo e sono convinto di provarci

Se lo avessi, probabilmente non scriverei come faccio - spinto da un'ossessione d fissare - attraverso la scrittura - le cose (gli accadimenti) e i pensieri e le emozioni

Se io faccio ciò è per vincere il fantasma della morte e di ciò che si deteriora e si guasta

Se scrivo e se penso e se ricordo l'attimo fuggente oppure ciò che è stato ed è fuggito via da tanto tempo, sono vivo

Ancora per un attimo

Poi, si vedrà

Il commento che segue non è mio e ci tengo a riportarlo sia pure in forma anonima:

"Gli attimi sono importanti.
Sono fuggenti, ma sono come un puzzle e permettono la crescita e la costruzione di tutta la nostra vita, delle nostre emozioni, della nostra... storia.
Ogni attimo passato ci ha permesso di essere come siamo.
Ogni attimo presente ci permette di esserci domani.
L'attimo fugge la morte, perchè la morte è l'ultimo attimo.
L'unico attimo che viviamo senza quasi esserne consapevoli se non forse per una frazione di secondo

anonymous

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24 agosto 2022 3 24 /08 /agosto /2022 11:20

1. Dopo il temporale
(alias nubifragio, alias - ma solo per i media conformisti -
“bomba d’acqua”)
è ritornato il sereno

 

Il cielo è di un azzurro che più non si può
Qualche nuvoletta cotonosa indugia nell’azzurro

 

Prima, brontolio di tuoni annunció la bufera

 

E infuriarono anche raffiche di vento poderose,
assieme a fulmini e saette
Sedie e sdraio da balcone volarono
Tende da sole dispiegate come vele
furono divelte
Vasi di piante si schiantarono

 

Ed ora ci crogioliamo di nuovo
nel sole che non dà requie

 

2. E poi di notte ha piovuto di nuovo,
ma così quietamente
che non me ne sono accorto
Ora, al mattino, nuvole vaganti
si addensano e si separano
nel grande melting pot del cielo

 

Mentre cammino assiem al mio Fedele
è anche ricominciata la pioggia,
ma é solo una pioggerellina lieve,
solo alcune gocce sparse
Ma qualcuno, dei radi passanti,
ha ritenuto opportuno
aprire l’ombrello di scorta,
inscenando così
una romantica passeggiata a due
sotto la pioggia

 

Mentre i due sotto l'ombrello
si allontanano
facendosi sempre più piccini
un piccione spennacchiotto,
posato su di una ringhiera,
sembra guardarli con fiero cipiglio,
tubando in attesa di dispiegare
le ali della libertà

 

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1 agosto 2022 1 01 /08 /agosto /2022 20:05
Bottiglia di passato di pomodoro sul marciapiedi (foto di Maurizio Crispi)

Il caldo è feroce
L’umidità alle stelle
Una folla, stremata dai dardi della canicola,
s'accalca davanti all’Ufficio Postale

 

Volgo le spalle a quei coatti sotto il sole
e riprendo scoraggiato la via del ritorno

 

Mi distenderei volentieri
su una delle panchine
davanti alla statua di Santo Pio,
se non fosse così arroventata,
una graticola più che altro,
benchè un ventaglio di poveri materiali,
l'ì dimenticato da un precedente abitatore
eserciti su di me un surreale richiamo

 

Dietro una recinzione di ferro e rete metallica
occhieggiano tristi rose prigioniere

 

Poco più in là, una bottiglia di passato di pomodoro
giace a terra scappellata
e spande il suo contenuto sul cemento,
mimando gli effetti di un orribile delitto,
avvenuto qualche istante del mio arrivo

 

Mi ritiro fiaccato a casa
E qui trovo il divano  
ad accogliere le mie terga stanche
Un po’ di aria condizionata
per raffrescarmi

 

Ma non bisogna mai dire che c’è caldo!
È un grave errore di metodo far ciò
Ho piuttosto la visione d’una fresca vallata alpina
I prati verdi rasati di fresco
e l’ombra fitta degli alberi
Il ruscello che scorre tra i sassi
con un piacevole, lento, murmure
No! Lì, non c’è caldo,
posso sentire sulla mia pelle
la piacevole frescura
e l’aroma della fienagione

 

Ma il beneficio della visualizzazione
cessa troppo presto, purtroppo

 

Squilla il telefono e c'è un'emergenza
Il beneficio diventa veneficio
Orsù, gambe in spalla, Wolf!
Tu sei quello che risolve i problemi
Vai, Wolf, sei atteso!
Corri! Corri!
Prima arrivi, meglio è!

