Ho scritto questa breve nota il 15 agosto del 2023 e poi ho trascurato di trasferirla nel mio blog.
In forma di ricordo, l'algoritmo di FB me l'ha riproposta e, dunque, eccola qui.
Preso da smania improvvisa
sono uscito fuori
nel cuore della notte
L’aria è fresca, frizzante
La volta celeste
trapunta di stelle ammiccanti
mi é amica
C’è una musica pulsante
da rave
che arriva sino a me
da qualche parte, più su,
verso la montagna
(staranno facendo una festa o un rave),
insistente, ossessiva, ripetitiva
Mi seggo fuori al fresco
e bevo un goccio d’acqua
assaporandone la frescura
Quando rientro
un riflesso guizza veloce
nel riquadro di vetro
della finestrella della porta
Sobbalzo
(Chi mi sta venendo incontro?)
Ma poi mi riprendo
(Scemo, scemo! Sei solo tu!)
Eppure…
Eppure, subito prima,
un refolo freddo
aveva indugiato sulla mia nuca
e avevo pensato
che vi fossero dei fantasmi danzanti
che volevano giocar con me
Questo ho sognato nelle prime ore del 23 ottobre 2023, dimenticando poi di ritrascriverlo qui nel mio blog.
Quindi, ecco qui, questo recupero che mi è balzato davanti mentre cercavo con l'ausilio del motore di ricerca interno di FB qualche altra cosa
Questa notte
ho lottato a lungo con una mosca
Mi svolazzava attorno
atterrando ogni tanto
sul mio polso,
sulla mano,
sul sopracciglio,
facendomi vento con le alucce
Forse era rimasta sola,
oppure semplicemente
cercava cibo
(e, com'è noto, i piccoli detriti del corpo
sono per le sue congeneri particolarmente succulenti)
Era sempre più brava di me
e scansava i miei colpi
con sopraffina perizia
Ogni tanto passava
vicino al mio orecchio
e il frullo delle alucce
mi risvegliava dal dormiveglia
Non me ne volere, moschina!
Non volevo essere cattivo verso di te
Con quei colpi
che non andavano mai a segno
non volevo farti del male,
ma soltanto indurti a più miti consigli
E nel frattempo ero io
a farmi del male
colpendomi sconsideratamente,
come un folle autolesionista,
sulla faccia,
sugli occhi
sulla crozza pelata
Poi, un ultimo colpo
ti ha centrato e sei caduta a terra,
stecchita
Ma le cose non son finite qui,
poiché subito dopo
è stata la volta d’una zanzara molesta
che ronzava, ronzava
e sempre mi svegliava
e mi svariava
Vuole il Cielo che ci sia un patto
tra me e le zanzare
che non mi pungono mai
poiché il mio sangue lor non piace
(o, forse, mi pungono,
ma non mi irritano la pelle:
sarà il mio sangue che è cattivo per loro)
Cullato dal minuto ronzio,
alla fine,
mi sono addormentato e ho sognato
Ero in un gran teatro
colmo all’inverosimile
Era in corso una rappresentazione teatrale,
una performance realizzata da psico-pazienti
Nella fila davanti a me era seduto
il dottor Francesco Corrao,
il mio psicoanalista d’un tempo,
molto amato nel mio ricordo,
un gigante, un grande,
scomparso prematuramente,
purtroppo
Sono molto contento di vederlo
È sempre eguale,
non é invecchiato per nulla,
anche se oggi dovrebbe essere
già centenario, se non ultra
(come mio padre, del resto)
Vorrei parlargli e riattivare
un antico, fecondo, dialogo
Lui segue la spettacolazione
con attenzione meditativa
e coscienza fluttuante
Alla fine, mi decido
e con il cuore in gola
cerco di attirare la sua attenzione,
con un discreto colpetto sulla spalla
Lui si gira, mi guarda e sorride
Un sorriso buono
e i suoi occhi
mi hanno già scavato dentro
Cerco di spiegargli
che tra i performanti
ci sono anche i miei pazienti
e che abbiamo realizzato tutto
con l’ausilio di altri operatori
della comunità dove lavoro
da un po’ di tempo
E gli indico la persona
che mi sta seduta accanto
che è una psicologa del nostro gruppo
Il dottor Corrao sembra contento
di vedermi e di sentire le mie parole
Mi accorgo che per attirare la sua attenzione
ho girato il mio braccio
attorno al collo della donna
che gli è seduta accanto
Sono imbarazzato e mi scuso
per l’incomodo,
cercando di sciogliere il mio braccio
da quell’incontro ravvicinato del III tipo
Sono davvero contento,
ma non ho tempo
di assaporare la mia gioia
per l’inatteso incontro
La situazione si fa fluida
e va in dissolvenza
Poi, quando mi sono svegliato
la mosca rediviva
era ancora a me vicina
e mi infliggeva il suo tormento
a cura di Diletta La Torre E' stato uno psicoanalista vero, e quindi non soltanto uno psicoanalista, sia pure abile, colto, originale. Nella psicoanalisi ha fatto confluire: la grecità, i filosofi...
