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6 giugno 2023 2 06 /06 /giugno /2023 08:44
Robert Heinlein, Non temerò alcun male, Bompiani

Nel 1970 Robert Heinlein, uno dei più grandi maestri della SF pubblicò un opera che si colloca tra quelle in cui egli riflette sul fine vita, Non temerò alcun male (I Will Fear No Evil), il cui titolo originale è tratto dal Salmo 23:4 della Bibbia. Ricordo che lo lessi (lo divorai) nella forma di un tascabile Bompiani (uscito nel 1977) e, in effetti, la sua prima edizione italiana era stata fatta da Bompiani, nel 1972

Qui, in un mondo sovrappopolato nel XXI secolo, un tycoon, molto anziano e gravemente ammalato decide di avvalersi di un'avveniristica tecnologia per sfuggire al destino che l'attende e che gli consentirà di trasferire la sua mente in un corpo giovane.

Johann Sebastian Bach Smith, nato come Schmidt, ormai novantenne e decrepito, è tenuto in vita da un supporto medico, sicché decide di far trapiantare il proprio cervello in un nuovo corpo, offrendo un milione di dollari ai congiunti di un donatore in stato di morte cerebrale.

Non appena le circostanze lo consentono viene effettata l'operazione (a Heinlein non interessa dare spiegazioni tecnologiche sul perché e sul per come sia possibile compiere una simile cosa, non si sofferma sui dettagli tecnici: dice che è possibile e basta. E il lettore deve seguirlo). Le circostanze per dar corso alla "rinascita" di Schmidt sono che sia disponibile un corpo recipiente, in buona salute e in stato di morte cerebrale: la sorte vuole che il corpo donatore sia quello di una giovane donna che è Eunice Branca, sua segretaria che è stata uccisa da un balordo, e Schmidt nelle clausole del contratto avevo omesso di specificare controindicazioni circa il sesso del recipiente.
Quindi, al suo risveglio, Schmidt si ritrova dentro il corpo di una donna e, per giunta, molto avvenente e desiderabile.

Robert Heinlein, Non temerò alcun male, Bompiani (tascabili), 1977

Inizia così a vivere una nuova vita, avendo assunto l'identità di Joan Smith, guardando il mondo attraverso gli occhi di una donna, ma rimanendo uomo di esperienza e di appetiti sessuali assolutamente rinvigoriti (anche se orientati per necessità di cose verso il sesso maschile). Questo genera delle situazioni a volte imbarazzanti, a volte comiche, soprattutto quando egli si ritrova a confrontarsi con il suo più fedele collaboratore che è il suo avvocato di sempre Jakob Moshe Solomon) ed è nel fiore degli anni. Da donna (con quell'alchimia ormonale) si ritrova a desiderare un contatto sessuale con lui, ma la sua mente è quella di un uomo: insomma, Schmidt dovrà confrontarsi con grandi difficoltà interiori, sino a compiere il grande passo, dopodiché finirà per sposarlo.

Molti interrogativi restano aperti, tuttavia: cede a questo impulso perché è il corpo da donna che vuole così, oppure è lui - ancora uomo nella mente - che in modo inatteso - scopre delle valenze omosessuali dentro di sé?

Sin dall'inizio le cose si complicano ancor di più, poiché  probabilmente per via della persistenza della mente che aveva abitato quel corpo, la personalità del corpo recipiente si risveglia, iniziando un dialogo con Schmidt, prima occasionale e a sprazzi, poi sempre più costante e serrato.
Quindi, nel rapporto (che presto diventa stabile relazione) con l'uomo sono adesso in due ad interagire con una fantasmagoria di effetti. Il costante dialogo con Eunice Branca, aiuta Schmidt a destreggiarsi nella sua nuova identità.

E, alla fine, colpo di scena finale, Jakob Moshe Solomon muore all'improvviso per un ictus e, per una strana alchimia (anche qui Heinlein non ci fornisce alcuna spiegazione) entra nel corpo di Eunice Branca che già ospita la mente di Schmidt e quella di Eunice e quindi nel finale si trovano tutti e tre assieme a dialogare e a confrontarsi.
 

Ricordo che questo romanzo mi entusiasmò, al pari di "Straniero in terra straniera" che lessi subito dopo: ma questo forse ancor di più, perché Heinlein affrontava il tema del fine vita e dell'immortalità che del resto compare in altre opere come in Lazarus Long, l'immortale oppure nel precedente I figli di Matusalemme.

E qui si tratta di un Heinlein più maturo che affronta i grandi temi filosofici della vita e della morte, ben lontano da quello delle prime opere "spaziali", tipo "La fanteria dello spazio", considerato una vera pietra miliare nel contesto della Space Opera militare.

Perché tutta questa tiritera su Heinlein?

Ieri, scartabellando Netflix, mi sono imbattuto tra i new release in un film non troppo recente (USA, 2015) il cui titolo è "Self/less", con un buon cast di attori e di buona fattura.

Le battute d'inizio della pellicola mi hanno fatto pensare irresistibilmente a "Non temerò alcun male", perché anche qui un ricco tycoon, ammalato gravemente, con metastasi diffuse e destinato a morire di lì a poco, decide di rivolgersi ad una società (quasi clandestina e solo da pochi conosciuta per via del passaparola) che si rivolge ad una audience di clienti facoltosi e motivati per aiutarli a sopravvivere alla propria prossima morte. 

Self/less

L'industriale ultramilionario Damian Hale, maestro nell'arte del potere, allontanato dalla figlia Claire, si scopre malato di cancro. Di fronte alla propria malattia terminale, viene a sapere di un'organizzazione scientifica segreta che gli propone la creazione in laboratorio di un corpo sano in cui la sua brillante mente potrà continuare a vivere, secondo gli studi di transumanesimo del professor Jensen. Dopo aver inscenato la sua morte pubblica di fronte all' amico Martin O'Neil e al mondo, Damian si sottopone alla procedura si trasferimento della sua mente in un corpo giovane (che ritiene sia stato clonato), detta "shedding", risvegliandosi secondo le promesse in un nuovo corpo giovane. Successivamente ad un periodo di riabilitazione, inizia la sua nuova vita, dovendo però dipendere dall'organizzazione che gli fornisce misteriose pillole antirigetto avvisandolo di possibili allucinazioni post intervento che presto tuttavia spariranno.


La parte iniziale del film potrebbe essere stata presa di peso dal romanzo di Heinlein, anche se poi i dettagli e l'evoluzione successiva divergono fortemente dal modello originario. 

Poi, tuttavia, la storia di Self/less diverge radicalmente da quella raccontata magistralmente (e con grande ironia) da Robert Heinlein. Cosa accomuna, in realtà, il romanzo e questo film (come anche un altro film simile che mi è capitato di vedere recentemente sempre su Netflix e di cui in questo momento - sfortunatamente - non ricordo il titolo)?

Simbolo del Transumanesimo

Credo che sia il tema del "transumanesimo" (ovvero del "Transhumanism") di cui questa, presa da wikipedia, è una possibile - sintetica definizione: Il transumanesimo (o transumanismo, a volte abbreviato con >H o H+ o H-plus) è un movimento culturale che sostiene l'uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l'invecchiamento, in vista anche di una possibile trasformazione post umana.

Quando Heinlein scrisse il suo libro di transumanesimo ancora non si parlava del tutto e il termine non era stato nemmeno coniato: e, quindi, egli è stato, da questo punto un autentico precursore e un visionario. Ma questa è, del resto, l'essenza della più pura declinazione della SF.

Ho trovato in rete, un articolo in cui, nel contesto di considerazioni più ampie, viene tracciato un parallelismo tra "Non temerò alcun male" e il transumanesimo: 

"La scienza sta vivendo oggi un pericolo crescente: quello di trasformarsi in tecnoscienza tendente ad abbandonare l’approccio olistico del disallineamento fisico della persona umana e ad eliminare il rapporto medico-malato. Stanno aprendosi varchi di consenso a teorie che si inscrivono nella corrente del Transumanesimo  ipotizzante un trasferimento dei dati di coscienza degli umani dentro una memoria delocalizzata totalitaria, una specie di titanico CLOUD da utilizzare per una successiva reviviscenza del contenuto di una mente dentro altri corpi e/o dispositivi esogeni. Sul tema, fanno pensare le implicazioni tecno-etiche dello scrittore di fantascienza Robert Heinlein nel suo memorabile libro NON TEMERO’ ALCUN MALE nel quale viene narrata la cascata di effetti collaterali rivenienti da un trapianto di cervello di un uomo in un corpo di donna. Il Transumanesimo sta per essere a sua volta sorpassato a sinistra dalla corrente dell’INTRASPECISMO  dove la differenza tra umani e animali scompare in nome della eliminazione del pensiero antropocentrico..."1

Il film non tributa nessun credito letterario, d'altra parte. C'è da dire anche che la SF letteraria, nel corso degli anni, ha creato dei modelli che sono entrati con forza nell'immaginario collettivo e che, quindi, poi finiscono per permeare in modo originale altre opere oppure danno vita a nuovi modi di vedere, senza che si abbia più alcuna consapevolezza della loro scaturigine.

Guardate questo film (che merita), ma soprattutto leggete il romanzo di Heinlein!

 

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Note

1. Tratto dall'articolo Gli effetti delle pandemie e la tecnoscienza che incombe (dettiescritti.it). Maiuscoletti nel testo originario.

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1 giugno 2023 4 01 /06 /giugno /2023 11:00
Andreas Eschbach, Miliardi di tappeti di capelli, Fanucci

Miliardi di tappeti di capelli (titolo originale: Die Haarteppichknüpfer, nella traduzione di Robin Benatti), è stato il primo romanzo di Andreas Eschbach, portato a termine dopo anni di lenta gestazione, pubblicato nel 1996, ma lanciato in traduzione italiana da Fanucci (Immaginario Solaria) soltanto nel 2002.

