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16 ottobre 2025 4 16 /10 /ottobre /2025 11:38

Si arrivava in genere per nave, essendo partiti nel tardo pomeriggio dal Pireo, alle prime luci dell'alba.
Si metteva piede a terra e ci si doveva inerpicare su per una ripida strada sino al centro abitato. Non ricordo che ci fossero taxi o bus, allora, se non un servizio rudimentale di trasporto dei bagagli per chi non avesse lo zaino, a dorso di mulo.
Infatti, c'erano i muli "parcheggiati" all'inizio della strada (simile a quella che conduce al santuario di Santa Rosalia, per intenderci) e vicino a loro i mulattieri che si proponevano per il loro servizio. I più affaticati potevano anche essere trasportati sul mulo.
Vedere tutto ciò all'arrivo, alle prime brume dell'alba, sembrava riportare all'indietro l'orologio del tempo, rispetto al luogo da dove si veniva...

Correva il 1990 e a Santorini volli andare

Il mio viaggio a Santorini avvenne nella tarda estate del 1990.
Fu come tante cose che feci in quegli anni il risultato d'una decisione d'impeto.
Perchè scelsi di andare proprio a Santorini? 
Non saprei.

Veduta di Santorini (foto di Maurizio Crispi)

Forse - pochi mesi prima - mi era capitato di leggere un breve romanzo di Henry Miller ambientato nelle isole dell'Egeo (Il Colosso di Marussi) anche se dei diversi luoghi citati non si parla affatto di Thira.
Forse, nel mio animo riecheggiavano anche altre letture, tra cui Il mago di John Fowles che vede come sua ambientazione principale una piccola isola greca, ma per certo ebbe un notevole peso in questa mia decisione il riecheggiare di un viaggio effettuato alcuni anni prima in assetto familiare e che ci portò anche ad esplorare l'isola di Creta e la regia di Cnosso.

Molte e tante furono dunque le suggestioni che mi indussero a pensare a Satorini, come mia meta di viaggio, una scelta che fu di sicuro molto poco riflessiva e guidata dalla pancia, per così dire, oltre che dal desiderio di confrontarmi con un luogo in qualche misura mitico e dotato di grande fascino

Fu una vacanza di circa 15 giorni.
Ero allora nel pieno della mia preparazione per la partecipazione ad una maratona (forse avevo in programma la maratona di Berlino nel settembre successivo).

Quindi andai, fermamente deciso ad unire assieme lo sport e il turismo, realizzando al contempo  uno stacco in solitudine da realtà controverse, conflittuali, nelle quali mi sentivo ancora dolorosamente immerso.

Cosa ricordo della mia vacanza a Santorini?
Innanzitutto il primo impatto con una natura selvaggia ed ostica, pietra lavica dovunque, nera e scura, in taluni punti rossastra.
Un'enorme mezzaluna di roccia vulcanica che racchiudeva un ampia laguna al cui centro si stagliava un isolotto brullo (Nea Kameni) che era quel che rimaneva dell'antico cratere vulcanico.
Al di là, altri isolotti nerastri racchiudenti l'orizzonte e che contribuivano a chiudere, per quanto con dei segmenti spezzati un vastissimo cerchio attorno all'isolotto centrale; di questi il più ampio è Therasia.

Santorini vista dal satelitte (dal web)

L'isola principale che è Thira e quelle perimetrali - queste ultime scarsamente abitate - rappresentano ciò che rimane di una vastissima caldera, dopo un'immensa esplosione eruttiva che portò una parte degli ampi terreni che costituivano un'isola ben più grande dell'attuale (di forma grosso modo circolare) ad inabissarsi nel mare.

Forse proprio da quest'evento catastrofico che si verificò nel XVI secolo AC e che, secondo gli storici antichi fece oscurare il sole per via delle polveri vulcaniche sollevate nell'atmosfera, si originato il mito del continente sommerso di Atlantide.

Appena arrivato, mi resi conto che per girare l'isola occorreva un mezzo e fu così che, sin dal primo giorno (arrivai in nave alle prime luci dell'alba), affittai una scassata motorella, ma tuttavia sufficiente a portarmi in giro da un capo all'altro dell'isola principale.

Le mie giornate presero rapidamente un ritmo ben preciso.
La mattina presto mi dedicavo all'allenamento di corsa e, per l'esattezza, correvo per circa venti chilometri al giorno, raggiungendo ogni volta l'estremità della mezzaluna e tornando indietro, un giorno andando in una direzione e il giorno successivo nell'altra.
Per arrivare all'estremità partendo sempre dal centro abitato principale che si trovava a metà circa della mezzaluna c'era una distanza di circa 10 km: quindi erano, ogni volta,10 km all'andata e dieci al ritorno: a giorni alterni, sempre correndo sulla stessa distanza, facevo dei lavori specifici, seguendo un piano di allenamento che un mio amico aveva predisposto per me.

Mentre correvo, pensavo e riflettevo, riempendomi  la testa di un distillato di emozioni e sensazioni per il fatto di trovarmi lì in quell'isola in cui sembrava che si unissero le forze primordiali dell'acqua e del fuoco.

Tornato dalla corsa e dopo una breve seduta di ginnastica e stretching (e spesso con una pausa di lettura e di aggiornamento della mia agenda) me ne partivo in esplorazione con la motorella e andavo girando per l'isola minuziosamente senza lasciare che una singola parte di essa mi sfuggisse, peraltro guidato da ciò che avevo visto e osservato durante le mie corse quotidiane e che aveva attivato la mia curiosità.
A volta, sì, andavo anche al mare, mi mettevo in costume, me ne stavo al sole o sulla riva delle spiaggia sabbiose di bigia sabbia vulcanica che si trovavano tutte sul lato esterno dell'isola, decisamente più morbido e digradante, ma per me era più importante esplorare, e direi quasi "bere" - sino ad inebriarmene - l'atmosfera dell'isola, fermarmi nei punti più panoramici ad osservare, oppure sedermi in piccoli caffè ad osservare la gente.

