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21 giugno 2022 2 21 /06 /giugno /2022 09:23
La scultura in terracotta è di Pietro Gianelli

Ho visto una camminare per via Lincoln
in un giorno d'estate

 

Portava uno zainetto sulle spalle

 

Indossava un leggero vestitino estivo
stampato a fiori
con il gonnellino un po' scampanato

 

Aveva cosce poderose e sode come prosciutti,
polpacci delle dimensioni d'un birillo da bowling,
caviglie colonnari
e, ai piedi, dei leziosi sandaletti

 

Bianco-lattea di carnagione era

 

Io andavo in bici e quando l'ho superata
ho visto che Indossava una mascherina di comunità,
anch'essa stampata con una fantasia di fiori
Faceva pendant con il vestitino estivo
(anche se, all'aria aperta, oramai,
la mascherina uno se la potrebbe risparmiare)

 

Una donna boteriana, se vogliamo,
che, uscita dritta dritta da un quadro, portava a spasso
un'immagine di sé orgogliosa,
e che, malgrado la pesantezza della sue membra,
si muoveva nel mondo lieve e soave,
per quanto con una leggiadrìa,
condita da una robusta dose di auto-assertività

 

Ho apprezzato questo modo di essere
poiche possedeva una sua intrinseca eleganza
di cui era fiera

Mi sento contenta per lei
e per tutti i pacchion* del mondo

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20 giugno 2022 1 20 /06 /giugno /2022 06:52

Questa nota, scritta il 20 giugno del 2020, è riemersa attraverso i ricordi di Facebook, non ancora pubblicata qui, su questo blog.
E credo che sia stata per me una delle ultime "note" pubblicate su Facebook, prima che gli sviluppatori di FB abolissero questa funzione, che per me era preziosissima, in quanto mi consentiva di utilizzare il mio profilo, a tutti gli effetti come una pagina web. E capitava spesso, in questa mia gestione, che dapprima scrivessi una nota su Facebook, ripromettendomi di trasferirla dopo nel blog e che, poi, distolto da altre incombenze, mi dimenticassi di farlo.
Per quanto concerne il contenuto della nota, voglio circostanziare meglio: quando la scrissi avevo già vissuto il primo periodo del lockdown e mi ero dedicato a scrivere un mio personale diario della pandemia che poi, assieme ad altri successivi scritti estendentesi sino al marzo del 2021, si è trasformato in libro (Ai tristi tempi del Coronavirus. Dove siamo, dove andiamo - Il mio diario giornaliero, Edizioni ExLibris, 2021) e, successivamente, ho messo mano ad una serie di miei scritti sulle panchine e ne ho scritto di nuovi. Quindi, ciò che scrivo in questa nota non è esattamente veritiero, anche se è verissimo il fatto che dopo aver scritto un bel po' di note di diario relative al primo periodo della pandemia, mi fossi poi fermato, scrivendo in un arco di due mesi quattro o cinque testi soltanto: al punto di sentirmene preoccupato. 
Ritengo che i pensieri e le emozioni che si esprimono siano veri nel momento in cui si descrivono, ma essi sono fatti d'una materia plastica, continuamente mutevole, e dunque sono transitori e mobili come le nuvole. Si trasformono, sono metarmorfici e non possono essere liquidati con uno sbrigativo giudizio dicotomico vero/falso.
In fondo queste brevi note diaristiche sono delle fotografie istantanee che hanno pur sempre un loro valore documentario.

Pity the Poor Cat with Nine Lives to Live

E’ da molte settimane - forse non esagero se dico due mesi - che non ho più scritto una sola parola.

La routine di ogni giorno, i piccoli gesti quotidiani sia della gestione domestica sia dei lavori outdoor in campagna, mi hanno assorbito totalmente. Se a questi due aspetti si aggiunge la cronica carenza della connessione internet per il laptop proprio in questo ultimo periodo la lista degli impedimenti materiali è completa.

Ma - ad essere onesti - devo aggiungere che vi sono altri - più impalpabili - eventi soggettivi che hanno interferito.

Forse la mancanza di ispirazione, o forse la mancanza di quello stato estatico della mente che prelude all’atto della scrittura e che già la contiene (e sintomo di ciò vi è la cronica incapacità di ricordare al risveglio i sogni che sono sempre presenti tuttavia, abbondanti e vivaci, per quanto possa confusamente ricordare), o forse ancora la mancanza di voglia di comunicare qualsivoglia pensiero odi andare alla ricerca di immagini da catturare con la mia attrezzatura fotografica per poi divulgarle nella rete o per usarle come primum movens per lanarrazione di piccole storie.

Non sono più un attivista della comunicazione, come mi ritenevo sino a qualche tempo fa.

C’è qualcosa di più, forse. Ed è la sensazione di aver varcato in qualche modo una soglia.

