Basta un nonnulla
- anche il tocco d'una piuma -
a mandarmi in frantumi
come i petali d’una rosa congelati
Sono deboluccio
e tutti pensano che io sia una roccia
che nulla può scalfire
E invece no!
Son fragile,
son vulnerabile,
son cagionevole,
son caduco,
son frangibile
e devo sempre muovermi circospetto
perché posso rompermi
ad ogni piè sospinto
So bene che il mio destino ultimo
sarà quello di finire a terra
come un giocattolo rotto
spaccato in mille pezzi
Abbiate misericordia!
Cercate sempre di essere gentili con me
Toccatemi con cautela
Usate guanti di velluto
e ve ne sarò sempre grato
e forse non andrò in frantumi
Una Barbie abbandonata
cestinata e bidonata,
una bella principessa delle fiabe,
esiliata da un sovrano malvagio Un qualche sadico scherano
le ha mozzato mani e piedi
Del suo fulgore antico conserva
una splendida chioma bionda
e un abito di raso viola
Se ne sta riversa
a faccia in giù Homeless! Hopeless!
L’ho raccolta da terra
e l’ho messa in piedi
accanto alla staccionata di ferro
A stento si reggeva sulle gambe
(capitela, era senza piedi la poverina)
Però almeno sul muretto
poteva starsene tranquilla
ad osservare il mondo Ciao!, le ho detto
Dovrò lasciarti qui
Non vorrei, ma devo
E lei mi ha ringraziato comunque,
mentre una lacrimuccia
scendeva sul suo volto tornito,
sussurrando poi: Non ti scordar di me!
Io l’ho più volte fotografata
e queste foto
sono il mio modo di portarla con me e ricordarla
Mi è venuto in mente un precedente incontro
con una sua consimile
e quella l’avevo salvata,
portandola meco
E di un'altra ancora
- ma non era una Barbie -
di cui rimaneva soltanto la testa
dai bei capelli fluenti
spiccata dal corpo
e con lo sguardo malinconico
Queste Barbie - e bambole -
abbandonate e derelitte
m'intristiscono oltre modo
e mi fanno venire in mente la caducità e l'impermanenza
di tutte le cose
Una testa tagliata a Tarling Street. Correndo ho incontrato una testa tagliata. Giaceva sull'asfalto di Sutton Street, con la faccia rivolta a terra. Era triste e mi ha parlato con gran dolore L'ho
Anche questa vigilia passerà
Anche questo Natale passerà,
come tutte le cose umane
Anche questa volta
arriveremo alla fine di un anno
e saremo pronti
ad iniziare un nuovo ciclo
La ruota delle ore e dei giorni
si metterà in moto,
all'inizio molto lentamente,
con gemiti e scricchiolii
poi più veloce e fluida
Chi vuol esser lieto, sia
Chi vuol esser triste, sia
Ricordiamoci tuttavia
che in molti posti del mondo
c’é gente che muore,
ci sono bimbi che soffrono,
ci sono guerre, distruzioni e malattie,
miseria e fame, se non carestia,
terremoti e disastri naturali,
forse anche - da qualche parte -
un’invasione di cavallette
Non c’è alcun dio salvifico
Non c’è alcuna redenzione
attraverso la sofferenza
Non c'è salvezza
Che l’approssimarsi del nuovo anno
e l’inizio d’un nuovo giro di giostra
sia occasione per una pausa di riflessione,
per un momento di meditazione
e non un passaggio immemore
tra feste, banchetti, bagordi
e grandi bevute e notti brave
Soprattutto cerchiamo di evitare
botti ed esplosioni,
accogliendoli giulivi,
perché tanto - troppo -
ricordano la guerra e le bombe
e il sangue sparso di vittime innocenti
(Erri De Luca) Nello scasso profondo dei nuclei familiari, Natale arriva come un faro sui cocci e fa brillare i frantumi.
Si aggiungono intorno alla tavola apparecchiata sedie vuote da tempo.
Per una volta all’ anno, come per i defunti, si va in visita al cerchio spezzato.
Natale è l’ultima festa che costringe ai conti. Non quelli degli acquisti a strascico, fino a espiare la tredicesima, fino a indebitarsi.
