Un anno fa questo scrissi, ispirato dalla voglia incontenibile di merendine pomeridiane di mio figlio Gabriel
Maurizio Crispi (8 febbraio 2024)
Merenda, merenda
Voglio la merenda
Merenda sì, merenda no
Merenda sì, sì, sì, sì
Sìiiiiiiiiii, nooooooooo,
SÌ!
Io merenderò, merenderò
Il Merendero l’è un gran bandidero
È sempre merenda
Ogni momento è buono per far merenda
Merenda dolce,
merenda salata, questo l’é
un gran dilemma
Panino con la Nutella
Panino con la mortadella
Fettine di salamella
Una bella ciambella
ma anche un’arancinella bella
ma anche la bella salsiccia
o i würstel giganti
con la maionese
Biscottini e patatine,
ma anche pancetta abbrustolita,
ovetto sodo,
ovetto al tegamino,
piatto di pasta fumante
Pane con l’olio
Pane abbrustolito con lo zucchero
Una banana,
due banane,
tre banane
Mela che mela
Ora me la mena la mela
Mela bollita,
mela cotta nel forno
Ho fame, fame, fame,
molta fame,
tanta fame,
è sempre tempo di far merenda,
il mondo intero fa merenda,
il mondo in una merenda,
il mondo è una merenda
Merenda delenda
Merenda for ever
Ho sognato che avevo un lavandino di casa con lo scarico intasato, tanto intasato che non passava più nemmeno una goccia d’acqua
(in altri termini, per dirla in siculo latino, lo scarico del lavandino era bello attuppato)
Provavo e riprovavo a sturarlo, ma nessun risultato ottenevo
Sempre nel sogno, dal Ferramenta andavo e lì compravo un Mister Muscolo e l’applicavo, ma con modesti - per non dire insignificanti - risultati
Un po’ d’acqua se ne andava, sì, ma il resto continuava a ristagnare ed io ero sempre più indispettito
Allora, andai da un altro Ferramenta al quale dissi: Voglio uno sgorgante di prima qualità, uno sgorgante che apra tutti i condotti!
E quello mi condusse in un angolo riposto del suo negozio fornitissimo e mi indicò una serie di flaconi tra i quali uno color grigio ferro e, indicando proprio questo, mi disse: Questo è di prima scelta, questo è lo sgorgante per professionisti; tutti gli altri, proseguì, indicando con un ampio gesto quelli di altre marche, sono solo acqua fresca. Se lei vuole buttare i suoi soldi compri uno di questi, ma se veramente vuole ottenere un risultato allora deve comprare questo qua, concluse, ritornando ad indicare il primo prodotto che mi aveva indicato.
La sue perorazione mi convinse appieno e così, di quello dato per efficacissimo in quei contenitori grigio ferro, ne presi ben due! Non si sa mai, mi dissi!
Il negoziante solerte, mi raccomandò di fare attenzione perché si trattava di un prodotto a base di un acido potentissimo
Mi disse che nell’aprire il flacone dovevo proteggere le mie dita con dei guanti e aggiunse anche che lo dovevo versare nello scarico del lavandino, ma ben girato di spalle, allo scopo di evitare che ritorni esplosivi di acido vaporizzato e sulfurei schizzi potessero danneggiarmi gli occhi, il cuore o i polmoni o altre parti sensibili
Per essere più incisivo mi disse anche: Giusto una settimana fa hanno portato un ragazzo al pronto soccorso a causa di ciò e il povero cristo è dovuto rimanere ricoverato per ben cinque giorni prima di ripigliarsi!
Me ne andai, convinto di avere ben speso i miei soldi, ma non senza qualche preoccupazione che qualcosa potesse andare storto
Arrivato a casa, dopo essermi bardato di tutto punto, aprii il primo flacone e lo versai tutto nel lavandino, seguendo accuratamente le istruzioni che quel venditore cortese mi aveva impartito (girato di spalle, senza guardare, etc, etc)
Dopo averne versato tutto il contenuto, rimasi lì, ad attendere, sempre girato di spalle e senza osare guardare; improvvisamente, dopo una serie di gorgoglii e sfiati sempre più distanti da me, cominciai a sentire un puzzo diabolico e devastante di mefitici vapori ammoniacali e di acidi ribollenti, un puzzo greve, intollerabile, miasmatico, tale da farmi pensare che sarei potuto svenire da un momento all’altro
Mi feci forza e mi girai e, malgrado le esortazioni del negoziante, sentendomi un po’ come il biblico Lot (la cui moglie contravvenne all'ordine del suo Signore e si volse indietro a guardare la distruzione delle due città del peccato), mi decisi a sbirciare alle mie spalle
Cosa vidi mai?