Sogni,
sempre sogni,
fortissimamente sogni
Anche questa notte è trascorsa
Io immerso nel sonno
più profondo
accompagnato da un florilegio di sogni
di cui stavolta non ricordo
un’emerita mazza
Vorrei averne salvato almeno
qualche frammento,
come quelle scorie
(pezzi di mobilia,
drappeggi lacerati,
tavole di legno,
vestiti sparsi
e altro)
che emergono dal profondo mare
dopo il naufragio
d’un imponente bastimento
Non c’è niente
stavolta
che possa essere raccolto
e suggerire una storia,
per quanto lacunosa
Eppure, ricordo
che alcuni dei sogni
m'hanno lasciato
con una sensazione
di piacevolezza e di meraviglia
e percepivo la vita e l’energia
pulsare dentro di me
I sogni vengono e vanno,
compaiono all’orizzonte,
riempiono i nostri cieli,
indugiano,
poi si frammentano e si dissolvono,
oppure semplicemente
come grandi vascelli
proseguono nel loro misterioso viaggio
Sono come le nuvole
(ancora De André!)
e, a volte, lasciano il cielo
sgombro, sereno
e d’un intenso azzurro,
bello da contemplare
anche se rimane la nostalgia
proprio di quelle nuvole
che, sino a prima,
lo hanno popolato
E altro non dico
Poi, colpo di coda,
ho questo ricordo!
Sono in un’antica postazione militare costiera
Gabriel mi accompagna
Percorriamo la vecchia strada
che attraversa la fortificazione
collegando le diverse casematte
La strada che si snoda
tra due possenti muraglie difensive
è bellissima,
un vero manufatto artistico,
rivestita di piastrelle colorate e disegnate
che formano una fantasia a patchwork,
non un centimetro quadrato
è libero dalle incrostazioni colorate
C’è un approdo,
dove l’acqua marina è cheta,
d’una trasparenza assoluta
e si vede chiaramente il fondale
con pesci e pescetti
in nuoto pigro
Dico a Gabriel, indicando
una struttura di ferro rugginoso
aggettante sul mare:
Vedi? Qui c’era l’approdo,
il punto dove il comandante in capo
scendeva agilmente
dall’imbarcazione che lo aveva condotto
Gabriel s'immerge in una pozza
poco profonda,
a faccia in avanti,
e mi spruzza gioiosamente,
vorrei protestare, burbero,
ma non lo faccio
Lo lascio fare,
anche se la spruzzaglia fresca
m’infastidisce,
poiché sono accalorato
dalla lunga camminata
Proseguiamo poi
nel nostro cammino,
in esplorazione
Infatti, ero al lavoro
e ne succedevano di tutti i colori
In verità, ero là in un orario insolito,
poiché arrivavo sul posto
di domenica pomeriggio
e tutto, ogni singolo dettaglio,
era sottilmente diverso,
come fossi piombato
in un universo alternativo,
in uno degli infiniti mondi paralleli
Chissà perché!
Chissà come!