Sappiamo tutti che nella vita abbiamo sempre molte soglie da attraversare. A molte di esse non facciamo caso, spinti come siamo dallo slancio e dall’entusiasmo. Di altre ci accorgiamo, invece: o per la gravità degli eventi cui esse ci conducono o per i particolari stati emozionali sperimentati.

Ogni soglia superata espone alla perdita di qualcosa, ma - al tempo stesso - apre la via a nuove potenzialità e a nuove avventure.

Con il trascorrere del tempo alcune soglie acquistano il sapore dell’ineluttabilità: ed è quando uno vorrebbe fare magari una ricarica indietro, una sorta di fast backward: ma è chiaro che non è possibile  tornare indietro per riavere più tempo, poiché è nella natura umana essere in parte legati ad un vettore del tempo lineare.

Ecco il fatto...
Il 9 agosto 2019 ho compiuto 70 anni: e devo dire che non ci ho pensato particolarmente; mi sono sentito nei mesi successivi lo stesso di sempre.

Ora si avvicina il tempo del mio 71° compleanno e, nel frattempo, qualcosa è cambiato, con Covid-19 a far da trigger e da catalizzatore, con la caduta verticale delle piccole abitudini quotidiane e con la necessità di ridisegnare stili di vita e relazioni sociali.

Il tempo si fa stretto, quando - nell'acquisire consapevolezza di aver varcato una soglia cruciale - il bilancio tra ciò che si è perso e ciò che ancora può essere trovato non è più tanto vantaggioso, come anche quello che si può trarre soppesando i propri fallimenti nel confronto con i successi o analizzando la propria perdita di vision, in altri termini della propria capacità di sognare ad occhi aperti, proiettandosi in un futuro ipotetico, ma pur sempre possibile.

Sento il tempo che passa veloce in questi giorni ed è forse la perdita di creatività, quella creatività che è alla base della scrittura, uno dei segnali premonitori dell'abbandono dell’entusiasmo, della curiosità, della vivacità mentale e della voglia di apprendere di continuo cose nuove.

So anche, tuttavia, che quello di essere vicino al fine turno è uno stato d’animo transitorio e sento che continuo ad identificarmi con il gatto che ha nove vite da vivere.

Ma anche il gatto che ha nove vite da vivere giungerà alla fine alla sua nona (ed ultima) vita...

E cosa gli rimarrà poi da fare per avere ancora più tempo?

 

L'immagine che ho usato per illustrare  questo post mi rimanda ad uno scritto dell’aprile del 2019

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20 giugno 2022 1 20 /06 /giugno /2022 06:47
(20 giugno 2019, foto di Maurizio Crispi)

(20 giugno 2019, foto di Maurizio Crispi)

 Con un bastimento
vorrei partire verso orizzonti lontani
e uno sbuffo di fumo
lasciato indietro
come una specie di saluto
 

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18 giugno 2022 6 18 /06 /giugno /2022 06:23
Sotto il tendone (foto di Maurizio Crispi)

Oggi, verso sera, sono stato seduto in balcone
e assorto nella lettura, ma di continuo distolto

I rondoni stridono e intrecciano voli
a velocità vertiginosa
Ma ciò che veramente dà la vertigine
sono i loro cambi di rotta improvvisi
E' come se nella testa avessero un computer
che, rapidissimo, fornisce loro la rotta
e i correttivi nei repentini arabeschi e ghirigori
che disegnano nell’aria
Ad un certo punto,
hanno preso a sfrecciare
tra la tenda da sole tutta aperta e il muro
Lo hanno fatto una volta
e ci hanno preso gusto
e poi hanno continuato a farlo
passando sempre più radente la mia testa,
per gioco - ho pensato
Bravissimi navigatori,
acrobatici e spettacolari,
questi rondoni audaci
Meglio delle Frecce Tricolori,
soprattutto ecofriendly!

Intanto, mentre mi deliziavo di quei voli,
ha preso a soffiare il vento,
una brezza serale che sempre s'accende
in questi giorni calorosi
E la tenda ha cominciato a gonfiarsi
e a schioccare

E' stato un momento di magia pura
Ho sentito di essere su di un veliero che prendeva vento
e s’accingeva a salpare
per percorrere le rotte dei sette mari

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17 giugno 2022 5 17 /06 /giugno /2022 17:14
La panchina irriverente (foto di Maurizio Crispi)