 

Dalla prefazione dell’Autore: “Miliardi di tappeti di capelli è una di quelle storie che si portano a termine come se cadessero dal cielo. Sono un dono, perché prendono luce da un momento all’altro e bisogna solo metterle su carta
(…)
“È una storia di tessitori di capelli. Non posso promettervi che l’amerete. Non posso nemmeno promettervi che vi piacerà.
“Posso solo farvi una promessa: non la dimenticherete, mai.

In effetti è proprio così.

Il racconto tratta della storia di una vera e propria casta "privilegiata" di fabbricanti di tappeti di dimensioni standard (all'incirca 2 metri per 2 metri) che essi tessono, impiegando per un singolo tappeto l'intero arco della propria vita, con i capelli delle proprie mogli, concubine e figlie. Questa abilità viene tramandata dal padre al figlio maschio primogenito (gli altri figli maschi dovranno essere uccisi o sacrificati) e si pone al confine tra la dimensione artigianale ed una prettamente religiosa, eseguita a maggior gloria dell'Imperatore di tutto l'universo conosciuto; i manufatti vengono consegnati al fine di addobbare il palazzo dell'Imperatore. In questa società quasi medievale, il ruolo dei singoli è fissato rigidamente sin dalla nascita, e su di essi veglia la figura divina ed imperscrutabile dell'Imperatore, immortale, inarrivabile e da cui dipende ogni cosa del creato.
Lentamente nel corso del romanzo si dipana una trama complessa e coinvolgente, in cui brevi episodi, apparentemente slegati dal contesto generale fanno da viatico e da perno alla narrazione generale, contribuendo ad affascinare e trascinare il lettore verso la sorprendente conclusione.

 


É una storia che pur avendo alcuni spunti da space opera si propone al lettore con numerosi rimandi borgesiani (e soprattutto alla sua infinita "Biblioteca di Babele"), come sottolinea Robin Benatti nella sua postfazione: è vertiginosa l’idea di un impero che si estende a tutta la galassia e che a dominato centinaia di migliaia di mondi abitati in un arco di tempo di 250.000 anni guidato da imperatori che sono mantenuti in vita per migliaia di anni, mentre gli abitanti delle diverse migliaia di mondi sono tutti piegati alla missione di fabbricare tappeti usando i capelli delle mogli e delle figlie, uniti nell’eternità in un’unica insensata missione, sino a quando l’imperatore sarà in vita e la sua dinastia si perpetuerà.
In queste pagine riecheggia anche qualcosa di kafkiano e il rimando che mi è venuto spontaneo fare è stato a "Un messaggio dell'Imperatore".
La narrazione si articola in una serie di racconti, tutti embricati tra loro e intessuti nel filo conduttore di questo impero galattico in cui tutti i sudditi che vivono sparsi in centinaia di migliaia di mondi sono accomunati da questa unica missione che è quella di fabbricare questi mirabili tappeti di capelli umani.
Tutto, qualsiasi evento e aspetto organizzativo della vita è finalizzato a questo scopo.
Il testo offre, ovviamente, una riflessione profonda su come il Potere si regga spesso spesso su di una mistica leggendaria che finisce con il formattare tutti gli aspetti dell'Etica, della Morale e del pensiero religioso e come tutti questi aspetti possano finire con l'auto-mantenersi anche quando il loro motore primo ha smesso di esistere.
Quando agli abitanti di questo o di quel pianeta viene comunicato che l'Impero non esiste più e che l'Imperatore non governa più le loro vite, così come è stato negli ultimi 250.000 anni, i suoi abitanti stentano a credere ad una simile notizia e vogliono continuare a condurre la loro vita come hanno sempre fatto, a loro memoria, cioè fabbricando tappeti di capelli umani, con il pensiero che periodicamente delle astronavi verranno a prendere i tappeti ultimati per portarli al centro dell'Impero, dove adorneranno il Palazzo dell'Imperatore.
Solo alla fine del romanzo avverrà il disvelamento del perché e del per come l'Impero abbia preso questa via.
Ed è anche un finale ingegnoso quello che attende il lettore: un finale che non ha alcun significato evolutivo, ma che rappresenta soltanto la conclusione di un apologo o di un grande affresco allegorico.


(Risguardo di copertina) Miliardi di tappeti di capelli: Da tempo immemorabile, in un mondo lontano, alcuni uomini tessono tappeti annodando i lunghi capelli delle figlie e delle consorti. Nel corso della vita ogni tessitore porta a termine un solo tappeto, e l'arte viene trasmessa in eredità dal padre al discendente maschio, fin dall'inizio della Storia. I tappeti, miliardi di tappeti, sono destinati all'imperatore divino, suprema autorità del cosmo, per adornare il suo palazzo. Ma qualcosa sta cambiando: giungono voci inquietanti, forse dei ribelli hanno osato sfidare l'imperatore. Il dubbio si insinua in una società arcaica e immobile, e una realtà nuova si appresta a lacerare costumi e tradizioni immutabili.

 

Andreas Eschbach

L'Autore. Andreas Eschbach (Ulma, 15 settembre 1959) è uno scrittore tedesco, noto per la sua produzione fantascientifica.

Eschbach ha studiato ingegneria aerospaziale all'università di Stoccarda e in seguito ha lavorato come ingegnere del software.

Ha iniziato a scrivere dall'età di 11 anni. La sua prima pubblicazione professionale è stata il racconto breve Dolls, pubblicato nel 1991 dalla rivista tedesca di computer C't. Nel 1994 ha ricevuto la borsa di studio della Fondazione Arno Schmidt assegnata ai nuovi scrittori tedeschi di grande talento.

Tre dei suoi romanzi hanno vinto il Kurd-Laßwitz-Award, uno dei premi più prestigiosi nell'ambito della fantascienza tedesca. Ha ricevuto inoltre numerose volte il Science Fiction Club Deutschland, premio del fandom, tanto che nel 2000 ne è stato escluso per manifesta superiorità sui concorrenti.[senza fonte]

Alcune sue opere sono state tradotte in numerose lingue, inclusi inglese, francese, italiano, russo, turco e giapponese. Nel 2002 il suo romanzo Lo specchio di Dio è stato adattato per la televisione tedesca. Nel 2003 l'opera Eine Billion Dollar è stata adattata per la radio.

Vive nei pressi di Stoccarda ed è tuttora attivo come scrittore.

E' autore di una ventina di romanzi e di alcuni racconti, oltre che di opere destinate ad un pubblico giovanile. Dei romanzi soltanto pochi sono sinora tradotti in lingua italiana.

Lo si può sicuramente considerare uno dei maggiori - se non il più grande . scrittori di SF in lingua tedesca.

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25 maggio 2023 4 25 /05 /maggio /2023 09:10
David Quammen, Senza respiro, Adelphi, 2022

Spillover. L'evoluzione delle pandemie (Adelphi) di David Quammen venne scritto e pubblicato in lingua originale attorno al 2013, presentandosi per alcuni versi come un testo profetico rispetto a quanto si sarebbe verificato di lì a pochi anni. Con Senza respiro. La corsa della scienza per sconfiggere un virus letale (Breathless. The Scientific Race to Defeat a Deadly Virus, nella traduzione di Milena Zemira Ciccimarra), pubblicato da Adelphi (Fabula), nel 2023, costruisce un seguito a quel volume, raccontando i modi attraverso cui la pandemia da Coronavirus si è sviluppata, estendendosi a tutto il globo terracqueo e della corsa "senza respiro" compiuto dalla comunità scientifiche per identificare il virus e sequenziarlo, arrivando in tempi brevi (impensabili in altri tempi) a costruire dei vaccini. Cosa che non sarebbe stata possibile senza un lavoro intenso in altre direzioni condotto negli anni precedenti dai genetisti e dai virologi, le cui risultanze sono state messe a frutto ed applicate a questo caso particolare.
Questo saggio divulgativo, ma di ottimo livello, è scaturito da materiali di prima mano raccolti in approfondite interviste con biologi, virologi, genetisti, cerca di tirare le fila di tutto ciò che si sa sulla pandemia da Sars-CoV-2, dal suo esordio sino alla più recente evoluzione con la variante omicron.
Al pari di “Spillover”, anche questo saggio si legge come un romanzo che lascia il lettore avvinto alle pagine, tenendolo quasi “senza respiro”.
Si apprendono molte cose a cui i media non hanno dato il necessario risalto, altre vengono collocate in una corretta prospettiva, nel pieno rispetto dialettico delle diverse posizioni.
Quammen ci fornisce riflessioni, fatti, dati, lasciando a noi lettori il compito di trarre le conclusioni per quanto provvisorie.
Molto spazio viene dato all’origine del virus responsabile dell’attuale pandemia (da dove viene? Dove va?), toccando anche la vexata quaestio sulle sue possibili origini da una manipolazione in laboratorio, sfuggita di mano.
Certo è che la pandemia da Sars-CoV-2 è nata come una tempesta perfetta, a partire da una condizione di particolare adattabilità del virus a molte specie diverse di mammiferi (come evidenzia l'autore riportando un'ampia casistica e tutte le evidenze laboratoristiche, come ad esempio l'identificazione del "sito di scissione della furina" ed è altrettanto vero che dovremo convivere con esso ancora per molto tempo, poiché - come ci viene rammentato in uno dei capitoli più avvincenti - vi sono delle evidenze particolarmente significative sul fatto che il virus abbia innestato nel corso della pandemia un suo “ciclo silvestre” stante appunto la sua grande adattabilità a diverse specie di mammiferi selvatici.
Per esempio, si legge in uno degli ultimi capitoli: 
Questo virus ci accompagnerà per sempre. Sarà negli esseri umani - sempre da qualche parte - e sarà in alcuni degli animali che ci circondano. ‘Mai dire mai’ é una regola di buon senso, ma nessun esperto oggi può dirci in che modo potrà mai essere debellato il Sars-CoV-2. Nonostante decenni di sforzi non abbiamo debellatoné la polio né il morbillo, due virus che non hanno nessun altro posto dove nascondersi a parte gli uomini. Questo ha molte più alternative. Potremmo eliminarlo da ogni essere umano sulla faccia del pianeta (ma non è probabile) e rimarrà comunque nei cervi a coda bianca dell’Iowa, o nei visoni scappati dagli allevamenti che vagano nei boschi della Danimarca. 
Continuerà a cambiare. Si adatterà ai nostri adattamenti. L’ultima variante nel momento in cui scrivo queste frasi, la Omicron, sembra esserne un esempio lampante
”. (p. 403).
Sono affermazioni che devono far riflettere e che sono riferite in maniera nuda e cruda senza i giri di parole o le cautele dei politici che, a seconda di come gira il vento delle opportunità di consenso, minimizzano, nascondono, oppure amplificano e fanno allarmismo.
La dura verità degli scenari di viene immediatamente circonstanziata dalla previsione d'un incremento dei contagi da Covid-19 in Cina, nei prossimi mesi, dove si parla anche di picchi 60-65 milioni di nuovi contagi alla settimana.
L’intera trattazione di Quammen dovrebbe servirci ad acuire la nostra sensibilità verso altre possibili minacce virali ancora sconosciute, ma ciò nondimeno possibili (per eventi di spillover da parte di altri virus più letali). 
Si vedano a tal riguardo le recenti dichiarazioni del Direttore dell’OMS divulgate in rete.
David Quammen tiene a precisare che tutti i virgolettati sono stati estrapolati dalle interviste da lui effettuate, alcune della durata di ore. Per completezza di documentazione in calce al volume l'autore fornisce le schede coni dati essenziali su tutti gli scienziati intervistati e sulle circostanze delle interviste.
Il volume è corredato inoltre di indice analitico e di un’amplissima bibliografia riportante gli estremi di gran parte delle pubblicazioni citate (all’infuori dei “pre-print” (spesso di vita effimera) che sono citati solo nel testo.
Se mi è piaciuto? Sì, moltissimo!

