E lì, accovacciato sui talloni,
c’era mio figlio Francesco
che mi guatava
senza dire parola
Rimanevo basito
Era da tanto che non lo vedevo,
che non lo incontravo,
e non gli parlavo
Come reagire a questo improvviso,
inatteso, incontro?
Salutarlo?
Parlargli?
Riprendere un discorso interrotto?
Iniziarne uno nuovo?
O semplicemente non fare nulla del tutto,
lasciando scorrere questo momento,
e i successivi,
con naturalezza,
con fluidità,
come nel caso di due che,
dopo molto andare,
s’incontrano
e senza dire alcuna parola,
senza proferire verbo,
volgono assieme
lo sguardo al cielo notturno
per indagare le stelle e il Mistero?
Ecco due sognucoli, che mi ero dimenticato di riportare qui nel blog e che risalgono ad un anno addietro esatto.
Li avevo soltanto resi visibili nel mio profilo facebook
(2 luglio 2023) Ho sognato che sarei dovuto andare a processo per aver compiuto un reato
Casco dalle nuvole. Il reato di cui mi si accusa non è ben indicato nei documenti che mi sono stati inoltrati o notificati; non so di cosa si tratti
Poi vengo a sapere qualcosa di concreto
Avrei partecipato - così mi dice il mio difensore d’ufficio - al furto d'un enorme orologio che adornava la torre campanaria d'una città in Spagna.
L’avvocato mi chiede di spiegargli il perché di questo gesto, non capisce
Io gli dico che sono stato un fesso
Ho soltanto incontrato due miei conoscenti che mi hanno trascinato in questa loro impresa
Non ho fatto materialmente nulla
Sono stato soltanto a guardare
Non ho fatto però nulla, del pari, per impedire loro di portare a termine il gesto criminoso
L’avvocato mi dice che la mia difesa é piuttosto debole
Verrò egualmente incriminato e processato
non solo in Italia, ma anche in Spagna,
dove il reato è stato originariamente compiuto
“Ma si rende conto?”
Ed io:
“Avvocato, ha ragione! Sono stato un fesso! Anzi un fessacchione! Un vero pinnazzuolo!”
L’avvocato scuote la testa.
“Avvocato, ce la farò a venirne fuori?”
E’ questo il mio ultimo grido prima che mi portino via in manette
(3 luglio 2023) Dei tecnici informatici
vengono per sistemare il computer
da cui lavoro abitualmente
e per rendere più sicuro
l’accesso ai diversi programmi che contiene
Io stesso sono andato a cercarli
da qualche parte
e, per arrivare al posto dove si trova il PC,
abbiamo dovuto fare un lungo viaggio
in un van
per poi fermarci
in un vasto spiazzale deserto
ad una estremità del quale
c’è un emporio
dove rivendono hardware e software
Qui c’è una calca immensa
Tutti vogliono comprare qualcosa
Mi faccio strada a gomitate
e arrivo al banco
per chiedere ciò che mi serve
L’intervento dei tecnici è efficace
Le password nuove sono impostate
Ma nemmeno io le ricordo più
dopo che se ne sono andati
Si sente l’agitazione di improvvisi
vibranti refoli di vento
Ha piovuto nel cuore della notte
Una pioggia stentata
di poco beneficio
L’aria è umida,
ristagnante
Se non fosse
per quegli improvvisi sbuffi d’aria
che prosciugano l’umidore molesto
si avrebbe una senso di soffocamento e di pelle appiccicosa
per la traspirazione
S'odono i tuoni,
a volte un rombo isolato,
talaltra un tambureggiare sordo
Prima del brontolio e del rullare
il cielo s’accende
di elettriche strie
contorte e ramificate
I gabbiani stridono,
non si vedono
ma è probabile che siano in alto
a volteggiare e veleggiare,
traendo vantaggio dalle raffiche incostanti
Cammino nel buio,
quasi a tentoni,
foglie secche
sotto i piedi ,
scricchiolanti,
crocchianti,
fruscianti,
Tutto é pervaso di un’attesa ominosa
All’improvviso arriva il picchettio
di grosse gocce
che cadono nella polvere
E il petrìcore si leva dalla terra
bagnata ed erosa
Le strade si ricoprono
d’una patina lucida
su cui si specchiano i lampioni
con aloni di tenue luce gialla
Facevo un viaggio,
un lungo viaggio,
In un paese remoto,
