Piazza sonnolenta
Gente molto lenta
Di cani perduti
una marmaglia pigra e lenta
Piazza a ritmo ridotto
Atmosfera da siesta messicana Mexico e nuvole
Nessuno in giro
se non pochi turisti stanchi
in abiti leggeri estivi o da safari
in esplorazione
a passi stanchi e lenti,
che lasciano impresse sul suolo
orme pulverulente
E ogni tanto sosta
e naso all’aria,
occhio ammiccante,
macchina fotografica penzolante
dal collo o dalla mano
e clic clic clic e ancora clic
Vicolo con lenzuola stese
che garriscono nel vento
Palme svettanti
si stagliano su un fondale azzurro
percorso da una transumanza lenta
(non galoppante)
di bianche nuvolette candide
Torri goticheggianti
alte ed imponenti,
eppur eleganti,
ci ricordano
con la loro presenza assidua
il tempo lento
di secoli e millenni di storia
Siamo sempre qua
a far lento esercizio di contemplazione
alla non-ricerca di immediato satori
Quando ero piccolo, la mamma mi portò a vedere - in uno dei nostri pomeriggi cinematografici - il film di Frank Capra che era comunque una riproposizione, giacché era uscito nel 1937 (ma forse mai arrivato in Italia nel clima di anteguerra, ostile a tutti i prodotti americani).
Ero attorno ai dieci anni, o forse anche di meno.
Ho un vivido ricordo di quel film, ma soprattutto rimase indelebilmente impressa nella mia mente la scena finale, quando l'abitante di Shangri-La abbandona l valle incantata e senza tempo assieme ai quattro fuggiaschi e, all'improvviso, uscendo dal perimetro incantato della valle, subisce un processo di invecchiamento rapidissimo e, letteralmente, si disintegra.
Quell'immagine, mi diede gli incubi per molti giorni dopo la visione del film
L'idea giunse a James Hilton dalle letture delle memorie dei gesuiti che avevano soggiornato in Tibet e che erano venuti a conoscenza delle tradizioni legate al Kalachakra, tantra in cui si descrive il mitico regno di Shambhala.
Nei racconti locali si favoleggiava di una meravigliosa città il cui nome era Shambhala, in cui governavano con equità e saggezza numerosi anziani che erano depositari di un modo di vivere sano ed impostato sulla fratellanza tra gli uomini ed il creato, con una notevole somiglianza con lo stile di vita buddhista. Quando l'umanità, dopo innumerevoli disastri causati dalla sua cecità egoista si fosse interrogata sulla propria stupidità allora e solo allora i saggi di Shambhala avrebbero fatto in modo di divulgare quale fosse il modo giusto di vivere.
Nel romanzo di Hilton si parla di un luogo racchiuso nell'estremità occidentale dell'Himalaya nel quale si vedono meravigliosi paesaggi, e dove il tempo si è quasi fermato, in un ambiente di pace e tranquillità. Shangri-La è organizzato come una comunità lama perfetta, professante però non il buddhismo ma il cristianesimo nestoriano. Dalla comunità sono bandite, non a norma di legge ma per convinzione comune, tutta una serie di umane debolezze (odio, invidia, avidità, insolenza, avarizia, ira, adulterio, adulazione e così via), facendone un Eden materiale e spirituale in cui l'occupazione degli abitanti è quella di produrre cibo nella misura strettamente necessaria al sostentamento e trascorrere il resto della giornata nell'evoluzione della conoscenza interiore della scienza e nella produzione di opere d'arte.
Il successo di questo romanzo nella società dell'epoca diede origine al mito: così sognatori, avventurieri ed esploratori provarono a trovare questo paradiso perduto. L'onda orientalista dell'Occidente fu ispirata dal mito, così il nome di Shangri-La è stato utilizzato non solo per gruppi musicali e teosofi, ma anche per molti luoghi di villeggiatura in Asia e perfino in America.
Il luogo geografico più simile, e che probabilmente ha ispirato James Hilton, è il territorio di Diqing dove, nel 2001, il governo cinese allo scopo di incentivare il turismo ha ribattezzato la contea di Zhongdian con il nome di 香格里拉 (Xiānggélǐlā) cioè Shangri-La. Il suo territorio faceva parte del Tibet prima dell'annessione cinese, dopo la quale è stato assegnato alla provincia dello Yunnan. Nelle vicinanze sorge il monastero di Hong Po Si, dove vivono una sessantina di monaci e cinque lama tibetani.
