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Appena mi son messo in clinostatismo e ho poggiato la testa sul cuscino, sono subito crollato in un sonno profondo
Non ho avuto nemmeno il tempo di pensare, oppure di pormi la domanda se avessi voglia di leggere per un po’
La transizione dalla veglia al sonno è stata immediata e senza consapevolezza, repentina come quando si muove un interruttore da on a off
Ho dormito per diverse ore di seguito, contrariamente alle mie abitudini, e quando mi sono risvegliato il traghettamento dalla notte al giorno era quasi compiuto
Ho sognato vividamente, ma ricordo solo frammenti
In uno di essi ero al lavoro e, al mio arrivo, constatavo che la disposizione dei mobili dell’ambulatorio era stata mutata senza criterio
Mi rendevo conto che nel modo in cui gli arredi erano disposti adesso non mi ci ritrovavo assolutamente
Cercavo di ripristinare allora la vecchia disposizione, ma andavo incontro a non poche difficoltà pratiche e, dopo ogni tentativo, il risultato raggiunto non rispecchiava mai nemmeno per un po’ la disposizione originaria… anzi era peggiorativo.
Tutto ciò era molto frustrante
In un frammento successivo, mi recavo in una banca per discutere di alcune importanti questioni
Stranamente, la banca si trovava al 12º piano di un grattacielo e per arrivarci bisognava prendere un ascensore superveloce
In attesa c’era un sacco di gente e non era semplice potere entrare in uno degli ascensori del grande atrio a disposizione dei visitatori, a meno di non fare il furbetto
Ero in compagnia di altri: formavamo un gruppuscolo di tre e dovevamo salire assieme, senza separarci. Ciò rendeva le cose più complicate
Ricordo confusamente il momento in cui riuscivo a sgattaiolare dentro l’ascensore mentre la porta scorrevole stava per chiudersi
Compivo una vera e propria acrobazia per insinuarmi dentro senza essere schiacciato dalla porta mobile che era, con molta evidenza, sprovvista del consueto meccanismo di arresto di sicurezza automatico
Ricordo anche che, una volta dentro, a forza di braccia - come un energumeno - impedivo alla porta scorrevole di chiudersi definitivamente e - anzi - riuscivo ad allargare il varco così da consentire alle altre due persone con me di entrare dentro anche loro
Quelli che già erano in attesa all’interno guardarono la mia entrata e le successive acrobazie con palpabile disapprovazione
Ma a quel punto eravamo dentro e riuscivamo a salire
Giunti al piano, ci addentravamo in un dedalo di uffici sino ad arrivare a quello che io cercavo
Dovevo confrontarmi con un impiegato malmostoso e scostante
Spiegavo il motivo della mia visita, ma non ottenevo alcuna risposta utile
Anzi, dirò di più, l’impiegato si insospettiva poiché considerava i miei motivi non plausibili e pretestuosi e cominciava guardarmi con sospetto, insinuando che l’utilizzo dell’ascensore da parte mia fosse stato illegittimo e sottolineando che l’uso di esso era riservato soltanto ai clienti che avessero un motivo valido per rivolgersi a lui
E io gli chiedevo: "Qual è un motivo valido? Come si fa a stabilire cosa sia valido e cosa non lo è?"
Quello rispondeva: "É a mio insindacabile giudizio! Io sono arbitro e giudice! Io sono Dio e le mie decisioni sono senza appello!"
Capivo che di là dovevo scappare immediatamente e cominciavo a cercare una via di fuga visto che l’uso dell’ascensore mi era ormai precluso per la decisione (o sanzione) presa da dio in persona
Capivo che avrei dovuto scendere usando le scale
Avrei potuto farlo se solo avessi saputo dove fossero, ma la porta che conduceva ad esse era ben mascherata, né vi erano cartelli che segnalassero vie di fuga in caso di pericolo
L’unica alternativa era calarsi con una corda o con altri mezzi di fortuna: ma questa era sicuramente una soluzione acrobatica che non mi si addiceva per nulla (e non mi si addice nemmeno da sveglio)
Mi accostavo ad un finestrone e spingevo il mio sguardo verso l’alto, osservando il grattacielo di fronte che si stagliava su di uno sfondo di cielo blu abbacinante
Mi accorgevo che sul tetto di quell’edificio vi erano delle automobili che facevano manovra come se là, su quella stretta terrazza, vi fosse un parcheggio d’auto
Mi chiedevo come quelle vetture fossero arrivate lì
Capivo anche che l’unica altra alternativa per andare via di lì potesse essere ascendere verso l’alto, sì da raggiungere il tetto-parcheggio di quell’altro edificio e da lì prendere un taxi
(Dissolvenza)
Sono in una scuola
Forse è proprio quella di Gabriel
Ci è stato detto di portare, ad integrazione del cibo distribuito in mensa, qualcosa in più che possa servire per merende estemporanee
Ognuno ha portato quel che poteva
