Sono uno scariolante e faccio parte di uno stuolo di altri sterratori che devono trasportare della sabbia da un enorme cumulo ad una spiaggia, dove già sono state erette le cabine stagionali, allo scopo di rimpolpare l’arenile e di renderlo di nuovo sufficientemente largo, visto che le mareggiate invernali lo hanno eroso
Bisogna seguire il proprio turno, seguendo la lunga teoria degli scariolanti
Io sono impaziente: vorrei poter scaricare subito la mia sabbia e tornare a caricare di nuovo
L’operazione è lenta poiché la sabbia di ogni singolo carico deve essere sparsa con attenzione sotto le fondamenta delle cabine di legno
In ogni punto della spiaggia c’è un sorvegliante che supervisiona lo svuotamento di ogni singola carriola
Dopo aver svuotato la mia, faccio trattative con lui, per ottenere di poter scaricare rapidamente il prossimo carico, saltando la coda
Nel carico, oltre alla sabbia, avevo un paio di vecchi zaini pieni di vestiti
Li metto da parte perché il raccoglitore di rifiuti (ed anche spurgatore) li metta nel suo carretto
Prima avevo sognato di spingere mio fratello che era nella sua carrozzina
Dovevamo passare da casa a prender qualcosa
Prima ero lo spingitore, poi mi fermavo, distratto da qualcosa e mio fratello proseguiva da solo nella sua dislocazione
( Maurizio Crispi ) Alla 42^ edizione del 100 km del Passatore (24-25 maggio 2014) hanno partecipato anche gli Scariolanti di Ravenna. Una partecipazione massiccia. Il loro nutrito gruppo ...
(16 marzo 2013) Ier sera (dopo la passeggiata della mattina) ho fatto un sogno
Stavo viaggiando da qualche parte in Inghilterra, con la mia auto.
Ad un certo punto, abbandonavo l'auto in un parcheggio, con tutte le mie cose, valigie e vestiti compresi, e mi avventuravo a fare una gita a bordo d'una barca a motore in un lago
E navigavo a lungo
Poi, alla fine, approdavo: ed era la fine della gita lacustre
L'unico inconveniente era che io fossi approdato in un luogo diverso da quello di partenza
Come fare per riavere la mia auto e tutte le mie cose?
Per qualche motivo che non saprei dire, non potevo muovermi dal punto di arrivo e così incarico qualcuno (che se ne stava lì a ciondolare) di tornare indietro sempre per via d'acqua e riportarmi indietro l'auto
Solo che, quando ormai il battello si era allontanato dalla costa scomparendo alla vista, mi accorgevo che al volenteroso non avevo dato le chiavi dell'auto
La gita di recupero sarebbe andata a vuoto, dunque!
Così pensavo
Non c'era alcun telefono cellulare per comunicare
In più, l'incaricato era solo un illustre sconosciuto che si era offerto di farmi un favore e non sapevo nemmeno come si chiamasse
Il sogno prosegue con molti traccheggi ed arzigogoli.
E ho una sensazione di fatica e di affaccendamento
Più avanti, auto e lago, sembrano essere diventati un capitolo chiuso, come anche il viaggio in cui ero impegnato.
Sono alla guida di un potente escavatore e sto approntando una grande buca dove costruire le fondamenta di un grande palazzo
Ed è qui che il sogno finisce, lasciandomi con uno strascico di riflessioni e associazioni a ruota libera
Curiosità, voglia di cambiamento, disponibilità ad affrontare l'imprevisto e il meraviglioso
La condizione della precarietà dell'essere su di una strada sempre in movimento e senza mai poter mai fare una sosta abbastanza prolungata in uno stesso (e puoi essere sempre in movimento anche mentalmente soltanto, anche se fisicamente sei stanziale in uno stesso luogo)
Il mito di Ulisse, non quello che viene raccontato nell'Odissea, ma quello che parla di sue ulteriori partenze da Itaca sempre sospinto dall'irrequietezza di conoscere: un'erranza che poi conosce, ma solo alla fine, un ritorno, e ciò accade quando Odisseo pianterà nella terrà uno dei remi della sua imbarcazione e gemme e foglie da esso germoglieranno da esso sino a trasformarlo in albero ben radicato
Mi viene da pensare all'essenza metaforica della frase che mi ritrovai a leggere tempo addietro su di una cartolina raffigurante un paesaggio livido con del filo spinato da trincea in primo piano, e ad esso sovrapposta la frase: "Our earthly condition is that of passers-by, of incompleteness moving toward fulfiment and, therefore, of struggle" (frase, la cui fonte è rimasta per me sempre misteriosa e sconosciuta e che, ciò nonostante, mi è rimasta impressa a caratteri di fuoco nella mente, sin da quando ero ventenne)
C'è l'elemento positivo della costruzione
In qualche modo nella nostra vita siamo dei costruttori.
