La spiaggia è deserta
l'aria fredda e asciutta
vibrante d'un chiarore diffuso
ma la luna - pur al suo massimo - non si vede ancora,
nascosta com’è dietro grandi nuvole
Due randagi vagano
lungo la spiaggia
e poi prendono a rincorrersi tra loro
in modi buffi, gioiosi,
con scarti, repentini cambi di direzione,
moine e rotolamenti e mugolii
vivendo così
momenti di felicità assoluta,
fuori dal tempo
Poco lontano
ombre si stagliano tra le ombre,
voci sommesse ed indistinte
fanno intuire che d'umani si tratta
e non di piante
Le luci dei lampioni tremolano
e il respiro profondo del mare,
carico di iodio e di aria pulita
giunge frizzante,
mescolandosi all’odore resinoso dei pini,
e, sullo sfondo, il fruscio della risacca,
continuo e rotondo
S'avverte nell'aria
un tenue sentore di legna bruciata
E poi soltanto strade vuote
Nelle rade case abitate
le finestre sono serrate
e solo qualche lama di luce
tra le fessure di scuri e serrande
lascia intuire
calore ed intimità domestica, forse
Al culmine del piccolo viaggio notturno
c'è un lungo tunnel buio,
dove i lampioni sono rotti,
e al fondo di questo pozzo insondabile,
i due occhietti rossi baluginanti
d'un auto in fuga,
distanti anni luce,
sembrano ricordare che il mistero della notte
è sempre grande,
e che navigarci dentro
talvolta può essere rigenerante
e condurre ad una nuova nascita
È la ciclicità eterna
del transito dal buio alla luce
C'è un gruppo di persone, uomini e donne che giocano con una palla
Ed io li guardo
Chi sono? Forse si tratta di un gruppo di degenti in una Casa di Cura per disturbi psichici (o una Comunità Terapeutica per pazienti psichiatrici)
Improvvisamente, la palla scompare, smarrita.
La situazione di armonia del gioco si interrompe bruscamente: chi si lamenta, chi piange, chi diventa aggressivo e accusa qualcuno di aver rubato la palla o di averla distrutta
Da una situazione collettiva in cui i diversi individui formavano un'unità attraverso il gioco si passa ad una di frammentazione e di frattura
Intervengono gli addetti: vorrebbero attivare delle pesanti misure repressive, in altri termini curando il sintomo, invece che cercare di rimuovere la causa o di trasformarla in qualche modo, facendola divenirte un elemento propulsivo verso un possibile cambiamento
Io mi sento obbligato ad intervenire
Quello che faccio suona come un intervento pedagogico, ex-cathedra
Lo scenario dunque cambia: adesso è come se fossi in una sala per conferenze
Sono seduto in una delle file di poltrone, peraltro vuote, in una grande sala deserta
Accanto a me, una donna che rimane senza volto, ma da cui mi sento ispirato
Più in alto su di una specie di proscenio sta il relatore che parla a nome di quelli che volevano attivare le misure repressive nei confronti dei giocatori frustrati
Ma, in un rovesciamento della situazione, sono io a parlare, io che sto in basso espongo il mio pensiero al relatore che sta in alto
Espongo le mie teorie con fervore e dico che, nella situazione appena accaduta, si sarebbero potute adottare diverse strategie non repressive, bensì creative
Una avrebbe potuto essere quella di mettersi tutti a discutere della scomparsa della palla, invitando ciascuno dei partecipanti alla discussione a costruire una storia sulla scomparsa della palla e fare in modo che i diversi racconti sulla palla svanita nel nulla rimbalzino dall'uno all'altro: come a dire, continuiamo a giocare a palla, anche se la palla - fisicamente - non c'è più. Lasciamo che la palla diventi un oggetto intangibile che, ciò nondimeno, si muove all'interno del campo di energie psichiche sprigionate da ciascuno.
L'altra, invece, avrebbe potuto essere una soluzione "magica", con un intervento degno di un deus-ex-machina
Mentre i giocatori privati del loro trastullo sono in preda alla frustrazione e alle loro variegate emozioni, facciamo in modo che qualcuno del personale prenda una palla e, da un luogo nascosto, la faccia ripiombare nel bel mezzo del gruppo dei giocatori che immediatamente sarebbero presi da un senso di meraviglia di fronte alla palla caduta dal cieli e, grati di un simile portento, riprenderebbero a giocare come se niente fosse accaduto, ciò nondimeno segnati dall'esperienza di un contatto improvviso con un'entità trascendente che, come ha levato, così restituisce.