 


(Soglie del testo) Il nuovo saggio dell’autore del bestseller Spillover racconta la battaglia per affrontare il Covid-19 dall'inizio della pandemia a oggi.
Secondo la teoria del caos, il battito d’ali di una farfalla può scatenare un uragano dall’altra parte del pianeta – e allo stesso modo il battito delle grigie ali di un pipistrello in una caverna nel Sud della Cina può seminare lutti a Times Square. Dall’inizio della pandemia, sei milioni e mezzo di persone sono morte nel mondo. Il Big One, descritto in termini quasi profetici in Spillover, ha bussato alle nostre porte, e non eravamo pronti. La nostra reazione ha seguito lo schema già illustrato da Lucrezio a proposito della peste di Atene: alla sottovalutazione iniziale è subentrata la ricerca di un capro espiatorio, poi il panico, e infine l’impulso, altrettanto irrazionale, della rimozione. La creazione dei vaccini ha ridotto il margine di manovra del virus, ma il nostro avversario ha già risposto con una contromossa, la « variante Omicron », che potrebbe essere la fusione di due ceppi diversi, ciascuno dei quali non è stato ancora ben indagato. Stiamo dunque assistendo a una battaglia non dissimile dalla partita a scacchi che nel Settimo sigillo vede il Cavaliere (la scienza, ma senza il conforto della religione) sfidare la Morte. Chi vincerà| Probabilmente si giungerà al pareggio, il che significa che dovremo convivere col virus in una guerra « a bassa intensità ». Ma al di là delle sofferenze inflitte al genere umano dal SARSCoV- 2, Quammen ci ricorda che i virus, come il fuoco, sono un fenomeno non necessariamente negativo, e che può anche portare vantaggi. Come i batteri, fanno parte di noi. Sono « gli angeli oscuri dell’evoluzione », meravigliosi e terribili, e questo li rende meritevoli di essere compresi, più che temuti e aborriti.

 

Hanno detto

«Il divulgatore scientifico americano, come già nel suo precedente scritto Spillover, di cui questo Senza respiro è (volenti o nolenti e con tutte le riserve del caso) una sorta di seguito spirituale, sceglie di accompagnarci nella lettura portandoci esattamente dove vuole lui, senza fretta, prendendosi i suoi tempi, ma con una scrittura agile e precisa, che non tralascia nulla e che analizza e viviseziona eventi, date, genomi di Rna.» - Filippo Ghiglione per Maremosso

 

David Quammen

L'autore. David Quammen (nato nel 1948, a Cincinnati) è un divulgatore scientifico, scrittore e giornalista del «National Geographic». Ha studiato letteratura a Oxford; oggi vive in Montana, ma viaggia molto per conto del «National Geographic». Ha lavorato anche per altre riviste e giornali, tra cui «Harper's», «Rolling Stone» e il «New York Times».
In Italia ha pubblicato saggi divulgativi con Adelphi e Codice. In particolare da ricordare Spillover. L'evoluzione delle pandemie, pubblicato nel 2017

Quammen, Perchè non eravamo pornti, Adelphi

David Quammen, Perché non eravamo pronti (nella traduzione di Milena Zemira Ciccimarra), Adelphi Editore (collana Microgrammi), 2020
In questo piccolo volume che si legge comodamente in poco meno di due ore, sono raccolti due articoli di David Quammen, “The Warnings” e “Did Pangolin Trafficking Cause the Coronavirus Pandemic?”, pubblicati ambedue su “The New Yorker”, rispettivamente l’11 maggio 2020 e il 31 agosto successivo.
Si tratta di due testi che esaminano gli esordi della attuale pandemia. Nel primo dei due articoli, l’autore prende in considerazione i motivi per cui il mondo non è stato pronto ad affrontare la pandemia, considerando le avvisaglie di precedenti episodi epidemici sostenuti da agenti infettivi diversi che avrebbero dovuto determinare un’attitudine di vigilanza. Nel secondo, invece, egli esamina l’influenza del traffico illecito dei pangolini nella diffusione della pandemia, tra l’altro demolendo l’idea che l’iniziale suo epicentro fosse stata la città di Wuhan. Il Coronavirus circolava già da prima, proprio a causa del commercio dei pangolini vivi che hanno amplificato il Coronavirus, consentendogli il salto di specie all’uomo.
Ma, avverte l’autore, per capire meglio la sequenza degli eventi e per poter essere meglio preparati in futuro, occorre fare delle ulteriori ricerche per meglio comprendere i meccanismi che hanno portato il virus a compiere lo spillover dal suo serbatoio naturale (i pipistrelli) al pangolino, nel quale all’inizio della pandemia é stato identificato un Coronavirus, affine geneticamente al 99%  con quello sequenziato ai primordi dell’attuale pandemia.
Quammen è un grande divulgatore.
Sapevamo come, e anche dove, i coronavirus ci avrebbero potuto colpire, eppure - eppure siamo a oggi, all'oggi inquietante e incerto da dove partono, proprio con questo testo, le nuove ricerche di David Quammen.

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23 maggio 2023 2 23 /05 /maggio /2023 10:09
Silvia Moreno-Garcia, Mexican Gothic, Mondadori, 2022

Mexican gothic (titolo originale: Mexican Gothic, nella traduzione di Giovanna Scocchera) della scrittrice canadese (ma di origini messicane) Silvia Moreno-Garcia, pubblicato da Mondadori (Oscar Fabula) nel 2022, è un romanzo ad ambientazione messicana, ma in realtà molto british perché riguarda una famiglia inglese che si è trasferita in un luogo sperduto del Messico, ricreando qui la sua antica magione gravata da una maledizione (che, ovviamente, è stata importata dai luoghi di origine).
La narrazione propone una serie di topoi propri del Gotico come genere letterario: ad esempio, vi é il tema della casa maledetta che rimanda con forza alle immagini de “La caduta di casa Usher” di E. A. Poe, ma anche quello del patto con il diavolo - o meglio con un’orrida entità sovrannaturale - che finisce con il dominare le menti di coloro che “infesta” (e qui si ravvisa un forte rimando ai temi cari ad H. P. Lovecraft); o ancora quello della casa maledetta che domina e controlla la mente  di coloro che la abitano, procurando loro sogni ed incubi, e inoltre tenendo vincolati i suoi abitanti come con fili invisibili ed indissolubili.  E High Place, la dimora di proprietà della famiglia altolocata di origini inglesi che fa da scenario alla narrazione, assieme al cimitero adiacente, cupo e perennemente infestato da una nebbia vischiosa, non è da meno rispetto a questo canovaccio di base: gli ingredienti richiesti li possiede tutti e in modo lussureggiante.
L’eroina Noemì (con l'accento sulla "i", si badi bene) con molta fatica e al prezzo di essere “assorbita” anche lei, riuscirà alla fine a fare la differenza e a spezzare l’incantesimo, portando in salvo se stessa, assieme alla cugina dalla quale era stata chiamata in soccorso in una lettera accorata.
Il libro si legge con molto interesse e con il desiderio di andare avanti, per capire come si dipanerà la matassa. 
E, in effetti, si rimane catturati da una costante progressione del ritmo narrativo.
Indubbiamente, siamo di fronte ad un bell’omaggio - originale per via del re-mix delle diverse tematiche - alla letteratura gotica e horror, pur con delle venature pulp, tendenza volutamente marcata nell'editare il volume con una sovraccoperta double face, il cui retro - solitamente bianco - si presenta con una grafica e con cromatismi vivaci e sgargianti che rievocano appunto le copertine delle vecchie pubblicazioni di Weird Tales dalle quali si originò il termine "pulp", per via della cartaccia da quattro soldi utilizzata per la stampa di quei fascicoli).
Rispetto alle tematiche horror che sono familiari a chi abbia dimestichezza con il genere, tuttavia, il finale risulta debole, poiché lascia ben pochi dubbi al lettore e il seme, proprio delle narrazioni horror, non germoglia: quel seme che lascia crescere nell'animo di chi ha letto la storia sino alla fine un sentimento di forte turbamento al cospetto di un potere malefico di cui si ha certezza che sarà destinato inevitabilmente a risorgere. 
L'autrice, pur di origini latine, è naturalizzata canadese e ha dunque pubblicato tutti i suoi libri in Inglese.