Costruttori di storie.
costruttori di universi e di significati,
costruttori di grandi palazzi di pietra (metaforici e non) dalle fondamenta ben radicate.
Forse il sogno vuole che, ad un certo punto della mia vita, dopo anni di erranza mentale, in un momento "topico", io possa diventare il costruttore di un grande palazzo, con tutte le conseguenze del caso.
Salvo poi, come fece Odisseo che, malgrado il remo trasformatosi in albero, si trovò a ripartire ancora una volta per un ultimo viaggio oltre le Colonne d'Ercole e verso l'irraggiungibile Montagna della Conoscenza
“O frati”, dissi “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”.
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
Mi accingo al mio lavoretto
di cemento e pietre,
dopo aver tagliato un po’ di erba
C’è chi naviga sul Mekong
o sul Congo
alla ricerca di Kurtz
Guardo navi e barche
solcare il mare
Osservo il profilo di isole lontane
e mai più raggiunte
Seguo con lo sguardo
nuvole flottanti
Io faccio questo:
erba, pietra e cemento
Mi accontento
A scartamento ridotto,
alle prese con la frammentazione dell’Io
Maurizio Crispi (9 marzo 2025)
Sono a casa (almeno) o, meglio, nel mio condominio
In effetti, sono tecnicamente fuori casa, perché sono rimasto chiuso fuori dalla porta e le chiavi sono rimaste dentro
Quindi, mi si pone il problema di rientrare
Salgo al piano di sopra e mi ritrovo a parlare con il condomino che abita nell’appartamento corrispondente al mio
L’idea è quella di calarmi dall’alto dal suo balcone al mio ed entrare così dalla finestra, come farebbe un ladro acrobatico o un Babbo natale delle moderne rappresentazioni popolari (a Natale di vedono tanti babbo Natale che si inerpicano - o ne discendono - lunghe perigliose scalette da equilibrista)
La narrazione del sogno è complicata e ripetitiva e ci sono diversi intermezzi
In una il proprietario del terzo piano, mi dice che ha dovuto cambiare una pavimentazione messa a ricoprire quello originale, perché si tratta di un materiale poco funzionale che malamente aderisce alla pavimentazione sottostante e che dunque scivola con facilità marmo: a causa di ciò è caduto già diverse volte
Ma di quest'aspetto non me ne può fregare di meno
Ma veniamo al momento clou della situazione
Andiamo fuori al balcone, ad ispezionare
C’è una sorta di argano a cui è sospesa una scaletta di ferro (del tipo di quelle usate dagli operai che lavorano su impalcature per passare da un ripiano ad un altro) e a questa ne è stata attaccata un’altra, tipo una scala di casa ordinaria, con delle corde
Per compiere quest’impresa dovrò prima sospendermi nel vuoto, poi scendere i gradini della prima scaletta di ferro, da quel che capisco molto oscillante, per poi passare all’altra scala che vi è legata: un passaggio questo che mi sembra molto temerario, anche perché i legacci che tengono la seconda scala avvinta alla prima mi sembrano alquanto precari ed instabili
Sono molto perplesso ed esitante
Non so se avrò il coraggio di compiere le imprese
Arriva una tizia anziana, esce sul balcone e scende utilizzando questo apparato di emergenza come se questa fosse la sua modalità ordinaria di uscita dall’appartamento
Sono stupito e meravigliato dall’intraprendenza della signora che per di più è molto anziana
Ma come fa?, mi chiedo, E poi con tanta disinvoltura!
Ma il vederla in azione non mi dispone a tentare a mia volta, anzi mi induce ad avere ancora più paura, perché l’ho vista mentre scendeva utilizzando quel dispositivo che oscillava libero nel vuoto ed era stata assolutamente temeraria per quello che potevo vedere, incurante di quello che sarebbe potuto succedere
Poi mi chiedevo, facendo un salto logico, "Ma se io scendo e mi ritrovo sul balcone di sotto e il proprietario dell’appartamento non c’è, come farò a entrarvi e come farò a uscirne?", Ignorando il semplice fatto che ero io il proprietario dell’appartamento di sotto!
Illogicità dei sogni!