A questo punto, il relatore sul podio cerca di frenarmi, ma il flusso del mio eloquio è veramente irrefrenabile.
Ecco: si è affacciato il mio brutto vizio di assumere nel momento meno opportuno un piglio troppo professorale
Eurinome, Dea di tutte le cose, sorse nuda dal Caos, ma non trovò nulla su cui poggiare i piedi, così divise il mare dal cielo e incominciò a danzare sulle onde.
Presa dalla sua danza si diresse verso Sud e per la prima volta sentì il vento turbinare alle sue spalle: decise quindi di iniziare la creazione proprio con il vento.
Si girò all'improvviso e afferrò fra le mani quel Vento del Nord, lo modellò finchè prese la forma di un serpente, il gran serpente Ofione. A quel punto continuò la sua danza frenetica per scaldarsi danzando ad un ritmo sempre più incalzante finchè Ofione, ebbro di desiderio, si accoppiò a lei. E così come fecondatore Vento del Nord, Borea, che solo sfiorando con il suo leggiadro tocco ingravida le giumente, Ofione fecondò Eurinome.
E subito ella si mutò in bianca colomba e danzando sulle acque depose l'Uovo universale.
Poi comandò ad Ofione di avvolgere 7 volte l'uovo con le sue spire ed allora l'Uovo si dischiuse e tutto ciò che esiste uscì da esso: il caldo sole, la candida luna, le stelle brillante ed i pianeti e la terra tutta con i monti incantati, i fiumi sinuosi e le erbe e gli alberi maestosi e i teneri fiori e con essi tutte le creature viventi. Eurinome prese residenza con Ofione sul monte Olimpo, ma Ofione cominciò a vantarsi di essere lui il Creatore di tutte le cose, così Eurinome si vide costretta a punirlo: gli sferrò un gran calcio in viso che gli fece perdere tutti i denti e venne relegato nelle buie caverne sotto la Terra.
Poi Eurinome creò i sette pianeti e i Titani e le Titanesse che governano le loro potenze: al Sole, Tia e Iperione; alla Luna Febe e Atlante; a Marte Dione e Crio; a Mercurio Meti e Ceo; a Giove Temi e Eurimedonte; a Venere Teti e Oceano; a Saturno Rea e Crono. Creò poi Pelasgo, il primo uomo.
Egli emerse dal suolo dell'Arcadia seguito da una schiera di suoi simili a cui insegnò a fabbricare capanne, a nutrirsi di ghiande e a cucirsi tuniche di pelli di maiali.
Eurinome, rappresenta un aspetto della Grande Madre delle origini (dalla Mitologia Greca - Mito Pelasgico ed in questo senso vedasi anche Robert Graves - storico - I miti greci, Longanesi)..
Eurinome Eurinome (a destra) e Teti con Efesto infante ed Oceano in tutta la sua grandezza Nome orig. Εὐρυνόμη Caratteristiche immaginarie Specie Oceanina e titanide Sesso Femmina Professi...
rubrica a cura di Silvana Narducci - Stadi, palla, squadre, folla, tifosi, non sono una prerogativa dei nostri giorni. Nell'antichità, infatti, il gioco già infiammava le folle. Per i Maya, civiltà
All'inizio Eurinome, Dea di Tutte le Cose, emerse nuda dal Caos e non trovò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò sola una danza sulle onde. Sempre ...