In via Principe di Paternó, lungo il marciapiedi opposto all’ingresso dell’Istituto superiore Camillo Finocchiaro Aprile, ho adocchiato una panchina in pietra (che è quella dell'immagine che correda il post)
Mi ha subito ispirato un titolo che è “Panchina irriverente”, ovvero di panchina dedita al turpiloquio.
Dopo questa fulminea transizione dall'avvistamento della panchina  in questione al titolo che, con immediatezza, mi è balzato in testa, sono passato all'esecuzione della foto, per mettere nel mio carniere di fotografo di panchine anche questa gustosa immagine
Come si può osservare nella foto, appare evidente - sul lato lungo del bordo della seduta - una scritta che fa "Cocca ti piace la" in la frase sbilenca e tronca è seguita da un rozzo disegno, poco più che una macchia di vernice
Si tratta dunque di una "scrittura esposta", composta da un ignoto writer, ma non di un writer di quelli che possiedono una tecnica, ma dalla mano di uno che non possiede nè il mestiere né l'arte: infatti, l'ignoto e imperfetto writer ha composto una scrittura abborracciata e, soprattutto, senza prendere preventivamente le misure
Infatti, appare evidente che, quando stava per concludere la sua frase sconcia, gli è mancato lo spazio, sicchè invece della parola che, secondo logica avrebbe dovuto seguire, ha inserito una grossolana icona che i più fantasiosi potranno decrittare con una certa facilità.
Mi fermo qua, lasciando l’ermeneutica ai lettori di questa nota

Possiamo ben dire che questo esemplare di panchina rientri nelle categoria delle panchine scritte e disegnate di cui ho scritto altrove, ma anche delle panchine come veicolo di messaggi

Sulla natura del messaggio e sul suo possibile destinatario si potrebbero comporre delle narrazioni, ovviamente
"Cocca" sarà una presenza femminile ben definita? Il messaggio è indirizzato specificata ad una sola persona, oppure è semplicemente generico, fatto soltanto per colpire chi dovesse "avvistarlo"
Non siamo nella testa del writer, ovviamente.
Ma credo che questa panchina con il suo messaggio irriverente possa dare luogo ad illazioni e a possibili narrazioni

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17 giugno 2022 5 17 /06 /giugno /2022 11:57
Foto di riflesso (Maurizio Crispi)

1. Ragazzi, mi s'è ristretto l'orizzonte!
Prima viaggiavo assai
Da qualche parte ho conservato tutti i dossier dei miei viaggi,
di piacere, di studio e per Maratone ed Ultra

Per alcuni anni sono stato davvero esagerato
(si potrebbe dire che ho avuto una vita da dromomane esagerato)
perchè i materiali che documentano questo mio andare
sono accolti in tre o addirittura quattro faldoni per ciascun anno

Poi, in anni recentissimi, il fermo totale
Molto semplicemente, ho smesso
(e di questo ho scritto altrove, di recente)
Ma ci sono state delle avvisaglie striscianti
Già prima, quando è morta la mamma,
ho smesso di andare a Mondello o in altri luoghi di mare vicini
Io che andavo sempre al mare,
quasi quotidianamente,
a fare sport
a passeggiare
a respirare l'aria benefica, carica di iodio
Ho smesso, sia d'inverno sia d'estate
Molti gli alibi per non andare,
accampando d'estate il desiderio di evitare folla e confusione
D'inverno, invece, con il tirare le cose per le lunghe
per poi "accorgermi" che si era fatto troppo tardi,
quando era già troppo tardi per fare qualsiasi cosa
e altri doveri mi chiamavano
Poi, in un momento successivo,
si sono ridotti i viaggi per maratone e ultra
quei viaggi che prima facevo da sportivo attivo
e dopo, quando ho smesso di correre,
da fotografo e giornalista al seguito di grandi eventi
Anche i viaggi familiari
sono finiti, una volta conclusasi l'esperienza degli anni inglesi

Sono immobile

Sì, vado in campagna,
ma la campagna è soltanto un'estensione di casa
dal terreno attorno alla casa non mi muovo mai, in genere
e rimango confinato dentro la recinzione
Sono preso da una specie di accidia nei confronti di qualsiasi spostamento,
che sia fuori dallo spazio domestico
Anche per quanto riguarda le mie uscite quotidiane
seguo il principio della vita nel villaggio
e quindi mi limito a frequentare i luoghi
che facilmente posso raggiungere a piedi da casa
L'esordio strisciante è stato quando è morta la mamma, dicevo,
poi, dopo la morte di mio fratello
(e il periodo inglese s'era appena concluso)
tutto si è accentuato
La vita mi si è ristretta addosso,
tutta intessuta di obblighi e necessità
Fare la spesa
inseguire i pagamenti di ogni genere
portare a spasso i cani e accudirli
andare avanti indietro con Gabriel, come un commesso viaggiatore
o come un piccione messaggero del nulla
E per il resto?
Potrei passare ore seduto nella sdraio
sul balcone di casa
E poi, intento alle mie scritture, al PC
L'idea di uscire mi angustia
Prendo scuse,
perdo tempo,
rimando,
mi secca
e sono sempre qua a presidiare il forte, come il tenente Drogo
de Il Deserto dei Tartari,
mio mito delle letture giovanili
Eh, sì!
Le letture occupano una parte consistente del mio tempo
Con i libri viaggio in modo sostitutivo
e posso andare dovunque,
come con i i film e con le serie TV
Vivo nel mio claustrum,
ma non mi sento prigioniero
Ho vissuto, ho viaggiato, ho visto
ho accumulato ricordi ed esperienze
E ora sono fermo, immobile