La gente! Si c'era tantissima gente, di ogni nazionalità, in centinaia e centinaia, se non in migliaia, alcuni sbarcavano soltanto per poche ore o rimanevano per pochissimi giorni, altri erano più stanziali. Gli autoctoni quasi scomparivano di fronte alla numerosità degli stranieri.
Tantissimi gli americani e i tedeschi.
Il pregio dell'isola, tuttavia, risiedeva anche nel fatto che, essendo molto grande, durante il giorno tutti si disperdevano in giro qua e là. 
Soltanto la sera si acquisiva la consapevolezza della compattezza e della vastità di queste falangi di turisti in massima parte e di viaggiatori veri (solo una minoranza), poiché andava a finire che tutti si ritrovavano nelle piazze principali del borgo abitato principale (Thira) e della cittadina abbarbicata ancora più in alto sul costone della montagna (Imerovigli).
Imerovigli era più frequentata per i suoi deliziosi piccoli caffè che consentivano a chi si sedesse a quei tavoli in portici ombreggiati di far spaziare lo sguardo verso il centro della caldera,  dove sovente in corrispondenza di Thira stava ormeggiata una grande nave da crociera o da dove partivano imbarcazioni più piccole per escursioni verso Nea Kameni oppure Therasia.

Thira (o Santorini), invece, era più frequentata di sera dove frotte di gente si muovevano chiassose per consumare dei pasti raffazzonati presso numerose bettole fumose allestite al centro delle strade e protette da rozzi ripari di tela grezza, oppure alla ricerca di piccoli ristoranti un po' più raffinati. 
Io mi limitavo alle bettole, sia perchè non volevo spendere troppo, sia perché adoro il cibo che vi si ritrova (molto simile al nostro cibo da strada), dove è possibile sempre un'ampia scelta di cibi gustosi e speziati (a partire dai souvlaki, sino agli involtini di riso e carne il cui esterno è fatto di foglie di vite (dolmades), passando dalla moussakà e dai peperoni o pomodori ripieni (Gemistà), buonissimi, per quanto indigesti) da innaffiare con birra oppure con l'onnipresente retsina.
Ogni tanto arrivava un violento acquazzone serale determinando un fuggi fuggi generale e il cibo mezzo mangiato rimaneva abbandonato sui tavoli, in piatti frugali di ceramica povera semiallagati.
Come di giorno ero determinato a perseguire il mio allenamento (i famosi 20 km), così di sera vagavo oziosamente, lasciandomi trascinare dalla folla, andando dove mi portava il vento, ma non indugiavo mai in queste peregrinazioni da flaneur oltre una certa ora, poiché dovevo essere pronto il giorno dopo per il mio allenamento da stakanovista.

 

Santorini (foto di Maurizio Crispi)

Vivevo tutto come trasognato, devo dire, senza mai stabilire relazioni di nessun genere con altri, o almeno molto di rado.
Stavo molto sulle mie. Osservavo, guardavo, registravo dettagli nella mia mente.

Non ero interessato alla dimensione interpersonale. Non c'era spazio per altre persone con cui interfacciarmi; fondamentalmente, ero intento a risanare le mie ferite. Ero forse come un guaritore ferito.
Forse, ero  più focalizzato sulla mia interiorità sofferente, ma ciò nondimeno aperta alla meraviglia. 

Ricordo che, in quei giorni, scrivevo molto nella mia agenda e in foglietti volanti che avevo con me, cercando di catturare i miei stati d'animo, anche i più volatili, e i miei sogni: cercando di tradurre in parole e frasi i colori, i suoni, gli odori e tutte le altre sensazioni che mi attraversavano nell'intera gamma delle loro sfumature.

Leggevo anche, ma non ricordo proprio quali libri mi fossi portato da leggere in quei giorni: su questo aspetto c'è il buio più totale, a differenza di altri viaggi che ho compiuto nella mia vita, nel ricordo di ciascuno dei quali campeggia un libro (talvolta due) che hanno lasciato il segno dentro di me, integrandosi perfettamente nel mio ritmo interiore e nella meraviglia della scoperta.

Facevo anche cose da turista. Un giorno andai a visitare gli scavi archeologici dell'isola, in un sito dove è stata scoperta un'intera città che rimase sepolta sotto le ceneri della grande eruzione vulcanica che decretò la scomparsa della evoluta città (ed isola di Santorini), una sorta Pompei, insomma.
Poi, partecipai anche ad una gita organizzata che portava i partecipanti per mezzo di una semplice imbarcazione a Nea Kameni e forse anche a Therasia (ma adesso non ricordo bene): vedo nella mia mente un'immagine di tanti che camminavano in fila lungo un brullo crinale di pietre vulcaniche e poi mi sovviene ancora sul punto più altro di Nea Kameni il ricordo di un grosso masso di ossidiana (che debitamente fotografai) sulla cui superficie liscia una mano ignota aveva vergato in grandi caratteri a stampatello quest'esortazione: "Make love slowly" che mi lascio incantato, per quanto malinconico, poiché in quel momento non avevo riserve d'amore da poter dare e niente amore del tutto da ricevere (e l'amore, in quanto sesso, non lo facevo nè rapido, nè lento).
In fondo ero solo nell'intero universo. un corridore solitario - a volte un camminatore - sperso nel bel mezzo di infiniti campi di lava e, giorno dopo giorno, la sedimentazione del sommarsi di queste impressioni, emozioni e sensazioni, mi porto a scrivere un lungo racconto in cui si narrava di uno che instancabilmente correva in una corsa solitaria, infinita e interminabile.

Ero inebriato da ciò che vedevo.
Densi contrasti cromatici
Il nero o il rosso della pietra lavica
Il bianco abbacinante delle pareti delle case ricoperte da intonaci grossolani
L'azzurro delle cupolette soprastanti le unità abitative e delle cupole ben più grandi delle chiese costruite nei luoghi più elevati dell'isola, attorno alle quali le casette si addensavano come greggi di pecorelle.

E poi ancora l'azzurro dei tetti e degli scuri delle finestrelle che si intonava perfettamente con l'azzurro del mare e del cielo.