C’era, si, il lavandino, ma solo quello!
Tutto il resto del mondo era scomparso,
disciolto dalla potenza di quello sgorgante
Andato!
Gone!
Scomparso!
Potenza di quello sgorgatore e dell'astuto venditore,
forse meglio della bomba atomica!
Meglio della fusione dell'Idrogeno!
E c’era solo quel lavandino fluttuante
nel vuoto cosmico e io accanto a lui,
con il flacone del talentuoso
e portentoso sgorgante ormai vuoto
Gaza
Netanyahu e la sua follia
L’Ucraina
Putin il vilain
Put-in-the-bin
Trump e la sua tracotanza
Lo sconvolgimento climatico
La Meloni con i suoi accoliti
Tutto digerito dall’acido
Tutto cancellato via
Ma è rimasto solo quel lavandino
non più intasato di casa mia
Il mondo ridotto ad un lavandino
Ma come sarebbe il mondo
ridotto ad un solo lavandino,
sia pure sgorgato?
Passerò - son certo di ciò - molti anni a venire
ad arrovellarmi e a riflettere,
alla ricerche di risposte soddisfacenti
Intanto dovrò accontentarmi del lavandino sgorgato!
E' già qualcosa, no?
A volte Facebook e i social sono un autentico scrigno di tesori, dove si trovano proprie cose scritte estemporaneamente e poi lì abbandonate e dimenticate. Come è il caso di questa piccola storia che riguarda il ritrovamento di un elefantino abbandonato e alcune nefaste conseguenze che, a torto o a ragione ad esso attribuii. Da questo piccolo racconto si vede bene che il pensiero magico è sempre presente in noi ed è ben difficile che la razionalità possa estirparlo del tutto!
Una volta ho raccolto da terra un elefantino di peluche
Era piccolo piccolo: stava confortevolmente nel palmo della mia mano chiusa a pugno
L'ho portato a casa, l'ho lavato e strigliato ben bene e l'ho messo ad asciugare
Quindi l'ho mandato per posta ad una mia amica, accompagnandolo con una lettera che era, a tutti gli effetti, una richiesta di adozione da parte di un elefantino smarrito e trovatello
Il plico arrivò a destinazione, ma purtroppo aperto e depredato proprio del povero elefantino del quale da quel momento si sono perse le tracce
Chi sa adesso su quali sentieri del mondo starà girovagando, tutto solo e ramingo?
Questa storia per arrivare al punto cruciale: dopo averlo raccolto e maneggiato, tempo due giorni, fui invaso da un prurito irrefrenabile in ogni parte del corpo, ma quello più penoso era nel palmo delle mani e nella pianta dei piedi. Passavo ogni notte, per quasi quindici giorni, a grattarmi irrefrenabilmente, insonne. E più mi grattavo più il prurito arrivava a vertici di insostenibilità. Cominciai a fantasticare che quell'elefantino fosse stato abbandonato a bella posta da qualche scienziato folle, dopo averlo intriso di batteri e virus da testare come armi biologiche (avevo letto poco tempo prima un medical thriller proprio incentrato su questo argomento)
Con il mio collega medico giungemmo alla conclusione che, probabilmente, si era trattato di un'infezione virale di tipo neurale, in forma blanda, partendo dall'osservazione che non vi erano i segni tipici (a livello locale) delle manifestazioni di tipo allergico, insomma una neuropatia diffusa di tipo virale
Poi a poco a poco, la sintomatologia si ridusse fino a scomparire del tutto
Ora non vorrei sbagliarmi ma cominciai a prendere anche del cortisone, dopo aver tentato, ma invano di lenire i sintomi, con gli antistaminici…
Ma il ricordo di quei giorni terribilmente pruriginosi è per me rimasto indelebile
Siccome, però, il lupo perde il pelo ma non il vizio, io continuai a raccogliere tutte quelle cose abbandonate per strada (purchè fossero di decente aspetto) che attraessero la mia attenzione, avendo l'accortezza di maneggiarle - prima del rituale (ed obbligatorio) lavaggio - con una certa cautela
Ancora non mi è capitato di imbattermi in un abito di latex con borchie sadomaso, ma non dispero, sono certo che prima o poi anche questo incontro si avvererà…