in lontane contrade orientali
su percorsi poco battuti
e poco frequentati da chicchessia
La cosa più curiosa in assoluto
era il fatto che, per procedere,
dovessimo costruirci la strada
letteralmente sotto i piedi,
perché non v’era alcuna strada
e, quindi, andavamo a rilento
La strada doveva essere fatta
metro per metro
su un terreno impervio e roccioso
che non faceva sconti,
attraverso contrade impervie e accidentate
Era una strada concepita
per poter essere percorsa
anche da automezzi
Mi ricordava l’impresa titanica
di Lord Horatio Herbert Kitchener,
ai tempi della guerra contro il Mahdi in Sudan,
quando per condurre
truppe e rifornimenti dal Nilo
al punto in cui si erano radunate
le forze ribelli a Khartoum e a Omduram
venne fatta costruire nientemeno
che una ferrovia, metro per metro,
al prezzo di sudore, sangue e vite umane
Del sogno ricordo alcuni dettagli,
come la messa in posa di alcune pietre
per definire il bordo della strada
(ed era qualcosa
di cui mi occupavo personalmente:
come in un videogioco in soggettiva
vedevo le mie mani al lavoro,
trasportare e poi posare quelle pietre)
E ricordo anche
un’automobile vecchio stile
(di quelle dei primordi
che ancora somigliavano
a carrozze senza cavalli)
che veniva avanti
tutta traballante e scoppiettante
carica all’inverosimile
di passeggeri e masserizie
e noi - costruttori della strada -
tutti fermi a guardare con meraviglia
quella faticosa avanzata
e poi vederli imboccare,
malgrado il nostro affannarci e sbracciarci,
una deviazione che non portava nulla,
ma il guidatore persisteva
come un crasto
nella direzione sbagliata,
ostinata e contraria
Mi sembrava di essere in un film
di esotiche atmosfere
o in un romanzo
oppure immerso
in una delle affascinanti narrazioni
tra storia e geografia
di Stefano Malatesta
E mi sono ricordato, ovviamente,
del romanzo “Le quattro piume”
di un certo Alfred E. W. Mason
che lessi anni fa,
avendo poi occasione di vedere
un film recente omonimo
su di esso ispirato
e si tratta di “Daniel Martin”
il cui omonimo protagonista
persegue il sogno di diventare
uno sceneggiatore hollywoodiano
e in particolare quello di poter elaborare uno script
per un film che racconti vita e imprese di Kitchener
E qui non ricordo altro
(da Wikipedia) Horatio Herbert Kitchener, comandante in capo delle armate anglo-egiziane, venne incaricato di riprendere Khartum. Il 18 marzo 1896 Kitchener entrò in Sudan con 11.000 uomini armati delle armi più moderne e sostenuto da una flottiglia di barconi dotati di mitragliatrici e cannoni. Il 7 giugno Kitchener raggiunse Ferkeh, una guarnigione lungo il fiume Nilo in mano alle forze mahdiste.
La battaglia di Ferkeh venne vinta facilmente dal generale britannico, che procedette lungo il fiume in maniera metodica.
La ferrovia dal Cairo venne estesa a Wadi Halfa, permettendo l'arrivo di nuove truppe e approvvigionamenti.
Agli inizi del 1898 Kitchener disponeva di oltre 25.000 uomini.
Alla battaglia di Atbara (aprile 1898) le forze mahdiste (60.000 uomini, ma mal armati) vennero battute, permettendo quindi la marcia di Kitchener verso Omdurman, la città che sorge di fronte a Khartum e che era stata trasformata nella capitale dello Stato mahdista.
La battaglia di Omdurman ebbe luogo nel settembre 1898, e fu vinta dai britannici grazie all'uso delle mitragliatrici Maxim. Dopo il superamento della crisi di Fascioda, la vittoria britannica costrinse il khalīfa ʿAbd Allāh al-Taʿāysh a fuggire verso il sud, dove morì durante la battaglia di Umm Diwaykarat, il 24 novembre 1899.
I britannici divennero i nuovi governatori del Sudan, sebbene una parvenza di codominio con gli egiziani sia rimasta in vigore fino all'indipendenza del paese nel 1956; infatti Sudan Anglo-Egiziano fu il nome ufficiale del paese per tutto il periodo.