C'era da ubriacarsi di sensazioni ed emozioni. E ogni giorno bevevo avidamente da questo calice che il luogo mi offriva
 

La turista americana affine (foto di Maurizio Crispi)

Un giorno, andavo sulla mia motorella (forse proprio nel giorno in cui feci l'escursione al sito degli scavi archeologici) e vidi che una tizia (una turista) camminava sulla strada sconnessa e polveroso, borsa a tracolla e un berrettino che le copriva solo parzialmente dei lunghi capelli). Quando fui alla sua altezza mi fermai e le chiesi dove stesse andando e se volesse un passaggio. Ci intendemmo alla perfezione poiché parlava inglese (era americana, come scoprii in seguito)
Mi disse che stava andando proprio dove ero diretto io
Le dissi di montare in sella che saremmo andati assieme.
E da lì partì una giornata fantastica di esplorazioni e di conversazioni
Forse capitò anche che andassimo al mare assieme (ma adesso questo dettaglio non lo ricordo bene).
Forse ci furono anche lievi conversazioni in cui scoprimmo di avere delle affinità. Era una psicologa statunitense e lavorava ad un progetto di studio sulle personalità borderline, mi disse. 
E io ero psichiatra. Eccellente sintonia, anche su questi aspetti. Ma non parlammo solo di questo.
Parlammo di ciò che vedevamo e di ciò che ci colpiva.
Era una conversazione disincantata come solo può accadere tra due persone di sesso diverso che, incontrandosi, accantonano sin da subito qualsiasi intento di reciproca seduttività o semplicemente non ci pensano.
Riguardando indietro a quell'incontro, devo dire che quella che mi capitò di incontrare era una giovane donna carina, se non addirittura bella, oltre che intelligente e di gradevole conversazione.
Eppure quell'incontro non portò a nulla: al termine della giornata trascorsa assieme con grande diletto ci separammo. Forse ci scambiammo i rispettivi indirizzi al fine che io le potessi inviare copie delle foto che avevo scattato. Ma non saprei dire se lo feci veramente. In ogni caso, quell'indirizzo, se mai l'ho avuto, l'ho smarrito.
Ci separammo e fu un incontro conchiuso in se stesso. Io ero troppo oberato dalle mie vicissitudini di vita dalle quali desideravo soltanto di potermi disintossicare per potere pensare ad altro.
Non ci incrociammo più durante il mio restante soggiorno nell'isola.
Eppure fui grato di quell'incontro che mi donò lievità e spensieratezza.

In una diversa circostanza mi imbattei in una giovane svedese, anche lei molto giovane, che girava a fare delle foto alle cupole delle chiese e ai tetti delle case, azzurri e bianchi abbaglianti che si stagliavano contro lo sfondo del cielo azzurro e luminoso, e che poi - come mi spiegò - avrebbe usato per dipingere le sue tele, delle quali - aggiunse - di lì a poco avrebbe organizzato una mostra (oggi con parola più raffinata e blasé, si direbbe vernissage) mi uno spazio che le era stato messo a disposizione.
Ci andai a quella mostra e passammo molto tempo a chiacchierare delle sue opere, alcune delle quali erano di grandi proporzioni, non certamente miniature.
Lena - così si chiamava - pensava in grande: non si limitava alle miniature.
I suoi colori e il suo tratto riuscivano perfettamente a catturare l'essenza di quelle case e di quelle chiese ed anche forse una parte del segreto di quel cielo così intensamente azzurro.

Mi invaghii di uno dei suoi quadri. Fu un colpo di fulmine e, senza esitare, le dissi che avrei voluto comprarlo.

Il quadro della pittrice svedese Lena Johanson (Foto di Maurizio Crispi)

Al momento del pagamento risultò che, quando le avessi pagato il prezzo della sua tela, sarei rimasto senza denaro per i restanti giorni del mio viaggio (ed eravamo ancora in un'epoca in cui i prelievi bancomat internazionali non erano attuabili).
Lei si fidò di me e mi disse che io avrei potuto pagarle il dovuto tramite bonifico bancario al mio ritorno in Italia (cosa che io, ovviamente, feci puntualmente).
Le scrissi in seguito, mandandole anche una foto per farle vedere dove avevo collocato, a casa, quel suo quadro e come l'avessi fatto incorniciare, per valorizzarlo ancora di più (per comodità di trasporto, mi aveva dato soltanto la tela, schiodata dalla sua intelaiatura in legno).
Ci vedemmo ancora qualche volta prima della mia partenza
Avrei voluto invitarla a cena, ma poi non ne feci nulla.

Avevo con me la mia agenda che adesso a distanza di oltre trent'anni ho riesumato, un'agenda piena zeppa di appunti fitti e quasi indecifrabili, quasi geroglifici al mio sguardo di adesso. E quando le pagine non bastavano aggiungevo dei foglietti volanti datati. Descrizioni minuziose dei paesaggi e di ciò che vedevo. Annotazioni maniacali e ossessive dei miei allenamenti giornalieri. Poco o nulla su incontri con altri e con queste due persone di cui ho brevemente parlato, attingendo esclusivamente ai miei ricordi.
Vivevo come in un guscio che, all'esterno, mi proteggeva dall'impelagarmi in storie e relazioni che in quel momento non desideravo e che, con la sua faccia interna mi proteggeva dal dovermi confrontare con emozioni che non desideravo sperimentare.

Da alcune di queste annotazioni nacquero degli scritti più compiuti, tra i quali il lungo racconto di cui ho parlato prima e che venne ospitato in due numeri della rivista CorriSicilia.

E questo è quanto

Fu questo viaggio una terapia per il mio animo esacerbato?

Non so, ma sicuramente mi lasciò dentro molte cose.

 

Una piccola chiosa. In quegli anni, quando non c’erano ancora i telefonini, viaggiare significava “staccarsi” totalmente del luogo di origine e dalle consuetudini quotidiane.
per tutto il tempo del viaggio si usava scrivere cartoline o lettere ai parenti lontani (che magari sarebbero arrivate dopo il nostro arrivo). Ma, pur con questa sfasatura temporale, questo modo serviva a tenersi in contatto con i propri cari, anche se in maniera meditata e “lenta”.
Ogni tanto, occasionalmente si telefonava anche, utilizzando i luoghi di telefonia pubblici (evitando di chiamare dagli alberghi che aumentavano il costo della chiamata a prezzi di strozzinaggio), e si parlava con collegamento vocale incerto e con un sottofondo di suoni da disturbo della linea: erano queste, peraltro, telefonate, peraltro scarsamente significative dal punto di vista della comunicazione, ma era giusto un modo per far sentire la propria voce.
Al giorno d’oggi con l’abuso dello smartphone e per il fatto di essere continuamente collegato in rete in tempo reale con il luogo dal quale, viaggiando, intendiamo allontanarci, é mortificata profondamente l’esperienza del viaggiare in cui occorre principalmente essere soli con se stessi per potere assorbire tutti gli elementi della nuova realtà che stiamo esplorando, per riflettere sulla nuova esperienza che stiamo conducendo e per ricomporre pezzi della nostra esistenza, per poi riportare tutto a casa per poterlo narrare a noi stessi e agli altri.
In questo senso - prima dell’avvento della telefonia mobile - tanti anni fa viaggiare era davvero un’esperienza autenticamente "terapeutica".

