Mi addormentai
entrando in uno stato crepuscolare
che a lungo si protrasse
Ne riemersi
ed era tutto a posto
Mi sentii rigenerato
pronto a ricominciare
Chi c'era, c'era
Chin non c'era, non c'era
Chi c’era
ha avuto modo di vedere
una classica reazione mauriziana
Tecnica auto-appresa
di dissociazione e fuga
a volte poco funzionale
Quando ci fu il terremoto
nel 1968
alla prima scossa notturna
cosa feci?
Niente!
Scesi il quadro appeso a capo del letto
mi rimisi sotto le coperte
e mi riaddormentai
senza pensieri
Questo l’esempio più icastico
di questa mia attitudine,
ma potrei raccontarne di episodi simili
molti altri
alcuni assolutamente esilaranti,
senza averne avuto l’intenzione
Daddy's flown across the ocean
Leaving just a memory
Snapshot in the family album
Daddy what else did you leave for me
Daddy what d'ya leave behind for me
All in all it was just a brick in the wall
All in all it was all just bricks in the wall
Another brick in the wall (Part II)
We don't need no education
We don't need no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teachers leave the kids alone
Hey teacher live us kids alone
All in all it's just another brick in the wall
All in all you're just another brick in the wall
Another brick in the wall (Part III)
I don't need no arms around me
I don't need no drugs to calm me
I have seen the writings on the wall (1)
Don't think I need anything at all
All in all it was all just bricks in the wall
All in all you were all just bricks in the wall
Il territorio del sogno
appena attraversato
era solo una distesa di terra bruciata,
brulla e arida,
perché qualche feroce invasore
l’ha tutta cosparsa di sale
Ci sono i ricordi del passato,
però, che si agitano
squassati dal vento
e premono per ricevere attenzioni,
ma sono inafferrabili
Misteriose correnti d’aria
si muovono attorno a me
e il loro tocco
é gelido
Il vento, fuori?
da ieri
soffia instancabile
Poi mi sono riaddormentato
e ho sognato
Eravamo nel pieno di una catastrofe climatica
(e c'erano tutti i segni che indicavano
l’inizio di una nuova glaciazione)
Faceva freddo
e c’era neve dovunque
Ma io, nella veste di improvvisato conferenziere,
davanti ad un ristretto pubblico di seguaci,
sostenevo la tesi che fossimo vittima di un inganno
perpetrato ad arte
Le mie argomentazioni erano forti e decise
Quella neve era finta, dicevo
Aggiungevo: Se si trattasse dell’effetto di una nevicata vera
anche le chiome degli alberi
tutt’attorno a noi
ne sarebbero rivestiti
o comunque sarebbero imbiancati
È tutto un falso!. predicavo,
Qualcuno vuol farci credere che corriamo
verso la catastrofe
Mi sono rivolto a Gabriel
che era con me
e gli dicevo:
Forza, Gabriel, andiamo via!
É tempo per noi di fare colazione!
Il vento di notte
ha continuato a soffiare
con raffiche incensanti,
muovendo le nubi di continuo,
sparpagliandole,
ammassandole,
forgiandole,
come fa un cane da pastore
con il suo gregge
Al mattino,
che è gelido,
dopo questo inesausto lavorio
del loro pastore
le nubi si si sono presentate
a me che le osservo
assemblate
in foggie fantastiche
(19,91,2025)
2. Ho sognato che ero con i miei figli
All’inizio mi trovavo a scuola con Gabriel
Ero andato a prenderlo, però avevo assistito anche alle lezioni (ma non so a che titolo)
Quindi ci ritrovavamo a lasciare la scuola assieme
Scendevamo per un’ampia scalinata
Gabriel davanti a me ed io dietro
Alla fine dei gradini, Gabriel mi diceva di aver fame
Va bene, faccio io, adesso facciamo merenda!
Incontriamo Fra che si trova lì per altri motivi, forse
E gli dico: Stiamo andando a fare merenda! Vieni con noi?