Alfred Edward Woodley Mason ( Dulwich, 7 maggio 1865 - Londra, 22 novembre 1948) è stato uno scrittore e politico britannico. Il suo romanzo più conosciuto è Le quattro piume (1902), da cui sono...
Il sole sorge ancora
Ci sono grandi alberi
che danno ombra e frescura
che ospitano augelletti
laboriosi e canori
Speriamo che non ce li taglino
proditoriamente
quei capitozzatori folli,
sguinzagliati per la città
come segugi assassini
Cammino con Black
Odori immondi mi circondano
odori che poi si trasformano
in fetidi cromatismi
lampeggianti dietro gli occhi
Odori che prendono assalto le mie narici,
le mie papille olfattive,
ma anche quelle gustative
e poi salgono come miasmi corrosivi
arrivando sino al profondo
delle circonvoluzioni limbiche
del mio cervello,
ottenebrandolo
Sono spariti gli effetti benefici
della pioggia dei giorni scorsi,
si sono dileguati, evaporando via,
e proprio per questo
le cose sono peggiorate di più,
perché quelle fetenzie mai rimosse
dalla sede stradale
con l’esposizione
alla pioggia
all’acqua
e all’umido
hanno cominciato a marcire più velocemente
con il rinnovarsi dei raggi del sole
e della canicola
Quindi siamo costretti a viaggiare nel fetore,
dal quale mai potremmo veramente liberarci
La gora dell’orrendo fetore
ci da il tormento
Talvolta mi chiedo
se non siamo costretti in terra
a vivere in una bolgia dantesca
“NON BUTTARE MUNNIZZA”
è scritto sul muro
di un edificio fatiscente a Terrasini
e quel marciapiedi
che corre davanti al muro
è pulitissimo,
come il resto della ridente cittadina
A Palermo, ogni angolo è buono
per liberarsi di munnizza
e di oggetti non più graditi o rotti
Persino i monconi degli alberi
abbattuti proditoriamente
diventano pubbliche discariche
E in ciò patiscono
un ultimo affronto
Tavola da skateboard spezzata
su letto di foglie secche
e di fiori di Brachychiton caduti
Ero in un’altra città, forse Bergamo, poiché il tessuto urbano era articolato in una parte alta antica e una bassa, moderna
Mi recavo in un ufficio pubblico a richiedere dei documenti
Dovevo fare certe operazioni: mettermi a turno, specificare il tipo di documento che mi serviva e infine aspettare la chiamata da parte dell’impiegato preposto al rilascio di quel tipo di documentazione
Sin qui andava tutto liscio
Mi ritrovavo successivamente nell’ufficio d’una società assicurativa: qui dovevo rinnovare una polizza
Le cose si facevano lunghe
I due impiegati (o funzionari) con cui mi ritrovavo a parlare avrebbero dovuto soltanto farmi firmare delle carte per il rinnovo della polizza, ma non cessavano di propormi altre ipotesi, cosicché io mi decidessi a impegnarmi in servizi assicurativi aggiuntivi alla polizza di base, di cui mi facevano balenare gli incredibili vantaggi
Di fronte a questo atteggiamento furbesco, mi innervosivo non poco e dicevo all’impiegato che ero lì solo per rinnovare la mia polizza e nient’altro, niente di più e niente di meno, e che doveva smetterla di cercare di vendermi cose che non volevo
Detto questo, pigliavo armi e bagagli e me ne andavo con foga, senza concludere
Mi trovavo a risalire su per il colle, per raggiungere di nuovo gli uffici municipali ubicati appunto nella città alta
Quando ero quasi arrivato, notavo un grande assembramento: all’inizio immaginavo che si trattasse di persone accalcate in attesa anche loro di entrare negli uffici comunali, ma poi mi rendevo conto che c’era stato un grande incidente con morti e feriti
Vedevo vittime scomposte, distese sull’asfalto, e altri viventi sanguinanti, confusi, dalle movenze incerte e traballanti
Non riuscivo a capire cosa fosse accaduto, se si fosse trattato di un incidente del traffico, oppure se ci fosse appena stato un attentato dinamitardo
Certo, lo spettacolo era terribile ed impressionante: sembrava di essere in zona di guerra
Ciò nonostante io perseguivo il mio scopo, senza lasciarmi coinvolgere, scavalcando i corpi delle vittime, scansando i feriti e non ascoltando le loro richieste di aiuto
Quindi, accertato che non dovevo rispettare i tempi d’attesa di una coda, con rudezza, cominciavo a fendere la calca e a farmi strada
Ricordo, in particolare, tra i sopravvissuti una tizia con il volto striato di sangue e con i vestiti laceri che cercava di rialzarsi da terra, compiendo in maniera stereotipata una sequenza di gesti senza scopo e ripetendoli senza fine al rallentatore
Sia come sia, riuscivo alla fine ad entrare negli uffici del municipio
Edotto dalla mia visita precedente conoscevo perfettamente la procedura da seguire: di conseguenza, potevo andare dritto allo scopo
Ma c’è un ma...