Paradossalmente, allora avevamo di meno, ma nello stesso tempo - e forse proprio per questo - avevamo molto di più e non ce ne rendevamo conto.

Le mie foto a Santorini (solo alcune, prevalentemente quelle in BiancoNero)
Le mie foto a Santorini (solo alcune, prevalentemente quelle in BiancoNero)
Le mie foto a Santorini (solo alcune, prevalentemente quelle in BiancoNero)
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Le mie foto a Santorini (solo alcune, prevalentemente quelle in BiancoNero)

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14 ottobre 2025 2 14 /10 /ottobre /2025 11:28

Sono stati disseminati degli indizi
sul terreno
Gli intrepidi dovranno compiere
un percorso, seguendoli
Non è facile individuarli questi segnali
Bisogna aguzzare l’ingegno,
occorre interpretare
Nulla è ovvio,
nemmeno scontato o facile
Si sa questo per certo:
alla fine del percorso
si arriva ad un grande albero
Qui bisogna girarsi di 90 gradi
e quindi, dandogli le spalle,
occorre muovere dei passi precisi e misurati
verso destra,
quindici per l’esattezza
E poi non rimane che scavare
Chi sarà così bravo
da seguire il percorso
sino alla fine
sarà ricompensato
La ricompensa andrà al di là
di ogni suo sogno

Maurizio Crspi (12 ottobre 2024)

La mappa del tesoro disegnata da mio padre, per me bambino

La mappa del tesoro disegnata da mio padre, per me bambino

Un ricordo d'infanzia. L'Ospizio Marino (così si chiamava allora questa struttura) era sul mare, costruita appositamente in un luogo soleggiato, poiché era stata inizialmente pensata come luogo di cura per il rachitismo (che all'inizio del XX secolo, ancora imperversava).

E, quindi, dal piano dove si trovavano i padiglioni, si poteva discendere al mare, seguendo delle misteriose scalette e attraversando una fitta boscaglia, sino ad arrivare al "solarium" una vecchia costruzione costruita proprio per esporre al sole i corpicini deformi dei bimbi rachitici.

Papà aveva trovato il modo di irreggimentare attraverso il gioco la mia passione per l'esplorazione di questo spazio misterioso. E, in questo modo, metteva a freno la mia impazienza.

E così mi aveva disegnato una mappa, piena di toponimi dai nomi accattivanti, tipo "balcone dei Serpenti", "sentiero delle Tigri", "bosco degli Orsi", "passaggio dei Draghi", seguendo i cui percorsi - come nei migliori romanzi di avventure salgariani e stevensoniani - sarei arrivati infine al "tesoro".

io andavo in esplorazione, seguendo le istruzioni della "mappa" e poi tornavo da lui per riferirgli dei risultati delle mie esplorazioni.

In questo gioco, lui si metteva nei panni del geografo ed io in quello dell'esploratore.

Del resto, nel rapporto tra l'adulto che sa molte cose e il ragazzino che si affaccia alla vita e che ha tanto da imparare non dovrebbe essere sempre così? 

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14 ottobre 2025 2 14 /10 /ottobre /2025 09:55
Bagno turco (Hammam)

Ero su di una grande nave da crociera
Camminavo sui ponti, passando dall’uno all’altro per mezzo di scalette e stretti passaggi 
Era una nave talmente enorme da sembrare una piramide egizia più larga alla base e un po’ più stretta verso l’alto 
La grande nave si accingeva a salpare
Il mare era di un blu profondo con venature verde cupo, il cielo azzurro e sgombro di nubi
I motori pulsavano con un rombo continuo e basso:  la nave vibrava sotto i miei piedi come un gatto che fa le fusa 
Era un corpo enorme e gigantesco che prendeva vita, con un movimento che, dapprima lento, si faceva più veloce 
Salivo e scendevo lungo quelle scale, esplorando
Ad un certo punto, nel corso di queste mie inquiete peregrinazioni, vedevo un vasto salone che s'affacciava all’esterno per mezzo di grandi e ariosi finestroni
Al suo interno, che era riccamente arredato con numerosi divani e sommier foderati di velluto rosso, uomini e donne si accoppiavano nelle più diverse e fantasiose posizioni, con dedizione e passione, dando vita ad un colossale partouze, in cui prendevano risalto scenette e complesse configurazioni
Grappoli di uomini e donne intenti nella frenesia dell’amore 
Mi eccitavo a quella vista e mi soffermavo a guardare 
Sentivo che il cazzo mi si induriva immediatamente per l’eccitazione 
Avrei voluto unirmi, a quegli scopatori e diventare parte di quella live performance, ma - come mi accorgevo - non vi erano vie di accesso
Era come se quell’orgia appartenesse ad un altro mondo, dal quale io ero escluso
Potevo solo guardare, avvertendo con un senso di penosa frustrazione, il cazzo eretto e già lucido di  umori stillanti che voleva piacere

 

Il bagno turco di Ingrès e le donne esotiche di oriente

Non mi restava che toccarmi, sfregare e strattonare il pene turgido, cercando di trarre un piacere surrettizio, mentre quelli al di là del vetro godevano come ricci, in un groviglio di corpi, di membra e di membri.
Ma la situazione non era agevole 
Nel mio punto di osservazione, arrivavano di continuo nuovi passeggeri in formazioni familiari compatte che volevano godere del panorama e che sembravano non accorgersi minimamente di ciò che accadeva all’interno di quel grande salone delle feste 
Quindi, io ero continuamente distolto dalla mia azione autoerotica coinvolgente, per quanto solitaria 
Ma poi succedeva anche che quelli all’interno del salone si accorgevano di me all’esterno, un povero pirla con il cazzo gonfio e arrossato, quasi priapico e satiresco,, e immediatamente si distoglievano dalle loro attività e si facevano tutti contro le vetrate e mi guardavano dandomi la baia 

Dissolvenza

Questo sogno mi ha ricondotto a pensare ad un sogno intensamente erotico occorso circa quattro anni addietro