 

Silvia Moreno-Garcia, Mexican Gothic, Mondadori

(Soglie del testo) Una magione isolata e maledetta. Un gentiluomo carismatico ma inquietante. E una donna coraggiosa, decisa a svelare i loro segreti.
«Questa casa è marcia fino al midollo, puzza di putrefazione, trabocca di ogni possibile perfidia e crudeltà. Ho provato a restare sana di mente, a tenere alla larga questa malvagità, ma non ci riesco e sto cominciando a perdere la cognizione del tempo e dei pensieri. Ti prego. Ti prego
Noemí Taboada riceve una lettera angosciata e delirante da sua cugina Catalina, che ha appena sposato un inglese altolocato e che implora il suo aiuto. E così si reca a High Place, una tetra dimora sperduta tra le montagne del Messico.
Noemí è poco credibile nei panni della crocerossina: è una raffinata debuttante, più adatta ai cocktail party che alle indagini poliziesche, ma è anche caparbia, sveglia, e non si lascia intimorire facilmente: certo non dal marito di Catalina, uno sconosciuto dall'aria sinistra ma intrigante; né dal padre, l'anziano patriarca che sembra particolarmente attratto da lei; e neppure dalla casa, che inizia a invadere i suoi sogni con visioni di sangue e sventure. Il suo unico alleato in questo luogo inospitale è il più giovane membro della famiglia. Ma forse anche lui ha un oscuro segreto da nascondere. Mentre dal passato riemergono storie di violenza e follia, Noemí viene lentamente risucchiata in un mondo terrificante e seducente al tempo stesso. Un mondo dal quale potrebbe essere impossibile fuggire.

Silvia Moreno-Garcia

L’autrice. Silvia Moreno-Garcia (1981), messicana d’origine e canadese d’adozione, è autrice di molti romanzi acclamati dalla critica, tra cui Gods of Jade and Shadow e Mexican Gothic (Locus Award). Ha inoltre curato diverse antologie, tra cui She Walks in Shadows/Cthulhu’s daughter (World Fantasy Award). È direttrice editoriale della Innsmouth Free Press e editorialista del “Washington Post”. Si è laureata in studi scientifici e tecnologici all’Università della British Columbia con una tesi dal titolo Magna Mater: Women and Eugenic Thought in the Work of H.P. Lovecraft. Vive a Vancouver.

Mexican gothic. Un apprezzabile omaggio alla letteratura gotica nel pieno rispetto di tutti gli stilemi propri del genere
Mexican gothic. Un apprezzabile omaggio alla letteratura gotica nel pieno rispetto di tutti gli stilemi propri del genere
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18 maggio 2023 4 18 /05 /maggio /2023 11:01
Stephen King, Fairy Tale, Sperling&Kupfer, 2022

Qualche tempo fa, quando ho cominciato la lettura dell'ultimo romanzo di Stephen King, Fairy Tale (nella traduzione di Luca Briasco), pubblicato nel 1922 da Sperlinga&Kupfer (Pandora), ho scritto nel mio profilo social: “Con enorme piacere ho cominciato la lettura dell’ultimo romanzo di Stephen King, pubblicato in traduzione. Mi sta piacendo moltissimo e lo sto centellinando per non arrivare subito alla fine. Richiede una fine degustazione”.

E adesso che sono arrivato alla frase fatidica “The End”, mi sono dovuto commiatare dai suoi personaggi e soprattutto dall’avventuroso protagonista Charles Reade, che - per un concorso di circostanze - trova l’accesso ad un mondo fantastico, il Reame di Enpis - un tempo bellissimo, ma ora preda di una maledizione e corrotto, di cui Charlie in persona diverrà il salvatore e della sua fedele cagna di pastore tedesco Radar (Rades), ricevuta in eredità da un Howard Bodwitch, suo vicino di casa (che vive in una dimora dall'aspetto misterioso in cima ad una collina, un po' tetra e spaventosa, tanto che viene indicata dai ragazzi del quartiere come "la casa di Psycho"), primo scopritore di questo mondo, uomo dai molti misteri, e che proprio a Charlie Reade trasferisce la conoscenza del mistero e della meraviglia di quest'altro mondo.


A tutti gli effetti, Fairy Tale potremmo definirlo un romanzo "dark-fantasy".

Le ultime cento pagine le ho letteralmente centellinate, proprio perché non sarei mai voluto arrivare alla parola fine di questa avventura che tanto mi ha fatto immergere nella magia di una narrazione assolutamente all’altezza de Il Talismano (scritto a quattro mani con Peter Staub) e di altri romanzi del migliore King (come ad esempio, con una tematica affine, è stata la narrazione di "22/11/1963", in cui il protagonista, essendogli data la possibilità di spostarsi indietro nel tempo, tenterà di evitare l'assassinio di J. F. Kennedy).
Eppure ogni storia finisce, anche la più bella.
Ma potrà essere ri-narrata e, nel caso, ri-letta più volte.
Il volume è corredato dalle splendide splendide illustrazioni di due diversi disegnatori: i capitoli pari con quelle di Gabriel Rodriguez che ha già collaborato con Joe Hill nel suo NOS4A2 e per la realizzazione di molte graphic novel e i dispari con quelle di Nicolas Delort.
I disegni accrescono l’atmosfera horror-fiabesca, secondo la migliore tradizione delle narrazioni fantastiche.
Ci sono qui molteplici suggestioni e citazioni: tra queste anche un indubbio omaggio alle storie dei Fratelli Grimm (la fiaba di Tremotino, viene citata più volte) a H.P. Lovecraft (con alcuni cupi riferimenti alle tematiche dei "Grandi antichi", a proposito dal mostro che minaccia di uscire dalle profondità corrotte del regno di Enpis, quando le due lune in cielo si congiungeranno) e ad altre apocalissi. 
Per esempio, uno dei nomi che non deve essere mai pronunciato ad alta voce - e nemmeno bisbigliato, se è per questo -  nel Reame di Enpis è Gogmagog, una parola proibitissima che suscita negli astanti un terrore profondo e senza nome: facendo un minimo di ricerche si scoprirà che il termine si ispira direttamente al Libro dell’Apocalisse secondo San Giovanni.
Ho trovato queste indicazioni al riguardo: con l’espressione ‘goga e magoga’ si indica un luogo leggendario e favoloso, in qualche angolo remoto della Terra.
I nomi Gog e Magog appaiono nell’Apocalisse di San Giovanni, dove rappresentano una terribile minaccia, ma anche nel libro di Ezechiele, in cui Gog, signore di Magog, è un principe di cui si profetizza che si schiererà contro Israele.
Ma su Wikipedia si trova anche il riferimento ad un gigante possente che avrebbe fondato Albione: 

Gogmagog (anche Goemagot, Goemagog, Goëmagot e Gogmagoc) era un gigante leggendario, presente nella mitologia gallese e successivamente in quella britannica. Secondo la Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth (XII secolo), Gogmagog era un gigantesco abitante di Albione, gettato da una scogliera durante un incontro di lotta da Corineo, un compagno di Bruto di Troia. Gogmagog fu l'ultimo dei giganti che abitavano la terra di Albione, prima dell'arrivo di Bruto e dei suoi uomini. Secondo l'etimologia prevalente, Il nome "Gogmagog" deriva dai personaggi biblici Gog e Magog

La locuzione ha oggi perso il suo significato apocalittico, ma ha dato origine anche a un’altra espressione: «andare in goga e magoga», usata per descrivere il cadere dalle nuvole, perdere l'orientamento. 

 

Fairy Tale by Stephen King

(Soglie del testo) Un ragazzo, il suo cane, la discesa in un mondo magico e oscuro. Un'eccezionale favola dark. Benvenuti nel lato oscuro del «C'era una volta»
Charlie Reade è un diciassettenne come tanti, discreto a scuola, ottimo nel baseball e nel football. Ma si porta dentro un peso troppo grande per la sua età. Sua madre è morta in un incidente stradale quando lui aveva sette anni e suo padre, per il dolore, ha ceduto all'alcol. Da allora, Charlie ha dovuto imparare a badare a entrambi. Un giorno, si imbatte in un vecchio – Howard Bowditch – che vive recluso con il suo cane Radar in una grande casa in cima a una collina, nota nel vicinato come «la Casa di Psycho». C'è un capanno nel cortile sul retro, sempre chiuso a chiave, da cui provengono strani rumori. Charlie soccorre Howard dopo un infortunio, conquistandosi la sua fiducia, e si prende cura di Radar, che diventa il suo migliore amico. Finché, in punto di morte, il signor Bowditch lascia a Charlie una cassetta dove ha registrato una storia incredibile, un segreto che ha tenuto nascosto tutta la vita: dentro il capanno sul retro si cela la porta d'accesso a un altro mondo. Una realtà parallela dove Bene e Male combattono una battaglia da cui dipendono le sorti del nostro stesso mondo. Una lotta epica che finirà per vedere coinvolti Charlie e Radar, loro malgrado, nel ruolo di eroi. Dal genio di Stephen King, una nuova avventura straordinaria e agghiacciante, una corsa a perdifiato nel territorio sconfinato della sua immaginazione.