Non mi decido
Prendo tempo
Temporeggio
Poi dico al vicino del piano di sopra, "Farò il tentativo solo quando Ale, che è il mio angelo custode, sarà arrivata per assistermi
Solo se lei mi guarda e mi segue col suo sguardo, passo dopo passo, sentirò di essere al sicuro e troverò la confidenza necessaria per affrontare questa prova senza tremiti di paura
Ho fatto dei sogni faticosi questa notte, faticosi nel senso che facevo delle cose faticose, dei lavori ripetitivi che mi lasciavano alla fine con il corpo tutto dolente e i muscoli contratti e carichi di acido lattico
Di queste scorribande oniriche ricordo due dettagli soltanto
In uno ero intento a potare una vite che era del tutto anomala
Era cresciuta a dismisura, formando un tralcio gigante lungo centinaia di metri
Tagliavo via tutte le diramazioni, lasciando intatto il tronco principale, in tutta la sua spropositata lunghezza
Poi, finito questo lavoro, mi accorgevo che dai nodi rimasti venivano fuori delle gemme dotate d'una crescita straordinaria e che, difatti, si sviluppavano a vista d’occhio come se fossero dotate di una forza propulsiva anomala, ma potente ed inarrestabile che mi faceva pensare ad un romanzo horror letto anni addietro, dal titolo Rovine, i cui protagonisti si confrontano con una pianta tentacolare e assassina che, a metà tra un'edera e una liana, infesta un sito archeologico dello Yucatan)
Mi accorgevo che questi nuovi germogli davano origine a tralci di zucca e allora li tagliavo via, uno alla volta
Quando avevo finito, mi accorgevo che dai primi tagli altri tralci - sempre di zucca - avevano ripreso a venire fuori e quindi ricominciavo ad estirparli con rinnovato vigore
In un altro momento, mi muovevo appollaiato su di un enorme macchinario, ronzante e traballante, delle dimensioni di una mietitrebbia
Andavo avanti lungo una trazzera di campagna, solo che il percorso non era libero del tutto
C’era un contadino che lavorava lungo lo stessa strada con una carriola piena dei suoi attrezzi, intento alla "arrimonatura" degli alberi che erano disposti ad intervalli regolari
Ma questa sua carriola, malgrado i miei richiami non la spostava di un centimetro
Sicché il mio macchinario semovente ci sbatteva con grande clangore e poi la sospingeva in avanti, sbatacchiandola, qua e là
Il contadino gridava qualche protesta, prendeva la sua carriola e la spostava più avanti, mettendola in un punto in cui era sempre d’ingombro al mio poter passare liberamente, sicché la stessa scena continuava a ripetersi
Alla fine la carriola, urtata e sbattuta (anche mai schiacciata) era piuttosto malconcia
C’era in questa scena una contrapposizione, un braccio di ferro,
senza apparente soluzione: qui io, appollaiato sulla mia mietitrebbia scoppiettante ero il più forte, almeno in apparenza
Dissolvenza
Sogni faticosi questa notte
é stato tutto un sognare,
di cui non ricordo una mazza
Erano sogni in cui lavoravo,
vedevo pazienti,
mi occupavo di loro,
facevo e dicevo cose
che si ripetevano sempre eguali,
o con piccole variazioni
Una vocina interna mi diceva:
Svegliati! Svegliati!
Così potrai cogliere l’attimo
e guardare da sveglio il tuo sogno,
mentre la finestrella
sulla mente che l’ha sognato
è ancora aperta
Ed invece ho continuato a dormire
in letargo
bloccato in una sorta di catalessi
(torna a casa, Lassie)
che non mi consentiva
movimento alcuno
e che mi privava della volontà
Ad maiora!
La prossima volta forse
potrò cogliere qualche frutto
dal giardino segreto
della mia personale onirolandia
Ho sognato,
ho sognato
ma niente ricordo
Eppure nel dormiveglia,
mi dicevo,
questo me lo devo annotare,
questo debbo scriverlo
Ma intanto continuavo
a dormire poderosamente
e così il sogno mi sfuggiva,
scivolava all’indietro,
risprofondando nel mare nero dell’oblio
Alla fine, mi tiravo su,
sveglio, ma senza ricordo
La prossima notte
porró un dispositivo acchiappasogni
a pencolare sopra la mia testa dormiente
e, così, i sogni catturati
dopo averli districati dalla rete magica
in cui sono rimasti impigliati
potrò visualizzarli
in diretta sullo schermo del PC,
tradotti in vivide immagini
Ho sognato che ero invitato ad un convegno che si svolgeva in un antico palazzo, forse un monastero di antichissima costruzione
C’erano molti che conoscevo tra gli uditori, ma anche tra i relatori
Mi aggiravo tra corridoi ed ampie stanze con il tetto a volta affrescato cercando il salone delle conferenze, ma senza mai trovarlo