Parecchie regioni, mosse da interessi turistici, sostengono di essere la regione geografica descritta da Hilton e di essere così il mitico luogo ispiratore della misteriosa Shangri-La. Nel romanzo, l'autore cita il territorio a nord del Ladakh, oggi noto come Aksai Chin, comprendente la catena del Kun Lun e l'altopiano delle Aksai Chin, una regione tra le più inospitali e meno abitate del pianeta, presso l'attuale confine indo-cinese, ricco di vette alte tra i 5.000 ed i 7.000 m.
Il film spinse molti a ritornare al libro (inseguendo una «sinergia» oggi banale, allora nuova).
Ma il libro conserva un suo autonomo messaggio, e un’ambizione che, nell’avventuroso intreccio, non è solo spettacolare.
Shangri-La è il monastero tibetano che ospita una antichissima e segreta città di saggi, raccolti da ogni parte del mondo, di sesso cultura religione e temperamento diversi, che meditano studiano vivono estremamente longevi e passabilmente felici senza inseguire un preordinato disegno di felicità - e soprattutto senza preoccuparsi di imporlo per le vie della religione o della condotta o dell’utopia. Nessuno vi cerca l’Uomo Nuovo; ognuno vivendo coopera a conservare i differenti valori dell’umana civiltà.
Orizzonte perduto racconta l’avventura di quattro persone che vi giunsero, quello che videro e il destino che li inseguì da quella esperienza.
Un’avventura etica, esoterica, sapienziale; ma soprattutto, dovrebbe dirsi, un’avventura rooseveltiana escogitata in anni in cui i totalitarismi architettando l’Uomo Nuovo ingigantivano tutte le antiche archeologie di morte.
«Se dovessi dirvelo in breve potrei definire la nostra principale credenza così: moderazione. Inculchiamo la virtù di evitare eccessi di qualunque specie; persino, perdonatemi il paradosso, eccessi di virtù. Questo principio è la fonte di uno speciale grado di felicità. Noi governiamo con moderata severità, e siamo soddisfatti di un’obbedienza pure moderata. La nostra gente è moderatamente sobria, moderatamente casta, e moderatamente onesta».
Più recentemente, Lawrence Osborne, con Shangri-La (nella traduzione di Matteo Codignola) e pubblicato da Adelphi (Collana Biblioteca Minima), nel 2008, ha voluto intessere un'altra tessera, relativamente al mito di Shangri-La
Ed è stata per me una bella e agile lettura
Un piccolo saggio che esplora il mito di Shangri-La e cerca di tracciarne i percorsi e identificarne le radici.
Una lettura che mi ha spinto a leggere (finalmente) il romanzo di Hilton di cui conoscevo soltanto la trasposizione cinematografica vista quando ero piccolo assieme alla mamma.
Il volume è impreziosito da una foto di Steve McCurry (in prima di copertina)
(Così dice la sinossi del volume: "Un viaggio ilare e desolato nel cuore del Tibet, alla ricerca di una città un tempo immaginata dagli occidentali, e oggi costruita dai tour operator del governo cinese".
L'autore. Lawrence Osborne (Inghilterra, 1958) è uno scrittore e viaggiatore inglese, autore di racconti di viaggio e romanzi.
Nato nel 1958 in Inghilterra, vive e lavora a Bangkok.
Dopo gli studi a Cambridge e Harvard, ha vissuto per un decennio a Parigi (città alla quale ha dedicato il saggio Paris dreambook).
Dal suo esordio nel 1986 con Ania Malina, ha scritto racconti di viaggio, saggi (tra cui uno sulla Sindrome di Asperger, uno sull' etnologia e uno sul rapporto tra eros e thanatos) e romanzi.
Giornalista, scrive per il New York Times, il New Yorker e l'Independent.
In Italia le sue opere sono pubblicate da Adelphi.
Orizzonte perduto ( Lost Horizon) è un film del 1937 diretto da Frank Capra, tratto dall' omonimo romanzo di James Hilton. È stato premiato con due Premi Oscar ( miglior scenografia e miglior ...
Ho scritto questa nota dopo che due enormi eucalipti che crescevano rigogliosi nel giardino privato del condominio di fronte erano stati tagliati a pezzi ed eradicati
Questi due alberi facevano ombra e ospitavano una miriade di uccelletti.