Erotismo (disegno a china) - dal web

Una stanza
Una grande alcova

Il pavimento ricoperto di soffici tappeti

C'è - al centro di un grande letto rotondo - 
una donna dal corpo flessuoso, i seni sontuosi
La sua vita è stretta, i fianchi non sono troppo larghi
ma il suo culo è reso attraente a dismisura 
dalla sinuosità del corpo e dall'elasticità delle membra
La donna è semivestita, 
ma - per come è ricoperta dai tessuti -
potrebbe essere nuda 
per l'effetto che mi fa osservandola 
attraverso lo spiraglio della porta semichiusa di un camerino.
dove io sono appostato (con il suo consenso, ovviamente)
attendendo che arrivi un suo amante
Il quale, seppure con un certo ritardo,
s'appresenta
Ha una faccia da furbetto,
non mi piace proprio,
anche perché è vestito tutto azzimato
con abiti alla moda
Si accosta alla donna è comincia a farle delle moine
e a toccarla, a tratti la palpeggia
Io osservo non visto la scena,
ma lei sa che io sono lì, nascosto
e questa consapevolezza accresce la mia eccitazione
a dismisura
Appare ora anche un vecchio,
con barba e capelli bianchi
Il vecchio è semivestito
ha i pantaloni calati che lasciano intravedere 
un cazzo enorme, per quanto flaccido,
e due palle da torello
che per via del rilasciamento dei tessuti
dovuto all'età, pendono a dismisura,
ma in ogni caso la loro massa denota grande vigoria
L'arrivo del vecchio accresce la mia eccitazione
e, cogliendo uno sguardo di complicità della donna, 
rompo gli indugi ed entro nella stanza
calpestando senza rumore i soffici tappeti
Comincio a spogliarmi 
poiché voglio essere del tutto nudo 
prima di accostarmi alla donna
Il tizio con l'aria da furbetto
si gira verso di me 
e mi fa cenno con la mano 
di non essere troppo precipitoso
Calmati! Calmati!, sembra voler dire
Ed io a mio volta penso: 
Ma cosa cazzo vuole! Io faccio quel che mi pare!
La donna sembra non aver gradito il gesto del tizio
volto a rallentarmi e a stemperare il mio ardore
Fa un gesto di stizza,
accompagnato anche da una sintona mimica facciale
Un punto a mio favore, dunque
Anche il tizio e il vecchio 
ora si spogliano
Il vecchio rimane da canto, 
in veste da osservatore, parrebbe, 
per quanto il suo cazzo
con sapienti tocchi della mano
abbia raggiunto una ragguardevole erezione,
quasi priapesca

Penso che il vecchio possa essere appunto un Priapo 
inviato dalle potenze celesti
a osservare e a fare da arbitro
di questa singolare tenzone d'amore
Siamo tutti nudi adesso:
anche la donna si è liberata dei suoi indumenti 
e mostra in tutta la sua gloria
il suo prorompente seno,
e si vede per bene,
per la mia delizia, il ciuffetto di peli pubici 
che lasciano una piena visuale
della fica già bagnata

I corpi della donna e dell'uomo con la faccia da furbetto
s'avvinghiano
per un attimo mi pare di non avere alcuna via d'accesso
alle parti erogene della donna,
poiché sono in una posizione svantaggiata,
posso soltanto allungare la mano 
e prendere ad accarezzarla con dolcezza,
dove posso
Lei mi guarda e socchiude le labbra, 
lasciando intravedere la punta della sua lingua rosea
La mia erezione è al massimo,
La forza del desiderio è salita alle stelle,
ma so che dovrò aspettare ancora 
prima di ricevere il suo bacio 
sulla punta del mio cazzo e di sentire la lingua che ci gioca
come pure prima di poterla penetrare
e scoparla dolcemente
per arrivare assieme ad un orgasmo condiviso 
e alla mia eiaculazione furibonda

Lei si sposta in modo tale che i suoi piedi affusolati
con le unghie dipinte
nel modo che piace a me 
siano alla mia portata
e, con voluttà, inizio a leccarne le dita, una per una,
e a succhiarle
La donna geme di piacere
Ho la sensazione di essere adesso 
un primus inter pares,
in netto vantaggio rispetto al tizio con l'aria da furbetto
Il vecchio Priapo approva

(dissolvenza)

 

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11 ottobre 2025 6 11 /10 /ottobre /2025 09:32
Rientro dei profughi dopo la recente tregua

Sono contento che si sia giunti ad una tregua a Gaza

Certo una tregua non è la pace e non è nemmeno un piano di pace

Non sappiamo nemmeno se la tregua verrà rispettata, se cesseranno i bombardamenti indiscriminati, le vessazione; non sappiamo se veramente potranno arrivare gli aiuti umanitari
Non sappiamo nulla di nulla: le precedenti esperienze ci dicono che tutto potrebbe essere instabile e aleatorio
Tuttavia si apre la porta alla speranza.
Confidiamo che tutto vada per il verso giusto.

La cosa che mi più mi sconcerta e disgusta è il fatto che su questo esile passo verso la pace tutti i politici (politicanti) sono piombati addosso come i falchi, attribuendosene con vanagloria o in modo strumentale il merito, esaltando la propria compartecipazione , portando  Mr The President in palmo di mano.

Ciò che più mi sconcerta come estrema manifestazione di servilismo è che la nostra "premier", con una lingua da inveterato lecchino lunga due metri, abbia proclamato che l'Italia proporrà la candidatura di Mr Trumpet al Nobel della Pace.

Cose dell'altro mondo!

Io in queste scelte e in queste prese di posizione non mi identifico proprio, nemmeno alla lontana

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9 ottobre 2025 4 09 /10 /ottobre /2025 12:39
Strada di notte (foto di Maurizio Crispi)

Corro e ricorro
Forse anche rincorro
Chi? Qualcuno o qualcosa

Sono in un campus universitario e mi sposto da un luogo all’altro correndo
C’è una grande stanza in un edificio isolato in mezzo al verde che un tempo era un spazio ad uso e consumo degli psicologi e che ora è diventato una casa degli studenti
Faccio avanti indietro tra le diverse strutture, sempre correndo: Non ci capisce bene se sono là per allenarmi o per lavorare 
Ogni tanto incontro qualcuno e parlo di casi clinici, sempre correndo 

Poi mi ritrovo in un grande refettorio dove ognuno, passando davanti a una serie di tavoli imbanditi, può farsi allestire il piatto con le vivande che ritiene più adatte o più desiderabili 
Con il mio piatto pieno mi avvio, questa volta camminando, verso la la stanza degli psicologi che adesso è diventata la casa degli studenti
Incontro degli altri e camminiamo assieme , ciascuno di noi con il proprio piatto in mano con le pietanze da ciascuno prescelte
Ci diciamo che mangeremo assieme  appena arrivati, anche se non tutti sono del tutto d’accordo con questa tempistica

Mi interrogo, perché non so più dove sia adesso la stanza degli psicologi 
E mi dico che se avessi necessità di parlare con loro, farei fatica a rintracciarli