Attraversavo poi un ambiente piuttosto ampio pieno di dispositivi tecnologici con un'enorme varietà di macchine ronzanti e lampeggianti, grandi schermi, monitor, tastiere): pensavo che potesse essere una stanza di regia tecnologica o forse anche una centrale operativa di uno Stato maggiore o di un istituto di sorveglianza
Qualcuno mi diceva che dovevo togliermi di lì poiché interferivo con la proiezione delle slide
Ubbidiente, mi abbassavo e cominciavo a camminare carponi, quatto quatto
Poi andavo a casa, con l’idea di mangiare un boccone per poi tornare al convegno dove, secondo il programma avrei dovuto tenere una relazione, il cui orario era fissato per le 13.30
Nella cucina di una casa (che non era la mia, ma era come se lo fosse) trovavo mio figlio Gabriel
Tiravo fuori dalla dispensa una serie di barattoli di vetro contenenti delle conserve sott’olio
Cose diverse che non saprei più descrivere bene, né nominare
Aprivo i diversi contenitori, servivo me e Gabriel del loro contenuto e mangiavo con gusto, spiluccando qua e là
Ricordo che c’erano delle verdurine colte in campagna (e si trattava, forse, di asparagi)
Mentre mangiavo, arrivava la mamma, come era da giovane, vestita con uno splendido abito rosso e un cappellino elegante con la veletta e mi diceva che stava uscendo per andare a quello stesso convegno, dove era stata chiamata a far parte della giuria
“La giuria di cosa?”, mi chiedevo
La mamma intanto se ne andava
Ed io, guardandola, mentre con movenze armoniose, apriva la porta e usciva, mi ritrovavo a pensare che era una donna davvero molto bella
Riprendevamo il nostro pasto
Come piatto forte, veniva il turno di un serpentello intero tutto avvolto nelle sue spire
Lo tiravo fuori dall’olio aromatizzato e lo mettevo su di un piatto
Gabriel mi guardava affascinato, il suo sguardo si muoveva di continuo dal serpentello impiattato a me, e viceversa
Tagliavo il serpentello in pezzi che dividevo equamente tra me e Gabriel
In realtà, guardandolo meglio, mi rendevo conto che era un essere a metà tra un rettile e un gruffaló
Del gruffaló riconoscevo alcuni dettagli inconfondibili
“Il Gruffalò ha terribili zanne, artigli affilati e terribili denti di bava bagnati;
è bitorzoluto, ha ginocchia nodose e terribili unghione.
I suoi occhi sono arancioni e spaventosi e ha la lingua molliccia.
Come potrebbe non far paura il temibile Gruffalò?”
Guardavo l’orologio e vedevo che erano già le 12,45
Pensavo che l’ora si fosse fatta ormai tarda e che rischiavo di non arrivare in tempo per la mia relazione
Non avevo più margine per potermela prender comoda; in verità, entravo un po' in ansia
Quando hai una relazione da tenere devi arrivare sempre con un certo anticipo, per ambientarti e metterti a tuo agio, così mi hanno insegnato
Sono anche in apprensione perché sapevo che la mamma avrebbe fatto parte della giuria che dovrà giudicare il mio intervento
Ripongo il serpentello-gruffaló nel suo barattolo di vetro
Riposiziono ordinatamente tutti i barattoli di vetro nella dispensa
Saluto Gabriel con un bacio in piena fronte e vado via
Dio me la mandi buona!
E qui vado in dissolvenza
Poi ho sognato tanto altro, ma non ricordo più, solo che ero indaffaratissimo e busy
Sono in viaggio in torpedone, in veste di accompagnatore di una squadra di atleti italiani attraverso gli Stati Uniti
Ci ritroviamo ad attraversare paesaggi d'una sconvolgente bellezza
Ad un certo punto, si ha una sosta in una base militare enorme, pena all'inverosimile di soldati, di autoveicoli e di attrezzature. tutto in un indaffaramento brulicante
Un vecchio sottufficiale ci accoglie e ci fa da guida all'interno del l'impianto
Io faccio da interprete con il resto della ciurma che non sa parlare in inglese
Ogni tanto c'è da pagare qualcosa ed io pago (come Totò) quel sottufficiale che è addetto alla cassa (nel ruolo di ufficiale pagatore), utilizzando le banconote del posto di cui lo stesso anziano sottufficiale mi ha dato una scorta, banconote multicolori e di tagli diversi, ma sembrano quelle di Monopoli oppure come quelle di carta moneta transitoria emessa in tempi di guerra
Ogni volta, il resto che rimane da ogni singolo pagamento, lo do a lui come se fosse una specie di piccola mancia o un obolo
Vi è in ciò la reiterazione d'una comica interazione che si ripete di continuo
Alla fine, gli restituisco tutti i soldi che mi ha dato, dicendogli: "Non ha senso fare così! E' una procedura troppo complicata. Se ci sarà da affrontare qualche altra spesa, farò un prelievo al Bancomat".