Altri conti e con deficit maggiori si presentano puntuali e insolvibili. I solitari scontano l’esclusione dalle tavole e si danno alla fuga di un viaggio se possono permetterselo, o si danno al più rischioso orgoglio d’infischiarsene.
Ma la celebrazione non dà tregua: vetrine, addobbi, la persecuzione della pubblicità da novembre a febbraio preme a gomitate nelle costole degli sparpagliati.
Natale è atto di accusa. Perfino Capodanno è meno perentorio, con la sua liturgia di accatastati intorno a un orologio con il bicchiere in mano.
Natale incalza a fondo i... disertori.
Ma è giorno di nascita di chi? Del suo contrario, spedito a dire e a lasciare detto, a chi per ascoltarlo si azzittiva.
Dovrebbe essere festa del silenzio, di chi tende l’orecchio e scruta con speranza dentro il buio. Converge non sopra i palazzi e i centri commerciali, ma sopra una baracca, la cometa. Porta la buona notizia che rallegra i modesti e angoscia i re.
La notizia si è fatta largo dentro il corpo di una ragazza di Israele, incinta fuorilegge, partoriente dove non c’è tetto, salvata dal mistero di amore del marito che l’ha difesa, gravida non di lui. Niente di questa festa deve lusingare i benpensanti. Meglio dimenticare le circostanze e tenersi l’occasione commerciale. Non è di buon esempio la sacra famiglia: scandalo il figlio della vergine, presto saranno in fuga, latitanti per le forze dell’ordine di allora. Lì dentro la baracca, che oggi sgombererebbero le ruspe, lontano dalla casa e dai parenti a Nazareth, si annuncia festa per chi non ha un uovo da sbattere in due.
Per chi è finito solo, per il viandante, per la svestita sul viale d’inverno, per chi è stato messo alla porta e licenziato, per chi non ha di che pagarsi il tetto, per i malcapitati è proclamata festa.
Natale con i tuoi: buon per te se ne hai.
Ma non è vero che si celebra l’agio familiare.
Natale è lo sbaraglio di un cucciolo di redentore privo pure di una coperta.
Chi è in affanno, steso in una corsia, dietro un filo spinato, chi è sparigliato, sia stanotte lieto. È di lui, del suo ingombro che si celebra l’avvento. È contro di lui che si alza il ponte levatoio del castello famiglia, che, crollato
all’interno, mostra ancora da fuori le fortificazioni di Natale.
Abbiamo licenza di stare al mondo,
per quanto tempo non si sa
C’è un ufficio in cui tutto si decide
e dal quale vengono rilasciate
periodiche proroghe,
dopo le attente e ponderate valutazioni
che ogni singolo caso merita
Ciò accade sistematicamente
per ognuno dei residenti del Pianeta
Un apposito documento
firmato dai responsabili valutatori
e debitamente vidimato
con bolli e timbri
viene rilasciato e notificato
La proroga autorizza a rimanere
per altri sei mesi:
e così si va avanti
di sei mesi in sei mesi;
e passano gli anni,
a volte una vita intera
A ciascuno degli interessati
viene notificato il provvedimento
ogni sei mesi,
sino a quando qualcuno
decide che il tempo è scaduto
e che bisogna passare
ad altro tipo di percorso
che conduca in un Altrove di cui non si sa
Il momento più delicato è quello
in cui la proroga non verrà più rinnovata:
ed è così che inizia
un conto alla rovescia
per il tempo che resta
Potranno essere giorni soltanto,
o settimane,
talvolta anni
Poi, all’improvviso, in alcuni casi,
con gradualità in altri,
il filo della vita si romperà
oppure si usurerà
sino a spezzarsi
Coloro che muoiono
sono i sanspapier della proroga
I prorogati hanno la certezza
dei prossimi sei mesi
(il loro orizzonte è chiuso, però)
I sanspapier (i non prorogati o, anche, gli sprorogati)
non ne hanno più alcuna
ma, potenzialmente,
hanno davanti a sé un orizzonte illimitato,
anzi sono oltre l’orizzonte, degli O-L-O
Viene semplicemente detto loro
“Esci dal muro della proroga
e vivi per tutto il tempo che potrai”
Alcuni non reggono al peso di ciò
non tollerando l’incertezza
della loro condizione
e vorrebbero rientrare
nella gabbia delle proroghe
Ma ciò non è mai accaduto
Un simile evento
non è stato registrato negli annali della storia
una sola singola volta
Nessuno torna indietro
pròroga s. f. [der. di prorogare]. – 1. L’atto di prorogare; prolungamento della durata di qualche cosa o rinvio del termine precedentemente stabilito per l’esecuzione di una prestazione: chiedere, ottenere, concedere, negare una p.; p. di qualche giorno, di due settimane, di un mese; p. del contratto di locazione; p. degli sfratti; p. dei termini (di consegna, di restituzione, ecc.). Nel linguaggio commerciale e bancario: p. di pagamento, dilazione del termine convenuto concessa al debitore per il soddisfacimento della sua obbligazione; p. d’imbarco, rinvio dell’epoca d’imbarco della merce su una nave, cui ha diritto il venditore qualora l’imbarco sia temporaneamente impossibile all’epoca fissata per cause di forza maggiore;
(etc.)