Dissolvenza

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6 ottobre 2025 1 06 /10 /ottobre /2025 06:15

Nei sogni succedono le cose più strane. come ad esempio in questo qua

Collage (Maurizio Crispi)

Sto pelando delle patate che hanno delle forme strane, apparendo piuttosto come grossi ciocchi di legno nodosi
Mi arrivano sul tavolo da lavoro anche dei peperoni molto grossi Quando li apro per togliere via la parte dei semi, mi accorgo che all’interno ci sono altre patate che, dunque, metto da parte per poterle cuocere a parte 
Poi mi arriva davanti, sempre sul piano di lavoro, un altro peperone gigante a forma di faccia al cui centro campeggia un’enorme bocca dentata atteggiata in un sorriso da clown con delle grosse labbra rosse
Questo grosso peperone, lì per lì, non sapendo in che modo catalogarlo, lo definisco “mostro marino“, forse perché è alquanto viscido e verdognolo
Anche questo contiene al suo interno delle grosse patate bollite e mi accorgo di ciò non appena lo sventro con un coltellaccio
Dopo aver liberato il “mostro marino” del suo ripieno di patate, lo metto da parte per la cottura, assieme ai peperoni che ho già parimenti svuotato delle patate bollite che contenevano 
Intanto, mentre compio queste operazioni, mi arrivano dei fogli da firmare che riguardano dei piani terapeutici predisposti in modo personalizzato per pazienti che hanno problemi di abuso di sostanze e di alcol e che sono rinchiuse in istituti di pena 
Ci sono da firmare anche degli ordini di servizio che riguardano, in verità, stupidaggini e che regolamentano in maniera minuta e ottusa i comportamenti da tenere nelle più diverse circostanze
Mi chiedo perché dover firmare questa roba che pare essere nient’altro che la più stupida celebrazione del potere, partorita da una mente malata e ossessionata dal controllo
Qualcuno mi parla di una tizia che è pronta per andare in una comunità terapeutica per tossicodipendenti e che - a quanto mi si dice -, nonostante l'avvio di tale progetto, continua a bere come una spugna
Qual'è il senso di tutto ciò?

Dissolvenza

La parte in cui predispongo per la cottura quelle patate che sembrano dei ciocchi di legno e sicuramente la più vivida

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5 ottobre 2025 7 05 /10 /ottobre /2025 09:43

Questo scrissi su Facebook un anno fa, dimenticandomi poi di riportarlo su questo blog.
Una delle me avventure/vicissitudini oniriche

Maurizio Crispi (5 ottobre 2024)

The band! The band (fotogramma dal film "The Blues Brothers")

Ci sarà a Palermo il concerto di una nuova banda blues
È un evento straordinario 
La banda sarà composta da musicisti talentuosi, un po’ attempatelli, appassionati di blues fin dalla più tenera età (alcuni addirittura compagni di scuola sin dalle Elementari) e che, adesso, concretizzando la loro pluridecennale vocazione, hanno deciso di mettersi assieme creando una band, come i Blues Brothers, quando vengono illuminati da un raggio di luce divina che li trasfigura, indicando loro la strada
Io conosco personalmente alcuni di questi musicisti; sono stato gomito a gomito con loro; ne ho condiviso scelte musicali e passioni e, quindi, non posso mancare di partecipare a questo evento epocale 
Mi reco dunque in una location dove, prima dell’evento musicale in senso stretto, si svolgeranno diverse attività con stand culturali e con l’offerta di gadget, CD e altri parafernalia musicali 
Mi aggiro all’interno di questa specie di fiera, dove non ci sono ancora molti visitatori 
Per il momento, mi pare che io sia addirittura l’unico e solo
Forse sono arrivato in anticipo, non so 
(chi tardi arriva male alloggia)
Incontro diverse persone che ho conosciuto in passato e che se ne stanno a presidiare i diversi stand 
Non so se dovrei essere contento di vederli, forse sì da un lato, eppure mi sento piuttosto schivo e vorrei starmene in disparte ed evitare gli incontri, ma non c’è niente da fare, siamo io mammete e tu


Poi succede una cosa strana 
Devo andare in bagno per espletare le mie necessità fisiologiche e non si tratta di una semplice pisciata, bensì della cosa grossa 

Mi indicano il bagno che è, in realtà, un semplice water closet (o forse soltanto una seggetta o un bugliolo) collocato in un punto di passaggio senza alcun riparo per la decenza e la riservatezza 
Certamente, non è un luogo assolutamente idoneo alla bisogna e ai bisogni, ma poiché non riesco più a tenermela dovrò comunque usufruirne, caschi il mondo

Come ho detto prima non c’è quasi del tutto flusso di visitatori: quindi, dico a me stesso che posso farlo, riuscirò a farla franca, riuscirò a fare la cacca (diciamolo pure senza mezzi termini) con tranquillità senza che nessuno arrivi a vedermi o a dileggiarmi 
Quindi mi accomodo sulla seggetta e faccio ciò che devo
E nel mentre penso ad una sequenza del romanzo “La sottile linea rossa” che lessi da ragazzo (un regalo di papà): e si tratta d’una scena breve e drammatica che mi aveva particolarmente colpito e che appunto evocava la fragilità e vulnerabilità degli esseri umani in simili momenti
Nel periodo di tempo (breve in termini oggettivi, ma lunghissimo e interminabile nella sua valenza di vissuto soggettivo) in cui mi libero comincia ad affluire - manco a farlo apposta - un’enorme quantità di gente: quindi, io mi ritrovo nell’imbarazzante situazione di essere seduto su un water closet con i pantaloni calati e pertanto in una palese ostentazione (per quanto non voluta) di vulnerabilità 
E non posso nemmeno ricompormi velocemente, perché - avendo appena espletato - devo prima procedere alle necessarie operazioni di igiene personale 
Mi accorgo, tra l’altro, (e con un moto di stizza e disappunto) che manca la carta igienica 
Dio mio!, faccio io a mezza voce, alquanto irritato, scocciato, ma in fondo anche imbarazzato
Vicino a me si sono accomodati su delle sedie dei sindacalisti (vedi un po’, dei sindacalisti! Ma chi ce li porto!?)
Mi accorgo anche che, assieme a loro sono arrivati dei mucchi di sottili foglietti di carta traslucida, collocati lì vicino ma per me, nella mia posizione seduta pressoché irraggiungibili, e chiedo loro gentilmente di prenderne alcuni e di darmeli 
Ma l’esecutore di quest’operazione è totalmente imbranato: questi foglietti si incollano sulle dita, non riesce a dividerli uno dall’altro: insomma, la situazione ristagna, mentre l’ambiente si fa sempre più affollato
Intanto, io sono riuscito a recuperare  una specie di ometto appendiabiti (di quelli con le rotelle), sul quale sono drappeggiati dei tessuti tinti a colori vivaci e l’ho tirato verso di me in modo tale da creare una specie di barriera o di paravento tale da proteggermi dallo sguardo degli astanti, a questo punto dileggiante e sarcastico

