Sono uno scariolante e faccio parte di uno stuolo di altri sterratori che devono trasportare della sabbia da un enorme cumulo ad una spiaggia, dove già sono state erette le cabine stagionali, allo scopo di rimpolpare l’arenile e di renderlo di nuovo sufficientemente largo, visto che le mareggiate invernali lo hanno eroso
Bisogna seguire il proprio turno, seguendo la lunga teoria degli scariolanti
Io sono impaziente: vorrei poter scaricare subito la mia sabbia e tornare a caricare di nuovo
L’operazione è lenta poiché la sabbia di ogni singolo carico deve essere sparsa con attenzione sotto le fondamenta delle cabine di legno
In ogni punto della spiaggia c’è un sorvegliante che supervisiona lo svuotamento di ogni singola carriola
Dopo aver svuotato la mia, faccio trattative con lui, per ottenere di poter scaricare rapidamente il prossimo carico, saltando la coda
Nel carico, oltre alla sabbia, avevo un paio di vecchi zaini pieni di vestiti
Li metto da parte perché il raccoglitore di rifiuti (ed anche spurgatore) li metta nel suo carretto
Prima avevo sognato di spingere mio fratello che era nella sua carrozzina
Dovevamo passare da casa a prender qualcosa
Prima ero lo spingitore, poi mi fermavo, distratto da qualcosa e mio fratello proseguiva da solo nella sua dislocazione
( Maurizio Crispi ) Alla 42^ edizione del 100 km del Passatore (24-25 maggio 2014) hanno partecipato anche gli Scariolanti di Ravenna. Una partecipazione massiccia. Il loro nutrito gruppo ...
Sono dei luoghi di transito, dove tutto è costantemente in movimento.
Momenti convulsi in cui si creano flussi monodirezionali di grandi masse si alternano ad intervalli di stasi e relativa quiete.
Chi si ferma, uscendo fuori dai vettori del movimento lineare rappresenta l'anomalia, in quanto - anche se per pochi istanti soltanto - trasforma il non-luogo in luogo, in un piccolo angolo confortevole dove vengono fissati alcuni ancoraggi.
E' come se in una stazione dominassero su tutto i vettori del tempo lineare.
Se questi si inceppano gli utenti si sentono perduti quasi fossero costretti in una deriva che viene sentita come inquietante (destrutturante): da qui le manifestazioni di intolleranza ed impazienza che, in alcuni casi , sconfinano nell'ansia e nel panico.
La virtù, quando i vettori del tempo lineare si bloccano, è quella di saper stare, accettando l'arrotolarsi del tempo lineare in una dimensione sospesa, nella quale tutto può accadere e nel cui contesto qualsiasi cosa si faccia può prendere il sapore magico di ciò che non è previsto o pianificato.
Ed è allora che bisognerebbe saper apprezzare alcuni elementi, quali: il sedersi su di una panchina, il fermarsi in un bar per sorbire un caffè, il leggere da un libro, osservare ciò che accade tutt'intorno a te, il soffermarsi a cogliere suoni, colori, odori.
Allora, se si riesce ad entrare in sintonia con il tempo fermo, si potrà sperimentare il privilegio di stare fermi, mentre tutti quelli che si muovono attorno a te sembrano trasportati da un tapis roulant o immessi in un'enorme centrifuga che produce frullati di corpi e di vite amalgamate, spogliate di qualsiasi individualità.
Al movimento convulso di grandi masse di persone, ciascuna immessa in una sua traiettoria, fanno da contraltare l'immobilità e il silenzio, che per esempio si possono riscontrare in orari marginali, quando le banchine si fanno deserte. le luci si affievoliscono e soltanto pochi e sparuti passeggeri vi indugiano in attesa, non si sa di cosa oppure semplicemente stanno, come se avessero dimenticato quale sia la loro meta.