Tipo: formaggini, prosciutto cotto affettato, salamelle, stick di salame, bocconcini di salame, formaggi vari, brioscine, merendine, biscotti e biscottelli, frutta secca e altro
Alcuni anche torte e pietanze preparate in casa
Ciò che è deteriorabile lo mettiamo in un frigorifero messo dalla Direzione a disposizione dei genitori
Tutto il resto viene collocato in una dispensa
Mentre facciamo queste operazioni dobbiamo indossare mascherine e guanti di lattice per evitare moleste contaminazioni
Poi, ad un certo punto, finisce il tempo della scuola e, allora, ogni genitore cerca di recuperare ciò che ha portato (almeno quanto è rimasto)
E sempre indossiamo mascherine e guanti di lattice (blu oppure rossi, ambedue i colori di prammatica)
Ma è tutto un grande pasticcio
Si crea un ressa attorno a quel piccolo frigorifero
Tutti quanti vorrebbero riprendere ciò che spetta loro
Tutti si affollano davanti allo sportello
Infilano le mani dentro, frugano e rovistano, con un’inaudita impellenza di modi
C’è chi riesce nell’intento e se ne va via con un sacchettino colmo delle proprie cose (ma anche di ciò che non appartiene loro)
Altri non riescono nell’intento e non trovano nulla, probabilmente perché le proprie cose sono finite nei sacchetti di altri più rapaci e più capaci nell’arraffare
C’è una lunga storia a questo riguardo
Io, in particolare, mi ritrovo tutto il tempo a trafficare attorno a questo piccolo frigorifero: tiro fuori le cose, le esamino, le rimetto dentro, le riesco, ma c’è sempre qualcosa che non mi soddisfa del tutto
Chiamo Gabriel perché mi dia una mano, ma è irreperibile
Sta giocando con i suoi amici e non mi ascolta
Devo fare qualcosa per la quale è fondamentale il suo aiuto
Quindi, mi sento come paralizzato
Non posso procedere
Tengo in mano una sportina che contiene alcuni degli item, delle cose deteriorabili e temo che possano rovinarsi, se dovessero rimanere fuori dal frigo troppo a lungo
Molta confusione e inconcludenza
(Dissolvenza)
Cammino
con passo felpato
C'è un turbinio di rumori attorno a me
Dissonante cacofonia
Il solito caos
Motociclette rombanti in modo molesto
Auto con i gas di scarico a manetta
Monopattini elettrici
sfreccianti da tutte le parti
anche sui marciapiedi e contro mano
(loro non rumoreggiano,
ma è come se lo facessero)
Marciapiedi rotti,
cervelli rotti
che è impossibile rabberciare
Detriti
Plastiche
Pietre sparse
Macerie
I cieli ingombri di nubi
e di gabbiani che veleggiano
Fa caldo
per essere un giorno di aprile,
malgrado una veloce puntata in basso
della temperatura
nei giorni scorsi
Ma tanto è bastato
perché le montagne lontane
sì ammantassero di neve
Il meteo è impazzito
C'è un profondo contrasto tra i diversi piani
Non c'è più scampo
Non c'è via di fuga
E ora bussano alla porta
Bussano una seconda volta
(sarà forse il postino
che sempre bussa due volte?)
(e se fosse il postino,
buone nuove, cattive nuove)
Ma poi bussano una terza volta
(e allora non è più il postino)
Dopo di che
è un martellio costante
che giunge alle mie orecchie
Tuppuliano
Tuppuliano
Chi sarà mai il misterioso tuppuliatore?
(Forse è il destino
che bussa alla mia porta)
Ora vado ed apro
Non vedo l’ora di sapere
ciò che mi aspetta
Notte di sonno opaca
Sonno profondo, però,
di riposo e rigenerazione
Sono qua adesso,
sveglio, nel cuore della notte,
mentre l’alba si approssima
In un angolo della stanza
c’è della lanugine che s’è accumulata
nel corso dei giorni
ed anche il cadavere d’una grossa mosca
Mi riprometto di fare le pulizie
da giorni
e sempre mi ritrovo a rimandare
Dovrò pur farlo prima o poi
Più che la lanugine
a disturbarmi
è la mosca morta
Chi sa perché
Ho sognato e nulla ricordo
Ero da qualche parte
Facevo delle cose
Reiteravo e ripetevo
Ho camminato
Ho corso
Ho pedalato per le vie della città
Talvolta ho parlato,
pronunciando qualche parola sparuta
ma il mio interlocutore era sempre
ombra, fantasma,
ineffabile traccia
E dunque ero sempre solo
Compensavo, allora, parlando da solo,
dicendo, emettendo suoni,
ingoiando parole e masticandole,
una alla volta
come chicchi d’uva succosi
oppure sputandole fuori
come gli acini rimasti
che, tra i denti,
danno fastidio e vanno eliminati
Volevo anche scrivere
ma cosa, poi?
Le parole sfuggivano da tutte le parti
Non ne avevo più alcun controllo
Controllo versus creazione
Creatività impossibile
Mission impossible
Attesa
Verranno giorni migliori
Oppure no!
Segnali di resa, di caduta
o forse anche d'inarrestabile decadenza
L’Impero Romano,
dopo aver raggiunto
la sua massima espansione,
crollò e decadde
insidiato dalle orde barbariche
che tuttavia erano anche
afflusso di sangue nuovo
e di vitali nuove energie
Il disordine e il caos
generarono un nuovo ordine
Corsi e ricorsi
Alternanza di fasi
Decadenza e rinascita
Vediamo
cosa ci attende
al prossimo giro di giostra
(14 aprile 2024) Qual é il senso?