Davanti alla scuola ci sono ben due rosticcerie
Gabriel vorrebbe entrare in una (non saprei dire per quale motivo, forse perché è più colorata e scintillante)
Io mi dirigo verso l’altra, dove c’è una ricca esposizione di pezzi già pronti, caldi e fumanti
Devo faticare non poco per convincere Gabriel a seguirmi: lui vorrebbe testardamente andare nell’altro posto
Ma alla fine si convince. E con lui Fra
Gabriel prende un’arancina al burro
Lo stesso fa Francesco
Io, all’inizio, non vorrei mangiare nulla per mantenere il mio appetito intatto per l’ora di pranzo che non è molto distante (già l’ora s’avvicina)
Sono molto in conflitto ed esitante
Poi, alla fine, quasi con l’atteggiamento di colui che ha deciso di “sacrificarsi”, ordino un pane con panelle e crocchette (alias, dalle nostre parti, in siculo latino, “cazzilli”)
Mi porgono un mafaldone gigantesco (tanto lo è che stento a tenerlo in mano) con una farcitura ricca e debordante
Mettiamoci comodi!, dico ai miei figli
E dunque cerchiamo dove sederci
Nello slargo davanti alla rosticceria ci sono solo due tavoli forniti di sedie
Non ci sono grandi problemi di scelta, pertanto, e ci accomodiamo
Già loro, voraci, hanno presso d’assalto la loro arancina
Io faccio del mio meglio per seguirli e assalgo a colpi di mandibola il mio mafaldone
Crunch! Crunch!
Non c’è che dire!
Il pane è fresco, la crosta crocchiante sotto i denti, morbido e profumato l’interno di mollica, deliziose e fritte al punto giusto panelle e crocché
Ingurgito grossi bocconi, non senza prima aver masticato a lungo per ben gustare i celestiali e robusti sapori
Per un po’ si sente soltanto scroscio di mandibole, poi quando la foga si è attenuata, parliamo di molte cose diverse
Ed questa la prima volta che ci ritroviamo assieme dopo tanto tempo
C’è questo sogno in cui arrivo con un carico di masserizie da mettere nel garage di casa (e intendo quella di via Lombardia)
È un’operazione complessa quella da fare, non lineare: del resto il garage è già ingombro di molte altre cose tra vecchi mobili, bici in uso e scassate, materiali vari, vecchie riviste, cumuli di VHS, vecchi giornali a fumetti e perfino molti dei libri della mia infanzia declassati, ma mai buttati
La sistemazione delle nuove cose appena arrivate richiede tutto un processo complesso di risistemazione, una cernita, una sorts di triage
Sono costretto ad abbandonare temporaneamente il carico di oggetti fuori, nel cortile, riservandomi di sistemare le cose dopo
La saracinesca del mio box è alzata e vedo l’interno ingombro di cose e di tramezzi ed anche di supporti metallici per soppalchi e c’è anche un’incongrua impastatrice per il cemento che occupa molto spazio
Devo prendere la bici per andare a prendere Gabriel a scuola e non è cosa semplice estrarla da quell’ammasso
Prima di partire per la mia destinazione salgo su a casa e trovo la mamma e Salvatore che si accingono a pranzare e con loro ci sono degli ospiti, forse una delle mie cugine e due o tre miei vecchi compagni di scuola del liceo
E’ una bella atmosfera, come ai bei vecchi tempi
Mi si stringe il cuore perché io invece devo andare e non posso partecipare al banchetto
Saluto tutti, indugio un po’ sulla porta della stanza, incerto sul da farsi, ma il tempo stringe inesorabile
Eppure quel banchetto che sta per iniziare mi attrae, mi ispira molta serenità e mi sembra la cosa più bella che mi sia capitata
Ma purtroppo devo andare e non posso indugiare oltre
Ed io ricordo
Casa nostra era così: la mamma era sempre molto ospitale
C’era sempre un posto a tavola per chiunque arrivasse e lei mi incoraggiava ad invitare i miei amici a rimanere a pranzo o a cena
Si trovava sempre qualcosa da mangiare per un ospite e c’erano scorte in frigo abbondanti, quai per poter coprire simili evenienze
La mamma invitava estemporaneamente gli ospiti a restare e condividere un pasto, tanto che poi molti tornavano e si presentavano anche all’ultimo minuto, perché sapevano che sarebbero stati accolti
La mamma era accogliente e caritatevole, a suo modo: aveva sempre pronti attenzioni, ascolto e cibo per tutti
Forse meno per me, poiché era molto occupata con mio fratello per via delle sue condizioni e con tutto il resto del mondo che ruotava attorno a lui
Ha fatto in modo che “il resto del mondo” ruotasse attorno all''asse costituito da mio fratello (e la mamma accanto a lui) ed io usufruivo di questo vantaggio indubbio, traendo cioè vantaggio dal “mondo” che veniva a casa nostra