Una pura curiosità: quel guanto di latex della foto, l'ho ritratto a nemmeno dieci metri di distanza dal punto in cui quasi tre anni fa avvenne il rinvenimento dell'elefantino di peluche
E aggiungerò che stavolta mi sono ben guardato dal toccare il reperto e semplicemente sfiorarlo, per timore di una ulteriore e letale contaminazione
Andava in giro
nottetempo
con in mano un punteruolo aguzzo
con il quale testava
i piedi dei dormienti
ed anche di coloro
che svegli erano
Godeva profondamente lui,
fremiti di piacere
quel Babinskji
(per gli amici solo Binskji)
sperimentava,
seguendo il suo sogno e cercando il segno
Un piacere quasi orgasmico
riceveva
quando i piedi testati
sì accartocciavano in difesa
oppure quando a ventaglio si estendavano
Il folle Binskji
arrivò persino a sperimentare
su se stesso,
esponendo il proprio piede nudo
a quell’attrezzo,
freddo e pungente
La forza di Binskji
fu quella di creare un movimento,
raccogliendo attorno a sé
un folto gruppo di discepoli
che perpetuarono
nel tempo e nello spazio
quella dolce tortura,
anche quando lui decise
di ritirarsi a miglior vita,
poiché era un po’ stanchino
e, a forza di tastare i piedi altrui,
le sue mani sapevano troppo di stantio
Ed io mi onor d’essere
tra i suoi impenitenti seguaci
e il sempreverde segno di Babinskji
sempre vo' cercando
In medicina, e in modo particolare in neurologia, il segno di Babinski è la risposta anomala al riflesso cutaneo plantare che indica la presenza di una lesione a carico del tratto corticospinale. È
Joseph Jules François Félix Babiński ( Parigi, 17 novembre 1857 - Parigi, 29 ottobre 1932) è stato un neurologo francese. I genitori erano fuggiti da Varsavia a causa della repressione russa ...
Whoops!
La befana è arrivata in anticipo quest’anno!
Così ho pensato quando l’ho vista
Era lì che guardava il mondo con la sua scopa in mano dalla bocca di un cassonetto per la raccolta differenziata degli abiti dismessi
Forse Befana c’era entrata dentro per trovare qualche straccio colorato e rinnovare così il suo misero guardaroba
Che ci fai tu là?, le ho chiesto
Eh eh eh!, ha ridacchiato la vecchina, mostrando una bocca sdentata sotto il naso adunco
Vado di fretta adesso, le ho detto, Sto andando a prendere mio figlio a scuola
Di ritorno, ti prendo e ti porto via con me
Eh eh eh!, ha di nuovo ridacchiato Befana, Fai come ti pare!
Ma non so se mi troverai ancora qui!
In effetti, al mio passaggio di ritorno, Befana non c’era più
Sono certo che fosse volata via sulla sua scopa
L’incontro magico è avvenuto a Palermo, in via Papireto
Questa mattina, mentre portavo a spasso la Frida, ho incrociato una signora che aveva al guinzaglio tre cagnotti tracagnotti (tutti e tre minuscoli ed altezzosi, da "grembo" - come si suol dire...)...
Dall'altro lato, avanzava contegnosa una signora, anche lei portata al guinzaglio da un biancocane (bianco come il bianconiglio) vecchiotto alquanto e dondolante sulle corte gambe.
Trafficato il marciapiede alle dieci del mattino!, ho pensato.
Cose che succedono quando si è pensionati e non si è più costretti ad orari antelucani!
Un "tecnico" di qualcosa era intento, assieme ad un suo collega, a trascinare un grosso televisore demodé lungo lo stesso marciapiedi
Fatica improba, visto che il suddetto era poco più di un rottame con viscere catodiche oscenamente esposte e fili pendenti come nervi recisi.
Il tizio - moderno Sisifo - si è distolto un attimo dalla sua fatica e, evidentemente colpito dal profluvio di cani in transito, e - prendendo me come interlocutore privilegiato (forse per via dell'inevitabile complicità scaturente dall'appartenenza allo stesso sesso) - ha detto: "La prossima volta che nasco, voglio nascere cane... Almeno, la vita me la godo... senza pensieri".
E' del 29 giugno 2023 questa mia annotazione che combina assieme due diversi avvistamenti, quella dell'anfora (o arancina) semovente su monopattino elettrico e quella della cicciona incastrata nella poltroncina con braccioli in pizzeria.