E meno male che ci abbiamo pensato…
Dicevo che il paesaggio evocava in me qualcosa di familiare
E' vero!
L'installazione militare sembra un analogo sito italiano, antico, d'anteguerra, non uno in particolare, ma uno dei tanti
Stesso tipo di costruzioni, stessa disposizione, con la fureria, l'ufficio del comandante, il magazzino e la mensa, l'edificio delle docce, le camerate e la piazza d'armi per le esercitazioni e, in più in l'à, l'autoparco, con gli automezzi color verde scuro
Mi ricorda in tutto e per tutto uno dei numerosi luoghi in rovina visitati con mio padre, che aveva una passione per i ruderi (se erano stati adibiti a uso militare, ancora meglio) e che ogni volta che ne adocchiava uno mi portava con sé ad esplorarlo
Una volta, zampettando nell'erba alta che ostruiva quasi per intero una vecchia casamatta merlata (la "Casamatta di Bellolampo", che si trova lungo la strada che conduce da Palermo a Montelepre, passando da Bellolampo, proprio in corrispondenza del bivio per Torretta), mi ritrovai le gambe nude (i miei erano fanatici - come del resto si usava allora - del calzoncino corto sino a età adolescenziale, ma - d'altra parte - così si usava a quel tempo), completamente ricoperte da un tappeto brulicante di orrende formiche nere (e c'era ad accrescere il carico anche qualche ragnetto) e, se non ci fosse stata la mamma, non so cosa mi sarebbe accaduto. Forse, quelle formiche così numerose e agguerrite mi avrebbero mangiato senza nemmeno chiedermi il permesso.
C'era una specifica divisione di ruoli tra i miei genitori, come si vede da questo piccolo episodio: mio padre era l'esploratore, mentre la mamma rappresentava la stabilità e la sicurezza delle retrovie
E, quindi, cercando di sviscerare questa assonanza, indugio a parlare a lungo con il sottufficiale, dicendo delle similitudini che mi pare di riconoscere in questo impianto e di ciò che già conosco
La differenza è che, dappertutto, ci sono delle modernissime ed inquietanti attrezzature da guerra
L'insediamento si trova a piedi di un monte brullo che ascende rapidamente verso l'alto, il pendio totalmente brullo e roccioso
Di fronte alla base, si apre il mare sconfinato d'un azzurro profondo. Ma anche lì ci sono due macchinari di proporzioni titaniche. Sembrerebbero due enormi escavatori, talmente grandi da far sembrare il mare antistante profondo appena pochi centimetri, mentre la sua profondità, anche vicino a riva, è ragguardevole
I due escavatori sono impegnati in una lotta aspra e senza tregua, avventandosi l'uno contro l'altro e mettendo in azione diversi dispositivi mobili per sconfiggere l'avversario o per fiaccarne la resistenza.
E di continuo si ode, poco attutito dalla distanza, un clangore di lamiere
Una vera lotta tra titani tecnologici
Mi pare di ritrovarmi, seduto in prima fila, a guardare un fantastico film con l'incredibile Hulk in azione.
E questo comunico al sottufficiale di collegamento che mi guarda stranito e perplesso.
Mi trovavo in un avamposto di soldati americani armati di tutto punto (a dir poco, sino ai denti), proprio come li vediamo nei film di guerra post-moderni, ed erano dunque dotati degli armamenti più letali ed efficienti, dei dispositivi più avanzati e di capi di abbigliamento tecnici e all'avanguardia
Era un presidio di tre soldati che avevano il compito di sorvegliare l’abitazione di un ufficiale di vertice o di un alto dignitario
Io ero lì con loro, non so esattamente a che titolo, se come osservatore interessato e certificato, come giornalista o come fotografo
Certo è che con la mia camera dotata d'un potente teleobiettivo, a cui alternavo un grandangolo ad alta risoluzione, documentavo fotograficamente tutte le loro attività, scendendo anche nel dettaglio e utilizzando delle inquadratura che mi consentisse di fare risultare singoli dettagli delle loro attrezzature o anche i loro volti
Ero anche meravigliato nel vedere come essi fossero organizzati per la distribuzione autogestita del cibo al momento dei pasti
Questo dettaglio me lo ricordo con nitida chiarezza, nella sua dinamicità ed ingegnosità: erano dotati di uno speciale carrello portavivande che, a turno, uno dei tre spostava davanti agli altri due, in modo tale che ciascuno di loro potesse mangiare senza muoversi dalla sua postazione e mantenendo il cipiglio guerresco
Quando due avevano consumato il loro pasto, quello di loro che aveva mosso il carrello, poteva tornare alla sua postazione trascinandosi appresso il carrello, per consumare il suo pasto
Al momento del rancio successivo, il turno cambiava
Il carrello dotato di vassoi portavivande, arrivava semplicemente alla postazione
Non vi erano in vista né cuochi, né cucinieri
Ero davvero meravigliato di tanto ingegno!