Alba ad Altavilla (24 novembre 2024) - foto di Maurizio Crispi
Alba, senza nuvole
Il cielo del primo mattino,
pulito e radioso
Un nitore che penetra
dritto nel cuore
come una freccia
portando con sé
la promessa d’un nuovo giorno
Questa notte, nel sogno,
sono stato a lungo con mio fratello
Mi incontravo con lui e con il suo badante
davanti ad un centro di selezione dell’esercito
C’era anche il cagnardo Black con noi
Lo portavo all’interno del compound
e, dopo aver camminato per un po’, entravamo in una struttura
simile ad un enorme bunker,
però a cielo aperto
Dopo aver superato alcune barriere architettoniche
lo collocavo davanti
ad una postazione di puntamento
Qui lui doveva sparare dei colpi
da un arma
dopo aver guardato nel mirino
e seguendo le istruzioni
impartite dal sottufficiale addetto
C’erano delle difficoltà, ovviamente,
ma mio fratello cercava di eseguire
con buona volontà e disposizione
Per lui era tutto nuovo
(del resto anche per me)
Mio fratello era contento,
eccitato positivamente,
ben disposto
Ciò che mi infastidiva
era il tono paternalistico di quel graduato
che quando si rivolgeva a lui o a me
lo chiamava “ragazzo”,
mentre il mio fratello del sogno,
per quanto in carrozzina,
era un uomo fatto e finito
Mio fratello non superava la selezione,
però ci aveva provato
e questo era di certo
un grande passo per lui
Poi, per un po’, da solo,
giravo per quella struttura
a forma di bunker
Girando dall’altro lato
scoprivo che vi era addirittura
una postazione di tiro
per carri armati
Li vedevo in azione
mentre sparavano colpi su colpi
Che paura!
Poi ritornavo
dove avevo lasciato mio fratello
Per raggiungerlo dovevo scendere
al piano di sotto
per mezzo di una stretta scaletta
di legno, precaria e scricchiolante
Intravedevo in fondo il Black
che vedendomi scendere
mi veniva incontro
e mi saltava addosso festosamente
poggiando con le zampe anteriori
sul mio torace,
creando un gran subbuglio
e mettendomi in pericolo
di cascare giù
assieme a tutta quella scala
così incerta ed instabile
(traballante)
Poi ero ancora lì ad aggirarmi
nel compound,
cercando un posto
dove sistemarmi con il sacco a pelo
per passare la notte
Alcune reclute sfaccendate
mi dicevano che di lì a poco
sarebbe arrivato un esperto di sostanze d’abuso
per parlar loro dei rischi derivanti dal loro utilizzo
Mi dicevano anche il suo nome:
io capivo che in passato
ne avevo fatto la conoscenza
e ci avevo anche lavorato insieme
Mi sorprendeva il venire a sapere
che avrebbe dormito
in sacco a pelo,
lì, accanto a me, nel compound,
assieme alle reclute
Pensavo che ciò era
una mossa tipica del personaggio
che, con gesto istrionico e di volpone populista,
metteva in atto
una strategia per potenziare
la sua credibilità oratoria
e per indurre i destinatari
dei suoi messaggi
a pensare che fosse uno di loro Mah! Che mezzucci!
La cosa curiosa ed esaltante
era che al compound,
prima dell’incontro con mio fratello,
io fossi arrivato librandomi
su d'una fantastica sedia volante
Nulla di tecnologico, però,
si badi bene
Si trattava d’una comune sedia in legno
con davanti un vassoio reclinabile,
priva di qualsiasi dispositivo di sicurezza,
tipo cinture o imbracature
Ci si doveva soltanto sedere su
e, quindi, premere un pulsante
dopo di che la sedia andava
per conto suo,
seguendo la sua rotta,
o meglio la mia, in questo caso,
ma non v’era alcun dispositivo di guida,
a parte quel pulsante rosso,
per lo start iniziale
Mi rendevo conto
che spostandomi per la città,
allo scopo di evitare ostacoli vari,
tipo pali della luce, segnaletica verticale,
cavi elettrici aerei
e cartelli pubblicitari e altri veicoli volanti,
occorreva volare più in alto possibile
La sedia, pur in assenza di comandi manuali,
ubbidiva docilmente al mio pensiero
e mi portava in alto
dove l’aria si faceva rarefatta
e gli uomini e le auto in basso
si rimpicciolivano
sino alle dimensioni di soldatini e modellini di plastica
All’improvviso mi rendevo conto
dell’altitudine che mi dava le vertigini
e cominciavo a sudare freddo,
preso dal timore
di poter scivolare giù
non essendo assicurato a nulla
Mi si torcevano le budella
La sedia imperturbata
continuava il suo volo
ed io con lei
Non avendo nient’altro da fare
mi aggrappavo spasmodicamente
a quella ribaltina mobile
di cui era corredata la sedia volante
Mi sentivo decisamente ridicolo,
eppure continuavo a volare
Era un volo perturbante,
ma nello stesso tempo bellissimo
Pur spaventato,
ma ad un tempo affascinato,
pensavo che avrei dovuto far provare
quella sedia magica a mio fratello
Cammino a piedi, percorrendo una lunga strada che porta ad una località di mare, caratterizzata da una vasta spiaggia, fiancheggiata da grandi alberi ombrosi
È uno di quei giorni in cui tutti vanno al mare, creando muri di folla spasmodica, urlante, sudata, accaldata, febbrile
Non è certo uno dei giorni migliori per andare al mare, perchè si deve faticare per trovare un posto dove fermarsi e, dopo che lo si è conquistato, bisogna starsene con il culo incollata alla tovaglia perché appena ti muovi invadono la tua postazione o calpestano, incuranti, i tuoi effetti personali
Mentre mi avvicino sempre di più al lungomare passo accanto ad un rudere molto grande e sbircio attraverso alcune brecce nei muri
È davvero affascinante!