Vi prego, leggete queste due storielle gustandovi gli aneddoti in sé, senza lasciarvi forviare da chi potesse dire che si tratta di descrizioni poco consone e politicamente scorrette.
Sono avvistamenti che si inseriscono perfettamente nella grande narrazione delle 'Storie di Massa' e, in fondo, trattano di ciccioni felici e fieri della propria pacchionaggine.
L’altro giorno dalla coffa della mia nave ho avvistato una donna anfora solcare la strada sul suo mono-moto pattino a vela.
La foggia dell’anfora era suggerita dal grosso culone, dalla bassa statura e dalla posizione dei piedi che formavano una base d’appoggio piccola e circoscritta che andava a svasare verso l’alto e culminava nell’ampio deretano che rappresentava, appunto, la parte capiente dell’anfora o anche della giara.
Qualcuno leggendo la breve descrizione impressionistica (forse anche umoristica) che ho lanciato nel mio status ha suggerito che potesse trattarsi di un’arancina semovente su monopattino elettrico.
Non ho chiesto, però, a colui che aveva formulato questo commento (e sollevato questo interrogativo) se intendesse riferirsi ad un’arancina con carne o ad un’arancina al burro, messa per il lungo (quest’ultima, un’immagine decisamente più benevola!).
Comunque, rimanendo nel tema, l’altro giorno ero in pizzeria e ho visto ad uno dei tavoli apparecchiato per quattro, una tipa (appartenente indubbiamente alla multiforme categoria delle "signore Massa") chiacchieriare affabilmente con le sue amiche.
La tizia era enorme, saldamente tonica, gioviale e allegra.
Fianchi moolto sviluppati, debordanti; culone sovradimensionato.
Le sedie a disposizione erano, in verità, delle poltroncine con i laterali (piuttosto robuste, e solide, non c’è che dire).
Poichè le sponde laterali impedivano al culone della tizia di potere appoggiare totalmente alla seduta, le terga opime rimanevano sollevate, in realtà incastrate tra i due braccioli (se la tizia avesse dovuto alzarsi all’improvviso, quasi certamente la poltroncina sarebbe rimasta attaccata al suo tafanario come il carapace di una grande testuggine).
La postura dell’emula della Signora Massa (il mio prototipo, in quest’ambito) era quindi tutta sbilenca e con il suo corpo pendeva in avanti come una Torre di Pisa che é andata già ben oltre il suo punto di equilibrio e che non si ribalta solo perché ha trovato un efficace puntello.
In questo caso, il puntello era rappresentato dal tavolo sul quale poggiava in modo pieno ed invadente un senone ultra-prosperoso, di dimensioni pari al sottostante culone.
Il davanzale occupava una buona metà del tavolo, tanto che mi sorpresi a pensare come su di esso avrebbero potuto esserci appoggiate le pietanze per lei e le commensali sue amiche.
Interrogativo che, purtroppo, é rimasto senza risposta perché l’allegro quartetto aveva già consumato ed era intento a conversare fitto, indugiando in un’atmosfera di conviviale rilassatezza.
Ho solo potuto fare delle illazioni: forse la gigantessa e le sue tre convitate hanno mangiato a turno, oppure i camerieri hanno portato loro un unico piatto con il cibo disposto per tutte…
Insomma, in questo caso, mi è sembrato di intravedere un personaggio rabelaisiano, pieno di vitalità e assolutamente baldanzoso, oltre che fiero del suo ridondante corpaccione.
Il più delle volte quelli che vedo in giro sono dei ciccioni felici e non credo che ci sia nessuna offesa se mi soffermo a descrivere questi incontri-avvistamenti con dettagli ridondanti.
Thar! She blows! Così gridavano le vedette appostate sulla coffa quando avvistavano una balena.