Per quanto riguarda i soldati, due erano uomini, mentre il terzo era una donna
Inquadravo più frequentemente la soldatessa che mi sembrava più malleabile e duttile degli altri due che, invece, si presentavano con iconiche facce di pietra e mascelloni squadrati nella migliore tradizione guerresca statunitense
Per tutto il tempo ero là con loro e partecipavo della loro vita
Una vita fatte di guardie e di appostamenti e di sorveglianza in cui in verità non accadeva nulla di eccitante
La parte più stimolante scaturiva dalle mie attività fotografiche
Nel frattempo succedeva qualcosa d’altro in un mondo sotterraneo alla Jules Verne o anche degno di Athanasius Kircher o anche in uno scenario della distopica Terra cava
In questo mondo ipogeo era penetrato mio fratello redivivo
In qualche modo, benché io non mi spostassi da quel luogo, sapevo cosa stesse accadendo a lui ed anche questi accadimenti erano meravigliosi, ben più di quelli che stavo vivendo io, in superficie, nella postazione sorvegliata dai soldati
Infatti, nel mondo sotterraneo mio fratello si trovava a vivere avventure mirabolanti e, in particolare, riuscivo a vederlo mentre veniva indotto da un mago che abitava nel mondo ipogeo a cavalcare un essere gigantesco dotato di grandi ali e non molto simile ad un drago (come ce lo rappresentiamo nella fantasia o come lo abbiamo visto nella rappresentazione cinematografica dello Hobbit e dunque simile al temibile Smaug)
Saliva sul drago che prendeva il volo e si librava alto all’interno di un sistema di vaste caverne
Io seguivo il suo volo come se mio fratello avesse applicato sulla sua fronte o sul petto una videocamera moderna come quelle che tengono i poliziotti americani contemporanei durante le loro azioni (tipo un dispositivo GoPro) e, quindi, potevo seguire minuto per minuto tutti i dettagli del suo volo e della sua avventura come fossi con lui
Ricevevo le sue immagini per mezzo di un dispositivo tecnologico applicato al mio cervello con una tecnologia bio-organica e potevo vedere nitidamente ciò che accadeva in un angolo del mio campo visivo
Era come vivere contemporaneamente in due mondi diversi
Succedeva anche (ma questo non potevo vederlo direttamente e lo capivo dalle parole pronunciate da mio fratello che mi giungevano analogamente attraverso lo stesso dispositivo, e che facevano da commento e colonna sonora delle immagini) che egli durante il volo subiva una trasformazione somatica e che diventava grande e grosso come un supereroe della Marvel o di DSM Comics
Diventava immenso, come Hulk, ma non verdognolo come lui
Mio fratello ad un certo punto, veniva fuori dal mondo sotterraneo e lo vedevo arrivare, camminando quietamente sino alla postazione militare, dove mi trovavo
Lui che in vita non aveva mai potuto muovere un passo autonomamente
Quando quando è a poca distanza, mi rivolgeva la parola e mi diceva: “Hai visto come ero diventato grande e grosso?“
E rideva, con la sua risata sorniona
Una cosa davvero incredibile, faccio io
E così, con questa grande risata, andiamo in dissolvenza
Il fotografo fotografato... Dopo tutte le foto che ho scattato merito l'ebbrezza di indossare - anche solo per un istante - il "cappellaccio" del Passator cortese che spetta di diritto al primo uomo e alla prima donna giunti al traguardo di Piazza del Popolo a Faenza... L'ho indossato con molta timidezza e soggezione, perchè poterlo calzare è espressione di un grande riconoscimento... Un trofeo così lo si può solo vincere: acquistato non avrebbe alcun valore... se non quello collezionistico, ma questo è un altro discorso... E, ovviamente un caloroso grazie al fotografao.. (foto Michelacci)
Mi organizzavo per uscire in canoa, dopo molto tempo
Veniva a trovarmi anche un amico, portando due canoe, una per sé e una più piccola per la figlia
Facevamo la nostra uscita di voga gagliarda ed esplorativa e poi tornavamo
Veniva il momento di riporre le canoe ed io aiutavo il mio amico a tirarle fuori dall’acqua e a trasportarle
Le sue canoe, in verità, erano leggere come piume ed erano piccolissime: si potevano maneggiare con un dito
Gli dicevo che le avremmo messe nel mio studio, in modo da evitare a lui la fatica di caricarsele sulla macchina e di portarle via, per poi riportarle sin da me la prossima volta
Le posavamo ben allineate sul pavimento della mia stanza, attenti a non bagnare nulla, poiché erano ancora stillanti acqua
Raccomandavo tuttavia il mio amico che questa non doveva essere una soluzione permanente e che al più presto avrebbe dovuto trovare una soluzione alternativa
Non volevo avere il mio studio, ingombro delle sue canoe per l’eternità
Lui mi ringraziava e andava via con sua figlia
La cosa curiosa di questo sogno (che non ho detto prima) era il fatto che l’allenamento con le canoe si svolgeva dentro l’appartamento e che, quindi, dentro casa mia vi era anche il mare, cosa che - a ben pensare - sarebbe in sé meravigliosa
Immaginatevi come potrebbe essere avere il mare dentro!