Qualcuno ha decretato che dovessero essere abbattuti.
Il mio cuore ha sanguinato
Ho perso degli amici, un riferimento abituale nel mio panorama quotidiano
Nel corso della notte successiva - una notte di sonno inquieto - ho trascritto questa nota
Respiro stertoroso
Fischi e ronchi
Una vera sinfonietta
Catarro di gola
Colpi di tosse
Non so se io stia sognando
tutto ciò
o se mi capita davvero
Mi sveglio
Mi alzo
Bevo dal rubinetto
Meglio?
Forse si!
O forse no
Mi si chiude la gola
Mi sembra di soffocare se
Penso all’albero segato del giorno prima,
il grande eucalipto che si ergeva
davanti alla finestra della camera da letto
Impietosamente tagliato a pezzi ed eradicato
da becchini forniti di motosega
Penso a tutti gli alberi del mondo
minacciati dalle motoseghe
e da altri strumenti letali
Penso al loro sussurro che si affievolisce
sino a spegnersi del tutto
mentre vengono uccisi e depezzati
Penso al sussurro del mondo
compromesso
Penso che il mio respirare
sia intimamente collegato
a quello degli alberi
Cosa accadrebbe se
nel momento in cui si sega un albero
la stessa ferita letale comparisse
nel corpo dell’aguzzino?
Colpo su colpo
Ecco, dovrebbe arrivare il momento
in cui la natura si vendica
Tutto è uno
Tutto è connesso
Per ogni albero che si uccide
saranno in molti a dover morire
avvelenati, smembrati, senza più respiro
Forse ho sognato
oppure, forse,
tutto questo non è sogno
Mi son fermato a Piazza Don Bosco (Palermo) nel corso di una mia camminata e mi sono fermato ad osservare meditabondo ciò che si dispiegava davanti al mio sguardo
Maurizio Crispi (16 febbraio 2024)
Panchine vecchie,
altre di nuovo impianto
simili a quelle di prima,
di metallo dipinto di verde
Quelle più antiche
sono sfregiate
(o decorate)
da graffiti
il più delle volte indecifrabili
e enigmatici
La piazza è affollata,
le panchine sono quasi tutte occupate
Giocatori di pallone
Conversanti discreti
con cane scricciolo al guinzaglio
Fidanzatini focosi
intenti in un bacio appassionato
incuranti dello sguardo altrui
Un anziano signore che osserva
il cielo affollato di strie chimiche
accendersi dei colori del tramonto
Un lettore
assorbito nella lettura
d’un libricino minuscolo
che pare un breviario
mormora ogni singola parola
Dopo un po’ l’anziano se ne va,
non senza aver lanciato
un ultimo sguardo al cielo
che ora discolora
Anche i giocatori di pallone
raccolgono le loro cose e vanno via
portando con sé
i loro schiamazzi
I conversatori pure si alzano
e vanno via
con il loro cane toy
I fidanzatini continuano a baciarsi
Incuranti di tutto e di tutti
Si accendono i lampioni
che ridanno vita ai colori
sempre più smorti
Rimane dovunque la spazzatura
strabordante dai cestini ricolmi
e sparsa in giro con noncuranza
dai frequentatori d’un intero giorno
Arance malmesse,
rotolanti qua e là,
semi schiacciate e lasciate in giro
Involucri incarti cicche e resti vari,
alcuni indescrivibili
Solo questo resta
del giorno
Anche i fidanzatini,
infine, vanno via
tenendosi per mano,
senza parlare
Ho camminato oggi pomeriggio da via Imera (dove ho parcheggiato l’auto) sino a piazzetta Sett’Angeli alle spalle della cattedrale di Palermo per prendere mio figlio in uscita da scuola alle 17.00
Tutto nuovo per me poiché siamo all'apertura del nuovo anno scolastico e Gabriel sta appena cominciando a frequentare questa scuola, il Convitto Nazionale "Giovanni Falcone" la cui fabbrica è antica e gravida di storia.