Paradossalmente, rimpiango il tempo del lockdown
Infatti, a differenza di molti
che si sono sentiti imprigionati/confinati,
io non ho sofferto in quel periodo
anzi ero contento e soddisfatto
che la vita si fosse ridotta all'essenziale
Il lockdown ha rappresentato per me
una specie di cornice in cui collocare le mie limitazioni,
visto che ero già un esperto sopraffino nell'arte dell'auto-confinamento
E' successo come in passato,
quando - finito il mio servizio nell'esercito -
mi trovai a rimpiangere la semplicità di quella vita
e il fatto che non dovessi sforzarmi
nello scegliere gli indumenti da indossare:
avevo l'uniforme e dovevo soltanto cambiare i capi di vestiario sporchi
con quelli puliti, ma eguali
Nessun dilemma, allora, nessuna incertezza

Selfie (Foto di Maurizio Crispi)

2. Dopo aver scritto, ho sognato
Dovevo andare a seguire una gara di corsa,
non so se da partecipante o cosa
Ero sulla mia auto, assieme ad altri due
La mia auto un po' vecchiotta, ma andava,
sferragliante ed ansimante
I due assieme a me erano degli sconosciuti,
almeno credo
L'auto era ingombra
Oltre a ben due bici, c'erano vari bagagli e scatoloni
Uno di essi conteneva tutto l'occorrente per cucinare delle torte
Tra i diversi ingredienti, ricordo una retina piena di agrumi
Prima di arrrivare alla destinazione finale
era necessario fare una sosta
per caricare altri passeggeri
Finalmente, dopo aver compiuto vari giri tortuosi,
includenti anche il transito per strade sterrate e disagevoli
arrivavamo alla meta intermedia
Qui, trovavo ben tre passeggeri
già in nervosa attesa
Erano chiaramente dei podisti e ciascuno di essi
era dotato di una pesante borsa di paraphernalia
Con sorpresa mi rendevo conto che uno dei tre
era il grande Giorgio Calcaterra,
il Lider Maximo dell'Ultramaratona italiana e del mondo
(almeno sino ad alcuni anni fa)
I tre erano palesemente in ansia
e volevamo partire quanto prima
ma occorreva riorganizzare l'intero carico
Dove mettere tutto quanto,
senza lasciare niente - e soprattutto nessuno - a terra?
Una bella sfida davvero!
E io - assillato dalla fretta dei nuovi passeggeri,
quasi sentendo il loro alito sul collo -
cominciavo a provare e a riprovare,
cercando di ricombinare le cose
come in un gioco di tetrys
D'altra parte, nei miei viaggi storici,
io ero quello responsabile del caricamento dei bagagli,
perchè possedevo una capacità istintiva nel mettere tutto ad incastro
E sì che nel corso dei viaggi le cose
che ti porti appresso sembrano dilatarsi,
man mano che si procede e trascorrono i giorni
Questa volta, tuttavia, malgrado i miei sforzi
qualcosa rimaneva sempre fuori
Ricordo che disfacevo persino il pacco
con gli ingredienti per la torta
e poi non riuscivo più a mettere a posto le cose
nel loro ordine precedente

e il coperchio della scatola non si poteva più chiudere in modo perfetto
Insomma, un vero disastro,
e i miei sforzi risultavano vani,
mentre sudavo copiosamente,
direi anzi che il sudore addirittura
mi ruscellava addosso, inzuppandomi la camicia
e facendomi bruciare gli occhi
I miei nuovi passeggeri erano vieppiù impazienti
e scalpitavano, impietosi, con tolleranza zero
Si capiva che avrebbero voluto essere già sul posto della gara,
sotto il gonfiabile di partenza, senza alcun ulteriore indugio
Ma non c'era storia


Ecco è questa la storia del sogno,
la storia é che non c'era storia

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16 giugno 2022 4 16 /06 /giugno /2022 11:03
selfie (foto Maurizio Crispi)

