Sono dei luoghi di transito, dove tutto è costantemente in movimento.
Momenti convulsi in cui si creano flussi monodirezionali di grandi masse si alternano ad intervalli di stasi e relativa quiete.
Chi si ferma, uscendo fuori dai vettori del movimento lineare rappresenta l'anomalia, in quanto - anche se per pochi istanti soltanto - trasforma il non-luogo in luogo, in un piccolo angolo confortevole dove vengono fissati alcuni ancoraggi.
E' come se in una stazione dominassero su tutto i vettori del tempo lineare.
Se questi si inceppano gli utenti si sentono perduti quasi fossero costretti in una deriva che viene sentita come inquietante (destrutturante): da qui le manifestazioni di intolleranza ed impazienza che, in alcuni casi , sconfinano nell'ansia e nel panico.
La virtù, quando i vettori del tempo lineare si bloccano, è quella di saper stare, accettando l'arrotolarsi del tempo lineare in una dimensione sospesa, nella quale tutto può accadere e nel cui contesto qualsiasi cosa si faccia può prendere il sapore magico di ciò che non è previsto o pianificato.
Ed è allora che bisognerebbe saper apprezzare alcuni elementi, quali: il sedersi su di una panchina, il fermarsi in un bar per sorbire un caffè, il leggere da un libro, osservare ciò che accade tutt'intorno a te, il soffermarsi a cogliere suoni, colori, odori.
Allora, se si riesce ad entrare in sintonia con il tempo fermo, si potrà sperimentare il privilegio di stare fermi, mentre tutti quelli che si muovono attorno a te sembrano trasportati da un tapis roulant o immessi in un'enorme centrifuga che produce frullati di corpi e di vite amalgamate, spogliate di qualsiasi individualità.
Al movimento convulso di grandi masse di persone, ciascuna immessa in una sua traiettoria, fanno da contraltare l'immobilità e il silenzio, che per esempio si possono riscontrare in orari marginali, quando le banchine si fanno deserte. le luci si affievoliscono e soltanto pochi e sparuti passeggeri vi indugiano in attesa, non si sa di cosa oppure semplicemente stanno, come se avessero dimenticato quale sia la loro meta.
"… è la mia peculiare malinconia
composta da elementi diversi, quintessenza
di varie sostanze, e più precisamente di...
tante differenti esperienze di viaggi
durante i quali quel perpetuo ruminare mi
ha sprofondato in una capricciosissima
tristezza.
Non è una melanconia compatta e opaca, dunque, ma un velo di particelle minutissime d’umori e sensazioni, un pulviscolo d’atomi come tutto ciò che costituisce l’ultima sostanza della molteplicità delle cose.”
(16 marzo 2013) Ier sera (dopo la passeggiata della mattina) ho fatto un sogno
Stavo viaggiando da qualche parte in Inghilterra, con la mia auto.
Ad un certo punto, abbandonavo l'auto in un parcheggio, con tutte le mie cose, valigie e vestiti compresi, e mi avventuravo a fare una gita a bordo d'una barca a motore in un lago
E navigavo a lungo
Poi, alla fine, approdavo: ed era la fine della gita lacustre
L'unico inconveniente era che io fossi approdato in un luogo diverso da quello di partenza
Come fare per riavere la mia auto e tutte le mie cose?
Per qualche motivo che non saprei dire, non potevo muovermi dal punto di arrivo e così incarico qualcuno (che se ne stava lì a ciondolare) di tornare indietro sempre per via d'acqua e riportarmi indietro l'auto
Solo che, quando ormai il battello si era allontanato dalla costa scomparendo alla vista, mi accorgevo che al volenteroso non avevo dato le chiavi dell'auto
La gita di recupero sarebbe andata a vuoto, dunque!
Così pensavo
Non c'era alcun telefono cellulare per comunicare
In più, l'incaricato era solo un illustre sconosciuto che si era offerto di farmi un favore e non sapevo nemmeno come si chiamasse
Il sogno prosegue con molti traccheggi ed arzigogoli.
E ho una sensazione di fatica e di affaccendamento
Più avanti, auto e lago, sembrano essere diventati un capitolo chiuso, come anche il viaggio in cui ero impegnato.