 

Hanno detto
«Per King non c'è mai confine tra i mostri che abitano la nostra vita quotidiana e quelli che potrebbero esistere in mondi paralleli, o persino nel nostro. Ma il punto è che sempre King riesce a creare qualcosa di nuovo. A raccontare da un altro punto di vista. A illuminare un altro pezzetto di realtà.» - Antonella Lattanzi, la Lettura
«Fairy Tale sa parlare bene della sofferenza, di una disperazione che fa stringere un patto con Dio: “Se lo fai per me, chiunque tu sia, farò qualcosa per te”.» - Thea Pellegrini per Maremosso

 

Stephen King

L'autore. Stephen King, nato nel 1947 a Portland nel Maine (USA), è autore di romanzi e racconti best seller che attingono ai filoni dell’orrore, del fantastico e della fantascienza, ed è considerato un maestro nel trasformare le normali situazioni conflittuali della vita – rivalità fra coetanei, tensioni e infedeltà coniugali – in momenti di terrore. Quando è ancora piccolo, sua madre deve far fronte a grandi difficoltà, perché il padre uscito di casa per fare una passeggiata non fa più ritorno. Nel 1962 inizia a frequentare la Lisbon High School e comincia a spedire i suoi racconti a vari editori di riviste, senza però alcun successo concreto. Conclusi gli studi superiori entra all'Università del Maine ad Orono, dove gestisce per un paio d'anni una rubrica all'interno del giornale universitario. Nel 1967 termina un primo racconto breve a cui fa seguito, qualche mese dopo, il romanzo La lunga marcia che riceve giudizi lusinghieri. Sottopone Carrie alla casa editrice Doubleday e ottiene un assegno di 2500 dollari come anticipo per la pubblicazione del romanzo.
A maggio arriva la notizia che la Doubleday ha venduto i diritti dell'opera alla New American Library per 400.000 dollari, metà dei quali spettano di diritto all'autore. Così, a ventisei anni, Stephen King lascia l'insegnamento per dedicarsi alla professione di scrittore. Da quel momento la sua carriera non avrà più interruzioni. Nel 1971 si sposerà con Tabitha, conosciuta due anni prima lavorando nella biblioteca dell'Università. Con un'operazione innovativa, il 14 marzo 2000 diffonderà esclusivamente su Internet il racconto Riding the Bullet. Nell'autunno dello stesso anno pubblicherà On writing: autobiografia di un mestiere, un'autobiografia e una serie di riflessioni su come nasca la scrittura. Tra i suoi libri più noti si ricordano Shining (1976; il film, del 1980, venne diretto da Stanley Kubrick); La zona morta (1979; versione cinematografica del 1983, per la regia di David Cronenberg); Christine la macchina infernale (1983; il film, dello stesso anno, è di John Carpenter); It (1986, il film è del 1990); Misery (1987; noto in Italia con il titolo Misery non deve morire, la pellicola è stata realizzata da Rob Reiner nel 1990), Mr Mercedes (2014). Tra gli altri ricordiamo: Cuori in Atlantide (2000), La casa del buio (2002), Notte buia, niente stelle (2010), Chi perde paga (2015), Fine turno (2016), The Outsider (2018), Elevation (2019), L'istituto (2019), Later (2021) e Fairy Tale (2022). È del 2016 la nuova edizione aggiornata di Danse macabre, pubblicato da Frassinelli con l'introduzione e cura di Giovanni Arduino. A Stephen King è stata assegnata nel 2003 la National Book Foundation Medal per il contributo alal letteratura americana, e nel 2007 l'Associazione Mystery Writers of America gli ha conferito il Grand Master Award.

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12 maggio 2023 5 12 /05 /maggio /2023 10:13

E' questo che non avremmo mai potuto capire a Oxford… perché va oltre la ragione. Non è razionale. (…) Questo è ciò che ho imparato negli ultimi sei anni, contrariamente a quello che insegnano a Oxford: il potere della non-ragione. Tutti dicevano… e per tutti intendo persone come me... tutti dicevamo: "Oh, è un tipo orribile, Hitler, ma non è completamente malvagio. E guardate le sue imprese: Dimentichiamo queste brutalità medievali antisemite, passeranno". Ma il punto è che non passeranno. Non si possono scindere dal resto. Sono parte integrante del tutto. E se l'antisemitismo è malvagio, è tutto malvagio.

Robert Harris, Monaco, p. 259

Robert Harris, Monaco, Mondadori, 2018

Monaco (Munich, nella traduzione di Annamaria Raffo) di Robert Harris, pubblicato da Mondadori (Omnibus), nel 2018, racconta della Conferenza di Monaco del settembre 1938, mettendo in scena una quantità di personaggi storici a cui sono mescolati alcuni caratteri fittizi (pochi a dire il vero), come il britannico Hugh Legat e il tedesco Paul von Hartmann.
Leggere questo romanzo è come immergersi in un capitolo di storia - ormai non tanto recente - e offre l’opportunità di una riflessione a proposito del fatto che gli esiti di breve termine delle azioni diplomatiche non sono quasi mai lungimiranti.
Per esempio, proprio la Conferenza di Monaco diede alla Germania di Hitler la possibilità di rafforzarsi ulteriormente con il beneplacito di Gran Bretagna (con il suo Primo ministro Neville Chamberlain) e della Francia, rappresentata dal suo plenipotenziario Daladier.
L’obiettivo di Francia e Inghilterra era scongiurare lo scoppio immediato di una guerra con la Germania, se questa avesse annesso il territorio dei Sudeti della Cecoslovacchia.
L’esito della Conferenza di Monaco, dopo veloci trattative nelle quali ebbe un peso la mediazione di Mussolini, fu la concessione alla Germania di potere occupare in un tempo di dieci giorni quel territorio rivendicato perché abitato da tre milioni e mezzo di Tedeschi, con la condizione di rispettare alcune indicazioni, in caso di divergenza, scaturenti da una commissione internazionale all’uopo costituita.
Tutto fu deciso senza ammettere alla discussione la delegazione cecoslovacca che poi fu indotta ad accettare le decisioni prese, pena un’immediata invasione.
E i giochi furono fatti. Le due massime potenze che avrebbero potuto contrastare l'espansionismo della Germania di Hitler, in definitiva, si scrollarono di dosso con quegli accordi (scellerati) le responsabilità precedentemente assunte nei confronti della Cecoslovacchia e, come Ponzio Pilato, molto concretamente, della faccenda, molto ipocritamente, se ne lavarono le mani.
Chamberlain e Daladier ritornarono in patria, acclamati dai rispettivi popoli come eroi che avevano scongiurato la guerra.
Hitler ebbe una “formale” autorizzazione a proseguire indisturbato nelle sue politiche espansionistiche nel cuore dell’Europa e, nello stesso tempo, ebbe agio di rafforzare ulteriormente la sua corsa agli armamenti, a dispetto delle prescrizioni del Trattato di Versailles, ancora in vigore.
La guerra arrivò più tardi, poco più di un anno dopo, nel 1939 con l’invasione della Polonia, per trascinare tutti nel suo vortice di morte e distruzione.
Una guerra immediata, nel 1938, forse avrebbe potuto avere esiti differenti (a sfavore di Hitler), ma nessuno fu tanto lungimirante da comprendere ciò. Ma, purtroppo, con i "se" e con i "ma" non si può riscrivere la storia.
Il romanzo di Harris, in questo grandioso scenario storico perfettamente documentato, racconta l’estremo tentativo da parte di una frangia di dissidenti tedeschi di aprire gli occhi alla diplomazia della Gran Bretagna e della Francia, ma senza alcun esito, purtroppo.
In questo romanzo di Harris ciò che affascina maggiormente è la ricostruzione storica più che l’intrigo.
Sono davvero contento di averlo letto.
La morale della Storia, considerando gli eventi di lungo termine dopo la Conferenza di Monaco, è che non c’è nessuna trattativa possibile con i dittatori e che qualsiasi speranza di una pace duratura con loro è pura illusione.

Scrive Robert Harris, andando alle radici più antiche della scrittura di quest'opera: 
Questo romanzo è la naturale conclusione del forte interesse che da oltre trent’anni nutro per il trattato di Monaco e vorrei ringraziare Denyd Blakeway, il produttore con cui nel 1988 ho realizzato per la BBC il documentario televisivo “God Bless You, Mr Chamberlain”, per celebrare il cinquantesimo anniversario della conferenza. Da allora condividiamo una specie di ossessione per l’argomento” (ib., p. 295)

 

(Risvolto di copertina) Settembre 1938. Hitler vuole la guerra. Chamberlain vuole a tutti i costi preservare la pace. Alla conferenza di Monaco si gioca il tutto per tutto. E il mondo sta con il fiato sospeso.
Settembre 1938. Hugh Legat è uno degli astri nascenti del Servizio diplomatico britannico e lavora al numero 10 di Downing Street come segretario particolare del primo ministro, Neville Chamberlain. L'aristocratico Paul von Hartmann fa parte dello staff del ministero degli Esteri tedesco ed è in segreto un membro della cospirazione anti-Hitler. I due uomini, che si erano conosciuti e frequentati a Oxford, non si sono più visti né sentiti per sei anni, fino al giorno in cui le loro strade si incrociano nuovamente in circostanze drammatiche in occasione della Conferenza di Monaco, un momento cruciale che definirà il futuro dell'Europa. Entrambi si ritroveranno di fronte a un grave dilemma: quando sei messo alle strette e il rischio è troppo alto, chi decidi di tradire? I tuoi amici, la tua famiglia, il tuo paese o la tua coscienza? Nella tradizione di Fatherland, che ha reso famoso Robert Harris in tutto il mondo, Monaco è un romanzo di spionaggio basato sui fatti reali che hanno cambiato il corso della storia, che parla di tradimento, coscienza e lealtà ed è ricco di dettagli e figure chiave dell'epoca – Hitler, Chamberlain, Mussolini, Daladier –, raccontati in maniera vivida e cinematografica.
L’autore. Robert Harris, nato nel 2958 a Nottingham, laureato alla Cambridge University, è stato giornalista alla BBC, e uno dei più noti commentatori dell'"Observer" e del "Sunday Times". È diventato famoso in tutto il mondo nel 1992 con Fatherland, il cui successo lo ha inserito a pieno titolo nel ristretto gruppo di autori che hanno ridefinito e ampliato i confini del thriller. Successo confermato da Enigma (1996), Archangel (1998), Pompei (2003), Imperium (2006), Il ghostwriter (2007), da cui è stato tratto un film diretto da Roman Polanski, Conspirata (2010), L'indice della paura (2011), L'ufficiale e la spia (2014), Conclave (2016), Monaco (2018), Il sonno del mattino (2019). Prima di dedicarsi interamente alla narrativa ha scritto numerosi saggi, fra cui una celebre inchiesta sui falsi diari del Führer, I diari di Hitler (2002). Tutte le sue opere sono edite in Italia da Mondadori.