Ho sognato che ero in viaggio
(sempre in viaggio sono in sogno!)
e mi ritrovo nello scompartimento di un treno
che fischia e sferraglia
C’è un collega di lavoro, con me,
e nessun altro
Facciamo conversazione
sui più disparati argomenti,
ma non ricordo i contenuti
Altro non ricordo
C’è una vaga scontentezza,
la sensazione di non aver centrato gli obiettivi,
una vaga percezione di aver perso,
di essere uno sconfitto,
uno che ha percorso tanta strada per nulla
Penso al figlio grande: un senso di sconfitta
Penso al piccolo: altrettanto,
anche se ho la certezza
che mi vuole molto bene per adesso
Penso di aver perso tempo
a costruire castelli di carte o di sabbia
Il vento con il suo primo refolo
farà crollare l’edificio di carte e le disperderà,
così come disperderà per ogni dove
ogni singolo granello di sabbia
Pensavo di avere molto da dire
ma adesso anche quella vena
s’é inaridita
Vedo per terra i cocci di un vaso rotto,
o forse di un’anfora
Non so quando o perché sia caduto
O per colpa di chi
Con molta vividezza, ne vedo i frammenti sparsi
alcuni molto grossi e cospicui
Malgrado ciò, quel vaso
non potrà più essere ricostruito
perché mancano i pezzi più piccoli
che - benché minuscoli -
sono cruciali come chiavi di volta
Sono basito ed esterrefatto,
forse anche annichilito
Tossisco ripetutamente
come per espellere il Male dall’interno
Poi mi fermo e mi ascolto
Ma questa sera non c’è più
alcuna sinfonietta d’autunno o d’inverno
solo il sibilo del vento freddo
che soffia dalle desertiche steppe del Nord
Poi, dopo lunga lotta,
m sono addormentato di nuovo e ho sognato ancora
Ed ero di nuovo in viaggio
mi trovavo in una grande città, forse Londra
Che facevo?
Andavo in giro con altri come un turista rispettabile
La città era sovraffollata,
una marea di persone che camminavano indaffarate,
mentre altri - evidentemente turisti - giravano con il naso all’insù ed espressioni estatiche nel viso,
guardando e rimirando
Di questi, alcuni scattavano foto,
click click click
ed era sorprendente vedere
quanto usassero loro camere
come dei mitra
Altri ciarlavano
Altri ancora camminavano,
indifferenti a tutto, come zombie
In questo fiume umano
mi sentivo un po’ perso
e con lo sguardo
scandagliavo la folla
alla ricerca di qualche rappresentante della setta dei poeti estinti
Poi, entravamo in un grande spazio che appariva essere
un grande negozio oppure una libreria
Propenderei a pensare che fosse una libreria
Ci dicevamo che dovevamo scendere al piano sottostante
E ci facevamo spazio a gomitate nella folla anche qui molto cospicua
Avremmo dovuto, a questo punto, percorrere una stretta scala
per accedere al livello inferiore
Mentre stavamo per imboccare il passaggio, vengo assalito da una donna vociferante e scarmigliata, la quale mi grida diffidandomi dal fare un altro passo soltanto
Ma perché poi?
Forse lo dico a parole, oppure no
Comunque, la donna mi risponde, concitata, sostenendo che non ho chiesto a lei l’autorizzazione di andare, che lei è una scrittrice, che sta facendo la presentazione del suo libro e che merita il dovuto rispetto
Vabbè, faccio io, mi dispiace! Come avrei potuto capire che tu eri la Scrittrice?
Mica ce l’hai scritto sulla fronte e nemmeno su una targhettina spillata sul tuo magro petto!
Così dicendo, proseguo nella mia strada
Percorse le scale, giungo in un ampio spazio, anche questo affollato di persone e qui comincio a parlare del battibecco che si era appena verificato
Faccio una sorta di debriefing psichiatrico, spiegando la rava e la fava del comportamento inspiegabile di quella donna
All’inizio parlo in italiano, ma poi - ricordandomi che siamo a Londra - prendo a parlare fluentemente in inglese
Gli astanti apprezzano la cortesia, anche se avevano già afferrato il senso del mio discorso
Forse, se non l’italiano, conoscevano lo spagnolo
Non so
Mi profondo in lunghi discorsi e spiegazioni che tutti ascoltano un estremo interesse
Nel bel mezzo del discorso compare la donna di prima che ora appare ammansita
Prende partecipare, fa i suoi commenti ed esprime delle controdeduzioni, come in una seduta di psicoterapia
Dopo una lunga session in cui tutto sembra filare per il verso giusto, posso finalmente proseguire il mio percorso che prevedeva di uscire all’esterno
In effetti, il passaggio attraverso la libreria e la discesa di un piano erano soltanto azioni finalizzate a poter entrare nel mondo di sotto
Il mondo sotto-il-ponte
Infatti, uscendo da quella stanza sovraffollata, mi ritrovo sotto delle enormi arcate per descrivere le quali non trovavo nel sogno parole adeguate o pietre di paragone
Potevo soltanto fare un raffronto con le più ardite immagini de Le Carceri d'Invenzione di Piranesi
Ero talmente preso dalla meraviglia che tiravo fuori la mia macchina fotografica reflex e cominciavo a scattare foto su foto, cercando di cogliere l’attimo, cercando l’inquadratura migliore
(dissolvenza)
È tempo di alzarsi
e affrontare il nuovo giorno
con vigore e determinazione
La musica percuote timpani
Caleidoscopio di immagini
Potpourri di letture
L’ora è tarda, anche se sono solo le cinque di mattina
Ma ho riposato un numero congruo di ore
La musica martella nelle mie orecchie
Mi dà la carica
Voglio saltare giù dal letto e iniziare il nuovo giorno
Però, nello stesso tempo,
voglio ancora stare a leggere ancora ad ascoltare la musica a oziare
Bene!
Così la nostra vita è fatta di intenti e desideri contrastanti
e dobbiamo sempre navigare,
trovando il giusto equilibrio tra istanze diverse
Non c’è molto altro da dire
e andiamo avanti così
Che dire?
Che fare?
Che dire?