Come per un’improvvisa folgorazione, mi rendevo conto che nessuna della tipologia di servizi offerti si poteva adattare alla mia attuale esigenza
Infatti, mi rendo conto che sono salito per la seconda volta sino al colle del municipio per fare autenticare un documento che é, giusto giusto, proprio quello dell’assicurazione rinnovata
Ma io non sono in possesso di quel documento, poiché me ne sono andato dall’ufficio dell’agenzia assicurativa, interrompendo le trattative con l’impiegato che voleva vendermi altri prodotti, lasciando la procedura in tronco, senza firmare il rinnovo e soprattutto senza il documento prezioso in mano!
Quindi, ora che mi ritrovo al municipio con la possibilità di fare una copia autenticata, senza il documento originale ho in mano solo un pugno di mosche in mano
Sono piuttosto irritato con me stesso e per la mia leggerezza
Non vorrei perdere il turno
Non vorrei rinunciare alla posizione di vantaggio che ho acquisito rispetto a tanti altri ma non c’è nulla da fare, senza il documento originale non ho dove andare
Sopraffatto da un senso di inutilità, esco dal municipio per ritornare da basso seguendo a ritroso tutta la strada già fatta e per tornare a bussare nuovamente alla porta dell’agenzia assicurativa
Mi avvio per la lunga strada che scende dal colle e devo nuovamente immergermi nel cuore della folla dolente dei feriti sanguinanti e delle vittime distese per terra
Ed è uno strazio
Poi mi ritrovo a scendere per quella strada, lungo quei tornanti in discesa, su uno skateboard
(su cui io non sono mai riuscito ad andare… e sembra invece che me la cavi alla grande)
Sono stanco
Svuotato
Inerte
Vorrei rimanere a giacere
per ore e ore durante il giorno
Ieri, il giorno è stato denso,
emozionale
E poi sono crollato
in un sonno plumbeo,
senza sogni
Non so perché
Non solo vorrei
dormire
dormire
dormire,
ma sprofondare nel letto
Usarlo come porta verso l’altrove
Ed esserne inghiottito
mentre sono preda
di questo snervante stato della mente
Andare
Sognare
Spompatizzo, sì,
mi sento spompatizzo
Di frutta ho solo quattro ciliegie avanzate,
quattro in croce,
tutte vizza
Ho dato fondo a tutto,
quasi a tutto...