C’era un sacco di confusione,
gente che andava,
gente che veniva,
una quantità enorme di personale,
tantissimi colleghi medici
chi in camice bianco e chi no,
che non conoscevo proprio
Nemmeno mi sembrava
di essere nel posto dove lavoro
Provavo un senso di totale estraneità
Eppure, cercavo di adattarmi
C’erano da sbrigare tante incombenze
Come ad esempio,
fare lavare uno reticente a lavarsi,
prelevare il sangue ad un altro,
fare un’elettroencefalogramma ad un terzo,
correre a perdifiato per fare
la manovra di Heimlich
ad uno che si stava strozzando
per aver mangiato strafogandosi,
risolvere problemi,
risolvere problemi come quel Wolf,
e c’è quello che gioca di notte
con i giochini del computer,
c’è quello che vuole una donna
perché non l’ha mai avuta
e minaccia di salire sull’albero
se non viene aiutato,
come fece Ciccio Ingrassia
in quel film di Fellini,
far sì che vengano applicate
certe regole discusse in precedenza
conferire con familiari
difficili e vociferanti,
mantenere sempre un’olimpica calma,
qualche volta adirarsi
come un padre severo,
negoziare,
mediare,
placare gli animi esacerbati
Bisogna essere come Figaro,
Figaro qua, Figaro là,
tutti lo vogliono,
tutti lo cercano
Avevo l’impressione
che non si potesse cavare
un ragno dal buco
Tutte le cose più elementari
richiedevano tempi lunghissimi
per essere espletate correttamente
e, tra l’altro, con continue interruzioni
Sembrava di essere in un luogo
totalmente impazzito
la cui la legge dominante
era quella di Sisifo
In un sogno rivedo molte persone (e amici) del tempo delle ultramaratone
Sono in un luogo che mi è sconosciuto, in attesa - forse - di qualche evento (ma potrebbe anche trattarsi di un raduno di ultramaratoneti di rilevanza nazionale)
Incontro i vertici dell’organizzazione che mi danno anche degli opuscoli nei quali sono annotate le più recenti migliori prestazioni italiane nelle diverse specialità di Ultra; altri opuscoli cerco di stamparli io stesso con mezzi di fortuna, utilizzando una stampante fabbricata al momento Poi, gli uni e gli altri, li esamino comparativamente
Mi ritrovo successivamente in un piccolo negozio, forse un’edicola, perché è pieno di materiale stampato, ovvero quotidiani, periodici patinati, libri, ma anche cartacce informi, a mucchi. Sembrerebbe piuttosto l’antro cadente e polveroso d’un rigattiere
Mi ritrovo assieme a due podiste di mia conoscenza, di cui una è FV, che da tempo non incrocio nemmeno nei social
Parliamo con il titolare del negozio (chiamiamolo così!) il cui nome è Coppelius: è un ometto piccolo e insignificante, con una faccia da furetto e occhi da furbetto che schizzano via in ogni direzione senza guardare mai l’interlocutore. Mi accorgo che è pieno di tatuaggi di cui racconta la storia, parlando del tempo in cui fu a fare la guerra d’Abissinia. Io, tra me e me, penso: Seeeeee! questo non me la conta giusta!
Si indovina, infatti, che è portatore d’un florilegio di tatuaggi anche al di sotto dei vestiti a giudicare dalla molteplicità di quelli che si vedono emergere nelle parti scoperte tipo le mani o anche le caviglie o il collo .
Mi ritrovo a pensare che il tipo abbia qualcosa da nascondere e che forse sia un ex-galeotto, ma che non vuole dire esplicitamente nulla del suo passato turbolento, anche se la sua pelle parla per lui.