Avrei voluto qualcosa di diverso
Ci tengo molto alla memoria delle cose familiari
Mio padre aveva un culto
molto forte della sua famiglia,
anche per il valore storico di essa
Ha fatto di tutto per inculcarmi questo suo amore
E ci è riuscito
Anche la mamma era prodiga di memorie familiari (di cui aveva una gerla ben colma)
e non faceva che raccontarmi le sue storie di famiglia
Forse, lei, ancora più generosamente di mio padre ed era ricca di storie
che rimandavano alla quotidianità
Insomma, sono stato educato a dare il massimo valore alla memoria
e alla genealogia e, nello stesso modo,
queste storie di famiglia
cui ora si aggiungono le mie
vorrei poterle tramandare
Ho l’impressione, tuttavia, d’essere finito
in un vicolo cieco
Non so come sarà con Gabriel
Con mio figlio maggiore ho toppato alla grande
Ci ho tentato,
non è che non ci abbia provato
Ma i miei tentativi sono stati vani
Ho scritto nei mie blog
Ho raccontato a voce
Ho cercato di far nascere interesse e passione
Ma niente!
Lo sponda cui mi rivolgevo rimaneva muta e silente
A volte reagiva in maniera astiosa
Non rimandava alcun eco
Nessuno dei semi
lanciati generosamente a spaglio
ha germogliato
Sono tutti caduti fuori dal solco
e hanno generato deliri e farneticazioni
Ho detto più volte a mio figlio il grande
Ti voglio mostrare pezzi della mia vita
ti voglio raccontare
Voglio farsi conoscere
Ciò che ho fatto
Ciò che ho vissuto
Partendo anche dalle piccole cose materiali
Che sono nelle stanze
In fondo, le stanze della casa
in cui una persona ha vissuto
sono in qualche maniera
una rappresentazione della sua vita
ed anche una proiezione della sua mente
Ogni oggetto può raccontare una storia:
la vita di un uomo è intessuta di storie
alcune delle quali può valer la pena raccontare
E così gli ho detto,
e così gli ho detto:
Ogni giorno possiamo visitare una stanza
Per ogni stanza ti racconterò delle storie
a partire dagli oggetti che vi sono conservati,
Quadri, suppellettili, soprammobili, libri
Tutto è sovrascritto,
è multi determinato
e può avere un senso
Ad ogni cosa
potrei dare un nome
e assegnare un ricordo
Gli ho detto anche:
Visto che sei così bravo a riprendere in video
Potremmo fare anche delle sequenze
In cui tu riprendi e io parlo fuori campo
e racconto,
ti racconto
Ogni giorno potremmo
passare in rassegna una stanza
Poi con un abile montaggio
da questo materiale
ci potresti fare un film
che dica la nostra memoria di famiglia
In questo processo di travaso
le mie memorie diventerebbero tue
e su questa tela poi potresti metterci le tue
Ma lui non ha mai voluto
Ha dilazionato
rimandato
Ho capito che non gli interessava proprio
Anzi, evitava attivamente di fare una simile cosa
In fondo, se tu non nomini le cose,
se ad esse non assegni una storia,
se non costruisci storie che s’intersecano
quelle cose rimarranno anonime
non vivranno
non pulseranno di significati
non potranno mai appartenerti
In fondo, è la stessa cosa che capitava
agli internati dei campi di concentramento che venivano privati del proprio
(era loro assegnato un numero)
e venivano privati e spogliati di tutto,
e, ridotti alla nuda vita,
non venivano più visti come uomini
dai loro aguzzini
E così quest’occasione è andata sprecata, anzi è stata disprezzata
Ci sono alcuni giovani
- oggi sempre di più -
che vivono senza radici
Costoro vogliono vivere senza memoria,
rifiutando l’essere figli,
cercando di essere
- nel pieno senso del narcisismo -
figli di se stessi
in disconoscimento della filiazione
e della genealogia
Una società che s’isterilisce
è ciò che ci attende,
una società senza padri e senza madri
in cui i figli sono soltanto monadi
che vivono senza memoria
e figli che rifiutando la memoria
rifiutano la genealogia
non vorranno - o non potranno -
essere madri e padri
Vivere senza memoria significa
anche rifiutare di avere radici
che si connettono ad altri alberi più grandi
e che, da questi, assorbono nutrimento
Bisogna prendere atto di ciò
Lo dico con molto dispiacere
(Anita Riotta) Caro Maux, capisco il dispiacere nel non riuscire a partecipare la propria storia ai figli, perché la conservino.
Però tieni presente che, mentre noi vivevamo la nostra, anche i nostri figli si sono costruiti la propria storia di vita nella quale ci sono aspetti e valori che appartengono solo a loro e che a volte noi nemmeno immaginiamo.
I miei figli sono molto più grandi dei tuoi e adesso ci sono anche i nipoti.
Come te provo anch'io a tramandare storie e valori, ma sto anche attenta ad ascoltare la "loro" storia, che spesso ha contenuti e punti di vista elaborati in modo diverso da come noi abbiamo pensato di "seminarli".
I nostri discendenti sono altro da noi.
Noi possiamo solo trasmettere e spargere semi...dove, come e "se" cresceranno non dipende da noi.
Possiamo solo cercare di fare il meglio.
Poi, a volte, ci stupiscono…
(io) Certo, Anita, lo so e condivido il punto di vista che espliciti
Che è poi espresso magnificamente dal racconto di Kalhil Gibran a proposito dei figli che sono come la freccia scoccata dall’arciere e che nel momento in cui è lanciata non è più dell’arciere, ma vola per conto suo.
Quello che non capisco è la negazione radicale dell’importanza della memoria, il non volere ascoltare, il non volere imparare nulla del passato da cui si proviene e l’elusione di un qualsiasi confronto.