"… è la mia peculiare malinconia
composta da elementi diversi, quintessenza
di varie sostanze, e più precisamente di...
tante differenti esperienze di viaggi
durante i quali quel perpetuo ruminare mi
ha sprofondato in una capricciosissima
tristezza.
Non è una melanconia compatta e opaca, dunque, ma un velo di particelle minutissime d’umori e sensazioni, un pulviscolo d’atomi come tutto ciò che costituisce l’ultima sostanza della molteplicità delle cose.”
(16 marzo 2013) Ier sera (dopo la passeggiata della mattina) ho fatto un sogno
Stavo viaggiando da qualche parte in Inghilterra, con la mia auto.
Ad un certo punto, abbandonavo l'auto in un parcheggio, con tutte le mie cose, valigie e vestiti compresi, e mi avventuravo a fare una gita a bordo d'una barca a motore in un lago
E navigavo a lungo
Poi, alla fine, approdavo: ed era la fine della gita lacustre
L'unico inconveniente era che io fossi approdato in un luogo diverso da quello di partenza
Come fare per riavere la mia auto e tutte le mie cose?
Per qualche motivo che non saprei dire, non potevo muovermi dal punto di arrivo e così incarico qualcuno (che se ne stava lì a ciondolare) di tornare indietro sempre per via d'acqua e riportarmi indietro l'auto
Solo che, quando ormai il battello si era allontanato dalla costa scomparendo alla vista, mi accorgevo che al volenteroso non avevo dato le chiavi dell'auto
La gita di recupero sarebbe andata a vuoto, dunque!
Così pensavo
Non c'era alcun telefono cellulare per comunicare
In più, l'incaricato era solo un illustre sconosciuto che si era offerto di farmi un favore e non sapevo nemmeno come si chiamasse
Il sogno prosegue con molti traccheggi ed arzigogoli.
E ho una sensazione di fatica e di affaccendamento
Più avanti, auto e lago, sembrano essere diventati un capitolo chiuso, come anche il viaggio in cui ero impegnato.
Sono alla guida di un potente escavatore e sto approntando una grande buca dove costruire le fondamenta di un grande palazzo
Ed è qui che il sogno finisce, lasciandomi con uno strascico di riflessioni e associazioni a ruota libera
Curiosità, voglia di cambiamento, disponibilità ad affrontare l'imprevisto e il meraviglioso
La condizione della precarietà dell'essere su di una strada sempre in movimento e senza mai poter mai fare una sosta abbastanza prolungata in uno stesso (e puoi essere sempre in movimento anche mentalmente soltanto, anche se fisicamente sei stanziale in uno stesso luogo)
Il mito di Ulisse, non quello che viene raccontato nell'Odissea, ma quello che parla di sue ulteriori partenze da Itaca sempre sospinto dall'irrequietezza di conoscere: un'erranza che poi conosce, ma solo alla fine, un ritorno, e ciò accade quando Odisseo pianterà nella terrà uno dei remi della sua imbarcazione e gemme e foglie da esso germoglieranno da esso sino a trasformarlo in albero ben radicato
Mi viene da pensare all'essenza metaforica della frase che mi ritrovai a leggere tempo addietro su di una cartolina raffigurante un paesaggio livido con del filo spinato da trincea in primo piano, e ad esso sovrapposta la frase: "Our earthly condition is that of passers-by, of incompleteness moving toward fulfiment and, therefore, of struggle" (frase, la cui fonte è rimasta per me sempre misteriosa e sconosciuta e che, ciò nonostante, mi è rimasta impressa a caratteri di fuoco nella mente, sin da quando ero ventenne)
C'è l'elemento positivo della costruzione
In qualche modo nella nostra vita siamo dei costruttori.
Costruttori di storie.
costruttori di universi e di significati,
costruttori di grandi palazzi di pietra (metaforici e non) dalle fondamenta ben radicate.
Forse il sogno vuole che, ad un certo punto della mia vita, dopo anni di erranza mentale, in un momento "topico", io possa diventare il costruttore di un grande palazzo, con tutte le conseguenze del caso.