I've got a suitcase of memories that I almost left behind
Time after time
Time, time, time
But you say to go slow but I fall behind
Time after time after time (after time, oh)
Monopattini e monnezza
Palermo é la città delle due M
Lo dicono anche i più esperti cartografi
Avete notato che i monopattini elettrici
abbandonati in strada
si associano spesso
alla monnezza
a cassonetti straripanti
e a cesti debordanti come maligne cornucopie?
C’è, forse, in questo
una naturale affinità tra le due cose,
in omaggio ad un oscuro pensare delirante?
Oppure, forse, ciò accade
perché la monnezza è endemica,
ovvero ovunque e comunque presente,
assillante,
prepotente,
invadente,
tracimante,
come del resto son diventato endemici
i mono-trabiccoli elettrici
di sicuro altrettanto assillanti e invadenti?
Palermo, è dunque la città delle due M
o forse si potrebbe anche dire
la città delle tre M,
se includiamo anche
le epidemiche merde dei cani,
costantemente presenti,
inquinanti e assillanti
In questo mare magno,
siamo costretti a navigare a vista,
eludendo,
scansando,
saltellando,
per scansare queste tre M
moleste e assillanti
Gabriel all’uscita da scuola era affamato (capita sovente)
Ha chiesto qualcosa da mangiare (capita sovente) e siamo entrati al bar di Piazza Noce (che è anche panificio)
Aveva voglia di qualcosa di dolce e ha scelto un ciambellone gigantesco
Ma, per sovrappiù, ha chiesto se fosse possibile arricchire la ciambella con un’aggiunzione di nutella
Ed è stato accontentato dalla proprietaria che, nel tempo, ha preso a benvolerlo perché Gabriel è gentile e saluta sempre quando entriamo e quando andiamo via
Bene, della ciambella gigante con nutella (un’autentica leccornia, ma pesante!), Gabriel non ha lasciato neanche una briciola
Osservare mio figlio, mentre sbafava, mi ha fatto venire in mente una mia storia di quando ero ragazzino
Forse 15nne, già dotato d’una certa autonomia, mi trovavo a Mondello in un assolato giorno d’estate
Ero andato al mare con i miei amici in autobus per trascorrere un’intera giornata fuori
Avevo con me 150 lire che avrei dovuto usare per il pranzo
E feci questa spertata
Con 100 lire avrei potuto comprare un pezzo (che a me pareva troppo poco)
Puntai la mia attenzione sulle ciambelle che, allora, costavano 50 lire cadauna
Pensai che mangiarne tre potesse essere una buona cosa, per riempirmi per bene la pancia
E così feci
Non posso nascondervi il fatto che mi costò già in po’ di fatica attaccare la terza e mangiarne la prima metà
Dovetti decisamente forzarmi per ingollare l’ultima metà
Mi ritrovai, alla fine di questo pasto monotematico, bello appanzato, forse addirittura stordito e con la mente un po’ appannata, come quando si è reduci da un pesante banchetto
Devo dire che non ho più ripetuto una simile esperienza, ma da quella volta ho capito che potevo digerire anche il FERRO e le PIETRE!