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15 luglio 2022 5 15 /07 /luglio /2022 08:02

Ho scritto questo pezzo nel luglio 2015, rendendolo visibile nel mio profilo Facebook. Probabilmente non l'ho tempestivamente pubblicato qui sul blog. Mi ci sono imbattuto casualmente, nella solita rassegna di ricordi proposta giornalmente dall'algoritmo di Facebook. E , quindi, non avendolo fatto a suo tempo, lo lancio, qui, oggi.
Delle riflessioni che arrivano in ritardo rispetto a quando furono formulate, ma che sono tuttora attuali.

Tatà e i cannoli di Piana degli Albanesi (foto di Maurizio Crispi)

Tante delle persone che sono state nella mia vita sono morte.

Mia nonna e la prozia Irene le ho viste solo nel letto di morte e poi composte nella bara. Mi è stato risparmiato il momento del loro trapasso.

Poi è stata la volta di Papà che è entrato in casa, dopo il tragico incidente, già sigillato dentro la sua bara. Mi è stato risparmiato di andare all'Istituto di Medicina Legale ad effettuare il riconoscimento di quel che restava. O forse io sono stato vigliacco e, con facilità, mi sono lasciato convincere a non andare, lasciando ad altri il pietoso compito.

Poi - e vado saltando, passando agli eventi più significativi - è stata la volta di mio cugino Gabriele. Questa volta - forse per compensare ciò che mi ero risparmiato quando era morto papà - sono andato con i miei cugini e con i suoi genitori sul luogo dell'incidente e abbiamo passato la notte davanti all'obitorio di un piccolo cimitero di provincia, in attesa che gli addetti ne aprissero le porte, con impietoso orario di ufficio.

E qui, io, facendo da supporto per i miei cugini e per i miei zii, mi assunsi parte dell'incarico del riconoscimento di Gabriele e, poi della sua svestizione dalla muta di sub che ancora indossava. In questo compito impregnato di pietas, mi ritrovai a vivere in pieno ciò che non avevo vissuto alla scomparsa di mio padre. E fu un'esperienza intensa e, in parte, destabilizzante, negli effetti che ebbe su di me negli anni successivi: un'esperienza che potei metabolizzare a poco a poco, con grande dolore.

Poi, andando avanti negli anni, siamo arrivati alla morte della mamma: l'ho seguita intimamente negli ultimi giorni, osservando il suo rapido declino e, nello stesso tempo, sentendo l'energia caparbia con cui si teneva legata alla vita, aspettando il momento proprizio per lasciarci con fierezza e nel suo modo. L'ultima notte non volle andare a letto e rimase seduta nella sua poltrona, la poltrona dove aveva passato sempre più tempo nei suoi ultimi giorni. Io mi misi nella poltrona accanto a lei per rimanerle vicino. E mi addormentai.

Quando alcune ore dopo mi risvegliai forse a causa dell'eccessivo silenzio (il suo respiro nelle ore precedenti si era fatto pesante e affannoso), mi resi conto che aveva compiuto il suo transito, con accanto la sua borsa e la sveglia che ogni mattina puntava alle 5.00 secondo un'abitudine consolidata allo scopo di avviare la routine dell'accudimento a Salvatore (mi aveva chiesto di portargliela e di caricarla per lei al solito orario di sempre). E quella sveglia all'ora stabilita suonò ancora una volta, per ricordare a tutti noi che la vita continuava con le sue necessità e i suoi obblighi.

Anche questa volta, tuttavia, mi fu risparmiato il momento del trapasso. Ero addormentato accanto a lei.

Con Salvatore, no.

Eravamo assieme e l'ho visto morire.

Ho visto la sua lotta, mentre se ne andava.