Ho sognato che arrivavano a casa,
come ospiti, la regina Elisabetta
e il principe consorte Filippo
Si trattava di una visita non formale
C’era anche la mamma
Io ero ero coinvolto in prima persona
e mi davo da fare
per rendere confortevole
la permanenza della regina
intrattenendola in conversazione
offrendole qualcosa da mangiare
e da bere
Insomma, facevo tutto ciò
che s’ha da fare
quando ci sono ospiti di riguardo
Ricordo, in particolare,
che dovevo selezionare una tovaglietta elegante
da collocare sul desco
davanti al quale la regina
s’era accomodata
Cercavo e scartabellavo nei cassetti
alla ricerca di quella più bella
E qui chiedevo il parere della mamma
alla quale però non piacevano
le soluzioni da me trovate
Provavo anche a fare conversazione
in inglese con la regina
e con il principe consorte
Quest’ultimo lo blandivo
dicendogli che appariva molto giovanile
e in ottima forma
E provavo a spiegargli un posto
non distante da casa
dove avrebbe potuto montare a cavallo,
sapendo - o supponendo -
che lui fosse appassionato di equitazione
Ero lusingato di avere a casa
ospiti così importanti
C’erano anche altre persone presenti
- non dignitari, bensì gente comune -
che sembravano essere un po’ inibite
dal rango delle Loro Maestà
Io invece non provavo soggezione alcuna,
come se fosse del tutto normale
trovarsi per casa una coppia di regnanti
Quell’esperienza rimase per me come il modello archetipico del viaggio
Maurizio Crispi
Mio padre viaggiava spessissimo già quando ero piccolo Per via delle sue attività giornalistiche andava molto frequentemente a Roma Erano i suoi viaggi brevi, nervosi, andare e tornare senza ozi Negli anni ‘50 si viaggiava ancora molto in treno forse Ancora non esisteva nemmeno l’aeroporto di Punta Raisi che venne costruito in epoca più recente e c’era un traffico di voli di linea molto limitato sull’aeroporto di Boccadifalco, con piccoli aereomobili, semplici bimotori ad elica Quindi, il mezzo elettivo per viaggiare era il treno Mio padre andava a Roma a seguire spesso lavori parlamentari o per prendere contatti importanti per il suo lavoro giornalistico Una volta disse a mia madre che mi avrebbe portato con sé nel suo prossimo viaggio Io ero molto piccolo - potevo avere forse 10 o 11 anni al massimo Fui molto inorgoglito (ed eccitato) da questa idea di papà e non stavo più nella pelle Venne il momento della partenza e io salutai pieno di emozione la mamma che rimase in banchina a sventolare la mano in segno di saluto mentre ai miei occhi si andava facendo sempre più piccola Allora, viaggiando in treno, c’era il momento del passaggio dello stretto Quella fu per me una prima volta in assoluto Si usava allora - come poi ho fatto decine di altre volte nella mia vita di adulto - scendere dalla carrozza, che era stata appena imbarcata sul traghetto, sul ponte della nave per andare al bar a consumare qualche cosa (era un rito mangiare le arancine con carne di cui lì era in mostra una bella scorta) e poi affacciarsi all’esterno per osservare con emozione la costa siciliana che si allontanava e quella calabrese che farsi sempre più vicina. In quella mia prima esperienza ci fu il seme di tutte quelle, successive, dell’attraversamento dello stretto sia in andata sia in ritorno e sempre mi ritrovai a sperimentare le stesse emozioni di quella prima volta in cui ebbi in modo netto la percezione della nostra insularità Seguendo dunque il copione (quello che per molti era un rituale irrinunciabile) salimmo con papà sul ponte del traghetto, poiché lui voleva portarmi fuori ad ammirare il panorama (ma anche a farmi prendere consapevolezza - a toccar con mano - dell’insularità della Sicilia che ci stavamo lasciando alle spalle). Però prima venne intercettato da alcuni conoscenti e si fermò ad parlare con loro, forse suoi colleghi, per un tempo che a me sembrò interminabile. Io fremevo per l’eccitazione. Avrei voluto uscire al più presto per guardare fuori. Però papà s’era immerso in una fitta conversazione con i suoi colleghi - o forse persone importanti, pensa io così piccolo come ero - e quindi io ero là che guardavo dal basso in alto questa conversazione che andava avanti apparentemente infinita, un parlare di cui non capivo un bel niente Fu allora che provai ad interferire e tirai papà per i pantaloni con insistenza e lui mi guardò di rimando con uno sguardo duro che mi intimorì, come a dirmi “Stai al tuo posto, non interferire mentre parlo di cose di lavoro!” Rimasi come paralizzato. E rimasi ad aspettare senza dire altro. Questa cosa mi è rimasta profondamente impressa in tutti gli anni successivi. Mi viene sempre in mente quando Gabriel piccolino interferisce in una telefonata che ricevo - “importante” o di lavoro - che cerco di portare avanti mentre lui è presente. Invariabilmente, in queste situazioni, anche adesso che lui è decente Gabriel manifesta degli improvvisi bisogni, sente l’urgenza di dire qualche cosa di importante o di chiedermi qualche cosa. Quando era più piccolo, presi l'abitudine di non rispondere nemmeno e di rimandare le mie telefonate ad altro momento. Ogni volta che questo succede la mia mente torna a quell’episodio con papà, alla sua severità e al suo bisogno di dover tenere separati le sfere tra ciò che era la sua attività di lavoro la sua funzione di genitore.