Se posso, preferirei
evitare di andare a fare spesa
Quindi ho quelle ciliegie,
quattro in croce,
quattro, tutte vizza
ma ho anche quattro zucchine genovesi
(sempre quattro è il numero magico ricorrente)
e potrei portarne una
Comprerò il pane
come faccio sempre
e questo è quanto
Ora, a fatica, ho finito di sistemare
e mi sono spazzolato i denti
Mi sono rastremato,
mi son ricomposto,
anche se ho le colichette
Son pronto a scendere
e a mettermi in strada,
anche se mi sento ancora stanco,
stanco che più di così non si puote
Forse è stata la giornata di ieri
che è stata logorante e densa
tra rimembranze
celebrazioni
e commemorazioni
Andare poi a Terrasini
Tornare a prendere Gabriel
nella calura più assurda,
poi stare con lui a casa
sempre così,
un po’ tenerlo d’occhio,
accudirlo e le merende senza fine
senza potermi rilassare
Alla fine, ciliegia sulla torta
(una di quelle quattro ciliegie vizze)
andare all’incontro di commiato
con le maestre e gli altri genitori,
insomma, tutto questo
mi ha stancato parecchio
Dover tener breccia
Forse la sommatoria di tutto
o forse anche le energie profuse
per essere presente,
senza che nemmeno me ne rendessi conto,
ma anche quello che ho scritto
su mio fratello
e che mi ha preso
forse più di quanto m'aspettassi
in termini di coinvolgimento emozionale,
non so
Eppure ancora adesso
mi sento come svuotato,
privo di energia
Però so anche che, poi,
da questi stati d’animo
in cui mi pare di non avere più benzina
sono capace di riprendermi velocemente,
non appena mi rimetto in pista
Calati junco ca passa a china La pioggia lo bagna il vento l'asciuga
Campa cavallo che l'erba cresce
E intanto sono già trascorsi
nove anni
dalla tua dipartita,
caro fratello
Il tempo è un grande scultore
Io, man mano che il tempo scorre,
e mentre il conto degli anni
si fa più lungo,
non dimentico,
mi esercito piuttosto
a ricordare meglio
e a tenere in vita
coloro che non sono più
Quindi, carissimo fratello,
voglio dirti che sei ancora
qui con me
Ogni giorno,
Ti vedo
Ti parlo
Ti saluto
Rivolgo lo sguardo
alle tue molte foto
sparse in giro per casa
Ogni tanto vieni
a trovarmi nel sogno
Ogni tanto,
in occasione delle ricorrenze principali
e degli eventi cruciali,
faccio celebrare una Messa
in memoria
per te,
per la mamma,
per Papá,
e queste sono le uniche volte
che vado a Messa
È un rito che ogni anno si rinnova
Forse, a modo mio,
recito anche qualche preghiera
I Morti non si dimenticano
I nostri Defunti vivono
attraverso queste attenzioni
É nostro compito tenerli in vita
Tenere vivo il loro ricordo
Tramandarlo se possibile
in modo che alla nostra dipartita
qualcuno possa continuare a ricordarli
e noi con loro
Vorrei essere
sulla faccia nascosta della luna
e da lì, nel buio profondo,
scrutare il firmamento,
fissando il fluire pulsante
della luce fioca,
eppure risplendente,
di stelle già morte da eoni
Ho fatto lunghissimo sogno che pareva non dovesse finire mai
Andavamo a casa del dottor Corrao, il mio psicoanalista di un tempo
Io dovevo fare la mia seduta ma, arrivando, trovavo una situazione totalmente diversa dall’usuale
C’era tanta gente per lo più persone che ritenevo di non conoscere e di non avere mai visto prima
L’atmosfera era festosa
Francesco Corrao si mostrava come un padrone di casa gioviale, un anfitrione quasi, e vedevo che cercava di mettere tutti a suo agio
Vicino a lui c’era una piccola lince, chiaramente addomesticata, che si comportava come un gatto e richiamava molte attenzioni su di sé, da parte del dottor Corrao e anche da tutti gli altri presenti
Avrei voluto sedermi sul lettino, quello che usavo allora, ma non ce n’era traccia
Al suo posto c’era una piccola dormeuse scomponibile in due parti
Io avrei voluto comunque accomodarmi e lui diceva: “Siediti pure!”
Ma c’era seduto qualcun altro sulla dormeuse e, quindi, io titubavo
Francesco Corrao, eludendo la mia perplessità, mi diceva: “Vieni! Andiamo! Dobbiamo sbrigare qualcosa!”
Mi conduceva in un piccolo studiolo dove erano già seduti ad un tavolo tre psicoanalisti anziani, tre donne, e anche lui si accomodava al tavolo.