Salvo poi, come fece Odisseo che, malgrado il remo trasformatosi in albero, si trovò a ripartire ancora una volta per un ultimo viaggio oltre le Colonne d'Ercole e verso l'irraggiungibile Montagna della Conoscenza
“O frati”, dissi “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”.
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
Di questi tempi, sogno sempre molto, ma ricordo veramente poco.
Sono minime le volte in cui al risveglio riesco a ricordare abbastanza di un sogno da poterlo trascrivere.
Questo che segue è uno dei miei sogni più recenti, forse di una settimana fa (all'incirca)
Ed è un sogno in cui compare mio fratello ed io sono il suo spingitore, alle prese con molti ostacoli ed infinite barriere architettoniche
Maurizio Crispi (10 marzo 2025)
Conduco mio fratello in carrozzina lungo un percorso accidentato
All’inizio siamo in ufficio o in un’altra struttura: forse, si tratta di una facoltà universitaria, ma è sicuramente un luogo molto affollato e ci troviamo in un atrio spazioso, alla ricerca di una via di uscita, ma dovunque ci sono barriere architettoniche
Chiediamo se ci sia qualche percorso per disabili e ci rispondono che si, delle rampe mobili per i disabili ci sono, ma sono state temporaneamente smontate e messe nello scantinato, accatastate
Ci dicono allora, davanti alle nostre proteste vivaci, che manderanno qualcuno a prenderle per rimetterle in posizione, cosicché noi possiamo essere messi in condizione di uscire
Aspettiamo per un tempo lunghissimo, senza che nulla accada
Aspettiamo
Aspettiamo
Alla fine, seccati da questa lunga attesa sospesa (nessuno ci dice nulla) decidiamo di andarcene comunque e allora io sistemo mio fratello per bene per compiere questo lungo percorso all’aperto
Non so per quale motivo, prima di uscire all’aria, gli faccio indossare una specie di sacco a pelo total-body per proteggerlo dal freddo e questa operazione è - come si può immaginare, considerando le condizioni di mio fratello - piuttosto indaginosa: eppure, riesco a portarla a buon fine, facendo tutto da solo
Superiamo alla fine tutti gli ostacoli che ci si frappongono davanti e ci ritroviamo a camminare per strada, ma anche qui le difficoltà non mancano: anzi, mi sembra che dobbiamo misurarci con un percorso di guerra, irto di asperità
In un momento del sogno, per esempio, ci imbattiamo in una zona in cui ci sono dei lavori in corso, e si può passare soltanto utilizzando una stretta scaletta, peraltro ingombra di strumenti e attrezzi
Gli operai sono indifferenti a tutto, continuando il loro lavoro senza battere ciglio e tenendo gli occhi bassi
Io sono alquanto adirato con loro e, ancora una volta, dico che farò da me, ma prima vado a liberare il passaggio da tutti quegli attrezzi, buttandoli di mala grazia di lato
Quelli cercano di protestare, ma poi si zittiscono e mi lasciano fare
Prima di compiere quest’ultimo trasporto, devo mettere mio fratello giù dalla carrozzina, perché la scala è troppo stretta per poter passare agevolmente con tutto l’ambaradan
Quindi lo metto giù a terra, ripiego la carrozzina, la trasporto dabbasso e risalgo per prendere mio fratello
Ma prima di sollevarlo, decido di tirarlo fuori da quella specie di sacco a pelo (o bozzolo) nel quale era rinchiuso
Gli dico che non ce n’è più bisogno, perché tanto stiamo arrivando alla nostra meta
Quindi compio l’operazione del trasbordo, sempre da solo senza chiedere aiuto e soprattutto senza ricevere supporto spontaneamente da altri
Quegli operai se ne stanno immobili - sempre con gli occhi rivolti in basso - senza muovere un muscolo