Ieri, ho provato a raccontare a Gabriel questa piccola storia del mio passato, proprio dopo che aveva interferito in una mia telefonata…
Ma tornando a quel viaggio con papà, la cosa strana è non ne ricordo molti altri dettagli.
Questo episodio è quello che si staglia in maniera prepotente e che esce fuori da una nebbia indistinta, assieme alle impressioni del treno che sbuffando si allontana dalla banchina della stazione e la figura della mamma che si fa sempre più piccola, mentre ci saluta:
forse in questa immagine c'è l'archetipo di tutte le mie partenze successive che il più delle volte, avvenivano senza accompagnamento da parte di parenti stretti, familiari e amici.
Il più delle volte, da solo partivo e da solo ritornavo, bevendo sino all'ultima goccia il calice del viaggio.
Di quel viaggio con papà, ricordo un altra cosa e fu il fatto che mi portò a visitare il per me "mitico" negozio di giocattoli che, nei suoi viaggi frequenti visitava sempre, per portarmi ogni volta soldatini e modellini di automezzi militari. Il negozio, se non ricordo male, si chiamava Gulliver (adesso non ne ne trovo traccia, facendo una ricerca veloce su internet) ed era non lontano dall'albergo in cui mio padre scendeva e che era in pieno centro, a poca distanza dalla piazza dove campeggiava solenne la Colonna Traiana e dunque non distante dai luoghi topici per le sue attività giornalistiche e per i suoi incontri.
Mi parlava di questo negozio come di una vera e propria caverna delle meraviglie ed io morivo dal desiderio di visitarlo: quella volta fui accontentato.
Anche da grande, ormai autonomo nei miei spostamenti, ci tornai a comprare soldatini da collezione.
Non so se esista ancora.
Del resto di quel soggiorno, non ricordo granché - come ho detto.
Sicuramente, passavo diverse ore in albergo (ero abbastanza grande da stare da solo in camera, ma non tanto da andarmene in giro da solo), mentre lui sbrigava le sue cose.
Poi, al termine di quei due o tre giorni (nemmeno ricordo l'esatta durata del viaggio), risalimmo sul treno per tornare indietro in Sicilia,
E fu tutto.
Ero un simpatico cagnolino da cappelliera d'auto
Me ne stavo sul retro alle spalle del mio padrone e, mentre l'auto si muoveva, la mia testa oscillava festosamente salutando il mondo che scorreva ai miei piedi
Poi, un giorno, ho visto una cagnetta
Bellissima! Aveva le ciglia lunghe lunghe e mi guardò una sola volta, ammiccando con i suoi occhioni neri
E poi, mi ha lanciato uno sguardo lungo e languido
Io, in un attimo, di fronte a tanta bellezza e leggiadria, persi la testa per lei
Fu un vero colpo di fulmine, di quelli che più non si dimenticano
La mia testa, letteralmente, se ne andò appresso a quella meravigliosa cagnetta, e il mio corpo - una spoglia vuota - rimase indietro, senza vita
Il mio padrone, avendo constatato che io ero ormai ero andato via - la mia testa perduta in un sogno d'amore - e fallito ogni tentativo di rianimazione del mio corpo senza vita e decollato, pensò che fossi ormai inservibile: non potevo più fare oscillare il mio capo con quella eleganza che mi contraddistingueva, fingendo un sorriso che non era più dentro di me
Allora, crudelmente, in un attimo decise di sbarazzarsi di me e, con una gentilezza riparatoria (questo lo devo ammettere), mi depose sul marciapiedi, vicino a dove aveva parcheggiato la sua auto
Spero che, un giorno, la mia testa rinsavita possa ricongiungersi con il resto del mio corpo
Ma non c'è più molto tempo ormai: stiamo arrivando ad un punto di non ritorno
Presto qualcuno mi raccatterà e mi butterà nel cassonetto che si erge minaccioso a soli pochi passi da me
Lo sento
Attendo malinconicamente e consumo questi ultimi istanti come una fiammella morente, prossima ad estinguersi
La mia vita di giocattolo mi sta abbandonando a poco a poco
Ma sino all'ultimo non smetterò di sperare che la mia testa ritorni o che qualcuno mi raccatti e mi porti via con sé, anche così come sono, decollato
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.