Sono alla guida di un potente escavatore e sto approntando una grande buca dove costruire le fondamenta di un grande palazzo
Ed è qui che il sogno finisce, lasciandomi con uno strascico di riflessioni e associazioni a ruota libera
Curiosità, voglia di cambiamento, disponibilità ad affrontare l'imprevisto e il meraviglioso
La condizione della precarietà dell'essere su di una strada sempre in movimento e senza mai poter mai fare una sosta abbastanza prolungata in uno stesso (e puoi essere sempre in movimento anche mentalmente soltanto, anche se fisicamente sei stanziale in uno stesso luogo)
Il mito di Ulisse, non quello che viene raccontato nell'Odissea, ma quello che parla di sue ulteriori partenze da Itaca sempre sospinto dall'irrequietezza di conoscere: un'erranza che poi conosce, ma solo alla fine, un ritorno, e ciò accade quando Odisseo pianterà nella terrà uno dei remi della sua imbarcazione e gemme e foglie da esso germoglieranno da esso sino a trasformarlo in albero ben radicato
Mi viene da pensare all'essenza metaforica della frase che mi ritrovai a leggere tempo addietro su di una cartolina raffigurante un paesaggio livido con del filo spinato da trincea in primo piano, e ad esso sovrapposta la frase: "Our earthly condition is that of passers-by, of incompleteness moving toward fulfiment and, therefore, of struggle" (frase, la cui fonte è rimasta per me sempre misteriosa e sconosciuta e che, ciò nonostante, mi è rimasta impressa a caratteri di fuoco nella mente, sin da quando ero ventenne)
C'è l'elemento positivo della costruzione
In qualche modo nella nostra vita siamo dei costruttori.
Costruttori di storie.
costruttori di universi e di significati,
costruttori di grandi palazzi di pietra (metaforici e non) dalle fondamenta ben radicate.
Forse il sogno vuole che, ad un certo punto della mia vita, dopo anni di erranza mentale, in un momento "topico", io possa diventare il costruttore di un grande palazzo, con tutte le conseguenze del caso.
Salvo poi, come fece Odisseo che, malgrado il remo trasformatosi in albero, si trovò a ripartire ancora una volta per un ultimo viaggio oltre le Colonne d'Ercole e verso l'irraggiungibile Montagna della Conoscenza
“O frati”, dissi “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”.
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
Ho scritto questa nota dopo che due enormi eucalipti che crescevano rigogliosi nel giardino privato del condominio di fronte erano stati tagliati a pezzi ed eradicati
Questi due alberi facevano ombra e ospitavano una miriade di uccelletti.
Qualcuno ha decretato che dovessero essere abbattuti.
Il mio cuore ha sanguinato
Ho perso degli amici, un riferimento abituale nel mio panorama quotidiano
Nel corso della notte successiva - una notte di sonno inquieto - ho trascritto questa nota
Respiro stertoroso
Fischi e ronchi
Una vera sinfonietta
Catarro di gola
Colpi di tosse
Non so se io stia sognando
tutto ciò
o se mi capita davvero
Mi sveglio
Mi alzo
Bevo dal rubinetto
Meglio?
Forse si!
O forse no
Mi si chiude la gola
Mi sembra di soffocare se
Penso all’albero segato del giorno prima,
il grande eucalipto che si ergeva
davanti alla finestra della camera da letto
Impietosamente tagliato a pezzi ed eradicato
da becchini forniti di motosega
Penso a tutti gli alberi del mondo
minacciati dalle motoseghe
e da altri strumenti letali
Penso al loro sussurro che si affievolisce
sino a spegnersi del tutto
mentre vengono uccisi e depezzati
Penso al sussurro del mondo
compromesso
Penso che il mio respirare
sia intimamente collegato
a quello degli alberi
Cosa accadrebbe se
nel momento in cui si sega un albero
la stessa ferita letale comparisse
nel corpo dell’aguzzino?
Colpo su colpo
Ecco, dovrebbe arrivare il momento
in cui la natura si vendica
Tutto è uno
Tutto è connesso
Per ogni albero che si uccide
saranno in molti a dover morire
avvelenati, smembrati, senza più respiro
Forse ho sognato
oppure, forse,
tutto questo non è sogno
C’è un martellatore assiduo e solerte
sopra la mia testa
Una salva di colpi
poi silenzio
Poi ancora di nuovo una scarica
Gli intervalli tra una salva e l’altra
sono irregolari, difformi
e quindi ogni ripresa
porta ad un sobbalzo
perché non ci si abitua mai
ad un ritmo uniforme
Anche il suono del martellamento
è diseguale
A volte lieve, come una carezza
Altre volte, sonoro ed impetuoso
A volte è pigro,
altre rapido ed efficiente,
quasi aggressivo
Cosa starà facendo
questo martellatore?