Non mi ritrovo in ciò
Io, benché anelassi a seguire la mia via, ascoltavo le storie di mio padre e di mia madre con interesse e curiosità e me ne nutrivo, perché mi davano l’idea che appartenevo ad un flusso e che non ero un’onda isolata.
Villa Sperlinga pomeriggio assolato e sciroccoso Ci vorrebbe una piscina e quasi quasi mi ci tufferei facendo splash e splash e ancora splash
1. Monocultura,
monocoltura,
monodente,
edentulo,
sorriso a un dente
sorriso che lascia indovinare
cavità orali vuote
o popolate solo da spezzoni
rotti e anneriti
Cervelli mononeuronici
e facce degne di entrare
In un quadro del grande Geronimo!
Ahimè!
Ho sognato
come spesso mi capita,
durante un sonno profondo
e senza soste
Dov’ero?
Cosa facevo?
Ero in un parco
un bío, un bio che?
Un Biochetasi!
No, no, che mi fai dire!
Trattavasi invero d’un bioparco cittadino
con grandi filari di alberi,
chiome ancora intonse,
e tronchi ancora non segati
da mani assassine
Le loro canopie ombrose popolate
da augeletti festosi e cinguettanti
Aiuole e sentieri sterrati
Buon odore di erba appena falciata
Non ricordo se stessi correndo
oppure andando in bici
Facevo avanti e indietro
lungo quei sentieri e me la spassavo,
una vera e verace storia infinita
Mi sentivo come Atreiu
che, sul suo fedele bianco destriero
Artax era il suo nome,
correva e correva
in una lotta disperata
contro il Nulla divoratore,
incalzante alle sue spalle,
e ciò prima che Artax
cedesse alla disperazione
e si lasciasse affondare,
nelle sabbie mobili della palude
dalla quale non sembrava esservi
via d’uscita alcuna
(ma era la inerzia indotta dal Nulla)
E dunque erravo, io,
ed ero lì che mi allenavo
I muscoli si tendevano e detendevano,
obbedienti e giulivi
Ero contento,
e intonando una canzone silente
riflettevo,
ciò che facevo
mi pareva proficuo
Mi sentivo un leone,
un vero Re Leone
pronto a ruggire la sua forza
Poi incontravo un altro
con il quale in passato
facemmo insieme alcune trasferte sportive di corsa,
in giro per il mondo,
Mexico e nuvole,
che ricordi!
Si ferma a chiacchierare, lui
Vuole rievocare i tempi andati,
incantati e ben incartati
Io ho fretta
Non ho tanta voglia di star a rievocare
Mi sembra tempo perso
Tutto ciò è davvero strano!
Di solito mi piace fin troppo
stare a razzolare tra i ricordi
Invece no!
Stavolta non ne ho alcuna voglia
Non ho tanta voglia di calarmi
nell’insalata dei ricordi
A che pro?
A chi giova?
Fremo intimamente perché voglio continuare
il mio allenamento
e il mio antico compagno d’arme
occupa il sentiero luminoso
che devo continuare a seguire
e che mi chiama quasi,
ammiccando
con variazioni pulsanti di luce
Mi divincolo e vado
Riprendo a spingere
I muscoli di nuovo si contraggono e decontraggono
Sono più contento così
Sono un cuorcontento
In mancanza d’altro faccio questo
Domani, ne sono sicuro,
anch’io entrerò a far parte
del quadro del grande Geronimo
e poi il grande Nulla
2. É stata organizzata una festa,
ed è quella di compleanno per Gabriel
Si svolge in due appartamenti
sullo stesso piano,
ma non direttamente comunicanti
Già sono arrivati molti degli invitati
C’è confusione
molto trambusto, forse persino troppo
Temo che qualcosa, nella foga,
possa andare distrutto o perso
Se tanti sono già arrivati,
altri dovranno venire in seguito
Atmosfera gioiosa
chiassosa,
tanta confusione
Io passo sovente
da un appartamento all’altro
a seconda delle necessità,
come quella di prendere del cibo
o delle bevande in uno
e portarli nell’altro,
utilizzando grandi vassoi intarsiati
Anche nell’appartamento
dove c’è conservato il cibo
ci sono molti bambini
che chiedono
che hanno la loro necessità
che mangiano e sgranocchiano,
e intanto ridono, parlano a raffica
si inseguono o si nascondono
cercando angoli reconditi adatti
Poi mi ritrovo a dovere uscire
per andare ad acquistare
qualcosa che manca,
altre provviste
prima di rimanere
a corto di tutto
Viene Gabriel con me
e c’è anche un mio cugino,
mio omonimo,
che non vedo da anni
Andiamo a cercare ciò che ci serve
in un supermercato
enorme, immenso
dove ci si perde con facilità
Attratti dalle mercanzie arrivano
frotte di acquirenti,
chiassose e colorate
Sono in così tanti
che l’intera organizzazione va in tilt
e temo di perdere Gabriel
Sto trasportando un grosso pacco
pieno di cornetti (croissant) industriali,
ingombrante come non mai
Esco,
rientro,
scanso gruppi numerosi e vocianti
che arrivano come onde di tsunami
spazzando tutto al loro passaggio
e lasciando dietro di sé
solo macerie, detriti e incarti vuoti
Mi seggo su una provvidenziale panchina
Attendo
Ed ecco che dopo un po’
i due, mancanti all’appello, spuntano
Per tornare a casa
ci sarebbero varie possibilità
Un’opzione è attraversare
l’intero super supermercato
per uscire da un passaggio secondario che attraverso un tornello
fa immettere in una strada
molto trafficata di auto
Prendiamo proprio questa scorciatoia,
scartando un percorso più lungo
e che ci farebbe perdere più tempo
Ma poi - ironia della sorte -
ci sono delle complicazioni
al passaggio del tornello
Ci ritroviamo sulla strada gremita di auto e motocicli
e camion e bus
Camminiamo
Io, portando tre grossi involti,
mi metto addirittura a correre
C’è un traffico che non si può dire,
caos forse,
l’aria è inquinata dai gas di scarico,
mentre risuonano in un coro dissonante
clacson di tutti i tipi e campanelli di bici
e trombette varie, in mille variazioni
Non vedo l’ora di essere a casa
ma prima bisogna contornare
un lungo bastione antico
Mi sembra di aver smarrito la via
E qui il sogno finisce
Mi sono addormentato
prestissimo
Come un ghiro,
sono sprofondato
nel sonno più profondo
come un mare oceanico
Mi son calato dentro un pozzo profondo
Non ho più sentito nulla
Manco i messaggi in entrata
E adesso mi svegliai
Pensavo di aver dormito per ore e ore
e invece non è ancora mezzanotte
L’ora delle streghe
L’ora dei vampiri
Che paura!