I tatuaggi visibili, di cui lui è portatore, sono rozzi, d’un nero carico, assoluto, privo persino di qualsiasi tonalità bluastra, senza alcuna pretesa di grazia o di artisticità; sono semplicemente segni grafici sulla pelle incisi sicuramente non da valenti artigiani del tatuaggio, ma da altri compagni di prigionia o da se stesso, come espressione di iniziazione e appartenenza e con l’utilizzo di strumenti approssimativi e poco adeguati
Usciamo finalmente da quel negozio che era divenuto un po’ asfissiante, soprattutto a causa dell’invadenza appiccicosa del tatuato
Di nuovo alla luce del giorno…
Ci ritroviamo a camminare lungo un’antica muraglia, possente, quasi ciclopica, alta almeno una decina di metri e fatta di grossi massi squadrati, perfettamente combacianti, senza Malta nelle commessure, come nelle antiche costruzioni incaiche
Sono alquanto meravigliato nel vedere questa splendida opera dell’abilità costruttiva e dell'ingegno
Al passaggio, mi rendo conto che vi è dell’acqua che sgorga, ruscellando, da un foro nella pietra (o forse si tratta di una condotta, poiché il bordo del forame è regolarmente rotondo)
Tra le mie cose trovo una grossa palla di roccia, perfettamente levigata. È pesante, come fosse fatta d’un materiale ultra-denso a livello molecolare, fredda e liscia al tatto, di tipologia quasi extraterrestre: non riesco a capire come sia finita tra le mie cose, nella mia bisaccia o tascapane che dir si voglia
Comunque sia, la prendo e, dopo averla soppesata, acceso da un’improvvisa e inarrestabile intuizione, vado verso la muraglia nel punto in cui l’acqua si riversa all’esterno, ruscellando pigramente
Noto che la sfera di pietra che si adatta quasi perfettamente al foro da cui fuoriesce l’acqua: occorre soltanto una minima pressione per farla passare oltre il cercine rotondeggiante che lo delimita. Sembra che sia stata fatta perfettamente su misura
Contemplo la mia opera, osservando che l’acqua non ruscella più in maniera continuativa, e mi allontano soddisfatto
Mentre cammino, proseguendo lungo la mia via sento alle mie spalle un rombo improvviso
Mi giro! Cos’è mai?
Guardo e vedo che da quel foro fuoriesce un getto d’acqua compatto come quello di un geyser
Capisco cos’è accaduto: quella palla di pietra aderisce al condotto, bloccando il passaggio dell’acqua che aldilà dell’ostacolo va accumulando via via pressione, sino a quando questa è tale da determinarne la fuoriuscita con violenza Ho creato un geyser!, mi viene naturale esclamare, consapevole anche di avere fatto una monelleria o di poter aver dato luogo a dei possibili danni a quella muraglia secolare che, per l’incremento della pressione interna da parte della colonna d'acqua, alla lunga, potrebbe subire dei danni e, alla lunga, crollare
Ma nessuno sembra essersi accorto del fenomeno e, così, continuo per la mia strada, consapevole di avere lasciato una mia firma indelebile
Le mura ciclopiche di Sacsayhuamán presso Cusco (o Cuzco) sulle Ande in Perù a 3.555 metri di altezza restano attualmente un grande mistero. Quando i conquistadores spagnoli al seguito di Francis...
Keep-a-going along the road.
Vai avanti e più non dimandare
Oggi, possiamo lecitamente parlare
di tre quarti di secolo
Sono sbalordito
Penso a quando da piccolo
con mio fratello
mi chiedevo
come sarebbe stato entrare nel 2000
e facevo calcoli
per stabilire l’età che avrei avuto allora
che era per me
un’età impensabile,
irrapresentabile
Oggi, quasi al concludersi
del primo quarto del XXI secolo,
sono ancora qui
E vai allora!
Keep-a-going along the road,
Keep your eyes on the road
Stay always on the run
Cammina,
cammina,
segui sempre la strada,
di giorno segui il sole verso Ovest,
di notte orientati con le stelle
Seconda stella a destra, questo è il cammino
E poi dritto fino al mattino
Poi la strada la trovi da te
Porta all'isola che non c'è
Maurizio Crispi (9 agosto 2024)
Autoscatto (Maurizio Crispi)
A volte,
mi sorprendo a pensare
che vorrei tornare ad essere adolescente, ritornando all’età dell’oro in cui
c’erano ben poche cose
di cui preoccuparsi
quando c’erano papà e mamma
che di tutto si occupavano,
c’era solo da prendere il meglio,
una vita rilassata,
senza problemi da risolvere
senza responsabilità da assumere
Era il tempo felice
dei giochi e degli svaghi
Era come essere in un giardino dell’eden
Eppure,
quando vivevo allora quei giorni scalpitavo
fremevo
mordevo il freno
desideravo che il Tempo