Io certamente godevo di queste atmosfere conviviali e ricche, godevo del piacere di condividere i pasti assieme e di quello altrettanto importante della conversazione che si protraeva attorno ad una tavola ancora semi-apparecchiata e cosparsa di briciole, mentre sorbivamo il caffè, mangiavamo un dolcetto o un biscotto e magari anche sorbivamo un dito di amaro, fumando l'immancabile sigarettina post-prandiale
Ma la cosa essenziale non era tanto il cibo, era piuttosto la parola che nasceva spontanea e cresceva rigogliosa nella condivisione di pietanze e bevande e nell’atmosfera agapica che si creava quasi magicamente
I miei compagni di scuola erano attratti da questo e tornavano talvolta, anche quando io non c’ero, se ero impegnato nei miei viaggi
Quella casa, la mamma e mio fratello, erano in verità l’ombelico del mondo, al quale io sono sempre rimasto legato
Quando andavo via e partivo, c’era sempre un cordone ombelicale che mi faceva rimanere legato a questa casa e che mi nutriva, che continuava a nutrirmi anche quando mi allontanavo per raggiungere i luoghi più disparati
Questo cordone si tendeva, si tendeva, mentre si andava allungando ed era anche come un elastico che, poi, al momento opportuno mi avrebbe riportato indietro
Ed ora sono sempre qui, in quella stessa casa che è il centro e l’ombelico del mondo e continuo a nutrirmi di quei ricordi, io con i miei fantasmi
Ho una casa bassa,
con le mura di pietra a vivo
chiazzate di muschio e licheni
E' un di quelle case antiche,
con il tetto fatto di lastre di ardesia
e poi ricoperto di zolle di torba
per ottenere una migliore coibentazione
Tutt’attorno c’è verde di erba smeraldina
e altre case simili,
sparse, a perdita d’occhio
Davanti c’è anche un maggazzeno della stessa fattura,
ma con il tetto basso
e una porticina così piccola
che per entrare
bisogna abbassare la testa
per non sbatterla sull’architrave
Forse, un tempo,
quest'ambiente era adibito ad ovile
Una visione idilliaca
di rurale e pastorale bellezza
Sono lì con papà e mamma
e voglio mostrar loro
questa meravigliosa casetta
che ho appena acquistato
So che a loro piacerà
Papà sicuramente la vorrà usare
e io gliene darò le chiavi con gran piacere
Anche la chiave che apre la porta
di legno massiccio è antica
È grossa, lunga almeno 15 cm
ed è fatta di ferro scurito dagli anni
Davanti alla casa c’è un vecchia
un po’ svanita e stranita
con i capelli tutti bianchi
che però possiede le conoscenze
della falconeria e che,
quando arriviamo in visita,
parla fitto con un gufo gigantesco
Penso che le chiederò di insegnarmi,
prima o poi
Questa caa, questo luogo
mi trasmettono un senso di felicità,
ineffabile,
mai provato prima
Gabriel ha sognato questa notte ed ecco il suo racconto:
"Ero qui a casa con te e tu mi hai detto: Ti regalerò una nuova casa!
Questa casa però era molto piccola
E tu allora mi dicevi: Tu crescerai e ogni anno avrai una casa più grande della precedente
Dopo 16 anni avrai la casa più grande di tutte
Quando sono arrivato alla sedicesima casa mi rendevo conto che era più piccola di un cracker
E il sogno finiva qui"
Ho sognato Facevo parte di un’organizzazione
guidata da una donna malefica
Erano state stabilite regole assurde
per il controllo e l’eliminazione
dei non allineati, dei contestatori,
dei renitenti e dei riluttanti
Uno degli strumenti
adottati dalla leader
era costituito dalla somministrazione
frequentissima
di test ed indovinelli
tutti centrati sul paradosso
Era oltremodo arduo
trovare la risposta giusta
e si correva il rischio,
in caso di errore,
di essere allontanati
o fisicamente eliminati
(se non uccisi sul posto)
da vigilanti armati e minacciosi,
come in un quid game
Vigeva un’atmosfera di terrore
Era impossibile allontanarsi
oppure evadere
Quando arrivava il momento del test
bisognava partecipare
Ed era terrore puro
Durante uno di questi test
io ero assieme ad un compagno di lavoro
e avevamo da risolvere il compito/quiz
del momento
C’era un foglio fitto da istruzioni
da leggere e da decifrare
e c’era un mucchietto di polvere
(forse pepe o polvere da sparo)
che andava suddiviso
in un certo modo
alla luce delle indicazioni scritte
Io ero nel panico più totale
Le istruzioni non riuscivo a leggerle
perché le lettere mi ballavano
sotto gli occhi
Era tutto assurdo
Il mio compagno-amico mi diceva:
Fai così e così
Io eseguivo senza fiatare
Al termine della prova
passavano i controllori a verificare:
e per questa volta ero salvo
Ma per quante volte ancora
avrei potuto farcela
per il rotto della cuffia?