E adesso non dormirò ancor
Ma leggerò
Almeno ci proverò
E poscia
Bravissimo
Bravo-bravo bravissimo!
Lentissimo!
Lentissimo!
Letto lettissimo!
Bravi bravi bravissimo bravi bravissimo!
Bene benissimo!
Alla ricerca della parola giusta
che non viene mai
quella meglio scandita
come il candito
Candy Candy camera
Perfetto
Ma anche il caffè perfetto
ovverossia parfait!
E' proprio quello che ci vuole,
come il sale
E adesso tutti dorman!
Salita al Calvario (Bosch Gand) - Wikipedia
La Salita al Calvario (o Cristo portacroce ) è un dipinto a olio su tavola (76,7x83,5 cm) attribuito a Hieronymus Bosch, con datazione al 1510- 1516 circa, o a un imitatore dell'artista, con ...
https://it.wikipedia.org/wiki/Salita_al_Calvario_(Bosch_Gand)
Pregevole reperto,
avvistato a Palermo,
in via Francesco Scaduto,
la via che contorna Villa Sperlinga
Scultura postmoderna
da poter accoppiare felicemente
con una merda d'artista
'Comoda' da poter utilizzare
in caso di improvviso e violento scisone
oppure per riporre le deiezioni canine
Oggetto polivalente
di cui godere
in molteplici modi,
persino dotato di tavoloccia
in ottimo stato d’uso,
tale da assicurare
confortevolissima seduta
La tavoletta era abbassata
Ciò non ha dato all'occasionale passante
la possibilità di verificare
se il WC fosse ben pieno
Forse sì,
considerando il forte olezzo
che da esso si dispiegava
Accade nelle migliori famiglie
Dopo un paio di giorni,
l'oggetto distopico è scomparso
Merda d'artista è un'opera dell'artista italiano Piero Manzoni.
Nel dicembre del 1961, l'autore sigillò 90 barattoli di latta, uguali a quelli utilizzati normalmente per la carne in scatola, ai quali applicò un'etichetta identificativa, tradotta in quattro lingue (italiano, francese, inglese e tedesco), con la scritta «Merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 01 a 90 insieme alla firma dell'artista.
L'artista stabilì il prezzo in 30 grammi di oro zecchino, attraverso uno scambio diretto che non prevedeva la mediazione del denaro, e stabilendo un legame tra valore e oro affine a quello del sistema aureo. L'opera suscitò anche un'interrogazione parlamentare da parte di Guido Bernardi, contrario ad una retrospettiva dell'autore a Roma nel 1971. Attualmente i barattoli sono conservati in diverse collezioni d'arte pubbliche in tutto il mondo; ad esempio, l'esemplare n. 01 è esposto presso il Museo San Fedele di Milano (parte della Nanda Vigo-Private Collection), il n. 04 alla Tate Modern di Londra, il barattolo n. 80 si trova al Museo del Novecento di Milano, il Centro Georges Pompidou di Parigi possiede la scatoletta n. 31 e al Museum of Modern Art di New York troviamo la n. 14.
A Milano, il 7 dicembre 2016, un collezionista privato si è aggiudicato l'esemplare n. 69 a 275.000 euro, compresi i diritti d'asta, nuovo record mondiale d'asta.
Manzoni considera che il vero valore simbolico di un’opera risieda nel rapporto con il corpo dell’artista (è l’artista a essere sacralizzato dal mercato), le cui manifestazioni assumono dunque, nella dimensione del paradosso critico, un valore equivalente a quello delle reliquie: le Impronte e le firme, il Fiato d’artista, la Merda d’artista ne sono altrettanti esempi: “in un progetto precedente intendevo produrre fiale di “sangue d’artista””, inoltre “nel ’61 ho cominciato a firmare, per esporle, persone. A queste mie opere, do una "carta di autenticità". Sempre nel gennaio del ’61 ho costruito la prima “base magica”: qualunque persona, qualsiasi oggetto vi fosse sopra era, finché vi restava, un’opera d’arte”, scrive in Alcune realizzazioni - Alcuni esperimenti - Alcuni progetti. il fatto che la società contemporanea attribuisca un grande valore economico alle opere di un artista si estende al valore delle sue reliquie, che è fatto equivalere a quello dell’oro, identificato simbolicamente come la materia cui si attribuisce comunemente il massimo del pregio così da riscattare il dispregio attribuito ordinariamente alle feci.
Non è previsto che il contenuto della scatoletta sia conosciuto dal fruitore, che se ne può accertare solo aprendola, dunque distruggendola e annientandone il valore.