Ricorderò il suo sguardo carico di angoscia: non si è mai pronti, quando quell'ultimo momento arriva; il suo tentativo di dirmi qualcosa, delle parole che non riusciva ad articolare; il suo improvviso accasciarsi in avanti, terreo in viso, in un'immobilità che, sul momento, mi sono rifiutato di codificare nel suo vero ed ineludibile significato, per quanto io sia medico (ma che ha scelto di fare lo psichiatra, proprio per non doversi confrontare con questi aspetti del morire).

E' stato giusto che sia accaduto così, io e lui assieme, vicini come eravamo stati negli ultimi anni dopo la morte della mamma. L'ho visto e l'ho sentito mentre era sulla soglia e forse mi rivolgeva un ultimo saluto, oppure mi chiedeva aiuto, perchè ancora per lui non era tempo di andare.

Non credo che potrò mai dimenticare quel momento.

Ci penso sempre: non riesco a distanziarmene.

Quelle fatidiche sequenze compaiono improvvisamente davanti ai miei occhi e nella mia mente nei momenti più impensati.

Ed è giusto che sia così.

Ed anche vero che il tempo è un grande scultore e che poi, a poco a poco, le cose si attenuano e si smussano anche se ci affanniamo a farle vivere nel ricordo.

Quando spingo il passeggino con Gabriel, ci penso più intensamente, proprio perchè quando il transito di Tatà si è verificato io ero lì con lui nella mia funzione di fratello-spingitore.

Forse ciò dipende anche per il fatto che questa sia stata la prima volta in cui ho visto materialmente il momento del trapasso di una persona cara.

E stato così che ho bevuto il calice della vita sino in fondo.

Questa volta, in occasione del mio ultimo miglio come spingitore,  non sono stato risparmiato: ho dovuto vivere per intero il commiato da Tatà, senza sconti.

Sono convinto che, per vivere, occorre avere consuetudine con la morte e soprattutto con il morire.

 

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11 luglio 2022 1 11 /07 /luglio /2022 07:54
Alba e isole lontane (foto di Maurizio Crispi)

E' un'alba con nuvole flottanti nel cielo,
mentre il disco rosso del sole
si leva dalla sua casa d’acqua
Le nuvole cotonose trascolorano,
passando dal grigio, al rosato, all'arancione vivo
per poi tornare bianchiccie

 

E si vede il profilo delle isole lontane
isole mai trovate,
isole mai visitate,
che fanno gonfiare il cuore di nostalgia

 

L’aria è fresca,
Le rondinelle intrecciano voli,
I colombacci tubano,
E c'è anche una musica vivace
che pulsa nelle mie orecchie

 

Vivide chiazze di sole
disegnano un fine merletto sul muro

 

I resti della colazione
e delle letture mattutine
giacciono affastellati davanti a me
Sì, l’aria è ancora fresca
e soffia una brezza benefica,
ma la pioggia annunciata dai meteobilli
non è arrivata
Peccato!

 

In compenso, i fichi sono in via di maturazione
e i fiori di cactus si schiudono
in ordine sparso

 

Il primo giorno di una nuova era
dopo lo strappo

 

Boh, tre volte boh!

 

Isole lontane e mai trovate (foto di Maurizio Crispi)

 

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9 luglio 2022 6 09 /07 /luglio /2022 07:36
Magnolie di notte (Foto di Maurizio Crispi)

Rapidi ed effimeri fulgori di luce
si alternano ad ampi viali d'ombra
Si crede di essere nella luce,
si gode del suo calore
e il cuore si riscalda
Poi, all'improvviso,
senza nessuna ragione
se non il tiro di dadi di un dio ottuso
ci si ritrova a brancolare nel buio e nel freddo

 

Il vento fuori soffia incessante
e spazza via la cappa di calore intollerabile
Il suo soffio fresco è una benedizione

 

Il cielo si illumina ad est d'un vago chiarore

Ma forse oggi il sole non sorgerà di nuovo

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1 luglio 2022 5 01 /07 /luglio /2022 06:24
Sfabricidi e bici (foto di Maurizio Crispi)

Ho pedalato per le vie della città
sotto il sole cocente
del primo giorno di luglio
I soliti spettacoli,
turisti festaioli
in leggeri abiti estivi,
donnoni con cosce enormi
e con polpacci che sembrano fiaschi per il vino
Trolley che rullano sull'asfalto,
ipnotici
Gente che si affretta,
capelli di paglia in testa