Prima di ciò, c’era un’altra parte del sogno, nel quale io andavo alla ricerca di un posto dove potessi attivare una nuova connessione Internet
Era una ricerca molto complicata, perché il negozio cui mi ero rivolto la volta prima, non esisteva più e, quindi, dovevo trovarne uno nuovo
Cosa che accadeva in effetti
Stavo a conversare con una tizia che gestiva il negozio e che mi chiedeva la qualità della mia attuale connessione ad Internet ed io rispondevo che non potevo assolutamente lamentarmene
Allora, lei replicava proponendomi un affare paradossale, cioè quello di assumere come sua la mia connessione ad Internet, che io da quel momento in poi avrei potuto continuare ad usare gratuitamente, senza pagare il calore mensile
Mi trovavo anche in visita, sempre con mio fratello, a casa di due giovani laureandi, un fratello e una sorella, ambedue impegnati a lavorare davanti ad un computer nella preparazione della loro tesi di laurea: io, alla presenza di mio fratello, davo loro consigli su come procedere nel modo migliore
Le conversazioni erano molto lunghe e articolate, ma non ne ricordo i dettagli, solo che quando veniva il momento di andare via facevo dei commenti sul modo in cui il fratello dei due camminava (si era alzato dalla sua postazione al computer per accompagnarci alla porta) e lo immaginavo nel momento in cui fosse andato a discutere la sua tesi di laurea, avendo dimenticato a casa le scarpe
Visualizzando questa situazione, ridevo come una iena, ma quel tizio sembrava a non capire assolutamente il motivo di tanto ilarità
Credo che fosse del tutto privo del senso dello humour
Dissolvenza
Nel ricordo di mio fratello, quando andavamo in giro capitava di frequente che ci fossero dei momenti in cui ci confrontavamo con difficoltà oggettive nei nostri spostamenti, per via di inattese barriere architettoniche.
Capitava anche, in queste circostanze, che si facesse avanti qualche volenteroso, disposto a dare una mano.
Qualche volta accettavo l'aiuto, ma altre volte - più frequentemente - dicevo "No, grazie. Faccio da solo".
E mi impegnavo a far da solo.
Nostro padre - sempre nel mio ricordo - era più portato a dire di no, piuttosto che ad accettare.
E perché ciò? Innanzitutto, poiché per lui portare mio fratello aveva una valenza forse espiatoria: Salvatore era il suo fardello, non di altri (ed anche per me era così).
Ma - nello stesso tempo - mio padre rifiutava fermamente l'aiuto altrui perché pensava che la profferta d'aiuto fosse frutto di condiscendenza e di compatimento e che, in altri termini, discendesse da un atteggiamento ipocritamente pietistico, non motivato da un movimento interiore di cristiana e fraterna condivisione.
In più, alla base, c'era una diffidenza rispetto all'aiuto fornito da altri e che si fondava sulla non consuetudine ad aiutare in simili circostanze, a causa della quale sarebbero probabilmente state applicate forze esagerate ed asimmetriche, poco funzionali, che - in definitiva - avrebbero potuto fare danno, facilitando un'eventuale caduta di mio fratello.
In estrema sintesi, l'aiuto prestato avrebbe potuto trasformarsi in un bene che faceva male.
( Maurizio Crispi ) Una volta, un maratoneta, si afflosciò a terra, morto sul colpo, davanti al traguardo di una 42,195 km. Cadde di botto, come un uccello in volo che avesse esaurito tutta la sua...
Sogno di spingere mio fratello in carrozzina Siamo per strada, luoghi che non conosco Il marciapiedi é tutto rotto e dissestato il cammino è disagevole E a complicar le cose si presenta anche un ...