L’altro giorno sono andato all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate (quello di via Emanuele Morselli, a Palermo) per chiedere la rateizzazione di un contributo che risultava non essere mai stato versato nel 2013.
Appuntamento richiesto online, quindi quasi nessuna coda.
Tutto OK
Viene il mio turno, entro, mi siedo, impiegato molto gentile ed efficiente
Risolviamo il mio problema
Si avvicina ciabattando un altro impiegato
Non ha le ciabatte ai piedi, ma è come se le avesse
Dice al suo collega che si sta occupando di me: “Quando hai finito con il contribuente, Francesca [evidentemente una terza collega] ti deve dire una cosa”
Una curiosa comunicazione, dovuta al fatto che il “mio” impiegato é escluso dalla vista degli altri da un grosso pilastro.
Ma a parte la curiosa dinamica comunicativa, ció che mi ha sorpreso è stato il sentirmi definire come “il contribuente”, anziché con un un generico “il signore” oppure “il signore qui presente”
Questo uso linguistico è, secondo me, espressione di una deformazione mentale
Poiché ho messo piede in un ufficio della Agenzia delle Entrate non sono niente più che un “contribuente”… anziché un cittadino
Del resto questo nostro Stato ci vuole relegati tutti al rango di contribuente dal momento che l’attribuzione del codice fiscale è la prima cosa che viene fatta, quando nasce un bambino
Si parte, squallidamente, dall’attribuzione di una identità fiscale, soltanto dopo segue tutto il resto
Qui in Italia siamo campioni di burocrazia e di fiscalità, non noi i cittadini, ma l’apparato burocratico che ci governa e ci opprime, impedendoci a volte perfino di respirare: un apparato che poi finisce con l’essere vessatorio soltanto con quel numero, pur sempre esiguo, di cittadini che pagano le tasse, al punto da svilirli con l’etichetta di “contribuente”, incollata a vita, così come in altre sitazioni riceviamo altre etichette come, ad esempio, quella di "paziente", oppure di "cliente", ma quel numero con il nostro codice fiscale ci seguirà sempre sino alla tomba ed oltre, forse, per quanto concerne i nostri eredi.
Il codice fiscale è un'invenzione malefica, forse utile, ma nei modi in cui viene declinata perversa, e tanto mi ricorda quei codici numerici che venivano tatuati sui corpi dei deportati nei campi di concentramento.Mi è assai piaciuto il commento a questo mio post di un mio amico su Facebook, il quale ha così scritto:

(SR) Se sei in un ambulatorio medico sei un "paziente", perché hai già pagato i tuoi contributi sanitari e pazientemente ti sottoponi alla visita e ricevi le prescrizioni.
Se sei in un negozio sei un "cliente", perché sei disposto a pagare per ricevere un bene.
Se sei in uno studio legale sei un "assistito", perché paghi per essere assistito.
Se sei in una agenzia di servizi sei un "utente", perché sei disposto a pagare per ricevere quel servizio.
Se sei in un Ufficio delle Entrate sei un "contribuente", perché paghi le tasse... se non le paghi sei un "evasore".
Sei pur sempre un "cittadino", ma dalle mille declinazioni... purché paghi!

Protezione integrale in tempi di Covid (foto di Maurizio Crispi)

Pochi giorni dopo (nella notte tra il 19 e il 20 giugno) ho sognato che facevo una coda all'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate. Arrivavo e davanti a me c'era solo uno già in attesa. Era un anziano tutt rattrappito su se stesso e dall'aria alquanto scontrosa. Poi si aggiungevano via via altri
Allo sportello arrivava l'impiegato e cominciava a chiamare secondo il turno

Ero il secondo della fila, quindi venivo chiamato quasi subito e presentavo all'impiegato il mio incartamento

Mi veniva detto di attendere, e così facevo

Osservai che le mie carte, dopo un esame sommario da parte dell'impiegato, venivano inviate all'interno, al di là di una porta blindata, una specie di sanca sanctorum dell'ufficio

Aspettavo pazientemente, mentre nella sala d'attesa si faceva la bolgia

Si era rapidamentew formata una specie di corte di miracoli di ciechi, sciancati e storpi

Alcuni se ne stavano seduti in varie posture sulle panche allineate contro le pareti, altri si erano comodamente accomodati per terra: alcuni seduti alla meno peggio, altri semisdraiati come fossero distesi su di un triclinio di etrusca memoria; e tutti e mangiavano panini imbottiti, dai quali si levavano sentori grevi di carta oleata e di salumi ed altri affettati speziati, a volte con la sovrapposizione di aromi cipollosi e agliosi nel caso di robuste mafalde con ripieno di frittata

[Ricordo dei miei viaggi in treno, quando poco dopo la partenza da Palermo, i passeggeri dello scompartimento tiravano fuori i loro incarti bisunti e cominciavano a banchettare.  Di queste situazioni forzatamente conviviali mi sovviene in particolare il greve sentore della mortadella]

Insomma, tutti mangiavano a quattro palmenti e sembrava che la situazione si fosse trasformata in un picnic collettivo o forse in un vero e proprio bivacco

Ci mancavano soltanto i materassini di gomma per un confortevole riposino o i sacchi a pelo

Ovviamente, erano tutti senza mascherina e la mia apprensione cresceva ad ogni istante, poichè io - poco accorto - non avevo portato la mia.

Imprevidente!