Questo scrissi il 26 febbraio 2016, coniugando un'annotazione diaristica con la trascrizione di un sogno in cui come elemento clou, compare un appartamento segreto, ricorrente nelle mie occorrenze oniriche di quel periodo
Che strana sensazione avvertivo: mi sembrava di essere monco di qualcosa
Cos'era?
Non so
Ma, in fondo, nulla di cui preoccuparsi: Frida ha pernottato da mio figlio Francesco e sarà ospite da lui nel fine settimana (per suo espresso desiderio)
Dunque, senza la cagnolina al mio fianco, mi sono sentito un po’ più solo e un po’ più vulnerabile
Ho camminato, facendo ginnastica in cammino: e poi, esercizi itineranti di squatting, di allunghi e piegamenti sulle braccia Dulcis in fundo, ho fatto quattro periodi di corsa da 1’15 secondi, con 45” di camminata veloce: le mie corsette da pensionato sul viale del tramonto che tuttavia mi hanno procurato una dolce e benefica sudorazione profusa
Al passaggio dal fiorista all’angolo con Viale delle Magnolie ho salutato come sempre il fiorista ghanese che qui fa il turno di notte e che è sempre felice di essere salutato
Mentre prima avevo incrociato la solita podista scontrosa e passapititto, faccia di bronzo e scura nei suoi occhiali da sole che non dismette mai (anche quando fa buio fondo, prima del sorgere del sole), che non saluta mai, nemmeno in contraccambio: infatti, se prima la salutavo, fedele alla mia linea, ora ho smesso
Un saluto non si dovrebbe mai negare a nessuno
Il giorno evolve pigro, i rumori da fuori giungono ovattati.
La città oggi non osa svegliarsi, parrebbe.
La memoria dei morti mi perseguita
Poi, nel corso della giornata, forse nel corso di un pisolino pomeridiano, ho fatto questo sogno
Ho sognato di un appartamento misterioso di cui, casualmente, nel sogno scoprivo l’esistenza. Immenso, quasi un intero palazzo, stanze vuote e vaste come piazze d’armi
Per accedere ho dovuto superare una porta blindata, digitando un codice per mezzo di un tastierino numerico. E il codice numerico era lo stesso che adopero per alcuni dispositivi come il mio I-phone
Mi ci aggiravo dentro con curiosità e meraviglia, sperimentando una sensazione di déjà vécu
Ero certo di esserci già stato in passato e di avere considerato questo grande appartamento come un mio rifugio sicuro
Dopo avere indugiato a lungo passando da una stanza all’altra (tutti gli ambienti erano vuoti e polverosi, come se da tempo fossero stati inutilizzati) arrivavo ad un’altra porta e qui per uscire dovevo di nuovo digitare un codice numerico: e, di nuovo, ha funzionato il mio codice segreto
All’esterno la porta blindata era completata da una seconda porta a soffietto che, però, appariva tutta scassata e percorsa da lunghe spaccature longitudinali. Dovrò chiamare il falegname, ho pensato.
Sembrava che questa porta si affacciasse su di un centro di accoglienza per migranti: all’esterno, infatti, bighellonavano molti africani dalla pelle color ebano, mentre altri erano seduti a lunghi tavoli dentro un grande capannone, attrezzato come un grande refettorio
Pensavo che quella porta dovesse essere riparata sollecitamente, poiché altrimenti i rifugiati avrebbero trovato un modo per entrare nell'appartamento segreto e lo avrebbero occupato abusivamente
Poi, più tardi - sempre nel sogno -, cercavo di raccontare questa mia esperienza ad un interlocutore sconosciuto, anzi senza un volto (poichè la sua faccia era in ombra ed era impossibile scorgerne i tratti)
Tra me e lui c’era una fila di grosse formiche di passaggio ed io, ogni volta, che il mio interlocutore - con la mimica e la gestualità - mostrava di non comprendermi gli lanciavo addosso le grosse formiche amazzoniche con il dito, come si fa quando si colpisce la piccola pallina (di plastica o vetro, utilizzata nel gioco delle biglie).