 

E' come essere in Africa, qui

 

Quando passo vicino
a questi corpi in movimento
mi pare di sentire la puzza di sudore
che promana dalle ascelle
e dalle anguinaie
Lo so! Lo so! Forse sono intollerante!
Non mi adatto bene alle presenze altrui
Quanta più gente vedo, in genere,
tanto più sono tentato di ritirarmi
su di un’isola deserta
oppure sulla cima di una montagna
oppure mi sento spinto a rinchiudermi
nella frescura ombrosa
di casa mia
e qui aspettare che passino i giorni del caldo
e forse tutta la vita che mi resta

 

Procedo, comunque,
pedalando a testa bassa
schivando i corpi che mi si parano innanzi
e poi quegli odiosi monopattini elettrici
Vado avanti, con il sudore
che mi sgocciola negli occhi
ed intride la mia T-shirt
Vado e vado, strizzo gli occhi
abbacinati dal pieno sole

 

Poi arrivo in una strada desolata,
come fossimo in Mexico
(mancano le nuvole, però)
e qui trovo un'isola gigantesca di pattume abbandonato
davanti ad un fabbricato,
abusivo probabilmente, lasciato a mezzo
Una terra di nessuno, evidentemente
Rifiuti di ogni genere giacciono nel sole a fermentare
e da essi si levano miasmi fetidi
si potrebbe svenire,
se solo si respirasse a pieni polmoni
Un mar dei sargassi di monnezza
e forse al suo interno
c’è qualcuno che è stato catturato
da quei tentacolari miasmi
e che ora si decompone lentamente
grazie al lavoro solerte di pigri mosconi
Negli occhi  dei radi passanti
non c'è nemmeno l’ombra di rassegnazione,
solo indifferenza

 

Vorrei volare via,
anziché essere assorbito
da prosaiche incombenze
anziché stare a rompermi la schiena
arrancando su questa bici
Vorrei essere lontano,
magari intento a percorrere il Cammino,
dimentico di tutto,
dei vincoli, delle camurrìe, dei grattacapi quotidiani
Invece, devo abbassare la testa,
gli occhi incollati a terra,
lo sguardo a non più di un metro dai miei piedi
a tirare il carico che mi è imposto
Vorrei volare alto, ma non posso

 

Quando torno a casa,
dopo la folle pedalata nel caldo,
mi seppellisco dentro me stesso
in un angolo profondo e recondito
dove nessuno mi potrà trovare
Ed è balsamico per l'animo mio,
starsene lì arrotolato come una larva nel suo bozzolo,
oppure come un lombrico
nell’umido ventre della terra,
in attesa di resurrezione,
dopo la necessaria espiazione
Per quali peccati non so,
forse per quelli commessi
in un'altra vita precedente,
una delle tante
nel ciclo eterno di morti e rinascite

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26 giugno 2022 7 26 /06 /giugno /2022 07:51
Viale Lazio di primo mattino - foto di Maurizio Crispi

Sono ancora rinchiuso nei miei sogni notturni
che adesso non ricordo più
Le prime ore del giorno sono spesso colme
di un'infinita tristezza,
anche quando non sono da solo
Vorrei raggiungere la luna
a cavallo di un destriero alato
Vorrei librarmi nel cielo
come i gabbiani al mattino,
quando con i loro voli salutano il sole
Vorrei rincorrere qualcun'altro
come quelle rondini gioiose,
con le loro acrobazie

 

Invece,
cammino da solo, a passeggio con un cane nero
lamentandomi dell'anca che oggi mi duole
stringendo le chiappe,
perché urge una visita al bagno
e, certamente, non posso accovacciarmi
qui in mezzo alla strada,
come un selvaggio,
per soddisfare il mio bisogno

 

Intanto il giorno avanza,
il caldo si fa più intenso
le foglie secche cadute in morìa
crocchiano sotto i piedi

 

Vado avanti,
ma è come se andassi indietro
risucchiato da un gorgo
al quale non riesco a sottrarmi

 

Oggi è così, domani si vedrà

 

 

Today’s Walk (domenica 26 giugno 2022)

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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