Vorrei penetrare al suo interno ed esplorarlo
Sento però delle voci provenire dall’interno e ciò mi trattiene dall’entrare a mia volta
Ho l'impressione che le voci provengano da una struttura a forma di sarcofago posta al centro di un grande ambiente fatiscente
“C’é qualcuno lì dentro”, penso
Contemporaneamente, mi si rafforza nella mente l’idea che tornerò in seguito ad esplorare quella struttura, possibilmente di notte o in una giornata meno frenetica, e che mi infilerò proprio dentro a quel sarcofago
Riprendo a camminare verso il mare ed incrocio un ragazzino che cammina in direzione opposta
Lo fermo e gli dico: “Hai notato quella struttura? È affascinante! E poi, all’interno c’è una specie di sarcofago. Da ragazzo, di sicuro, sarei penetrato al suo interno per starci dentro e vivere le avventure che leggevo nei romanzi. magari ci si potrebbe trovare anche un tesoro!”
Sono adesso al margine della spiaggia superaffollata
Non sono da solo, ma la mia comitiva rimane indistinta
Mi sono sistemato su di una piccola piattaforma di cemento rialzata, con effetti personali e tovaglia, ma ho anche con me un piccolo marchingegno piazzato su di un carrello a ruote che serve per friggere
Indubbiamente qualcosa di insolito da portarsi al mare, ma questo dispositivo c’é (incongruamente: del resto i sogni sono spesso il reame di accadimenti incongrui e bizzarri)
Nel mentre arriva un friggitore vero con il suo baracchino
Mi squadra e comincia a piazzare le sue cose, proprio a ridosso delle mie, bofonchiando qualcosa circa il fatto che quello sia da sempre il suo posto, la SUA postazione, nei secoli dei secoli ed amen. E insinuando, dunque, che io sia, di quel suo spazio, un illegittimo usurpatore.
Animato da un improvviso ed irrefrenabile impulso che non mi è usuale, io - con un calcio violento - rovescio a terra il baracchino del friggitore, con tutto il suo contenuto
L’olio fuoriesce e si spande sul terreno
Il friggitore mi rivolge allora uno sguardo assassino, preparandosi a consumare una vendetta per l’affronto subito
Io lo fisso impassibile, pronto a fronteggiare le conseguenze del mio gesto, quali che siano, e a rintuzzare l’attacco che verrà
Sono sicuro che sarò in grado di difendere la postazione dal friggitore impazzito
Un brivido mi corre per la schiena
Sudore freddo scende per la mia fronte
Che non si tratti del friggitore seriale,
pericoloso serial killer
(omologabile quanto a stravaganza
al famoso Illinois Enema Bandit)
di cui scrissi in una mia traccia
alcuni anni fa?
Ho sognato che ero alle prese con un pericoloso omicida seriale Lo chiamavano Il Friggitore perché usava calare le sue vittime designate in un grande calderone pieno di olio bollente e friggerle ...
Merda di cane abbandonata (foto di Maurizio Crispi)
Questa è bella
Intervento geniale e creativo
in cui la parola si unisce al (mis)fatto
da parte di un Censore che dà voce allo sdegno di una parte dei cittadini offesi e vilipesi
Immagino questo Censore ignoto che, fornito di cartoncini bianchi e di pennarello, gira per le vie della mia città
con la mission di contrassegnare con il suo cartellino le deiezioni dei cani abbandonate da padroni incivili e irrispettosi.