É stata l’occasione per fare una passeggiata nel cuore del centro storico di Palermo in un orario insolito, accompagnato dal mio cane Black: una passeggiata che non facevo da tempo; e, sicuramente, si è anche trattato di un'occasione per guardarmi attorno, per osservare e per riflettere
Il centro storico di Palermo per come lo ricordo dei tempi in cui - negli anni Sessanta - ci passavo di frequente per andare alle lezioni al Policlinico é, oggi, completamente stravolto: da un lato, per l'enorme numero di bar, locali per la ristorazione, gelaterie, negozi di souvenir che, come fossero fatti con lo stampo, mettono in vendita tutti le stesse mercanzie, ma anche di empori e bazar gestiti da extracomunitari; insomma di tutto e di più, attività proliferate come funghi, ma certamente non pensate per chi (sicuramente pochi, ma nemmeno poi tanto) nel centro storico ci vive
Dall’altro lato, vi è un fervore di gente, ma soprattutto torme di turisti in comitive e in greggi oppure in coppia, o ancora in piccoli gruppetti autonomi o in solitaria
È tutto ruota attorno ai turisti, comprese le carrozzelle a traino animale e il forte odore di letame e di urina, aleggia greve attorno a loro
Indubbiamente, se uno guarda verso l'alto, a seguire la verticalità imponente di alcune strutture monumentali oppure se con gli occhi accarezza i centenari - se non millenari - monumenti, potrebbe essere indotto a pensare che la città sia bellissima, uno scrigno di tesori, un'autentica meraviglia, traboccante di storia, di premesse estetiche e di tanto altro.
In effetti, nei secoli passati, Palermo era considerata una città magnifica e cosi fu vista dai diversi dominatori che si sono succeduti:, ciascuno arricchendola di qualcosa ad imperitura memoria le pietre della città e i suoi monumenti recano tracce dei loro passaggi e si può avere la sensazione di essere schiacciati dal peso della storia mentre si volge il viso verso l’alto a guardare la maestosità delle fabbriche
Ma se lo sguardo si volge al basso, anche l’animo meno sensibile potrebbe trovarsi a sperimentare un moto di repulsa, per i numerosi inestetismi dei quali si senta assediato
Subito alle spalle dei monumenti più celebrati, si nascondono strade dove sono rimasti aperti dei cantieri infiniti e, apparentemente, dimenticati, come ad esempio proprio lungo via Imera
Qui, in certi tratti, mancano del tutto i marciapiedi e si cammina a rischio di essere arrotati dagli automobilisti impazienti, mentre l’olfatto é offeso dai miasmi fetidi provenienti da accumuli di rifiuti putrescenti abbandonati e dai cassonetti stracolmi
Indubbiamente, in questo, la Sicilia rivela la sua forte vocazione di terra di contrasti netti e irrevocabili, la parte nobile e la parte plebea, l’ascesa al cielo delle torri e delle cupole e il sapore tutto terreno della decomposizione, la più sublime bellezza e la più radicale e bieca ignoranza
Infatti, a fare da cornice a questo quadro, vi è la mancanza di cultura e di educazione di molti
Mescolati con le torme di turisti vocianti e spesso obesi, si osservano i “maranza”, i tascioni, i ciané, gli ineducati che si sentono elevati per il solo fatto di possedere un iPhone di penultima generazione, un monopattino elettrico o un motociclo elettrico
Dai a costoro i moderni aggeggi tecnologici e loro risponderanno perfettamente e da perfetti consumatori, omologati, allineati e coperti, senza un guizzo di originalità, ma non acquisiranno mai gli strumenti per elevarsi culturalmente e spiritualmente
Lo senti da come parlano con voci dialettali sguaiate nelle quali non si intravede il benché minimo sforzo d'un miglioramento lessicale o di una crescita culturale
Tutto ciò è davvero molto snervante, deludente ed anche - devo ammetterlo - fastidioso
Destreggiandomi tra turisti e maranza, costretto a navigare in mezzo alla sporcizia e ai rifiuti in decomposizione, in alcuni momenti di sconforto non sento più di appartenere a questa terra di Sicilia, a questi luoghi
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Il convitto nazionale "Giovanni Falcone" di Palermo è un convitto con scuole statali interne: primaria, secondaria di I grado e liceo classico. È situato in ...
Una mia piccola notazione del 20 ottobre 2022: considerazioni scritte velocemente su FB all'uscita della scuola di mio figlio Gabriel. Mio figlio mi ha detto, mentre ce ne stavamo nella piazzetta ...