accelerasse il suo corso
e non vedevo l’ora di diventare “adulto“
e c’era anche l’irrequietezza dell’attesa,
quando il sogno tracimava nella realtà
e pensavo che tutto fosse possibile,
quando i miei denti e la mia pelle
erano ancora giovani
Ora, invece, guardo nostalgicamente
a quella stagione
e la considero il mio Eden perduto
I miei genitori mi hanno lasciato giocare,
consentendo
che io potessi trastullarmi
con l’inutile e con il superfluo
hanno lasciato che io leggessi i libri
e che mi immergessi
in universi fittizi e in mondi alternativi
hanno lasciato che io potessi sognare
Eppure, quando ero adolescente,
un mio me scisso
non voleva stare in quel mondo
voleva piuttosto schizzare in avanti, andando verso realtà sconosciute
Quel mio me era impaziente
e viveva con sofferenza l’attesa e la stasi
E ora eccomi qua
a desiderare un ritorno
a quel tempo
che ora vedo felice,
come forse non è mai stato
Forse, ciò accade
perché mi accingo a varcare
la soglia dei tre quarti di secolo
- e quindi mi avvicino
sempre di più a quel punto fatidico
in cui gli opposti estremi
tendono a reincontrarsi e a coincidere
e le età della vita
si confondono e si mescolano
Vorrei andare lontano, via dove nessuno possa bussare la mia porta e schiaffarmi davanti agli occhi la dura realtà
Vorrei evadere
essere un nessuno
essere un Errante
libero di cercare ciò che vuole
o di non cercare affatto
E questo è quanto,
dissi, accorgendomi
che mi era cresciuta
una barba da profeta,
come quella di Mr Natural
Questo scrissi l'8 agosto 2023: una riflessione liminale, al limitare della notte, tra sonno e risveglio.
Mi ero dimenticato di trasferire questa piccola nota dal mio profilo FB al blog.
Ecco fatto!
L’ora é tarda
Nel cuore della notte
che già procede verso l’alba
il divino Morfeo
mi ha abbandonato
E io sono con gli occhi sbarrati
puntati verso il buio profondo
nero come inchiostro
Non mi dispiace essere sveglio di notte
Non mi pongo il problema
di dover essere un produttore di sonno
Il sonno viene e va,
come le nuvole
Se dormo bene!
Se non dormo bene uguale!
Non piango, né mi dispero,
non mi tiro i capelli
(che non ho)
e nemmeno divento insofferente
So bene che ci sono molte cose da poter fare
in quei momenti,
oppure semplicemente starmene in pace
con i miei pensieri,
accarezzarli,
giocarci un po’,
usarli come rampa di lancio
per viaggi attorno alla mia stanza
o nel cielo trapunto di stelle
Intanto il pullo,
fresco figlio dei rondoni
annidati nel cassone della serranda,
si muove e s'agita,
fa scruscio,
con grattamenti,
pigolii,
e scuotimento di alucce
ancora non formate
E' così che viene scandito
il mio tempo da sveglio,
di notte
in attesa delle primo baluginio di luce
Nel sogno di questa notte ero in auto e, forse, dovevo partecipare ad un funerale
Mi stavo spostando per andare al cimitero a deporre dei fiori sulla sepoltura di qualcuno
Di chi si trattasse non ricordo
Facevo fatica ad arrivare poiché c’era un traffico mostruoso, forse dovuto un ingorgo
Non si capiva nulla
Si camminava incolonnati, a passo d’uomo o, forse, di lumaca e, per di più, avevo a che fare con dei camionisti prepotenti che mi facevano ogni sorta di angheria
Nel frangente, dovevo anche fare benzina, poiché ero in rosso fisso, ma non c’era verso
Un camion prima mi impediva di entrare dal distributore e poi, una volta che riuscivo a conquistare una posizione di vantaggio per potermi rifornire, c’erano dei problemi con l’addetto alla pompa per il pagamento, perché mi veniva detto che dovevo andare a prendere un coupon in un certo Ufficio, visto che il rifornimento mi serviva per far visita al cimitero
In alternativa, mi veniva detto, avrei potuto rivolgermi ad un Frate che gestiva uno sportello compassionevole per quelli come me, ma anche per raggiungere questo frate avrei dovuto fare un giro complicato con l’auto, perdendo pertanto il mio vantaggio, oppure - in alternativa - avrei potuto andare a piedi lasciando l’auto dal distributore
Il Frate assumeva per me lo stesso aspetto del Frate Indovino
Optavo per la seconda soluzione, ma scoprivo che raggiungere la postazione del Frate non era cosa facile, e non era nemmeno cosa facile trarre le informazioni necessarie: nessuno sapeva chi fosse questo Frate e nemmeno dove fosse e, se io facevo riferimento alle sommarie informazioni che avevo già ricevuto su di lui, tutti quanti cascavano dalle nuvole e poi rivolgevano gli occhi al cielo come a dire: Dio, aiutaci tu!