Attendevo e attendevo, mentre tanti che erano arrivati dopo di me concludevano e se ne andavano, sazi e soddisfatti

Cercavo di informarmi

Mi dicevano che il mio incartamento era al di là della porta blindata e che gli esperti lo stavano esaminando

Poi arrivava una e diceva - quasi rimproverandomi - che aveva già chiamato il mio cognome tempo addietro

Io replicavo di non aver sentito nulla, che quella chiamata mi era sfuggita

La tizia si limitava ad inarcare severa il sopracciglio, come a dire: "Che vuoi? Peggio per te che sei stato poco attento!

Arrivava però un altro, più gentile, e mi diceva che - siccome gli esperti del sanca sanctorum erano andati in pausa pranzo - avrebbe fatto in modo da farmi entrare di soppiatto in modo che io potessi esaminare il mio dossier e trarne indicazioni su ciò che avrei dovuto fare

Apriva una porticina più piccola delle dimensioni adatte a lasciar passare un nano, accanto a quella più grande, blindata e imponente, lasciandola socchiusa

Con lo sguardo mi facìceva capire che potevo insinuarmi dentro e girava le spalle

Entravo con fare circospetto, ma mi accorgevo subito che l'ufficio non era vuoto, così come mi era stato detto

All'interno c'erano due spettrali presenze, poco più che ombre o ectoplasmi

Uscivo subito terrorizzato, con il cuore in gola

 

(Dissolvenza)

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13 giugno 2022 1 13 /06 /giugno /2022 09:49

Ritrovo questo breve scritto su Facebook, postato il 12 giugno 2012, e non credo di averlo mai postato su questo blog.
Quindi, ne approfitto per rilanciarlo, con qualche piccola modi
fica

Papaveri nel vento (foto di Maurizio Crispi)

Uccelli nel cielo
intrecciano voli primaverili

Passo davanti ad un cesto della spazzatura
e ne viene fuori un lezzo nauseabondo
di formaggio vecchio
andato a male

Un dignitario
tutto nerovestito,
credendo di non essere osservato,
scava con diligenza
dentro il suo orecchio
con l'unghia lunga ed appuntita del mignolino

Un altro
chiuso nella scatola rovente
della sua auto
scava con altrettanto impegno
dentro il suo naso,
traendone prelibati frutti

Gas di scarico ottundono
il profumo delle fioriture sontuose

Il mondo gira così
tra brutture ed ineffabili bellezze
E, a volte, le brutture prendono il sopravvento

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9 giugno 2022 4 09 /06 /giugno /2022 13:09

Ho recuperato questo scritto da Facebook, avendolo composto e pubblicato esattamente un anno fa, il 9 giugno 2021. E mi sembra che sia passato un secolo da quel giorno.
In genere, ciò che pubblico su FB, dopo una successiva revisione, lo posto qui sul blog, ma qualche volta mi dimentico di farlo tempestivamente. Ma Facebook, con uno dei suoi algoritmi puntualmente ripropone ciò che si è pubblicato in una determinata data nel corso degli anni, man mano che il calendario scorre. E, quindi, l'algoritmo di FB, oggi mi ha consentito di recuperare quanto avevo scritto un anno fa. Provvedo adesso alla sua pubblicazione su questo blog.

Io e la mamma (foto di famiglia)

Vorrei scrivere di più, ma non ci riesco.

Vorrei inventare a ruota libera

Vorrei poter essere "freewheeling",
un freewheeling Maurizio

Ieri, ascoltando una discussione in radio,
ho imparato una nuova parola (colta): figmentum
(che, in realtà, sta per finzione, dal latino fingere)
Ma indica un particolare tipo di finzione
una sua species particolare
quel tipo di finzione che avviene
solo ed esclusivamente al livello mentale (secondo Calasso)

Scrivere di  mio padre e di mia madre a ruota libera
Una bella sfida!
Ma mi è difficile procedere per finzioni, per parallelismi, per costrutti fantasiosi,
anche se qualcuno qualificato mi ha detto che potrei, se volessi
Aspetto che mio padre
(e del pari mia madre)
venga a visitarmi in sogno
e a raccontarmi ancora le sue (le loro) storie.
Con mio padre il tempo è stato troppo breve:
non ho avuto il tempo di chiedere
non ho avuto più la possibilità di sedermi accanto a lui ad ascoltare
Con mia madre invece il tempo e le opportunità,
almeno in teoria, non sono mancate
ma non ne ho fatto un buon uso
Tante volte avrei dovuto sedermi accanto a lei
con un taccuino in mano
(oppure armato di un registratorino)
e chiederle di narrare nei dettagli tutte le storie
che mi raccontava profusamente quando ero piccolo
ed altre mai narrate
E, pur avendo avuto questa possibilità,
 - poiché, sino all'ultimo,
la mente di mia madre è stata salda come una roccia -
non l'ho fatto,
ho preso tempo,
ma chi ha tempo non aspetti tempo,
e poi quel tempo che credevo di avere
mi è sfuggito dalle mani come sabbia tra le dita


 

La persistenza della memoria (foto di Maurizio Crispi)