 

L'autore. Robert Harris, nato nel 1957, a Nottingham, laureato alla Cambridge University, è stato giornalista alla BBC, e uno dei più noti commentatori dell'"Observer" e del "Sunday Times". È diventato famoso in tutto il mondo nel 1992 con Fatherland, il cui successo lo ha inserito a pieno titolo nel ristretto gruppo di autori che hanno ridefinito e ampliato i confini del thriller. Successo confermato da Enigma (1996), Archangel (1998), Pompei (2003), Imperium (2006), Il ghostwriter (2007), da cui è stato tratto un film diretto da Roman Polanski, Conspirata (2010), L'indice della paura (2011), L'ufficiale e la spia (2014), Conclave (2016), Monaco (2018), Il sonno del mattino (2019). Prima di dedicarsi interamente alla narrativa ha scritto numerosi saggi, fra cui una celebre inchiesta sui falsi diari del Führer, I diari di Hitler (2002). Tutte le sue opere sono edite in Italia da Mondadori.

Buona parte della narrazione di Robert Harris si svolge all’interno del Fuhrerbau di Monaco di Baviera tuttora esistente ed oggi sede di una facoltà universitaria.  L'edificio del Führerbau (it. "Palazzo del Führer") è stato costruito tra il 1933 e il 1937 dall'architetto Paul Ludwig Troost in Königsplatz a Monaco di Baviera nel quartiere di Maxvorstadt. I progetti iniziali per la costruzione sono del 1931. Fu completato tre anni dopo la morte di Troost da Gall Leonhard.  https://it.m.wikipedia.org/wiki/Führerbau

Buona parte della narrazione di Robert Harris si svolge all’interno del Fuhrerbau di Monaco di Baviera tuttora esistente ed oggi sede di una facoltà universitaria. L'edificio del Führerbau (it. "Palazzo del Führer") è stato costruito tra il 1933 e il 1937 dall'architetto Paul Ludwig Troost in Königsplatz a Monaco di Baviera nel quartiere di Maxvorstadt. I progetti iniziali per la costruzione sono del 1931. Fu completato tre anni dopo la morte di Troost da Gall Leonhard. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Führerbau

La conferenza e il patto di Monaco

Il patto di Monaco del 1938

75 anni fa Francia e Regno Unito si accordarono con Hitler per la spartizione della Cecoslovacchia, diventando il simbolo di come non si deve trattare con i dittatori

Nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1938 a Monaco i capi di stato e di governo di Francia, Regno Unito, Italia e Germania firmarono un documento con cui veniva permesso alla Germania di annettersi gran parte della Cecoslovacchia. Gli accordi furono salutati come un grande successo della diplomazia sulla forza e della pace sulla guerra.
I leader inglesi e francesi che vi avevano preso parte al loro ritorno in patria furono accolti da festeggiamenti. In realtà gli accordi di Monaco non servirono a fermare la guerra, ma la rimandarono soltanto di un anno. Gli accordi furono l’ultimo tentativo di fermare Hitler con la diplomazia e sono diventati il simbolo dell’arrendevolezza delle democrazie di fronte all’arroganza dei tiranni.

 

La strada verso Monaco. La conferenza di Monaco fu una riunione organizzata in tutta fretta nel disperato tentativo di fermare una guerra che, apparentemente, nessuno voleva. Da mesi la Germania nazista aveva innescato quella che divenne nota come la “crisi dei Sudeti”, cioè la minoranza di lingua tedesca che all’epoca abitava la Cecoslovacchia.
In una serie di discorsi durante tutta l’estate del 1938, Hitler aveva raccontato e ingigantito le sofferenze e le angherie a cui erano sottoposti i sudeti dal governo cecoslovacco. Contemporaneamente, tra i sudeti veniva formato un partito nazista e si organizzavano squadracce e bande armate con cui preparare un’insurrezione. Al culmine della crisi, il 24 settembre, Hitler presentò al governo Cecoslovacco un ultimatum che conteneva una serie di durissime condizioni: se non fossero state soddisfatte entro il 28 settembre, Hitler avrebbe invaso il paese.
Era il metodo che Hitler aveva già utilizzato con l’annessione dell’Austria e che avrebbe tentato di utilizzare di nuovo l’anno successivo con la Polonia. In teoria la Cecoslovacchia era protetta da trattati di alleanza con Francia e Regno Unito, ma entrambi i paesi fecero sapere ai cecoslovacchi di non essere pronti per la guerra e che difficilmente avrebbero potuto impegnare militarmente la Germania, almeno nel breve periodo.
Ugualmente, quando l’ultimatum di Hitler divenne pubblico, i governi di Francia e Regno Unito vennero presi dal panico. Gli ambasciatori cecoslovacchi fecero sapere che il loro paese avrebbe combattuto e questo rischiava di far sprofondare l’Europa in una nuova guerra mondiale. Il primo ministro inglese, il conservatore Neville Chamberlain, era particolarmente preoccupato.

 

Chamberlain a Monaco nel 1938

Chamberlain, l’uomo con l’ombrello. Difficilmente il Regno Unito avrebbe potuto sottrarsi alla dichiarazione di guerra alla Germania, visti i trattati che la legavano alla Cecoslovacchia. La guerra però era estremamente impopolare tra la popolazione e tra i membri di tutti i partiti. La situazione era particolarmente complessa da gestire per Chamberlain, il primo ministro inglese su cui in seguito vennero fatte molte ironie.
Uno dei nomignoli con cui Chamberlain era noto già all’epoca era “l’uomo con l’ombrello”. In un’epoca in cui dittatori come Franco, Mussolini, Hitler e Stalin si presentavano in pubblico vestiti da militari e con pose aggressive, Chamberlain sembrava l’incarnazione delle virtù pacifiche e borghesi. Si vestiva in genere in maniera molto formale e un po’ antiquata e spesso si presentava in pubblico proprio con un ombrello (che è tuttora considerato in certi casi un oggetto molto borghese e un po’ effeminato).
Sin dall’inizio del suo mandato, nel 1937, Chamberlain aveva cercato di inserire la Germania in un sistema di relazioni diplomatiche stabili in Europa, cercando di contenere, e probabilmente sottovalutando, l’aggressività del regime nazista. Con il tempo aveva conquistato l’immagine di politico difensore della pace, il che gli aveva procurato consensi non solo nel Regno Unito, ma in quasi tutta Europa.
Quando venne a sapere dell’ultimatum tedesco, Chamberlain si rivolse all’unica persona che credeva avrebbe potuto persuadere Hitler: Benito Mussolini. Alle 10 di mattina del 28 ottobre, quattro ore prima che scadesse l’ultimatum, Chamberlain, tramite l’ambasciatore a Roma, contattò il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano che a sua volta informò il Duce. Il governo inglese chiedeva la mediazione del governo italiano per persuadere la Germania a concedere altre 24 ore di tempo alla Cecoslovacchia e ad organizzare una conferenza per evitare la guerra.

 

La stretta di mano tra Chamberlain e Hitler che sancisce l'accordo di Monaco

Come si svolse la conferenza di Monaco. Mussolini, lo sappiamo dai diari di Ciano e da quelli di altri suoi collaboratori, fu molto felice di acconsentire alla richiesta inglese, soprattutto perché dava a lui e all’Italia il ruolo di importanti mediatori in faccende europee di primo piano. Mussolini si mise in comunicazione con Hitler e in poche ore riuscì ad ottenere un rinvio di 24 ore dell’ultimatum e a organizzare una conferenza a Monaco di Baviera.
La notizia arrivò a Londra mentre Chamberlain stava tenendo un discorso al parlamento. Quando disse che Hitler aveva accettato la conferenza, la sua voce venne sommersa dalle grida di gioia e dagli applausi dei parlamentari di entrambi gli schieramenti. La mattina dopo Chamberlain partì in aereo da Londra e arrivò a Monaco insieme al primo ministro francese Édouard Daladier e a Benito Mussolini.
Gli incontri cominciarono subito e alle discussioni non partecipò alcuna delegazione cecoslovacca, anche se alcuni membri del governo erano presenti in città. Fu una condizione imposta da Hitler a cui né Chamberlain né Daladier si opposero. Le discussioni andarono avanti tutto il giorno sulla base del cosiddetto “piano italiano”, che in realtà era stato preparato dal ministero degli esteri tedesco.
In sostanza l’unica cosa ad essere discussa fu quanta parte della Cecoslovacchia avrebbe dovuto essere annessa alla Germania nazista. A ora di cena, mentre i delegati italiani e tedeschi partecipavano a una festa voluta da Hitler, Chamberlain e Daladier incontrarono i cecoslovacchi e gli chiesero di accettare l’accordo o sarebbero stati lasciati soli ad opporsi alla Germania.
All’una e trenta di notte del 30 settembre l’accordo di Monaco venne firmato dalle quattro grandi potenze. La Germania otteneva quasi tutti i territori che aveva chiesto, una striscia lungo il confine occidentale del paese. Altri pezzi di Cecoslovacchia sarebbero stati annessi dalla Polonia e dall’Ungheria. Una commissione internazionale si sarebbe occupata di determinare altre eventuali questioni territoriali.

 

Chamberlain al suo ritorno con la promessa di una pace duratura tra Regno Unito e Germania: "Andate e fate sonni tranquilli!"

Dopo Monaco.  Gli accordi di Monaco vennero considerati come l’ultima concessione ad Hitler, quella che avrebbe finalmente fatto cessare le tensioni e le minacce di guerra che oramai da qualche anno attraversavano l’Europa. Ritornati in patria tutti i negoziatori vennero accolti con grandi festeggiamenti per essere riusciti a scongiurare la guerra. Mussolini fu celebrato dalla propaganda di regime non solo per avere mantenuto la pace, ma per aver riportato l’italia in un ruolo di primo piano accanto alle grandi potenze europee.
Il primo ministro francese, Daladier, aveva un quadro più chiaro della situazione e, come scrisse nelle sue memorie, sentiva di aver ceduto troppo all’arroganza di Hitler. Con sua grande sorpresa, anche lui venne accolto con numerosi festeggiamenti al suo ritorno a Parigi.
Ma quello che venne considerato il vero trionfatore degli accordi di Monaco fu Chamberlain. Al suo ritorno nel Regno Unito venne accolto come un eroe per essere riuscito ad evitare la guerra. Appena sceso dall’aereo che lo aveva riportato indietro da Monaco, Chamberlain tenne un breve discorso che all’epoca divenne rapidamente molto famoso.
Miei cari amici, questa è la seconda volta che siamo tornati dalla Germania a Downing Street con una pace onorevole. Io credo che sia una pace per la nostra epoca. Vi ringraziamo dal profondo dei nostri cuori. Ora io vi raccomando di andare a casa e dormire sonni tranquilli nei vostri letti.