Non ci è dato sapere
né il quando della fine né il modo
Andiamo avanti
Sappiamo solo questo:
che il tempo
si fa stretto
e che di giorni a disposizione
ce ne sono sempre meno
Ad oggi per me sono già trascorsi
75 anni
902,826 mesi
3923 settimane
27.467 giorni
659.185 ore
39.551.126 minuti
(e potrei anche dire i secondi
e i millesimi di secondo,
ma questi ve li risparmio)
Tutta la mia vita vissuta
sta in questi numeri
che continuano a crescere
Intanto, già mentre scrivo
la conta s’è modificata
andando oltre
Tic Tac
Tic Tac
Tic Tac
L’orologio corre
Il pendolo batte le mezz’ore e le ore
e la danza delle lancette prosegue inarrestabile
Il cronometro della vita è inesorabile,
incessante
E se guardi i millisecondi
che diventano secondi,
i secondi che si fanno minuti,
i minuti che si trasformano in ore,
le ore in giorni,
ti senti in balia d’una forza inesorabile
E sai che nessuno, sinora,
ha mai trovato la magica formula
per fermare il tempo
Se mai la trovasse,
forse sarebbe un Dio
Soffia il vento
Si attivano mulinelli e vortici
di foglie secchi e sacchetti di plastica
che girano
Ho scritto questa nota dopo che due enormi eucalipti che crescevano rigogliosi nel giardino privato del condominio di fronte erano stati tagliati a pezzi ed eradicati
Questi due alberi facevano ombra e ospitavano una miriade di uccelletti.
Qualcuno ha decretato che dovessero essere abbattuti.
Il mio cuore ha sanguinato
Ho perso degli amici, un riferimento abituale nel mio panorama quotidiano
Nel corso della notte successiva - una notte di sonno inquieto - ho trascritto questa nota
Respiro stertoroso
Fischi e ronchi
Una vera sinfonietta
Catarro di gola
Colpi di tosse
Non so se io stia sognando
tutto ciò
o se mi capita davvero
Mi sveglio
Mi alzo
Bevo dal rubinetto
Meglio?
Forse si!
O forse no
Mi si chiude la gola
Mi sembra di soffocare se
Penso all’albero segato del giorno prima,
il grande eucalipto che si ergeva
davanti alla finestra della camera da letto
Impietosamente tagliato a pezzi ed eradicato
da becchini forniti di motosega
Penso a tutti gli alberi del mondo
minacciati dalle motoseghe
e da altri strumenti letali
Penso al loro sussurro che si affievolisce
sino a spegnersi del tutto
mentre vengono uccisi e depezzati
Penso al sussurro del mondo
compromesso
Penso che il mio respirare
sia intimamente collegato
a quello degli alberi
Cosa accadrebbe se
nel momento in cui si sega un albero
la stessa ferita letale comparisse
nel corpo dell’aguzzino?
Colpo su colpo
Ecco, dovrebbe arrivare il momento
in cui la natura si vendica
Tutto è uno
Tutto è connesso
Per ogni albero che si uccide
saranno in molti a dover morire
avvelenati, smembrati, senza più respiro
Forse ho sognato
oppure, forse,
tutto questo non è sogno
C’è un martellatore assiduo e solerte
sopra la mia testa
Una salva di colpi
poi silenzio
Poi ancora di nuovo una scarica
Gli intervalli tra una salva e l’altra
sono irregolari, difformi
e quindi ogni ripresa
porta ad un sobbalzo
perché non ci si abitua mai
ad un ritmo uniforme
Anche il suono del martellamento
è diseguale
A volte lieve, come una carezza
Altre volte, sonoro ed impetuoso
A volte è pigro,
altre rapido ed efficiente,
quasi aggressivo
Cosa starà facendo
questo martellatore?
Mi manda dei messaggi morse
oppure non c’è alcun nesso
O forse si tratta del centauro Nesso
che cerca di andare al cesso
prima di recarsi al consesso
e li indossare una bianca camicia
intrisa di sangue tossico?