Siamo le storie che possiamo narrare
ma per far sì che questo tipo di identità possa prosperare
occorre un ascoltatore
un cantastorie senza un pubblico che lo ascolti non è nulla
"Raccontamelo ancora!"
E la mia richiesta riguardava sia storie della mia infanzia,
sia del periodo in cui non ero ancora nato
Le mie storie preferite erano quelle che mia madre
mi poteva raccontare del tempo di guerre
e delle sue personali vicissitudini,
quando assieme alle prozie, alla nonna e alla sorella maggiore
per sfuggire alle insicurezze della guerra si spostò
- per volontà delle prozie che, essendo decisioniste e autoritarie,
avevano valutato i benefici di una simile misura
per sfuggire ai primi bombardamenti alleati che già affliggevano Palermo -
nel cuore dell'Umbria, per ritrovarsi davvero nel cuore della guerra
nel bel mezzo della Linea Gotica
Quel periodo fu un'autentica Odissea per loro,
fatta di continui spostamenti alla ricerca di un luogo sempre più sicuro (introvabile, peraltro),
di fughe, di pericoli scampati, di felici ricongiungimenti  familiari
e d'un lungo e lento ritorno verso casa,
una vera e propria catabasi, per rientrare infine, loro gli "sfollati"
- con un viaggio per mare a bordo di una nave della Marina militare -,
nella Palermo devastata dal passaggio della guerra
Mi beavo di quei racconti
"Raccontami altre storie che non conosco!" - incalzavo la mamma
E le storie - come i dischi della hit parade - andavano ripetute di continuo
Ce n'erano alcune gettonatissime
"Cosa succedeva quando io non ero ancora nato?" - le chiedevo - "E quando ero piccolo?".

Adesso, per tante cose, brancolo nel buio
Non riesco più a colmare i vuoti narrativi
Alcune cose si fanno sfumate e perdono ricchezza di dettagli
Per esempio, vado anche perdendo la memoria
dei rapporti di parentela più distanti e di conoscenza con altri
Molte foto di famiglia, così, se le guardo rimangono mute:
da quelle stampe di piccolo formato vedo soltanto dei volti sconosciuti.
Chi è questo? Chi è quello?
E non potrò più rispondere a simili interrogativi
relative a cose, a persone e a eventi
che si perdono nelle brume del passato e si fanno evanescenti

Quando ero piccolo ero davvero avido di storie
Erano il mio pane quotidiano:
e non mi bastavano quelle che trovavo nei libri
Volevo sapere le storie delle persone che mi circondavano
Dovrei scavare nei reperti, cercare, rovistare,
aprire armadi, stipetti e cassetti dimenticati

Da qualche parte, ad esempio, c'è un album di disegni
ricavati da fogli raccogliticci e di forma irregolare,
disegni con pastelli colorati,
linee essenziali e colori vividi,
poiché evidentemente, a partire dagli scarni materiali a disposizione;
non esisteva la possibilità della graduazione,
fatti da un commilitone di mio padre
e questi disegni raffigurano vedute e singoli dettagli del campo di prigionia in Algeria,
dove mio padre e tanti altri con lui trascorsero ben due anni da prigioniero di guerra
Vicino a questo album, in una cassettina (di legno o di cartone),
ci sono le lettere che mio padre e mia madre
da fidanzati si scambiavano
Oggetti sopravvissuti, testimonianze, fonti

Mia madre diceva spesso che voleva distruggere
tutte le carte e le foto che la riguardavano
affine in questo a quell'Aureliano Buendia
di Cent'anni di solitudine
Ce lo diceva spesso,
e, svelando questo suo desiderio, dichiarava a grandi lettere
una forma di "disposofilia"
ed io le dicevo sempre: "Mamma non farlo!",
"Mamma, via, lascia quelle cose per noi"
Poi, benevola, lasciò che i suoi propositi rimanessero lettera morta
Adesso, pur avendo delle "fonti" a disposizione,
esito a servirmene