Questo Censore è come l’arbitro di una partita di calcio che assegna ai giocatori che non rispettano le regole cartellini gialli e rossi.
La sua mission alla fine potrebbe sortire dei risultati positivi, sulla base del principio: “Colpirne uno per educarne cento!”
Il problema è che i trasgressori della norma e delle regole di civile convivenza hanno stomaci foderati di cuoio e, il più delle volte, sono immuni dal senso della vergogna e, del pari, non si sentono in colpa (e nemmeno sono sfiorati dal sentimento di colpa)
É questa una foto che potrebbe diventare iconica del malcostume imperante
Ho visto una donna rovistare nei cassonetti
alla ricerca di oggetti utili e di valore
o anche inutili e di scarto,
ma di suo gusto
Ho visto uno chinarsi
per raccogliere gli escrementi
del proprio cane
Ne ho visto un altro
andar via senza pulire,
strafottente
Ho visto una gattara
curarsi amorevolmente
d’un gattino che ha trovato casa
nella Loggia dell’Incoronazione
e che è, dunque,
gatto incoronato e di nobile lignaggio
Ho camminato per vicoli bui e stretti percorsi da auto e moto
a velocità folle
con fasci di luce perentori
che violentano il buio
La città è bellissima,
ma anche indicibilmente sporca
Ondate di fetore
assalgono le mie narici
Decomposizione e terrore
e insieme l’estasi sublime
della bellezza di cose millenarie
Maurizio Crispi (14 novembre 2024)
La vetrina di una bottega del Mercato delle Pulci a Palermo (Foto di Maurizio Crispi)
Ogni tanto,
(ma, con il passare degli anni,
ciò accade più di frequente)
la morte porta via qualcuno che conosciamo
e allora si fa la conta
cercando di rimemorare
con esattezza chi è rimasto
e chi se ne è andato
A volte si è sopraffatti
al pensiero che i nostri morti
si siamo fatti più numerosi
di coloro che sono ancora vivi
Un nutrito drappello,
mentre i viventi sono sempre più rarefatti
Nelle stesse circostanze
capita che si voglia fare una rassegna
dei propri acciacchi
e delle proprie debolezze,
gli uni e le altre drammaticamente
avanzanti con l’età
Magari si prende a ridere
la voglia di far ciò
Si fa anche qualche battuta
Dietro scherzi e scherno,
dietro lazzi e frizzi,
c’è tuttavia un pizzico di disagio,
nel contemplare il tempo che fu
e nel guardare il tempo che fugge
e si fa più stretto
I giovani sono pochi ed evanescenti
La conta dei morti cresce
di anno in anno
di mese in mese
e ad onorarli
c’è il più delle volte
una folla di vecchi,
sempre più vecchi
Si va avanti a testa alta
uniti dalle circostanze luttuose
perché l’unione fa la forza
Ci si stringe gli uni agli altri
Ma la muta domanda che s’impone é:
Chi sarà il prossimo?
Per chi suonerà la campana?
#fotodimauriziocrispi La foto: Graffito di piccole dimensioni sul muro perimetrale dell’Istituto Don Bosco, in via Saverio Scrofani (Palermo)
Sono in una struttura della ASP
Non è un presidio adibito alle degenze
o ad attività ambulatoriali,
ma solo ad uffici
Ci sono andato per sbrigare qualche pratica
o per conferire con qualche funzionario
Adesso non ricordo bene
L’edificio è fatiscente,
cadente,
decadente
È come se portasse addosso
il peso di anni di incuria,
di abbandono,
di trascuratezza
Arrivo in una stanza
occupata da alcuni
Mi sembra di ricordare
di esserci già stato prima
La disposizione dei mobili da ufficio
mi ricorda qualcosa
C’è un grosso buco nel muro
dai contorni irregolari,
come per effetto di un bombardamento
Mi dicono che stanno per iniziare dei lavori di ampliamento della stanza
Prima di andare via
vorrei andare in bagno
per fare due gocce
Entro nel locale adibito
e mi ritrovo in una spelonca
umida e gocciolante
Il Wc è inutilizzabile
poiché è intasato sino all’orlo
di una brodaglia maleodorante
Tutti gli altri pezzi sanitari
sono pieni d’acqua,
apparentemente pulita,
tenuta di riserva
(evidentemente qui
ci sono degli stacchi
consistenti nell’erogazione di acqua potabile)
e inoltre ogni superficie
e persino il pavimento
sono occupati da recipienti
di ogni tipo e dimensione
pieni di d’acqua pulita di riserva
Non so che fare
In quel WC intasato di melma
mi rifiuto di pisciare
(a parte il fetore orrendo,
mi dà l’idea che un essere immondo,
serpentiforme,
possa balzare fuori da quelle tetre acque
e ghermirmi in un sol boccone)
Non ci sono soluzioni alternative,
a meno di non fare la pipì per terra
(e ciò mi sembra scorretto)
Oppure, mi balena in testa l’idea geniale,
potrei svuotare uno dei recipienti
pieni di acqua pulita,
e usarlo come pitale
per depositarci dentro la mia nobile urina!