Non so
E vorrei proprio saperlo
Ma, in fondo, tutto è connesso,
anche se alimentare qualche dubbio
é pur sempre concesso
soprattutto durante l’amplesso,
anche se qui il potere critico
é fortemente compromesso,
se è consumato l’amplesso
all’ombra del grande cipresso
C’è invece chi per scoprire il nesso
s’arrampica lesto
sull’albero di bompresso
e vi si mette genuflesso
in attesa di essere estromesso
dal consesso, ma anche dal congresso
Mi accingo al mio lavoretto
di cemento e pietre,
dopo aver tagliato un po’ di erba
C’è chi naviga sul Mekong
o sul Congo
alla ricerca di Kurtz
Guardo navi e barche
solcare il mare
Osservo il profilo di isole lontane
e mai più raggiunte
Seguo con lo sguardo
nuvole flottanti
Io faccio questo:
erba, pietra e cemento
Mi accontento
A scartamento ridotto,
alle prese con la frammentazione dell’Io
Maurizio Crispi (9 marzo 2025)
Sono a casa (almeno) o, meglio, nel mio condominio
In effetti, sono tecnicamente fuori casa, perché sono rimasto chiuso fuori dalla porta e le chiavi sono rimaste dentro
Quindi, mi si pone il problema di rientrare
Salgo al piano di sopra e mi ritrovo a parlare con il condomino che abita nell’appartamento corrispondente al mio
L’idea è quella di calarmi dall’alto dal suo balcone al mio ed entrare così dalla finestra, come farebbe un ladro acrobatico o un Babbo natale delle moderne rappresentazioni popolari (a Natale di vedono tanti babbo Natale che si inerpicano - o ne discendono - lunghe perigliose scalette da equilibrista)
La narrazione del sogno è complicata e ripetitiva e ci sono diversi intermezzi
In una il proprietario del terzo piano, mi dice che ha dovuto cambiare una pavimentazione messa a ricoprire quello originale, perché si tratta di un materiale poco funzionale che malamente aderisce alla pavimentazione sottostante e che dunque scivola con facilità marmo: a causa di ciò è caduto già diverse volte
Ma di quest'aspetto non me ne può fregare di meno
Ma veniamo al momento clou della situazione
Andiamo fuori al balcone, ad ispezionare
C’è una sorta di argano a cui è sospesa una scaletta di ferro (del tipo di quelle usate dagli operai che lavorano su impalcature per passare da un ripiano ad un altro) e a questa ne è stata attaccata un’altra, tipo una scala di casa ordinaria, con delle corde
Per compiere quest’impresa dovrò prima sospendermi nel vuoto, poi scendere i gradini della prima scaletta di ferro, da quel che capisco molto oscillante, per poi passare all’altra scala che vi è legata: un passaggio questo che mi sembra molto temerario, anche perché i legacci che tengono la seconda scala avvinta alla prima mi sembrano alquanto precari ed instabili
Sono molto perplesso ed esitante
Non so se avrò il coraggio di compiere le imprese
Arriva una tizia anziana, esce sul balcone e scende utilizzando questo apparato di emergenza come se questa fosse la sua modalità ordinaria di uscita dall’appartamento
Sono stupito e meravigliato dall’intraprendenza della signora che per di più è molto anziana
Ma come fa?, mi chiedo, E poi con tanta disinvoltura!
Ma il vederla in azione non mi dispone a tentare a mia volta, anzi mi induce ad avere ancora più paura, perché l’ho vista mentre scendeva utilizzando quel dispositivo che oscillava libero nel vuoto ed era stata assolutamente temeraria per quello che potevo vedere, incurante di quello che sarebbe potuto succedere
Poi mi chiedevo, facendo un salto logico, "Ma se io scendo e mi ritrovo sul balcone di sotto e il proprietario dell’appartamento non c’è, come farò a entrarvi e come farò a uscirne?", Ignorando il semplice fatto che ero io il proprietario dell’appartamento di sotto!
Illogicità dei sogni!