Mi sembra di essere bloccato in una situazione di stallo, dalla quale non riesco a venire fuori in alcun modo

Dissolvenza

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3 ottobre 2025 5 03 /10 /ottobre /2025 09:55
Colosseo (dal web)

Ho incontrato la mamma questa notte
E anche mio fratello
Forse c’era anche la zia Mariannù
E tanti altri che non sono più 

Ero nel punto più alto di una gigantesca arena
più grande persino del Colosseo
e dall’alto degli spalti 
osservavo che al centro 
si intersecavano delle strade
e pensavo che quelle strade
lastricate di pietra 
arrivavano da lontano,
dalle provincie più lontane dell’impero

Mi allontanavo da quel punto panoramico,
tale da ispirarmi ardite riflessioni
sulle legioni romane
che marciavano appesantiti 
da armi e bagagli sulle strade
che quegli stessi uomini 
andavano costruendo,
e camminavo pensieroso,
sino ad arrivare ad una piazza
enorme, che si estendeva 
a perdita d’occhio
Qua e la, all’ombra di alberi fronzuti
c’erano allestiti raggruppamenti
di tavole e sedie,
attorno a grandi buffet,
carichi di caraffe di vino e acqua
e altre bevande mai viste 
e grandi piatti colmi di esotiche pietanze
che invitavano a pantagruelici pasti
C’era solo il problema della scelta
e sentivo forti i morsi della fame
Arrivava nel frattempo la mamma
assieme ad una comitiva numerosa
di cui faceva parte anche la zia
e li guidavo verso un tavolo
vicino ad un buffet
sul quale campeggiavano le più esotiche pietanze
Li invitavo a sedersi e a mangiare,
sì che potessero ristorarsi 
dalle fatiche del viaggio appena compiuto
Poi, invitavo la mamma
a venire con me, 
perché era mio desiderio
mostrarle la meraviglia
di quell’Arena gigantesca,
più grande persino del Colosseo
e la conducevo sino al suo punto più alto
benché il percorso non fosse semplice
e la mamma incespicasse sovente
e non fosse salda sulle gambe 
per via della sua età ultracentenaria
Talvolta la dovevo sostenere
con una salda presa
perché mi pareva che stesse per cadere
Pian piano riuscivamo comunque
ad arrivare in cima
e allora mostravo alla mamma
quella meraviglia delle strade
intersecantesi al centro dell’arena
Sulle gradinate
c’erano i giardinieri al lavoro,
intenti a piantumare giovani virgulti
per trasformane i giri concentrici
in un enorme giardino pensile

Con la mamma ritornavamo indietro
per ricongiungerci al resto della comitiva
e qui trovavamo anche mio fratello
al quale dicevo 
che, per le sue immersioni,
avrebbe potuto usare la mia muta

Dissolvenza

Tutto il sogno era pervaso dal senso della meraviglia e dalla percezione di uno stato di grande calma interiore

Tornano spesso nei sogni
A volte più frequentemente
Altre, meno
Eppure ci sono e mi accompagnano
Come mi ha fatto notare Ale, siamo vicini - oggi - a una data fatidica per la mia famiglia.
Li ricordo sempre, vividamente
La memoria non sbiadisce
Eppure ho la sensazione che, man mano che vado avanti negli anni, si facciano più piccoli, per quanto non meno nitidi e definiti, come se io fossi grande come Willy Wonka e loro piccoletti come gli Umpa-Lumpa, ma ció nondimeno in un rapporto di complementarità: come se li vedessi attraverso le lenti di un cannocchiale posto al contrario davanti all’occhio.
Mio padre compare molto meno spesso, ma malgrado questa sua apparente assenza lo sento come un pilastro che regge la fondazione stessa del mio essere.
Forse in questo sogno mio padre è la gigantesca arena più grande persino del Colosseo…

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30 settembre 2025 2 30 /09 /settembre /2025 06:09

Emicrania,
un cerchio alla testa
Dormo profundissimamente
Immerso,
sprofondato nel più totale oblio
C’è qualcosa che accade
in uno scenario di sogno
Devo essere giudicato
Confesso la mia colpa
Poi ritratto
È ferma. Eppur si muove
Mi sento di essere nel sogno
una creatura indegna
che non merita alcun conforto,
neppure il minimo sindacale della consolazione
Sono un reietto,
questo mi dico nel sogno,
pieno di dispiacere
È tutto confuso, però
E se mi sforzo di ricordare,
le scarne impressioni residue
si dileguano
E rimane solo un cerchio alla testa,
ottindente,
avvilente,
e la mancanza di forze
e l’abulia sconfinata,
oceanica
Detto ciò,
con un’ardita capriola,
che nemmeno il più abile ginnasta,
balzo fuori dal mio giaciglio

Vivi!
Vivi!
Così dice la sentenza

Dissolvenza

Maurizio Crispi 27 Settembre 2025

Nuvole al tramonto (foto di Maurizio Crispi)

Sono arrivato in un antico borgo,
costruito sulla dorsale d’un promontorio
e costituito da case basse e affollate 
che si affacciano sul mare
Il promontorio, da un lato, 
digrada più dolcemente 
e, ai suoi piedi s'è formata
un’insenatura
orlata da un greto sabbioso

Sono lo straniero, qui
Non è il posto mio, questo
Non è quello che mi ha dato la nascita
Eppure vorrei starci
Cerco di ambientarmi,
di fraternizzare con gli abitanti
che non vedo tuttavia
da nessuna parte
So che sono gentili e ospitali

Poi, all’improvviso, arrivano
speculatori, 
affaristi, 
avventurieri
che vogliono comprare tutto,
case e terreni circostanti,
il mare e il cielo,
persino l’aria
Mi mostrano un punto
dal lato in cui il promontorio
digrada docile
E qualcuno mi dice
che li sono stati depositati,
seppelliti o cosparsi ,
dei rifiuti tossici
Infatti, la vegetazione qui
è tutta gracile e malaticcia, 
friabile,
come nel racconto di Lovecraft.,
Il colore venuto dallo spazio
Mi dicono anche che qui
I nuovi padroni 
costruiranno uno stabilimento enorme
per la lavorazione del pescato
Vorrei gridare e denunciare
al mondo intero l’obbrobrio
che si sta perpetrando