Io, invece, rimanevo in piedi davanti a loro, come se fossi sotto esame o forse soltanto per deferenza
Il dottor Corrao mi ingiungeva in maniera garbata di raccontare ciò che avevo visto e sentito di una precedente situazione in cui era coinvolta mia cugina Patrizia, nella sua veste di psicoanalista, a cui io avevo partecipato come co-terapeuta ed io cercavo di sviscerarne il ricordo, recuperando quanti più dettagli - sensazioni, intuizioni e associazioni - fosse possibile
C’era, in particolare, una frase che era stata detta in quella seduta che rimandava ad altri significati e che era particolarmente evocativa d'un potenziale problema che sino a quel momento era rimasto occultato
Io cercavo appunto di riferire quel particolare momento di quella seduta, focalizzando le frasi dette sia nel loro contenuto manifesto sia in quello più occulto e tale da dover essere sottoposto ad una ermeneutica, tuttavia mi confondevo, non riuscivo ad essere chiaro nella mia esposizione
Quello che era chiaro nella mia mente, nel momento in cui cercavo di tradurlo in parole pronunciate ad alta voce, si faceva confuso ed evanescente
Loro tuttavia mi ascoltavano con grande attenzione (e dunque anche con molto apparente interesse) e prendevano appunti, benché io avessi l’impressione che stavo blaterando di cose senza senso
Pareva che stessi liberando della verità nascoste e loro porgevano alle mie farneticazioni un orecchio attento
Ero lusingato di questo, ma - al tempo stesso - anche preoccupato: oscillavo nel pensare che fossimo così riuniti per una seduta di supervisione ad un caso oppure perché essi, psicoanalisti esperti ed anziani, stessero conducendo delle indagini su una situazione di potenziale malpractice
La mia argomentazione - quella che invano cercavo di sviluppare in maniera chiara - era abbastanza fondata sull’intuizione che, nel corso di quella seduta a cui mi riferivo, la paziente avesse portato l’attenzione - con il suo materiale onirico - ad una situazione in cui in una relazione a due si introduceva o occultamente un terzo personaggio, con un coinvolgimento scabroso
Sia come sia, ad un certo punto, il consesso di psicoanalisti anziani mi congedava e io ritornavo alla grande sala di ricevimento di cui non potevo fare a meno di apprezzare gli arredi, le suppellettili e i quadri (ed era sempre onnipresente la lince-gatto, con i suoi voluttuosi stiramenti e le sue fusa) e, a ruota, tornava anche il dottor Corrao
Ancora una volta venivo invitato ad accomodarmi sulla "dormusa", ma - stavolta - c’erano già sedute altre persone con cui cominciavo a conversare come se fossero conoscenze di vecchia data
Parlavamo e celiavamo
Anche Corrao, di ritorno, si univa a questi scherzi e lazzi
Cominciavamo a fare un gioco su chi é chi
Per esempio, Francesco Corrao, indicando un gruppetto di tre, diceva agli astanti, “Vediamo chi è capace di riconoscere tra questi tre chi è mio figlio”
Io lo sapevo ma tacevo, perché non volevo rovinare il gioco agli altri
Quindi, lasciavo che il dottor Corrao parlasse e - come si fa in questi giochi sociali - seminasse degli indizi utili all’identificazione
Raccontava anche delle cose che riguardavano il suo rapporto con il Centro di Salute Mentale (CSM) e con il fatto che periodicamente operatori del CSM telefonavano per ottenere una certificazione e che non c’era mai alcun problema, perché lì riconoscevano immediatamente la sua voce
Poi, il Corrao proponeva un altro gioco nello stesso filone e diceva indicandomi “Vediamo chi è il dottore Corrao di noi due”
Io pensavo che non ci fosse alcuna possibilità di sbagliare
Eppure stavo al gioco e cercavo di imitare Francesco Corrao, parlando e dicendo delle frasi e cercando di modulare la mia voce come quella sua
E qui il sogno finiva
È stato un sogno strano e meraviglioso che mi ha lasciato sensazioni speciali
Mi sentivo in pace, anche se c’era l’imbarazzo incombente di dovermi sottoporre (o meglio di dover partecipare) ad una seduta psicoanalitica alla presenza di tante persone diverse molte delle quali non conoscevo e di cui ignoravo l’identità (Erano colleghi? Erano studenti? Erano apprendisti?).
Sentivo che la mia identità sarebbe stata come violata, se altri avessero ascoltato; e cosa avrei detto, sapendo che tutti avrebbero ascoltato le mie confessioni, le mie confidenze, i miei turbamenti?
Malgrado ciò ero anche tranquillo e godevo la situazione, momento per momento
Sapevo che se avessi dovuto affrontare una seduta di psicoanalisi lo avrei fatto comunque, magari chiudendo gli occhi, astraendomi, oppure entrando in una dimensione onirica per annullare l’effetto intrusivo di tanti spettatori
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.