Ecco il sogno di qualche giorno fa (15 dicembre). Ero in un aeroporto affollato e facevo parte di una compagnia numerosa di viaggiatori, uomini e donne, tutti a me sconosciuti.
Eravamo arrivati all'aeroscalo in largo anticipo, tanto che decidevamo di montare le tende, parte della nostra attrezzatura da viaggio assieme ad un'imponente scorta di viveri e vare parafernalia.
Dopo aver piazzato le tende, organizzavamo un bivacco e consumavamo un pasto frugale, utilizzando le nostre scorte.
Al mattino, quando già urgeva il momento di fare il check-in, ci trovavamo davanti al compito di dovere smantellare tutto quanto, cancellando ogni traccia del nostro passaggio e riponendo tutto in zaini e bisacce.
Io mi assumevo questo compito ingrato. Ma non riuscivo mai a concludere perché mancava sempre parte dell'attrezzatura, una volta erano i pioli, una volta i paletti, e i teli non erano mai ripiegati nel modo giusto.
Operativamente parlando, mi ritrovavo paralizzato.
Intanto, quelli che erano andati al check-in tornavano e sollecitavano a far presto.
Notavo che alcune donne della comitiva indossavano leggeri abiti estivi alquanto succinti e che, con le loro abbronzature ramate, erano seducenti.
Ed eravamo dunque in una situazione di stallo.
E' un chiaro sogno sull'angoscia di (a scelta)
a) trovare i gabinetti occupati (sollecitavano a far presto....)
b) aver dimenticato le carte di imbarco
c) avere comprato troppe tende e pochi zaini
d) che i maschi vanno a Capo Nord con piumini e sacchi a pelo mentre le femmine vanno a Mikonos
e) castrazione (nn saprei perché) (ma quella nn ce la facciamo mancare mai)
Molti volti
molte identità
molte storie
ed anche molte non-storie
Nei social
siamo uomini e donne dai molti volti
Scriviamo
Opinioniamo
Raccontiamo la rava e la fava
di tutto
Ci affanniamo
Riteniamo, ciascuno di noi,
di avere un fermo possesso
delle chiavi del Regno
e di essere
tra gli eletti,
tra coloro che hanno compreso
e che comprendono
tra coloro che hanno il potere
della Verità unica e sola
Come ci sono molti volti,
così ci sono molte verità
Litighiamo
Ci accaniamo
Replichiamo con intolleranza alle voci discordi
Cancelliamo, cassiamo, blocchiamo,
in preda all’ira
Preferiamo aggregarci
Il simile con il simile
costituendo tribù di opinionisti
dello stesso segno
conformi
uniformi
omologati
E poi…
e poi
ci si espone
ci si si racconta
in interminabili diari giornalieri
che parlano di tutto e di niente
A volte ci si gloria,
a volte si mente,
a volte si omette,
altre volte ci si confessa candidamente
Siamo alacri ed instancabili
nella quotidiana babele delle lingue
Crediamo di essere social
ma siamo monadi
siamo come monaci e monache
votati al silenzio e alla clausura
e che credono di comunicare
e di essere dialettici
mentre ognuno se sta chiuso
nella propria cella
con annesso giardinetto e orticello,
cinti però da un alto muro,
Impenetrabile allo sguardo
e invalicabile
Siamo un po' degli hikimomori
Viviamo nella grande illusione
di sapere e di conoscere,
ma sono solo ombre
le cose che crediamo
di vedere con chiarezza
I social sono la caverna
in cui abitiamo confinati
dove del mondo esterno
possiamo percepire
solo bagliori indistinti,
ombre e nulla più
Noi stessi siamo solo ombre indefinite agli occhi degli altri
Ed anche al nostro sguardo
Di noi percepiamo spesso solo un simulacro
oppure l'immagine falsata di un selfie
Oppure siamo come astronauti
che vagano nello spazio profondo,
alla deriva,
chiusi all’interno di navicelle monoposto,
in comunicazione apparente
con ground control
e con gli altri navigatori celesti,
sino a quando la distanza
sempre crescente