Mi sento stanco

Vado allora alla ricerca di un luogo 
adatto al riposo
e trovo una deliziosa piazzetta 
chiusa tra le case,
tutta rivestita di piastrelle di ceramica
vivacemente colorate 
che costituiscono quasi un tappeto
sul quale si dipana sotto i miei occhi
una storia fantasiosa
Anche le pareti esterne delle case 
sono affrescate a vivaci colori
e raccontano storie
semplici ma belle
Al centro della piazzetta 
c’è un piccolo chiosco in disuso
che, un tempo, forniva agli abitanti
la possibilità di una doccia o di un bagno
All’ingresso, pende tutta sbilenca
un’insegna di legno
un po’ corrosa dalle intemperie
sulla quale è stato scritto
con vernice nera 
(i caratteri sono sbiaditi)
Fratelli Acquario. Docce e bagni pubblici

Questo luogo ha un fascino speciale
che non riesco ad esprimere 
a parole

Dissolvenza


 

L’antico cancello (foto di Maurizio Crispi)

Poi, ho di nuovo sognato
Ero in una libreria
Qui dovevo scegliere un libro
Ed era un compito ben difficile 
A cosa dare la priorità?
Se prendevo in mano un libro 
e lo sfogliavo 
il mio occhio cadeva su di un altro,
tra quelli esposti
Tralasciavo il primo
e afferravo il secondo
per aprirlo e leggerlo avidamente,
qua e là
Poi la scena si ripeteva,
ancora e ancora,
in una spirale crescente
di desiderio e lussuria
Non sapevo più cosa fare
Era una libreria di catena
quella in cui mi ritrovavo,
ma c’era un’aria di smobilitazione 
e soltanto pochi clienti in giro
Tra le pile di libri in esposizione,
appena occultato allo sguardo,
c’era un WC chimico,
senza pareti
Qualcuno cercava di usarlo,
ma era quasi impossibile 
poter urinare senza schizzare i libri,
disposti tutt’attorno 
a mo’ di barriera 
E, oltretutto, c’era un addetto
appositamente incaricato 
della vigilanza sul comportamento
di quei pisciatori folli
che venivano immancabilmente sanzionati
In cosa consisteva la sanzione?
Nell’obbligo di acquistare un libro
per ogni goccia di urina 
fatta fuori dal pitale
L’addetto alle sanzioni
era dunque anche un misuratore!
Mi chiedevo se questo tipo di sanzione 
non fosse stata ideata allo scopo
di facilitare gli indecisi
oppure, al contrario,
per incrementare ulteriormente
il loro folle dubitare
Per quanto mi riguarda,
stavo sulle spine
Non potevo continuare
nel faticoso processo della scelta
Sentivo impellente ed imperioso
il bisogno della minzione
ma mi trattenevo,
poiché non volevo espormi 
al pubblico ludibrio

Dissolvenza again

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29 settembre 2025 1 29 /09 /settembre /2025 06:09
Salita sulla tatamobile (foto di Maurizio Crispi)

Non ho dormito bene

A lungo ho vegliato

Poi, a poco a poco,
ho cominciato ad addormentarmi
e sono transitato in un altro mondo 

Ero in un ospedale 
E mi trovavo a visitare i locali del Pronto soccorso 
C’era anche mio fratello che arrivava accompagnato da mia madre 
In questa dimensione alternativa, era laureato in medicina e doveva per la prima volta fare l’esperienza di lavoro al pronto soccorso 
Mia madre lo accompagnava come sempre, ma poi lo lasciava entrare da solo nell’Area di Emergenza 
Era una cosa storica, emozionante, vedere mio fratello che affrontava questa esperienza con forza e con determinazione
Mia madre lo ha aspettato fuori per tutto il tempo necessario e con lei c’ero anche io, anche se non mi vedeva, pronto ad aiutare se ce ne fosse stato bisogno
Poi, per mio fratello arrivava la fine del suo turno, e lo aiutavo a uscire fuori dai locali del pronto soccorso
Spingevo la sua carrozzina e, per superare delle asperità ed evitarne così il capovolgimento, staccavo da terra le ruotine anteriori
Facevo questo movimento con tale veemenza che il povero Salvatore si ribaltava totalmente nella sua seduta e finiva a testa sotto
Ero molto dispiaciuto che ciò accadesse proprio nel luogo delle sue prime esperienze lavorative
E, comunque, lo accompagnavo in un altro pronto soccorso ospedaliero, dove ci si occupava di cose diverse e questa volta mio fratello, lasciato da solo, avrebbe dovuto gestire tutto in autonomia
Ma non avevo alcun dubbio che sarebbe riuscito come riusciva in tutte le cose in cui si applicava, sostenuto da forza interiore e determinazione

[Nei diversi eventi cui partecipava il mio fratellone parlava quasi sempre al pubblico, sia quando faceva parte del tavolo dei relatori sia quando essendo intervenuto come ascoltare prendeva la parola per dire la sua
Tutti volevano parlare con lui
Tutti volevano che dicesse qualcosa
Salvatore, non si risparmiava e cercava di essere sempre presente agli eventi promossi dalle diverse Associazioni
A volte mi chiedevo come facesse
Aveva come un fuoco, dentro, che gli dava una energia quasi inesauribile e che gli consentiva di travalicare il suo limite
Aveva fede in ciò che faceva
Aveva una sua vision e la perseguiva con la forza di un leone guerriero
]

Poi mi ritrovavo in un immenso casale campagnolo e qui c’era un grande fermento, perché si attendeva l’arrivo di una troupe cinematografica per l’attuazione di parte delle riprese di un film, esattamente in questa location
Con le truppe e con la troupe sarebbe anche arrivata l’attrice Ana de Armas, prima protagonista di questa produzione e, al riguardo c’era palpabile nell’aria una grande tensione: tutti avrebbero voluto vederla, stringerle la mano, chiederle un autografo
Arrivava anche il mio amico ed anche collega nella professione, GDS
Gli dicevo di questo evento e lui si mostrava interessato e quindi assieme, stavamo lì in attesa dell’arrivo della grande attrice

Succedevano molte altre cose, ma nulla più ricordo, perché ho indugiato troppo tempo per trascrivere il sogno

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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