Mi manda dei messaggi morse
oppure non c’è alcun nesso
O forse si tratta del centauro Nesso
che cerca di andare al cesso
prima di recarsi al consesso
e li indossare una bianca camicia
intrisa di sangue tossico?
Non so
E vorrei proprio saperlo
Ma, in fondo, tutto è connesso,
anche se alimentare qualche dubbio
é pur sempre concesso
soprattutto durante l’amplesso,
anche se qui il potere critico
é fortemente compromesso,
se è consumato l’amplesso
all’ombra del grande cipresso
C’è invece chi per scoprire il nesso
s’arrampica lesto
sull’albero di bompresso
e vi si mette genuflesso
in attesa di essere estromesso
dal consesso, ma anche dal congresso
Uno scritto recuperato, in cui faccio un quadro di inverni rigidi e freddi: forse, era così qualche anno fa, ma non più oggi, in cui invece la curva delle temperature, le medie mensili e annue si stanno spstando sempre più verso l'alto, ma gli ombrelli vengono sempre sfondati dal vento e quindi sono pur sempre un reperto che ci si trova ad avvistare lungo le strade, come grandi fiori caduti e improvvisamente appassiti
Tempo d'inverno,
bufere e temporali si abbattono su di noi,
giorni di clima incerto e capriccioso,
venti procellosi raffiche mai viste, freddo
Di tutto e di più
La mutazione climatica,
l'effetto serra,
tutto concorre a questi inverni che si fanno più rigidi e bagnati
In passato ritenevo che noi siciliani fossimo dei fortunati a godere di un clima mite, scarse precipitazioni, sole e cielo sereno il più delle volte (e, badate, non parlo da meteorologo, ma delle mie semplici percezioni abbinate ai ricordi della mia infanzia e giovinezza)
Poi, potrebbero venire i "tecnici" a parlare di medie stagionali e di tutta una serie di questioni tecniche, ribaltando tutte le carte in tavola e andando contro le nostre semplici percezioni. Io tenderei sempre a diffidare degli "esperti". Comunque.
Il cattivo tempo persistente,
assillante ci spiazza
e ci mette di cattivo umore.
Non sappiamo come vestirci
Un minuto fa caldo e, dopo poco, viene giù il freddo
Mettiamo il naso fuori prima di uscire per vedere se piove.
Tutto OK, OK, OK
Ed ecco che di lì a poco si scatena un temporale
Pioggia a catinelle come non se n'era mai vista,
vento ululante,
raffiche che ti spingono le gocce d'acqua negli occhi
e ti fanno bruciare la pelle del viso tanto sono gelide.
Non siamo come gli Inglesi che escono di casa "sempre" armati di ombrello, anche se brilla il sole, perché loro sanno bene che "non si sa mai"...
Chi - previdente - ha la ventura di portarselo appresso, invece, è come se non l'avesse, e ciò capita spesso
Gli ombrelli di oggi sono fragili, malfatti e le raffiche di vento potenti
Ed ecco che per strada si possono vedere scenette comiche con persone che camminano, sempre dignitosissime, riparandosi sotto parapioggia tutti sbilenchi, le stecche rotte e la tela strappata, oppure, ancora di più, altri che lottano contro le raffiche di vento cercando di proteggere il proprio paracqua messo a repentaglio e prossimo a rovesciarsi come un calzino
La lotta è impari. Il più delle volte gli ombrelli finiscono con l'essere sfondati, rovesciati, spezzati, insomma resi del tutto inservibili
Ecco che allora i malcapitati cittadini, presi da un moto di improvvisa stizza scaraventano per terra il rudere del proprio ombrello e se ne vanno via impettiti, come a dire "Si piegherà pure quel farabutto del mio ombrello, ma io no di certo!"
E' per questo che, dopo un temporale, è frequente vedere così tanti ombrelli distrutti per strada, abbandonati lì, a volte pericolosamente per un passante distratto
Questo scrissi il 26 febbraio 2016, coniugando un'annotazione diaristica con la trascrizione di un sogno in cui come elemento clou, compare un appartamento segreto, ricorrente nelle mie occorrenze oniriche di quel periodo
Che strana sensazione avvertivo: mi sembrava di essere monco di qualcosa
Cos'era?