Ironicamente, quasi esattamente un anno dopo, il primo settembre del 1939, l’Europa e il Regno Unito sarebbero entrati nel più sanguinoso conflitto della loro storia.

Scrive Robert Harris:  “Questo romanzo è la naturale conclusione del forte interesse che da oltre trent’anni nutro per il trattato di Monaco e vorrei ringraziare Denyd Blakeway, il produttore con cui nel 1988 ho realizzato per la BBC il documentario televisivo “God Bless You, Mr Chamberlain”, per celebrare il cinquantesimo anniversario della conferenza. Da allora condividiamo una specie di ossessione per l’argomento” (ib., p. 295)

Monaco. In un romanzo di Robert Harris, il racconto della Conferenza e del Patto di Monaco: mai trattare con i dittatori!
Monaco. In un romanzo di Robert Harris, il racconto della Conferenza e del Patto di Monaco: mai trattare con i dittatori!
Monaco. In un romanzo di Robert Harris, il racconto della Conferenza e del Patto di Monaco: mai trattare con i dittatori!
Monaco. In un romanzo di Robert Harris, il racconto della Conferenza e del Patto di Monaco: mai trattare con i dittatori!
Monaco. In un romanzo di Robert Harris, il racconto della Conferenza e del Patto di Monaco: mai trattare con i dittatori!
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Monaco. In un romanzo di Robert Harris, il racconto della Conferenza e del Patto di Monaco: mai trattare con i dittatori!
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21 aprile 2023 5 21 /04 /aprile /2023 11:54
Patricia Highsmiths, Acque profonde, La Nave di Teseo, 2022

Acque profonde (Deep Water, in lingua originale, del 1957) di Patricia Highsmiths (pubblicato da La Nave di Teseo nella traduzione di Marisa Caramella nel 2022) ha visto una recente riduzione cinematografica con titolo omonimo: Deep Water - Acque profonde, per la regia di Adrian Lyne, 2022), una trasposizione - secondo alcuni - con poco nerbo e alquanto piatta.
E forse un simile giudizio è vero, essendomi io trovato a vedere il film prima e, soltanto dopo, a leggere il romanzo, proposto molto opportunamente dalla casa editrice in concomitanza con l'uscita del film. La lettura, in effetti, è stata tutta un'altra cosa.
Nel film è Ben Affleck nei panni di Vic van Allen, mentre Ana de Armas (attrice emergente in questi ultimi anni con una poliedricità di ruoli) è nel ruolo di Melinda.
Si tratta di una storia di coppia, in cui lui, Vic, sembra essere una vittima, marito paziente e tollerante nei confronti delle intemperanze di Melinda, esuberante e sempre pronta a cornificarlo, in maniera esplicita nella loro stessa dimora coniugale e senza alcun rispetto delle convenzioni sociali.
Si potrebbe definire questo romanzo come una collezione di crudeli interni di famiglia nella vita di una coppia che vive in un piccolo centro del Massachusetts, mentre la ristretta società benpensante del posto assume il ruolo di semplice coro che amplifica e ri-narra in continuazione le vicende della coppia, schierandosi con l'uno o con l'altra oppure facendo da diapason emotivo.
I due coniugi sembrano però essere legati da un patto indissolubile di mutua alleanza: i loro equilibri si reggono proprio sulla complementarità dei ruoli.
Le loro interazioni sono snervanti. La capacità di sopportazione di Vic indurrebbe il lettore a prenderlo a ceffoni; mentre Melinda con la sua sciocca e vanesia esuberanza è semplicemente insopportabile.
La saggezza sembra risiedere in Margherita, unica figlia dei due, poco più decenne.
Vic fa tutto in casa e, in più, cura i suoi affari: vive di rendita grazie ad un'eredità, ma è anche titolare di una piccola casa editrice di preziosi libri di poesie e riedizioni di antichi testi, curati nella scelta della carta, dei caratteri e delle rilegature. Hai i suoi hobby, tra i quali l'allevamento di lumache delle cui abitudini è un attento osservatore. Cucina e si occupa della casa e della piccola Margherita. Melinda vive scioccamente la sua vita, di volta in volta introducendo in casa dei nuovi "fidanzati": via uno, eccone uno nuovo; e spesso è alticcia per via delle abbondanti libagioni.
Entrambi i protagonisti sono vividamente rappresentati e assolutamente indisponenti per l’aderenza sia ai riti sociali sia ai reciproci giochi di crudeltà.
Ognuno dei due ha le proprie responsabilità nel grande gioco che si è innescato e non può più interrompersi, coltivandolo attivamente e mettendolo in scena, mossa dopo mossa, in ambito domestico e nel piccolo teatro societario che hanno a disposizione.
Vic gioca la parte del marito fedele, capace di incassare torti e umiliazioni, sempre con il sorriso sulle labbra;
Melinda gioca invece la parte della moglie leggera ed infedele, pronta ad accettare corteggiatori in casa e ad amoreggiare con loro
Ma questo gioco porterà a delle conseguenze che arrivano inaspettate e all'improvviso, con una tendenza alla reiterazione e al rialzo della posta in palio (che poi rimane assolutamente indefinibile ed evanescente).
Ma tutto avviene con un'assoluta indifferenza emozionale, senza tempeste e senza premeditazione. 
Azioni gravi, ma compiute con leggerezza, quasi si trattasse di bere un bicchier d'acqua.
Il bello delle storie di Patricia Highsmiths è che il delitto, il fatto di sangue, nascono come una naturale gemmazione di dinamiche interpersonali crudeli e corrotte, senza nessun senso di colpa successivo all’atto (quindi, siamo ad anni luce di distanza da "Delittto e Castigo"!) e senza alcuna elaborazione. 
Le azioni anche le più efferate e cruente hanno il carattere di espulsione di elementi mentali impensabili e non digeribili che semplicemente debbono essere esteriorizzati per essere poi immediatamente dimenticati.
Si veda come rappresentante paradigmatico di questa tipologia di personaggi amorali e "senza coscienza" il Tom Ripley, protagonista centrale di ben cinque romanzi dell'autrice che, pur essendo statunitense nelle sue origini possiede una sensibilità di scrittura molto europea. Oppure si pensi ad un altro suo magistrale romanzo, pure trasposto in film, che è "Sconosciuti in treno".
In fondo, sembra dirci la Highsmiths, dentro ciascuno di noi alberga un Mr Ripley che il caso o le circostanze potranno fare emergere, all'improvviso e senza sconti o edulcorazioni.

 

(Soglie del testo) Un viaggio nei meccanismi più reconditi dell’inconscio che svela come, talvolta, l’autocontrollo sia solo la più infida delle nevrosi, capace di mutare un uomo apparentemente tranquillo in un omicida.
Victor Van Allen ha trentasei anni, possiede una casa editrice di prestigio, ha una buona rendita, ed è stimato e rispettato dai concittadini di Little Wesley, nel Massachussets, dove vive con la moglie, Melinda, e la figlia, Margherita. La sua vita sembra quasi perfetta ma, in realtà, il rapporto con Melinda è in crisi da tempo e, pur di evitare il divorzio, sono giunti a un accordo che permette un precario equilibrio: Melinda può avere degli amanti, ma non deve abbandonare il tetto coniugale. Vic in società si dimostra sempre molto tollerante con la moglie, anche per non venire meno alla sua fama di uomo liberale e razionale. Nonostante gli atteggiamenti di facciata, però, non è esente dalla gelosia e a una festa cerca di allontanare l’ultimo amante di Melinda raccontandogli di essere un assassino. Quello che era nato come uno scherzo si dimostrerà carico di conseguenze quando la bugia diventerà reale e Vic non riuscirà più a frenare i suoi istinti.

 

Hanno detto:

«Bellissimo e assolutamente avvincente.» – Megan Abbott
«Un thriller in cui tutte le paure, le fobie e i dolori nascono sotto il tetto coniugale… mostra senza paura una guerra tra marito e moglie.» – Gillian Flynn

 

Patricia Highsmiths

L’autrice. Patricia Highsmiths, nata in Texas (1921, Fort Worth), ha trascorso la maggior parte della sua vita in Francia e Svizzera. Nel 1955 compare il suo personaggio più famoso, Tom Ripley, protagonista della fortunata serie – Il talento di Mr. Ripley, Il sepolto vivo, L’amico americano, Il ragazzo di Tom Ripley e Ripley sott’acqua – che ha ispirato grandi registi, da Wim Wenders a Anthony Minghella a Liliana Cavani. 
Nel 1963 la Highsmith si trasferisce definitivamente in Europa, che da sempre riserva ai suoi libri un’accoglienza entusiasta. 
Tra i suoi romanzi e le sue raccolte di racconti ricordiamo Vicolo cieco, Quella dolce follia, Il grido della civetta, Diario di Edith, Acque profonde, Delitti bestiali, Urla d’amore, Piccoli racconti di misoginia, Gioco per la vita e La follia delle sirene. Nel 2018 esce Il sepolto vivo (La nave di Teseo).