Non c’era scampo
Avremmo voluto organizzare una fuga
Ma la leader era ovunque
Compariva nei momenti più impensati
e sempre si metteva a berciare
e a mettere alla prova gli interlocutori
con i suoi indovinelli e paradossi
Se non era lei,
erano i suoi energumeni ad arrivare
ad interrompere le conversazioni
a frugare e a rovistare
a portare via i dissenzienti
senza se e senza ma
Voglio andare via da qui!
Spero di non dover fare
la fine di Winston Smith
Assurdo universo!
Poi, ho ancora sognato
Dovevo sostenere un esame universitario
Ero con altri in attesa
che arrivasse la commissione
Ancora, in verità, non mi ero iscritto
Aspettavo (come facevo un tempo)
l’ultimo momento,
quando affrontavo l’esame
come fosse un lancio di dadi
(affidandomi alla mia buona sorte)
Ma questa volta ero perplesso
Entravo nella stanza
in cui si sarebbe svolta la cerimonia
Il grande tavolo degli esaminatori
era vuoto
all’infuori di alcuni faldoni
e delle statine degli esaminandi
(proprio così: nel sogno erano
“statine”, non statini)
Mettevo il mio nell’ordine alfabetico
e, con il cuore in gola,
scoprivo che sarei stato il terzo
ad essere torchiato
Ma io non sono pronto!
E poi di questo argomento non so nulla!
Non è letto nemmeno una pagina
di storia dell’arte
Come faccio se dovessero chiedermi
della scultura e della pittura italiana
del XVIII secolo
Non potrei nemmeno arrampicarmi
sugli specchi,
utilizzando la mia parlantina
e la mia capacità di condurre il discorso
dove sapevo di più
Ho scovato, scartabellando tra i "ricordi" che FB giornalmente mi propone, questa nota del 13 gennaio 2011 che riporta la trascrizione di quattro sogni.
Eccoli
dall'improvviso comparire dalla profondità del mare
di un sub a fine immersione
che, mentre emergeva, si liberava di tutta l'attrezzatura
che risaliva a galla
Il GAV pieno d'aria, in particolare,
s’incuneava sotto la canoa e le faceva da galleggiante,
riportandola più velocemente in superficie
Riportavo le due barche sul pontile,
Qui la canoa si tramutava
in un lungo serpente d'acqua
Io, pieno di meraviglia, rimanevo immobile
ad osservare la metamorfosi
Il serpente si arrotolava,
formando molte spire intrecciate
proprio sull'orlo della banchina
e, con curiosità stupefatta,
notavo che il suo ventre biancastro e traslucido
era ricoperto da una miriade di mammelle
2. Tsunami
Sono su un'imbarcazione da canottaggio e navigo sul vasto mare, lontano dalla costa.
La barca è uno skiff, instabile e sottile come un fuso.
Basta niente per rovesciarlo: è uno scafo che richiede acque tranquille.
Basta un niente perché le grandi pale dei remi rimangano impigliate sott'acqua e ti facciano capottare.
E ciò può capitare tanto più facilmente se non hai una tecnica di esecuzione perfetta.
E' da tempo che non vogo su una barca siffatta e sono un po' in apprensione.
Sì, dopo tanto tempo, mi sento un po’ arrugginito.
Ogni tanto i remi sbattono sulla superficie e sento lo scafo oscillare, ma – nel complesso - ho la situazione sotto controllo.
Ciò mi conforta e mi riempie di euforia.
Certo, mi rendo conto che non sto vogando nella maniera corretta e che, per minimizzare le scosse e i disequilibri, muovo poco il carrello oppure inclino troppo la schiena all'indietro, per facilitare e rendere più fluido lo svincolo.
Godo del paesaggio marino.
I gabbiani volano in alto e ogni tanto scendono verso la superficie. Altri galleggiano pigramente, assieme alle gallinelle d'acqua.
La superficie del mare è liscia e riflette il cielo.
Ma all'improvviso, alla mia sinistra, vedo levarsi un'onda gigantesca il cui corpo assume una tonalità verde-cupo, mentre la sommità alta almeno 5-6 metri già comincia a sfrangiarsi.
Sono allarmato: mi chiedo come farò a resistere all'impatto della gran massa d'acqua.
La bellezza di prima si trasforma in cupa minaccia e in apprensione.
3. L’incontro con il baro
Sono impegnato in una partita a carte con un avversario di cui non conosco l'identità.
Non capisco nemmeno a quale gioco io stia giocando.
Ho in mano le mie carte.
Mi sembra di avere una combinazione favorevole e mi preparo a fare la mia mossa.