Non so
Ma, in fondo, nulla di cui preoccuparsi: Frida ha pernottato da mio figlio Francesco e sarà ospite da lui nel fine settimana (per suo espresso desiderio)
Dunque, senza la cagnolina al mio fianco, mi sono sentito un po’ più solo e un po’ più vulnerabile
Ho camminato, facendo ginnastica in cammino: e poi, esercizi itineranti di squatting, di allunghi e piegamenti sulle braccia Dulcis in fundo, ho fatto quattro periodi di corsa da 1’15 secondi, con 45” di camminata veloce: le mie corsette da pensionato sul viale del tramonto che tuttavia mi hanno procurato una dolce e benefica sudorazione profusa
Al passaggio dal fiorista all’angolo con Viale delle Magnolie ho salutato come sempre il fiorista ghanese che qui fa il turno di notte e che è sempre felice di essere salutato
Mentre prima avevo incrociato la solita podista scontrosa e passapititto, faccia di bronzo e scura nei suoi occhiali da sole che non dismette mai (anche quando fa buio fondo, prima del sorgere del sole), che non saluta mai, nemmeno in contraccambio: infatti, se prima la salutavo, fedele alla mia linea, ora ho smesso
Un saluto non si dovrebbe mai negare a nessuno
Il giorno evolve pigro, i rumori da fuori giungono ovattati.
La città oggi non osa svegliarsi, parrebbe.
La memoria dei morti mi perseguita
Poi, nel corso della giornata, forse nel corso di un pisolino pomeridiano, ho fatto questo sogno
Ho sognato di un appartamento misterioso di cui, casualmente, nel sogno scoprivo l’esistenza. Immenso, quasi un intero palazzo, stanze vuote e vaste come piazze d’armi
Per accedere ho dovuto superare una porta blindata, digitando un codice per mezzo di un tastierino numerico. E il codice numerico era lo stesso che adopero per alcuni dispositivi come il mio I-phone
Mi ci aggiravo dentro con curiosità e meraviglia, sperimentando una sensazione di déjà vécu
Ero certo di esserci già stato in passato e di avere considerato questo grande appartamento come un mio rifugio sicuro
Dopo avere indugiato a lungo passando da una stanza all’altra (tutti gli ambienti erano vuoti e polverosi, come se da tempo fossero stati inutilizzati) arrivavo ad un’altra porta e qui per uscire dovevo di nuovo digitare un codice numerico: e, di nuovo, ha funzionato il mio codice segreto
All’esterno la porta blindata era completata da una seconda porta a soffietto che, però, appariva tutta scassata e percorsa da lunghe spaccature longitudinali. Dovrò chiamare il falegname, ho pensato.
Sembrava che questa porta si affacciasse su di un centro di accoglienza per migranti: all’esterno, infatti, bighellonavano molti africani dalla pelle color ebano, mentre altri erano seduti a lunghi tavoli dentro un grande capannone, attrezzato come un grande refettorio
Pensavo che quella porta dovesse essere riparata sollecitamente, poiché altrimenti i rifugiati avrebbero trovato un modo per entrare nell'appartamento segreto e lo avrebbero occupato abusivamente
Poi, più tardi - sempre nel sogno -, cercavo di raccontare questa mia esperienza ad un interlocutore sconosciuto, anzi senza un volto (poichè la sua faccia era in ombra ed era impossibile scorgerne i tratti)
Tra me e lui c’era una fila di grosse formiche di passaggio ed io, ogni volta, che il mio interlocutore - con la mimica e la gestualità - mostrava di non comprendermi gli lanciavo addosso le grosse formiche amazzoniche con il dito, come si fa quando si colpisce la piccola pallina (di plastica o vetro, utilizzata nel gioco delle biglie).
Il metodo classico per tirare la biglia è quello di appoggiare la biglia per terra e la si lancia verso il bersaglio colpendola con l'unghia del dito medio o dell'indice, che scatta dopo avergli premuto contro il polpastrello del pollice. Questa operazione si svolge tenendo la mano appoggiata a terra o rasente ad essa.