Sono all'interno d'una strana casa verticale
Tutto è oltremodo ripido
Qualsiasi spostamento mi procura le vertigini
Si tratta di scendere lungo una ripida scaletta con delle alzate fuori norma, con lo spazio dove poggiare il piede molto stretto
Ci si addentra (o meglio si scende) in una vasta sala ad anfiteatro ad assetto verticale
[e - lo dico qui come inciso - mi sono ricordato di quando, nel corso del mio viaggio in Messico, mi ritrovai a visitare la Piramide dell’Indovino, a Uxmal. La giornata era umida e piovosa. Tutto era grigio e da lontano vedevo i turisti che si arrampicavano su per la ripidissima scalinata, sorreggendosi ad una grossa catena che fungeva da appiglio e da sicura, come se stessero percorrendo una Ferrata. Mi vennero le vertigini solo a guardarli, soprattutto quelli arrivati alla sommità che parevano esili figurette in balia del vento e della pioggia: e mi rifiutai di compiere quell’ascensione]
In questo frangente, c’è anche Gabriel con me, ma presto - preso come sono a dovermi confrontare con il mio terrore cieco - lo perdo di vista
Rimango paralizzato su uno dei primi gradini della discesa
Non riesco a muovere il passo successivo e rimango, tremolante, a guardare il vuoto sotto di me che mi vuole inghiottire, famelico No, no, no!
Non posso! NO! NON VOGLIO!
Comincio ad arretrare, ansimante, in preda ad un'incontrollabile fame d'aria, con la fronte imperlata di sudore freddo
Sia come sia, riesco a cambiare direzione e, volgendo le spalle all’abisso, ritorno indietro, emergendo attraverso una specie di botola in uno spazio relativamente piano e senza precipizi di sorta
Traggo un grande sospiro di sollievo
E Gabriel?
Non c’è! Oh deus!
È rimasto là sotto!
Provo a chiamarlo, ma la mia voce è flebile, priva di forza
Si tratta di andar via, al più presto possibile, da questo posto folle
Immagino che, ovunque, vi possano essere trappole e trabocchetti
che possono ricondurmi a confrontarmi con il vuoto e con l’abisso
Gli abitanti della casa
mi guardano con sufficienza
e con commiserazione
perché non ho superato la loro prova ordalica
Alla fine Gabriel arriva,
fresco e pettinato
(ma lui ha fatto climbing e non ha paura del vuoto)
E ci incamminiamo per fare ritorno a casa
Dobbiamo viaggiare con la Metro e, dunque, scendiamo sottoterra per prendere il primo treno utile
E viaggiamo, viaggiamo
Il treno sfreccia silenzioso
Supera stazioni illuminate,
con le pareti dipinte con colori sgargianti,
alcune deserte,
altre affollate di gente in attesa
E poi arriva il momento di scendere
Risaliamo le scale,
attraversiamo atrii grandiosi,
camminiamo lungo interminabili corridoi
Poi mi giro, guardo, cerco
Gabriel non c’è più
Ero immerso nei miei pensieri
e mi ero dimenticato di tenerlo d’occhio
Che fare?
Penso di chiamarlo con il telefono
Armeggio con il mio, facendo una serie di errori, lancio chiamate a destinatari sconosciuti, per poi accorgermi che il suo telefono ce l’ho io
Gabriel l’aveva infilato nella tasca laterale della mia bisaccia (senza però dirmi niente)
Non so che fare
Magari me ne starò fermo ad aspettarlo, confidando nel fatto che lui possa ritornare indietro e raggiungermi
Poi, mentre sto elucubrando, mi giro e Gabriel è lì con me!
Pensavo che ti fossi perso!, gli dico
E lui: No, papà, no! Sono stato con te tutto il tempo!
Riprendiamo il viaggio verso casa e abbandoniamo lo spazio chiuso della Metro per venire alla luce
Dove siamo?
Non ne ho idea alcuna!
Non riesco ad orientarmi!
Effetto di derealizzazione e spaesamento
Mi guardo attorno e vedo che ci ritroviamo nel bel mezzo di un’immensa area portuale, dove grandi bastimenti attraccano di continuo e altri partono
E’ difficile procedere perché tutti gli spazi sono ingombri di catene enormi e di grosse gomene e, inoltre, giganteschi muletti entrano ed escono di continuo dal ventre delle navi, spingendo grossi carichi di mercanzie, autotreni e pesanti container
Poi, all’improvviso, intravedo la sagoma familiare di Monte Pellegrino e allora grido di giubilo: Allora, siamo a casa! E vaiiiiiii!