Come già aveva fatto nelle Linee, rotoli di carta tracciati da un segno continuo presentati all’interno di un cilindro sigillato, anche in questo caso il “reliquiario” diventa in se stesso la garanzia di ciò che contiene.
Agostino Bonalumi, amico di Piero Manzoni, ha dichiarato che, in realtà, all'interno delle famose scatole non vi è nient'altro che gesso.
Più precisamente:
«Posso tranquillamente asserire che si tratta di solo gesso. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non sarò certo io a rompere le scatole.» (Corriere della Sera di lunedì 11 giugno 2007, pagina 30)
Nel 2008, Bernard Bazile, artista francese, ha aperto una delle scatolette, appropriandosi dunque dell'opera attraverso la sua distruzione. Dentro vi ha trovato una seconda lattina più piccola (che però non ha aperto).
Cochi Ponzoni, amico di Piero Manzoni, ha dichiarato in una intervista che la nipote di Piero Manzoni, Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, gli abbia riferito che, in realtà, all'interno delle famose scatole non vi è nient'altro che marmellata d'arance.
L'opera di Manzoni risulta influenzata dai celebri ready-made di Marcel Duchamp– in questo caso i ready-made aided - e al di là dell'aspetto più superficialmente scandalistico suscitato alla sua presentazione, ha suggerito diverse letture simboliche:
l'opera allude per paradosso al culto delle reliquie, che le considera sacre a prescindere dalla loro natura effettiva;
Dopo molto lottare
mi addormentai
Sognai
Vissi vite vicarie e sostitute
Feci molte cose
prosaiche e ordinarie,
ma anche d’avventura
Dopodiché tornai allo stato di veglia,
riemersi,
senza poter ricordare
Tutto svanito,
perso,
cancellato,
obliato
E si levó anche un vento di tempesta
che tutto trascinò via
in un vortice
Sarà per una prossima volta
Mah!
Anche questa notte
ho sognato
Mi pareva di non ricordare nulla,
poi è emerso un brandello onirico,
un qualcosa,
un qualcuno,
ombre
Ed è questo
C’era la rievocazione
d’un evento triste e fatale
Esattamente un anno prima
una donna era stata uccisa,
un’insegnante,
aggredita da un pazzo,
armato di un coltello fatidico,
mentre svolgeva il suo lavoro
Erano tutti fermi lì
a rispettare un minuto di dolente silenzio
per ricordare la vittima
Io che ero all’oscuro di tutto,
venivo a saperlo solo in quel momento
e cercavo di unirmi a quel cordoglio,
in punta di piedi
1. Ho dormito a lungo
di sasso, come un ghiro
Ho sognato che dormivo
e che mentre dormivo sognavo
Sognavo di sognare
E poi, ancora, sognavo di sognare
che stavo sognando
e, nel pieno del sogno del sogno
in cui sognavo, mi svegliavo
e vivevo una vita
che non era quella reale
ma apparteneva al sogno
Alla fine, non potevo più distinguere
tra sogno e realtà
e non potevo più dire
- e nemmeno sapere -
chi io fossi
e dove fossi
(20 marzo 2024)
2. Questa notte ho dormito come un ghiro
Sogni profondi intervallati da brevi risvegli
Dormivo
e mi sembrava di essere
sempre nello stesso sogno
in cui succedevano cose diverse,
come in una storia
che si dipanava con diversi capitoli
Un motivo conduttore
era un farmaco
che provocava un sonno profondo
Tutti lo prendevano
E, in diversi momenti del sogno,
io avevo a che fare con molte persone,
conoscenti e non,
che venivano prese da irresistibile sonnolenza
Dopo che ne avevano assunto una o più dosi,
ad alcuni suggerivo
di andare a distendersi da qualche parte,
anziché stare con la testa ciondoloni
Tra questi, c’era un giovane medico
figlio d’una mia cara amica,
ma anche il mio collega del lavoro attuale
che se ne stava bellamente a dormire
con la testa appoggiata sul tavolo,
russando come un trombone
Io dicevo: Dai! Dai!
Lo scuotevo dal torpore:
Dai! vai a metterti sdraiato che è meglio!
Dopo ripetute esortazioni
lui si decideva infine
a seguire il consiglio
Cercavo di aiutarlo a mettersi in piedi
Ma lui diceva: Nono!
Faccio da solo, e grazie!
Poi, in un’altra parte del sogno
mi ritrovavo in mare su d’una barca
da canottaggio,
una iole da mare
Vogavo con energia
Le condizioni del mare si prestavano molto allo sforzo remiero:
c'era solo qualche leggera increspatura
Procedevo a ritmo regolare
battendo dei colpi ogni tanto
per vivacizzare l'andatura
Più lontano c’era una iole a otto
per me irraggiungibile
L’equipaggio si esercitava
a fare delle partenze
e a battere dei colpi
Era bellissimo vederli andare
all’unisono,
come un meccanismo
perfettamente funzionante
Poi, mi ritrovavo a terra e camminavo
con un grande borsone sulle spalle
alla ricerca di un posto dove fare la doccia,
dopo lo sport
e il vigoroso allenamento
Passavo da una piazza
dove era in corso una grande manifestazione di protesta
C’erano gruppi variopinti
con stendardi e gagliardetti rossi
Erano rappresentate diverse categorie di lavoratori,
diverse organizzazioni sindacali,
ognuna con i propri propri contrassegni
C’era un palco
sul quale si avvicendavano gli oratori
Uno speaker mi vedeva passare lontano
Mi riconosceva e mi chiamava
Parlando al microfono,
diceva a tutta la piazza:
Qui, c’è il dottor Crispi!