Mi sembra una soluzione accettabile
e, quindi,
cerco di selezionare il recipiente più idoneo
È come andare alla ricerca di un Graal
La situazione potrebbe essere
quasi comica,
ma è in realtà disperata
Alla fine lo trovo,
non troppo grande
e neppure troppo piccolo
Si pone il problema non indifferente
di dove riversare il suo contenuto
(l’acqua pulita)
e siccome non vi è alcuno scarico libero
o funzionante
mi risolvo a versarlo a terra
sulle piastrelle sbreccate e consunte
E poi procedo
Con mio imbarazzo
il contenuto
man mano che procedo nella bisogna,
tracima oltre l’orlo
e va ad aggiungersi
all’acqua che ho già versato
La mia strategia s’è rivelata fallimentare!
Vado via subito, alla chetichella,
sperando che nessuno abbia registrato
la mia presenza
Arrivo a casa mia nel cortile
dove solitamente parcheggio l’auto
Ci sono dei lavori in corso
alla ricerca di una falla
nelle tubature più profonde
Tutti i box
hanno le saracinesche aperte
e dovunque squadre di operai
stanno facendo degli scavi
Gli oggetti contenuti nei box
da molti usati anche come magazzini
per cose vecchie e di scarto
sono stati tutti posti all’esterno,
senza alcun criterio
Provo una grande rabbia per questo
Vorrei porre rimedio
ma non c’è nulla da fare
I box sono diventati cantiere
e non vi si può più accedere
Ci avviamo con Gabriel,
comparso all’improvviso
per andare da qualche parte
Un cane (sconosciuto)
ci segue trotterellando
tenuto al guinzaglio
Ma ecco che arriva l’altro Black
che caracollando come un cavallo
si affianca gioiosamente
e ci fa da scorta
Mi preoccupo subito
di non poter gestire la situazione
Black senza guinzaglio
è un pericolo costante
soprattutto nei riguardi dei cani
più piccoli e minuti
E allora risolvo il problema
salendo in groppa a Black
e cavalcandolo
come fosse un nobile destriero
Sappiamo che il burattino di legno voleva essere un bambino di carne e ossa
La rosellina di plastica era triste perchè avrebbe voluto essere un fiore vero.
Io le ho detto: Non essere triste! Sei bella anche così e poi durerari molto più a lungo di qualsiasi fiore vero"
E la rosellina mi ha detto: "Non voglio vivere in eterno, voglio essere un fiore vero, anche se dovessi durare per un solo giorno. Voglio essere annusata e voglio che chi mi si avvicini possa cogliere la mia fragranza
Voglio sentire dentro di me la tensione della crescita del fiore ancora in boccio la cui linfa preme per trasformarsi in petali, stami e pistilli..."
E a questo punto la rosellina non disse altro
Si chiuse nel silenzio triste d'un impossibile sogno
E io non potei dire null'altro per placare la sua malinconia.
Forse per consolarla, la raccolsi dal pavimento di nudo cemento dove era stata gettata con sprezzo e la deposi su di una fioriera, accanto a dei fiorellini di lantana, dall'odore pungente ed aspro.
Mi commiatai da lei: "Buona vita a te, Rosellina: magari un giorno il tuo sogno di esser vera sarà esaudito..."
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.