Tuttavia, sul più bello, scivolo in un micro-sonno.
Quando mi risveglio noto che le carte sul tavolo sono diverse da prima e che, dunque, la mano non mi è più favorevole.
Penso subito che qualcuno, approfittando della mia “assenza” le abbia manipolate.
In preda all’ira, butto sul tavolo le mie carte e, alzandomi bruscamente, lo rovescio con tutto ciò che vi è sopra.
Me ne vado, lasciando in tredici il mio avversario, dopo avergli gridato che è un baro e un imbroglione.
4. Il palazzo in rovina
C'è una grande festa di ragazzi (forse dell'età di mio figlio). Una grande confusione, grida, baccano, musica a tutti volume, vetri e bicchieri infranti.
La festa si svolge all'esterno d’una grande casa, in una spaziosa terrazza.
Entro in casa.
Dappertutto ci sono affilate lame di cristallo che spuntano dai pavimenti o pendono dal soffitto.
Cocci di vetro sparsi dovunque.
Sono preoccupato: temo che qualcuno dei ragazzi possa ferirsi.
Vado avanti circospetto e penetro sempre più all'interno della misteriosa dimora.
Sgocciolio di acqua. Tubi rotti, da cui sgorgano enormi quantità d'acqua.
Sono un po' contrariato: penso che tutto ciò sia il frutto di atti di vandalismi di qualcuno degli invitati.
Cerco di limitare i danni e tappare le falle.
Ma è un lavoro improbo dagli incerti risultati.
Man mano che vado avanti, gli ambienti si fanno sempre più claustrofobici.
Le stanze spaziose e gli ampi corridoi si tramutano in stretti cunicoli, sempre più bassi, le pareti stillanti umidità rivestite di muffe verdognole che, solo a sfiorarle, mi riempiono di ribrezzo.
Sono costretto, ad un certo punto, a camminare carponi, tanto le volte sono basse.
Spero di ritornare di nuovo all'ariosità di prima.
Anche questa volta ero parte
d’una vasta comitiva
costituita da gente comune
ma anche da molti, sovrastanti,
dignitari pomposi e vacui
Si trattava di partecipare
all’inaugurazione d’una nuova tratta ferroviaria
C’erano intoppi e lungaggini
Ricordo che entravamo
in un vasto atrio
spazioso ed echeggiante
( o forse si trattava d'un capannone
o d'un hangar)
dove erano disposte
in file interminabili
scomode panche di legno grezzo
alle quali eravamo invitati
a prender posto
da una voce metallica
(gracchiante)
proveniente da altoparlanti
piazzati in angoli remoti del soffitto
Io cercavo di tenermi a distanza
dal resto della folla
(cosa non difficile, visto che le panche
fornivano sedute sovrabbondanti)
e soprattutto cercavo di tenermi
a distanza di sicurezza dai dignitari
sempre più pomposi e vacui
E mi ricordai di ciò che scrisse il caustico Voltaire Si haut que l'on soit placé,
on n'est jamais assis que sur son cul!
Frase che, sovente, mi ripeteva ghignando, tra una tirata di pipa e l'altra,
lo zio Luigi, fratello di mamma
e generale con tre stellette,
sempre dissacrante
Avevo con me,
come sempre,
la mia attrezzatura fotografica
Gli ombrelli rotti
(e abbandonati)
dopo il giorno di pioggia
e di buriana di vento
Sono come fiori appassiti,
anzitembo
alcuni scarnificati
da venti cannibalici
e ridotti
all’essenziale del loro scheletro
Nelle pozze d’acqua piovana
si riflettono
il cielo e le nuvole
e gli alberi spogli
e, a volte, anche quegli ombrelli rotti,
naufraghi e derelitti
Passo in rassegna
facce e volti
in una galleria sfinita
alla ricerca di volti nuovi
o dimenticati
emergenti dalle brume del passato
Quante facce!
A volte anche non facce
Oppure anche cani, gatti,
cavalli, tramonti e nuvole
Alcuni la faccia non ce la mettono
Altri ce la mettono tutta
Alcuni se la fotoshoppano
Altri la piazzano lì
nuda e cruda,
talvolta comica o arruffata,
tal atra davvero impresentabile
Altri ci mettono volti falsi,
appartenenti ad altri
Tutti ammiccano e sorridono
Altri volgono
all’ignoto osservatore
uno sguardo che è solo cupo
o triste o anche inverecondo
È questo è il Libro delle Facce
che ogni giorno
ci chiama
e si fa esplorare
riportandoci talora
ad incontrare
anche coloro
che più non sono
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.