Ho anche riesumato una vecchia carpetta di scritti giovanili di mio padre,
(di questa sì mi ricordavo),
contenente fogli e foglietti di ogni dimensione
con sparse elaborazioni poetiche,
in vario grado di costruzione/decostruzione
Esprimono una ricerca, un desiderio di raccontare
i suoi stati d'animo,
ma anche una vigorosa ed intensa capacità descrittiva,
come quella che traspare da uno scritto interamente dedicato a Taormina
L'ho spostata da un luogo all'altro della casa
L'ho messa dove ogni giorno
la possa guardare e lei guardare me
E' una carpettina verde scuro, di plastica spessa,
con dentro una quantità di foglietti ingialliti
scritti con la penna stilografica,
fogli in copia dattiloscritta, leggere veline,
che potrebbero facilmente sbriciolarsi al primo tocco
E ancora se ne stanno là,
in attesa d’una mia attenzione
e d’una faticosa decifrazione
che solo dalla devozione d'un paziente lettore
possono scaturire
E, ancora, indugio
Penso, a volte, che sarebbe bello
se potessi scrivere una storia
di papà e mamma,
anche una storia romanzata (e perché no?),
per quanto fondata su fatti reali
Ma ancora non riesco a trovare dentro di me
le forze per far ciò
Arriverà il tempo, se mai arriverà
E se invece non dovesse arrivare
questo possibile racconto rimarrà per sempre
ad aleggiare come un fantasma
nel paese delle storie mai scritte
in un universo di infinite storie
E loro, comunque, vivono là,
in questo territorio sconfinato,
là si incontrano,
si parlano,
si raccontano
e continuano a vivere,
ancorati al mondo reale attraverso me,
perché io sono il tramite della memoria
per quanto esile possa essere quel cordone ombelicale
che ancora a loro mi lega
Per questo cerco di scrivere e scrivere,
perché so che in questo modo lì faccio vivere,
ma soprattutto so anche che, scrivendo e lasciando una traccia scritta,
per quanto modesta essa possa essere
loro potranno vivere ancora,
quando sarà venuto il mio turno di entrare nel Mistero
per unirmi a loro
Per questo motivo, a volte, essi compaiono nei sogni
come se volessero dirmi o ricordarmi qualcosa
o semplicemente dirmi: Ricordati di noi!

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9 giugno 2022 4 09 /06 /giugno /2022 10:41
Il tratto di marciapiedi che ho ripulito dalle macerie post-mercatino rionale (foto di Maurizio Crispi)

Ho fatto la mia solita passeggiata con il mio cane e, dopo essermi dilettato all’interno di Villa Costa e del Roseto, sono risalito lentamente lungo il marciapiedi di via Brigata Verona.
Oltre che dalle aiuole incolte, sono stato sgradevolmente colpito dalla quantità di rifiuti post-mercatino del giorno prima (che solitamente si svolge di mercoledì) abbandonati sul marciapiedi e sotto. Siccome c’era un grande sacco nero dei rifiuti vuoto, pure abbandonato, spinto da un forte sentimento di indignazione, mi son messo a raccogliere quanto ho potuto: pezzi cartone, fogli pubblicitari, incarti e sacchetti di plastica, bottiglie di vetro e plastica.
Rapidamente ho colmato quasi del tutto quel grande sacco.
L’ho appoggiato ad un paletto, anzi ce l’ho agganciato per evitare che si rovesciasse. Mi chiedo quanti giorni rimarrà lì prima che gli operatori ecologici (alias spazzini, senza offesa) lo rimuovano.
In altre città italiane “civili” la pulizia al termine della giornata di lavoro è a carico degli stessi venditori che poi lasciano i sacchi della monnezza ordinatamente impilati e, a quel punto, subentra il servizio comunale per la loro rimozione e per la pulizia finale della sede stradale.
A Palermo che il nostro sindaco uscente definisce con prosopea città “europea” ciò non accade. I commercianti hanno facoltà di sporcare e di lasciare sporco. E poi gli spazzini non puliscono o, se lo fanno, lo fanno solo in maniera sommaria.
C’è da indignarsi.
Vorrei che il nuovo sindaco (siamo in dirittura di arrivo per le elezioni comunali) agisse concretamente per evitare simili scempi in un città che non è europea ma più degnamente inquadrabile in altri contesti, in cui sporcizia e degrado sono la norma.

 

Il sacco di monnezza raccolto da me medesimo (foto di Maurizio Crispi)

Un buon sindaco dovrebbe essere capace di occuparsi di cose concrete e di risolvere i problemi materiali, trovando soluzioni, correggendo malgoverni incancreniti.
Il "buon" amministratore di una città, dovrebbe avere le stesse attitudini di un buon padre di famiglia, insomma, utilizzando una formula definitoria che ritengo sempre valida, anche se, quando ne lessi la prima volta, mi fece un po' ridere.
Sarà mai possibile avere al governo della nostra città un simile personaggio che non sia alla mercé dei venti e dei litigi della politica e che sappia imporre con mano ferma e autorevole delle linee-guida e degli orientamenti etici al sottobosco amministrativo, vincendo il suo immobilismo e la sua insipienza?
Oppure saremo costretti a subire l'ennesimo personaggio che se ne starà arroccato nella stanza del suo Palazzo, senza alcun contatto reale con i cittadini e senza alcuna conoscenza delle loro esigenze?
Sono molto pessimista al riguardo, lo ammetto
Tuttavia penso che azioni come quella mia di oggi (e mi rendo conto che la mia - da sola - rimane solo una goccia nel mare) se raccolte e riverberate da altri, alla lunga, possano fare la differenza, poiché potrebbero rappresentare (ma solo attraverso la ripetizione e la condivisione) un antidoto all’indifferenza che attanaglia con il suo greve peso tutti quanti.

 

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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