Mi capita sovente di sognare di un appartamento segreto. Un posto che sembra essere quasi un rifugio, al quale soltanto io ho l'accesso. Si trova ubicato in un grande palazzo, nell'intercapedine tra
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Mi sono imbattuto in un sogno del 22 febbraio 2010,
mai trascritto prima nei blog
Questa notte ho fatto
un sogno complesso di cui ricordo poco
Ero all'interno di una prigione
(e non ricordo quale fosse il mio ruolo,
se operatore o prigioniero)
Camminavo attraverso un vasto cortile
cinto da alte e possenti mura,
con torrette di guardia ad intervalli regolari
Il terreno era incolto e piene di erbe infestanti
cresciute quasi ad altezza d'uomo
in gran parte già disseccate dalla calura
Pensavo che ci fosse bisogno urgente di manutenzione
Intanto, assieme ad altri,
camminavo, guadando la distesa d'erba,
con piccole spine che mi s'attaccavano ai vestiti
ed altre che mi pungevano e graffiavano le mani
Poi, arrivavo in un luogo riparato e qui, su di un tavolo,
c'erano frammenti di bicchieri
Bicchieri ordinari, per carità,
bicchieri di casa
Pensavo allarmato che qualcuno avrebbe potuto tagliarsi
oppur usare uno dei pezzi più grandi come arma
per offendere e ferire
Li raccoglievo e li avvolgevo in pezze di stoffa
in modo tale che maneggiando gli involti
nessuno potesse incautamente farsi del male
Poi, cercavo di capire chi potesse essere l'autore del danno
Ma - per quanto riflettessi - non arrivavo a nessuna conclusione attendibile
Più avanti, trovavo un pentolino rovesciato per terra
contenente cinque bicchieri allungati
Questi, fortunatamente, nella caduta
non s'erano rotti
Sollevavo il pentolino
e lo mettevo al sicuro
su d’un tavolo
Ne parlerò con Ale
Forse lei mi darà una chiave
Poi, dando un occhiata
alle "memorie" di Facebook
relative al 22 febbraio
ritrovavo questo sogno perduto e dimenticato,
una quasi incredibile concidenza!
Sono in piedi vicino ad una finestra dalle grandi vetrate, con i battenti spalancati. All'improvviso, sento un scricchiolio secco e osservo che nel vetro s'è formata una crepa che rapidamente si estende e si ramifica
Mi mette ansia questo incessante scricchiolio ed anche il veloce estendersi e ramificassi delle crepe
Temo che, di colpo, le vetrate possano cedere e, precipitando a pezzi, ferirmi malamente. La vetrata, in effetti, comincia a venire giú
Prima cerco di deviare la traiettoria dei frammenti. Poi, quando mi rendo conto che si tratta di una mission impossible, tento di allontanarmi il più rapidamente possibile
Ma è come se si fosse innescato uno tsunami. È troppo tardi per mettermi in sicurezza
La frammentazione del vetro si faceva sempre più rapida, procedendo ad un ritmo esponenziale
L'aria si riempie d'una finissima polvere silicea derivante dalla minuta l’articolazione del vetro che é dovunque per quanto invisibile
La pelle mi si ricopre di particelle silicee, taglienti, e i polmoni ne sono colmi
Mi sento la pelle tutta ricoperta da queste particole, che mi entrano negli occhi, nelle narici, in bocca, nelle orecchie
La pelle non respira più
Appena cerco di liberarmi da questa coltre sottile come un velo, ma scintillante, lacero la pelle del volto che, istantaneamente, si trasforma in una maschera di sangue
Come pure prendo a sanguinare dal naso, dalle orecchie, dalla bocca
Sangue dovunque
A questo punto, mi sono svegliato di botto, straniato
(Dissolvenza)
I sogni non mi fanno mai disperare
Alcuni sono semplicemente meravigliosi perché ti fanno entrare in mondi sconosciuti
Sono come delle porte che ti si aprono davanti, consentendoti di dare un occhiata a universi possibili e alternativi
Ho sognato che,
al termine d’un lauto pasto
mi veniva servito un dessert delizioso
Mi accingevo a gustarlo
già con l’acquolina in bocca
prodotta dalla sola vista
Mi guardavo attorno,
sentendomi spaesato
Dov’é il mio dessert?
Non c’è n’era traccia
Ero nella mia macchina
e nel tepore del sole
mi ero addormentato
d’un sonno immediato
e profondo
Mi è rimasta la voglia di quel dolce,
con le papille gustative
inutilmente allertate
Quasi quasi mi metterei
di nuovo a dormire
per ritornare a quel sogno
e degustare quel sontuoso dolce
Un sogno recuperato, un sogno di delizia gastronomica... che, sul più bello, mi viene sottratta, un sogno tantalizzante, si potrebbe dire.
Ma, orsù, vi ricordate di Tantalo? Chi era costui?
Ma io, quali offese ho arrecato agli Dei, per dover essere tantalizzato, sia pure nel sogno?
Tàntalo Tantalo Nome orig. Τάνταλος Caratteristiche immaginarie Sesso Maschio Luogo di nascita Lidia Professione Re di Lidia Re di Lidia (o della Frigia) che per i suoi numerosi peccati fu...
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.