Si tratta soltanto di trovare una via di uscita da questo scalo portuale così caotico
Spero che riusciremo a farcela,
prima o poi
Dove si colloca la linea di demarcazione tra una struttura difensiva utile, proprio perché posta in alto, ed un luogo tanto remoto e fuori dai sentieri più comunemente battuti, da trasformarsi in...
Madangad is a fort in the Nashik region of Maharashtra, India in the Kalsubai range. Unlike Alang Fort, the top of the fort is a relatively small and tilted plateau. On the fort, there are a cave ...
Un fresco tramonto
dopo la calura del giorno
Momenti
Ginnasti
Saltimbanchi
Esteti del corpo
Dilettanti del pallone
e podisti tapascioni
o anche acuti corridori
Frotte di mamme e genitori
con bimbi ancora incerti sulle gambe
e ragazzetti vocianti
Tutti in attesa spensierata
degli ultimi aneliti
del giorno morente
dopo la morsa dell’afa
Un’immagine di ridente bellezza
e di spensieratezza
Maurizio Crispi (4 settembre 2024)
Villa Vincenzo Florio (Palermo), ex-villa dell’Atleta, accanto allo Stadio di Atletica (Case Rocca) - foto di Maurizio Crispi
Si tratta del mio commento ad una foto che scattai nel settembre del 2009 nel corso di una mia passeggiata a Villa Sperlinga e Piazza Unitá d’Italia. Il commento è nato nel cono d’ombra dei miei duetti a distanza (attraverso FB) con il mio amico Enzo che di lì a poco scomparve dai social
Maurizio Crispi
Un gigante di pietra - un telamonio - contempla le nuvole.
La scultura, al centro di un’aiuola spesso rinsecchita perchè popolata da un tipo di albero di alto fusto che prosciuga letteralmente il terreno (si tratta dei Brachychiton), è stata voluta alcuni anni dall'Amministrazione comunale, assieme ad altre due collocate all’interno della vicina Villa Sperlinga.
A differenza di queste ultime due alquanto indecifrabili (e, a mio parere, insignificanti), la prima (il torso di pietra) esercita sul passante una certa suggestione, forse perché in qualche misura induce a pensare ai "prigioni" michelangioleschi.
Il torso è possente e così pure la metà inferiore del corpo. La mancanza della testa e di parte degli arti superiore conferisce all'opera una certa inderteminatezza e un senso di incompiutezza.
In questo scatto, ravviso un doppio avvistamento.
Nelle mie infezioni, la foto doveva riguardare soltanto le nubi e non mi ero accorto - forse per via dell’incidenza della luce - che nell'inquadratura cadeva anche il prigione.
Quindi, in questa prima specie di avvistamento si è verificato un effetto blow-up.
Ma, nello stesso tempo, sembra che il gigante pietrificato sia intento a sua volta nell'avvistamento delle nubi nel cielo sopra di lui e che il suo corpo sia percorso quasi da un fremito di annichilimento e disperazione nella percezione del divario esistente tra la levità delle nubi che veleggiano alte e i vincoli cui - come statua - è condannato.
In attesa fervida della pioggia che non arriva
Invochiamo il cielo
Facciamo passi di una danza della pioggia
Le nuvole sono giunte alla spicciolata,
si sono addensate,
e son cadute quattro
goccioline quattro
subito evaporate via
Poi quelle nuvole avare
si sono allontanate
e sul mare hanno liberato
uno scroscio di pioggia
Ma a chi e a cosa serve
la pioggia nel mare?
Quindi, hanno proseguito il cammino
verso le azzurrine montagne lontane
Alberi sempre in sofferenza
in modalità difensiva
non hanno avuto
quel sorso d’acqua
benefico e salvifico
Continuiamo ad aspettare,
sperando che non sia passata
l’occasione buona
Aspetta e spera
Campa cavallo
Il cavallo campó
sino a che l’erba fu cresciuta
e lui poté nutrirsene
Le nubi tornarono
Si addensarono
in una coltre uniforme
infine, tuono e piovve,
a più riprese
La pioggia fece l’amore
con la terra riarsa
Un dolce petricore si levó,
assieme all’aroma delle foglie cadute
e dell’erba secca
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.