renderà impossibile qualsiasi contatto
e ci perderemo nel vuoto del vasto universo
Ecco, ho appena finito di scrivere
un’autentica cagata
Ci ho provato, però,
a tirare fuori un pensiero
che mi frullava per la testa
Non so se ci sono riuscito
Ed è stato anche
il mio compito del giorno,
il mio Work-Of-The-Day
Voglio tenermi in esercizio
scrivendo ogni giorno qualche cosa,
una piccola riflessione
o anche un semplice gioco di parole
una libera associazione,
qualcosa ogni giorno,
anche se non voglio
Scrivo una parola o due
e poi le altre cominciano a fluire,
come se fossero legate assieme da un filo,
ma non sono più io a decidere
cosa verrà fuori
E non ho mai idea
di dove andrò a finire
così procedendo,
talvolta arrivando in luoghi imprevedibili
Though I'm past one hundred thousand miles
I'm feeling very still
And I think my spaceship knows which way to go
Tell my wife I love her very much she knows
Ground Control to Major Tom
Your circuit's dead, there's something wrong
Can you hear me, Major Tom?
Can you hear me, Major Tom?
Can you hear me, Major Tom?
Can you?
Sto viaggiando
Devo andare in treno
in una località della Scozia
Sono molto eccitato
per questo viaggio
da lungo tempo organizzato
Vado dunque in stazione ferroviaria
Ho tutte le credenziali di viaggio
Ho tanti diversi biglietti
per coprire diverse tratte in successione
L’ultimo dei biglietti mi consente di arrivare sino ad un luogo
che si chiama Dauno
(almeno, così mi pare di ricordare)
La sequenza delle località da attraversare é quella giusta
Tuttavia mi manca giusto il biglietto
per raggiungere la mia meta finale,
percorrendo l'ultima delle tratte
(e arrivando alla quale
dovrò subito partire
per un giro organizzato all inclusive,
per il quale ho già tutte le credenziali)
Ci sono lunghe discussioni
con gli addetti della biglietteria
per cercare di ricostruire
quale sia questa località
e per poter staccare il biglietto
che mi consenta di viaggiare
sino alla misteriosa meta finale
Anche altri passeggeri sfaccendati
e passanti senza fretta
si uniscono alla discussione
e ognuno vuol dire la sua
Frugo nel mio zaino da viaggio
attrezzatissimo, ma ingombro
all’inverosimile di questo e di quello
tirando fuori alla fine dell'indaginosa ricerca
una dettagliatissima mappa
che, dispiegata, è davvero enorme
(e potrebbe rappresentare il mondo intero)
Tutti la consultano
Ma questa località non salta fuori
Sembra che sia stata rimossa
del tutto
dalla carta geografica
e dal prontuario degli orari delle partenze e arrivi
ma anche dalla mente mia
e di tutti quanti
È una situazione davvero paradossale
So che devo andare in un certo posto
ma non posso fare il biglietto
per coprire l’ultima tratta
perché non ne ricordo il nome
e nessun altro lo sa
anche coloro che dovrebbero saperlo
Si crea così una situazione di stallo
e di enorme confusione
con conversazione collettiva
che non porta a nessuna verità ultima,
perché tutti parlano lingue diverse
come dopo la torre di Babele
In fondo, è così la nostra vita
Non sappiamo quale sia la nostra meta ultima
Non sappiamo come dovremo fare per raggiungerla
E nessun altro ci può dire quale sia
e nemmeno rammentarci il suo nome
La meta ultima è ineffabile
e innominabile
Nessuno sa quale essa sia o dove sia
Non è scritta su nessuna carta
Forse, potremo saperlo
solo arrivandoci
ma sarà sempre posta
al termine d’un ulteriore segmento di viaggio
non pianificabile, forse nemmeno immaginabile
In verità, credo che questa meta finale
senza nome di cui nessuno
sembra avere conoscenza o memoria
sia l’essenza stessa
del Mistero che ci attende a fine corsa
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.