Il metodo classico per tirare la biglia è quello di appoggiare la biglia per terra e la si lancia verso il bersaglio colpendola con l'unghia del dito medio o dell'indice, che scatta dopo avergli premuto contro il polpastrello del pollice. Questa operazione si svolge tenendo la mano appoggiata a terra o rasente ad essa.
Mi capita sovente di sognare di un appartamento segreto. Un posto che sembra essere quasi un rifugio, al quale soltanto io ho l'accesso. Si trova ubicato in un grande palazzo, nell'intercapedine tra
Stranamente, mi ritrovo a partecipare ad un torneo di scherma (se di fioretto, spada o sciabola non so) che però si svolge all’interno di un campo di atletica
Era di lunedì; ed io ero andato allo stadio di atletica, così per allenarmi, ma ero venuto a scoprire che avvenivano le selezioni per il torneo di scherma in senso stretto che si sarebbe svolto nei due giorni successivi di mercoledì e venerdì
Non ero preparato dunque (mai schermato in vita mia, se non per gioco), però facevo del mio meglio
Alla fine, raccoglievo tutte le mie cose che infilavo in una sacca molto pesante con la tracolla, salivo in auto e me ne andavo
Si trattava della mia vecchia auto, indubbiamente, la mitica Toyota RV4 che ormai ha superato i vent’anni di età, un po' decrepita, come una vecchia signora, però ancora funzionante
A bordo con me c’era la mia vecchia amica M****
Conversavamo piacevolmente come due persone che si sono ritrovate dopo un lungo periodo di tempo
Ero salito in auto distrattamente e, senza troppo pensarci, mi ero seduto al posto passeggero
La mia amica, invece, s'era accomodata al posto di guida, ma la cosa curiosa era che nell'abitacolo dell'auto non vi fossero comandi niente volante, niente pedali, niente di niente
Rimanevo basito, ovviamente , perché all’inizio avevo pensato che fosse la mia amica a guidare l’auto e che io le avessi lasciato prendere il posto di guida, tanto ero infervorato nella conversazione, quando in realtà era l’auto che si guidava da sola: un'autentica meraviglia della tecnologia dalla quale comunque al giorno d’oggi non siamo più molto lontani!
Ma comunque, la cosa stupefacente era che conversavamo del più del meno come se fossimo seduti in salotto di casa, mentre l'auto andava (come guidata da mani e da una volontà invisibile, capace di intuire i miei desideri e le mie istruzioni)
Saremmo dovuti uscire dal parco dentro cui mi ero infilato con l’auto al momento di arrivare per la gara di scherma, ma tutto era complicato dal fatto che vi fossero centinaia e centinaia di persone molte delle quali impegnate in gare podistiche che si svolgevano in modo multicentrico, con la consueta animazione da baraccone propria di questa tipologia di gare, con corridori “amatori” che cercavano di prevalere l’uno sull’altro con la bava alla bocca, maglie colorate, canotte, numeri di pettorale personalizzati e rutilanti, archi gonfiabili e tutto il consueto armamentario, imbonitori con altoparlante, cronisti, urlatori solitari
E i vincitori si davano a manifestazioni di pazza gioia, esibendosi in quelle scivolate di ginocchio che fanno i calciatori sul prato liscio e rasato di fresco, ma con raccapriccio mi accorgevo che si davano a queste prodezze sul terreno ghiaioso e, quindi, mi ritrovavo ad immaginare quale potesse essere lo stato delle loro ginocchia dopo una simile esuberante esibizione
Ovviamente in questo carrozzone delle gare podistiche, vedevo molti volti hanno conosciuti del tempo in cui correvo
Sembravano tutti, a dir poco, degli esaltati
Con molta fatica, nella mia auto senza guidatore, che correva come un cocchio trainato da invisibili destrieri, trovavamo la via di uscita passando al di sotto d'un arco antico
Prima eravamo passati da una serie di spazi in cui il Real Parco della Favorita era totalmente stravolto, poiché dovunque erano stati collocati delle aree attrezzate per il gioco (o il passatempo) di bambini e adolescenti, con grandi strutture policrome, tutta roba di plastica e legno, che simulavano castelli e galeoni, con alberature e pennoni su cui inerpicarsi e corde pendenti come liane, da utilizzare anche come palestra o per azioni di parkour
Ero stupefatto di questa trasformazione che aveva subito il Parco, con una significativa erosione dei terreni dedicati alle coltivazioni, oppure lasciati alla crescita boschiva libera e selvaggia
Eppure ero contento
L’atmosfera era libera e ariosa
C’erano nell’aria promesse di cambiamento e di festa
Io, come al solito, ero lì ad osservare
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.