In un altro momento, ero a casa di una mia antica compagna e ci trovavamo a parlare dei mobili che arredavano la sua casa, alcuni dei quali, di pregio erano stati fabbricati da un ebanista che, in passato, anche da me ha fatto dei lavori, tipo libreria, una scrivania e armadi a muro
Notavo che i mobili fabbricati da questo ebanista del sogno erano forniti di speciali targhette, di legno, intagliate a mano le quali, con apposita simbologia, fornivano tutte le indicazioni necessarie, come ad esempio, data di costruzione, tipo di legname, tipo di impellicciatura
E dicevo tra me e me: Ma guarda un po’ che raffinatezza! i mobili fabbricati per me dallo stesso artigiano non hanno questo tipo di targhetta!
Mi sentivo un po’ invidioso di ciò, bonariamente s’intende
Ricordo, al riguardo, che quando questo tale ebanista del ricordo veniva, per qualche motivo, a casa da me, non mancava occasione di squadrare le sue opere, di osservarne lo stato di salute, arrivando al punto da accarezzare il legno in più punti, per verificare se i mobili continuassero a "respirare" bene o se non fossero in sofferenza
In fondo, io pensavo nell’osservarlo intento in questo rituale che si verificava immancabilmente in ogni sua visita, ogni cosa ha una sua vita per chi ha dato vita.
Quell’ebanista trattava i mobili che aveva costruito come fossero suoi figli e ciò ogni volta generava in me una grande emozione
Mi trovavo in una grande fiera della moto
Ero in compagnia, ma non ricordo bene
Forse ero con una donna, forse un’antica fidanzata del tempo che fu
Attraversavo i padiglioni espositivi e mi aggiravo con occhi pieni di meraviglia nel guardare gli ultimi modelli di moto: stupefacenti, grandi come case, ibridi e non ibridi, alcuni addirittura attrezzati con gabinetti chimici e bidet per il massimo conforto dei conducenti
Ricordo che c’erano alcune moto che si potevano provare, seppure staticamente, montandovi sopra e studiando l’insieme dei comandi, mentre si faceva rombare il motore e l’aria attorno si saturava di gas di scarico Brrrrrrrmmmmm! BRRRRRRRMMMMMN! Rooooooaaaaaaarrrrrrrrr! BRRRRRUUUUUMMMMMM
Le interminabili accelerate assordanti sembravano grida di dolore
Osservavo un un po’ smarrito i comandi della moto su cui ero salito senza farmi pregare, mentre la sentivo vibrare tra le cosce, quasi fosse pronta a scattare in un balzo ferino
Devo dire che mi sentivo un po’ disorientato perché c’erano molteplici leve e pulsanti e non capivo come si potesse agire contemporaneamente su tutti i comandi a disposizione, avendo a disposizione solo due mani e dieci dita
Mi sorprendevo a pensare che non sarei stato mai capace di guidare questi trabiccoli
Pareva tutto troppo complicato
Rimpiangevo la lineare semplicità della mia moto di un tempo (che se ne sta quieta in quiescenza, nel garage di casa), i cui i comandi erano pochi ed essenziali
In questo sogno c’era anche una vivace parte romantica che coinvolgeva la controparte femminile che ho testé citato, ma di questi aspetti non ricordo quasi più nulla se non il fatto che si configurassero come una contradanza, fatta di passi e di contropassi sapientemente intrecciati
Poi, vedevo un mio cugino che non incontro da molto tempo e c’era anche con lui suo padre, cioè mio zio
Erano seduti ad un tavolo da birreria, incassato e fiancheggiato da due rustiche panche
Li vedevo e mi dirigevo alla loro volta per salutarli e per commentare assieme a loro di questa fantascientifica esposizione di moto
Anche mio cugino è stato un motociclista e con lui abbiamo anche affrontato dei viaggi in moto assieme, alla piratesca, senza specifiche attrezzature, avventurosi come non mai: quando incrociavamo motociclisti tedeschi super-attrezzati, super-vestiti con abbigliamenti tecnici già allora, ci sentivamo niente più che modestissimi filibustieri della Tortuga pronti all’arrembaggio, persino forniti di bandane e foulard a vivaci colori svolazzanti, ma privi di sciabole e pugnali