Ora ci dirà qualcosa!
Siamo lieti averlo con noi!
Io mi avvicinavo schernendomi,
ma allo stesso tempo ringraziandolo
Ma chi era?
Lo zio Sandro?
Non so
Mi pareva di riconoscerlo
Eppure…
Quale motivo aveva per chiamarmi
sul palco, lo zio Sandro?
Mi metto a turno
Ma l’organizzazione ferrea della giornata
non consente
che io possa essere inserito tra gli oratori,
e nemmeno tra i datori o i fattori
In effetti uno dei gruppi rappresentanti
in questa grande onda sindacale
- è costituito dai lavoranti di un’azienda agricola di stampo biologico
E hanno portato in rappresentanza
del loro lavoro magnifiche caciotte
e altri squisiti prodotti della terra
Man mano che i diversi gruppi
dicono la loro sfilano via
con i propri variopinti costumi
gli stendardi e le armi,
e se ne vanno
Io mi ritrovo a camminare
con lo speaker di prima
- che è lo zio Sandro -
quello che mi aveva invitato a salire sul palco
Io sono sempre con il borsone dello sport
appeso alla spalla
Camminiamo a lungo
parlando del più e del meno
e anche senza meno
Io vorrei andare alla sede del circolo sportivo-nautico
per farmi una bella doccia rigenerante
e poi tornare a casa dove mi aspettano
Camminiamo, camminiamo
Chiacchieriamo e chiacchieriamo,
un chiacchiericcio continuo
Sfilano davanti ai nostri occhi
edifici di ragguardevole fattura
Ma non ci fermiamo mai
ad osservarli meglio e a commentarli
Passando in una fase successiva del sogno,
sono li che cammino non più con quello speaker,
ma con una mia amica
dei vecchi tempi andati
Procediamo a passo indolente
lungo le banchine d’un vecchio porticciolo
e mi rendo conto
che la sede nautica del circolo
al quale sono diretto
l’avevamo già superata da tempo
lasciandocela alle spalle
Che guaio!
Quindi, adesso si poneva la necessità
di tornare indietro, e per farlo
occorreva camminare lungo i moli del porto vecchio
dove c’è un’infinità di imbarcazioni da diporto alla fonda
Siccome si tratta di attracchi
dati in concessione a diversi club
il passaggio non è libero,
e nemmeno agevole
Bisogna inventarsi
Bisogna superare ostacoli
Saltare come stambecchi
Acquattarsi per superare basse recinzioni
Strisciare
E così via, come in un percorso di guerra
Sono impacciato da diversi oggetti che tengo in mano
Alcuni deperibili, come importanti documenti cartacei,
forse anche le mie carte di credito,
una scatoletta con dei farmaci
In un passaggio difficile,
tutti questi oggetti cadono in acqua
Cerco di afferrarli
Io stesso devo mettermi
con i piedi a mollo
L’acqua fortunatamente è pulita
anche se emana un forte odore
di alga, pesce e putredini varie
e queste sollecitazioni olfattive
causano gran dolore alle mie nari
Mentre mi agito per cercare di riprendere
ciò che è caduto in acqua
prima che si inzuppi e si rovini
casca un bilanciere
messo lì in precario equilibrio
proprio sul ciglio del molo
e con un tonfo cupo s’inabissa
Wow! Whoops!
Non c’è niente da da fare
Non si può più riprendere
Lì vicino c’è ormeggiata
una piccola imbarcazione da diporto
Io e la mia amica pensiamo di risolvere
il problema dello spostamento da compiere,
facendolo per mare anziché via terra,
appropriandoci temporaneamente
di questa barchetta
molto stretta e instabile
Per salirci sopra dobbiamo compiere
vari contorcimenti
molto buffi, da comica finale
con goffaggini alla maniera di Stanlio e Ollio
Vabbè
Poi alla fine ci ritroviamo sullo scafo
dotato d’un piccolo motore elettrico
Ci allontaniamo,
mentre una voce fuori campo
commenta che la barca
che abbiamo preso
appartiene ad una setta evangelica
che ha sede proprio là
Io dico dico: Vabbè!
Va bene, poi la riportiamo la barca
Non ce la teniamo sicuramente
La voce fuoricampo ribadisce
che quelli di questo culto
vengono a riunirsi qui
solo una volta la settimana
e che ogni volta trovano
che le loro cose sono state
manomesse o portate via
da qualche malvolente
o malmostoso sottrattore
Non c’è speranza alcuna, insomma
(Dissolvenza)
(18 marzo 2024)
3. C’è un sogno
Sono con un paziente
pericoloso
minaccioso
Lo porto con me
Forse a casa mia
Mi sento molto in difficoltà
Ho una sensazione di rischio/catastrofe imminente
Temo che egli possa afferrare un coltello
oppure nasconderlo per usarlo in seguito
o arraffare qualsiasi altro oggetto
che possa essere utilizzato come arma impropria
ovvero anche come un Armao Meravigliao
come il Kakao
L
o tengo d’occhio
Lo scruto
Qualsiasi azione che io intraprenda
è legata alla necessità
di dovermi guardare le spalle
Il paziente é riottoso,
mal si adatta ai controlli
che io faccio di continuo
nella sua stanzetta
Non capisco perché quel paziente
malmostoso e lugubre
me lo sia portato a casa
(16 marzo 2024)
La vena inaridita
Poco da dire
Poco da fare
Niente sogni
Niente voli della mente
Routine
Ripetizioni
Brogliacci
Il sole sorge ancora,
per il momento
Questa pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari,
racconti e piccoli testi senza pretese.
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.
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