Non mi decido
Prendo tempo
Temporeggio
Poi dico al vicino del piano di sopra, "Farò il tentativo solo quando Ale, che è il mio angelo custode, sarà arrivata per assistermi
Solo se lei mi guarda e mi segue col suo sguardo, passo dopo passo, sentirò di essere al sicuro e troverò la confidenza necessaria per affrontare questa prova senza tremiti di paura
Qui di seguito, i bozzetti di pensieri scaturiti durante la passeggiata mattutina del 5 marzo 2024, esattamente un anno fa
Maurizio Crispi (5 marzo 2025)
Gabbiano, gabbiano,
ospite di città e nostro commensale,
coinquilino assiduo!
Riflessi di alberi spogli
in una pozza di acqua piovana
E che altro?
Scritte d’amorosi sensi,
promesse e tenerumi,
vergate con le vernici spray
in vividi colori, sparatissimi,
ad alto impatto sulla retina,
amori dichiarati per sempre,
a chiare lettere
E poi?
What else?
Edifici magnifici,
un po’ blasé,
sopravvissuti allo scempio,
parlano di antichi fasti
E c’è un fragolone appena smangiato
sull’asfalto ancora intriso
di pioggia notturna
Come doveva esser buono!
Ci sono anche
quei tristi diavoli in vetrina,
costretti ad indossare abiti
dissonanti e fastosi,
mentre loro, poveretti,
vorrebbero cose semplici ed essenziali
Sono prigionieri
adornati e imbellettati
condannati a guardare il mondo
attraverso pareti di vetro
e ad esser guardati
Se protestano
vengono messi in castigo
e lasciati nudi in un angolo
a far da zimbello
al mondo intero
E qui ho finito,
per oggi
Walking
walking
in the morning
while the wind is blowing
searching for the rainbow
and for the morning dew
Pioggia la notte
pioggia il giorno
Vento umido e freddo
Piedonzoli pronti
ad inseguire le foglie secche
scivolanti in picchiata
mentre colombacci, merli
e altra bella gente avicola
svolazzano con frulli d’ale
o vengono a becchettare
vogliosi, ma anche focosi
Il giorno è trascorso
tra sospiri e singulti
e piove ancor
come Dio la manda,
secondo la comanda
Selvaggio!
Animale!
Animalesco!
Ma siamo proprio sicuri che gli animali
nel loro modo di essere,
nelle loro manifestazioni,
siano animaleschi?
Quando tacciamo qualcuno
di esser animalesco
nei suoi comportamenti
non offendiamo in fondo
quei poveri, innocenti, animali
che nulla c’entrano?
Eppure…
Eppure…
Spesso se vogliamo offendere qualcuno
gli diciamo:
sei un animale,
sei animalesco,
metti in mostra comportamenti bestiali,
sei una bestia,
hai una natura ferina
E così via
Forse, un autoesame di coscienza critica
ci dovrebbe indurre a dire
che, utilizzando simili analogie,
sbagliamo,
ci fuorviamo,
perdiamo la rotta
e il giusto discernimento,
cascando in trite ripartizioni categoriali,
tranciando giudizi,
attribuendoci il ruolo
dello sputasentenze
che si muove a passi pesanti
nel mondo che lo circonda
emettendo giudizi senza attenuanti
che a volte suonano
come parole e formule
di condanna all’ostracismo
e di morte,
senza possibilità di appello
Forse, più correttamente,
più cristianamente
(nel più ampio senso del termine),
più agapicamente anche,
dovremmo tener piuttosto
un profilo basso,
evitando di ergerci a giudici severissimi
e piuttosto lasciar correre,
benevoli
e forse anche riservando ad altrui
lo sguardo compassionevole d’un Buddha,
intriso di pietas,
perdonando le manchevolezze
gli sbagli
le imperfezioni
In fondo,
chi siamo noi per giudicare?
A che serve impegnare la mente
nel ritmo ripetitivo di un mantra
oppure recitare estatici
la sillaba sacra
se poi viene meno questo momento
di sentirsi tutt’uno
con l’universo
e di potere esercitare
la forza del perdono?
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.