Quindi, ci sedevamo assieme al tavolo per ricordare dei vecchi tempi andati e ci ritrovavamo a commentare con una certa perplessità i nuovi ritrovati della tecnica motociclistica ed anche le super-dimensioni di queste moto di nuova generazione, più adatte forse ad essere condotte da Giganti che non da semplici esseri umani
Dissolvenza
Poi, in un momento successivo, sognavo che dovevo sostenere un esame
Battagliavo con dei libri su cui avrei dovuto studiare
Erano dei grossi libroni o tomi polverosi, evidentemente non usati da tempo
C’erano dei contrattempi
Non riuscivo a capire cosa dovessi studiare e nemmeno riuscivo a capire quale fosse l’argomento generale di cui trattavano
Mi era tutto ignoto e fuori dalla mia capacità di comprensione
Riuscivo a mettere le mani su un testo più recente, un volume più agile e in brossura, e pensavo che con questo a disposizione mi sarebbe riuscito più facile predispormi all’esame
Lo aprivo lo sfogliavo, ma ero preso dal panico poiché mi rendevo conto che si trattava d’un manuale di chimica elementare, pieno di formule astruse che non riuscivo a comprendere
Mentre lo sfogliavo il volume mi sfuggiva dalle mani e cadeva a terra, nel fango
Capivo che non avrei mai potuto presentarmi per sostenere quell’esame
Non c’era speranza
Questo scrissi il 3 agosto del 2014, traendo impressioni e spunti di riflessione da una mia passeggiata nel caldo del solleone non ancora, ma quasi, ferragostano.
Ma ritengo che queste impressioni - a leggerle oggi - abbiano ancora una valenza di piena attualità e, per così dire, di 'freschezza'
Palermo d'estate diventa una città fantasma e i suoi marciapiedi butterati e le sue strade dissestate, ricettacolo di ogni sorta di cose abbandonate, foglie secche, rifiuti e pattume, carte stracciate, fogli di giornale spiegazzate e fruscianti nel vento e deiezioni di ogni genere, da quelle calcinate dal sole a quelle ancora calde, fresche e fumanti (nonché sinceramente olezzanti)
Sembra di vedere una città in uno scenario post-apocalittico, abbandonata dai suoi abitanti in fuga
Nessuno lavora più, tutto si ferma, in una paralisi messicana.
La merda decora marciapiedi ed aiuole
E qualcuno cerca di nobilitarla, mettendogli le ali, facendo degli stronzi abbandonati parodie stercorarie di Icaro che, armato di ali fatte con piume incollate con la cera al suo torso e alle sue braccia (grazie all'ingegno del padre Dedalo), cercò di volare in alto e raggiungere il carro del Sole nel suo quotidiano passaggio su in cielo
E la sua hybris lo uccise, perché come tutti sanno i dardi dell'astro infuocato fecero sciogliere la cera che teneva avvinte le piume ed egli precipitò
Perfino il posteggiatore abusivo se n'è andato, lasciando la sua sedia di plastica rotta vuota e inoccupata.
Quella che vedo è una città in fase di rottamazione
Nel seccume e tra i rifiuti, rimangono soltanto le Trombe dell'Angelo che pendono inutili, incapaci perfino di far crollare le mura di Gerico e di spazzare via le montagne di rifiuti che si accumulano senza sosta
Dalle vetrine di negozi chiusi per ferie definitive occhieggiano manichini, alcuni impudicamente nudi, altri vestiti di tutto punto, uomini, donne e bambini e di notte escono fuori dalle loro case di vetro e invadono le strade silenziose, come zombie alla ricerca di prede
Quel bel pomodoro rosso troneggiante al centro della distesa d'asfalto e che pareva un fiore carico di promesse succose si disfà lentamente sotto il sole nella canicola d'agosto.
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.