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17 aprile 2023 1 17 /04 /aprile /2023 19:08
Robert Harris, Fatherland, Mondadori, 1992

Fatherland (nella traduzione di Roberta Rambelli) di Robert Harris, pubblicato da Mondadori nel 1992.
è un grande romanzo distopico (ucronico, a dir meglio) in cui viene tratteggiato un quadro geopolitico totalmente diverso nella seconda metà del XX secolo siamo nel 1964), poiché è stato Hitler a vincere la II Guerra Mondiale e, al tempo dei fatti narrati, il Reich domina l’Europa, compresi gli immensi territori dell’ex Unione sovietica, in una parte dei quali (in quelli più estremi ancora imperversa la guerra), mentre altre nazioni sono di fatto sottomesse alla Germania di Hitler, meri stati ancillari. Il momento è delicato in quanto il furher è alla ricerca di un'alleanza più stabile con gli USA ed in attesa di una visita dell'ambasciatore Kennedy (padre di John Fitzgerald Kennedy), il cui esito dovrebbe essere il rinsaldamento di un patto forte tra le due nazioni.
Nell’atmosfera festosa che precede le celebrazioni per il prossimo compleanno del Fuhrer (il suo 75° genetliaco) si verificano gli efferati omicidi di due ex gerarchi fascisti.
Viene chiamato ad indagare l’ispettore della Kripo (Kriminal Polizei) Xavier  March, il quale si rende conto ben presto che ci sono delle forze contrarie che vorrebbero depistare le indagini, se non addirittura affossarle. 
Perché? 
All’inizio pare che le due vittime fossero implicate in un traffico di opere d’arte sottratte dai paesi conquistati, ma poi questa traccia si rivela essere un ulteriore depistaggio.
Dove risiede la verità, allora?
È quello che cercherà di fare March con molta abnegazione al prezzo di mettere a rischio la propria vita.
Il romanzo è saldamente fondato sui fatti storici e sui documenti disponibili.
Una delle chiavi di volta della vicenda è la Conferenza di Wannsee nella quale si decise la “soluzione finale”, ma senza che mai da Hitler promanassero degli ordini scritti.

Robert Harris, Trilogy, Mondadori

Trovo che i romanzi di Robert Harris siamo sempre appassionanti e solidamente costruiti sia nella trama sia nei personaggi.

Ho letto Fatherland nel volume “Trilogy” che accoglie anche “Enigma” e “Archangel”.

Fatherland ha ispirato il film “Delitto di stato” (con Rutget Hauer, 1994), creato per la televisione. per la regia di Christopher Menaul.

Leggendo l'intrigo fantapolitico, abilmente tessuto da Robert Harris,, non si può non andare con la mente ad altri due capolavori ucronici che sono il surreale "La svastica sul sole" (The Man in the High Castle) di Philip K. Dick (pubblicato nel 1962 e vincitore del Premio Hugo come miglior romanzo nel 1963) e il sottile ed erudito (ma documentatissimo e con tanto di schede biografiche dei personaggi storici e dei loro destini nella realtà "veramente" accaduta) "Il Complotto contro l'America" di Philip Roth (pubblicato nel 2004 e vincitore del Premio Sidewise per la storia alternativa).

(Nota editoriale) E se Hitler avesse vinto la guerra? Robert Harris ipotizza un diverso andamento degli eventi storici in un fantathriller improntato su un'indagine per un delitto eccellente nella Berlino capitale dell'impero nazista.
 

 

Robert Harris

L’autore. Robert Harris (nato nel 1957) e laureato alla Cambridge University, è stato giornalista alla BBC, e uno dei più noti commentatori dell'"Observer" e del "Sunday Times". È diventato famoso in tutto il mondo nel 1992 con Fatherland, il cui successo lo ha inserito a pieno titolo nel ristretto gruppo di autori che hanno ridefinito e ampliato i confini del thriller. Successo confermato da Enigma (1996), Archangel (1998), Pompei (2003), Imperium (2006), Il ghostwriter (2007), da cui è stato tratto un film diretto da Roman Polanski, Conspirata (2010), L'indice della paura (2011), L'ufficiale e la spia (2014), Conclave (2016), Monaco (2018), Il sonno del mattino (2019). Prima di dedicarsi interamente alla narrativa ha scritto numerosi saggi, fra cui una celebre inchiesta sui falsi diari del Führer, I diari di Hitler (2002). Tutte le sue opere sono edite in Italia da Mondadori.

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15 marzo 2023 3 15 /03 /marzo /2023 09:38
Simon Raven, Il Morso sul collo, Gargoyle

Ho letto con grande piace Il morso sul collo (titolo originale: Doctors Wear Scarlet, nella traduzione di P. De Crescenzo), scritto dal quasi misconosciuto per il pubblico italiano Simon Raven e pubblicato meritoriamente da Gargoyle Editore (nella collana Nuovi incubi), nel 2009, dopo molti decenni dalla sua uscita in lingua originale.
Il titolo italiano di questo interessante romanzo lo colloca esplicitamente nel solco vampirologico, mentre quello in lingua originale rimanda ad altro che, facendo da sfondo all’intera vicenda, la contestualizza e la trasforma in una grande allegoria sulle storture del mondo accademico britannico, ed anche in generale.
Fa da cornice il Lancaster, struttura universitaria di antiche tradizioni, a Cambridge che, pur finzionale, rimanda molto credibilmente, alle prestigiose istituzioni storiche esistenti.
L'ambientazione è collocata negli anni Cinquanta. Il protagonista è lo studioso Richard Fountain che si trova a Creta per compiere delle ricerche archeologiche. Poichè da alcuni mesi non ha più dato notizia di sè, un manipolo di amici, nonché colleghi, parte a sua volta per la Grecia per riportarlo a casa, anche perché un ispettore di Scotland Yard, John Tyrrell vuole mettersi sulle sue tracce sulla base di segnalazioni ricevute dai colleghi della polizia greca per eventi "disdicevoli" in cui sarebbe stato implicato.
La missione avrà esito positivo, pur con molti spostamenti alla ricerca di esili tracce che Fountain ha lasciato dietro di sè, prima ad Atene, poi nella piccola isola di Hydra e infine nella parte più selvaggia di Creta: Fountain convalescente, come da una grave malattia, verrà riportato a casa, turbato e apparentemente immemore di alcune cupe circostanze che lo hanno visto coinvolto, tra cui anche la morte della donna che lí aveva amato in una relazione strana e morbosa, Criseide.
Insomma, non voglio anticipare altri dettagli per non fare da spoiler per chi volesse intraprendere la lettura di questo insolito - e prezioso - romanzo.
C’è di mezzo una storia vampirica? 
Sì, indubbiamente, anche se i suoi consueti e iconici elementi (pur presenti) sono stemperati in una cornice più vasta.
Siamo di fronte ad un caso - si potrebbe dire - di vampirismo “intellettuale” e spirituale che diventa perfetta metafora di ciò che accade nel mondo accademico da cui Richard Fountain proviene.
Questo romanzo è una vera chicca per gli amanti di tutte le possibili ramificazioni e divagazioni della letteratura vampirologica.

L'opera è preceduta da un'approfondita ed articolata introduzione dal titolo: "Simon Raven: sull'umanità fragile, ipocrita, speranzosa", scritta da Stefano Martello, il quale conclude:



Attuando un processo di esclusione, possiamo affermare che il testo non sia un noir (non ne ricorrono le atmosfere e le situazioni), né un romanzo horror (per gli stessi motivi).
Forse un thriller? Parzialmente nelle pagine conclusive, non tanto, però, da includerlo, nella letteratura di genere. Forse un romanzo storico? No, se non per qualche rimando.
E allora? (...) ho parlato di un trattato romanzato sulla Libertà, ma non credo che questo basti ad includere il testo nel genere saggistico.
Un libro sui vampiri, dunque?
Qualche traccia, qualche pretesto, ma niente di definitivo.
Forse Raven voleva solo scrivere un libro sull'Umanità.
(...) 

(ib., pp. 15-16)

Concordo pienamente sul fatto che questo romanzo va indubbiamente collocato al di fuori di qualsiasi genere, benchè di essi compaiano tracce e stilemi che un lettore accorto potrà rintracciare ed evidenziare. Ma il romanzo, in verità, è qualcosa di più, anzi molto di più, ed è apprezzabile proprio per questa capacità di andare oltre.

Simon Raven, nato nel 1927 e morto nel 2001, è stato un prolifico scrittore di romanzi di successo, ma anche di sceneggiature.
Il morso sul collo è uno dei pochissimi tradotti in Italiano ed é stato uno dei primi romanzi pubblicati nella sua lunga carriera ed espressione precoce del suo interesse per il sovrannaturale.

 

Il Morso sul collo - edizione inglese

(Risguardo di copertina) Che fine ha fatto Richard Fountain, archeologo di successo, ex-militare e accademico votato a una brillante carriera? Dalle claustrofobiche atmosfere di un college d'Oltremanica alle colline assolate e sperdute della Grecia, infestate da un'inquietante presenza, fino al ritorno in Inghilterra, desiderato e temuto a un tempo, l'indagine e il ritrovamento del protagonista da parte di un manipolo di colleghi e amici si rivelerà non privo di colpi di scena mozzafiato. Dalla ricostruzione del passato - che muove dall'indagine e dagli incalzanti interrogativi ispettore Tyrrel - Anthony Seymour, voce narrante della vicenda e primo fra gli amici di Richard, sarà costretto a una corsa contro il tempo, finendo per il confrontarsi con un mito tenebroso, quello del vampirismo, che sembra un'invenzione di letteratura e cinema e intreccia invece le proprie radici con gli arcani riti di una civiltà che è abituata da secoli a nascondere i propri segreti. Tutto sembra risolversi al meglio, ma Anthony e gli altri non conoscono il destino che li attende: solo durante la cerimonia inaugurale dell'anno accademico presso il Lancaster College di Cambridge troveranno le risposte definitive.

https://thecharterhouse.org/.../life-simon-raven.../

Simon Raven

Simon Arthur Noël Raven (28 December 1927 – 12 May 2001) was an English author, playwright, essayist, television writer, and screenwriter. He is known for his louche lifestyle as much as for his literary output.

Expelled from Charterhouse School, he was commissioned in the infantry in National service, before studying at King's College, Cambridge. Unable to earn a living as a writer, he rejoined the Army, but soon resigned, rather than be court-martialled for 'conduct unbecoming' on account of his gambling debts.

Declaring that he wrote only for people who shared his own standards, he never attracted the mass market, and had to be rescued by publisher Anthony Blond, who paid him a regular wage on condition that he stayed out of London and concentrated on his writings, many of which Blond published. The arrangement lasted for over 30 years.

Raven is remembered for his ten-novel sequence Alms for Oblivion and its baroque, supernatural sequels The Roses of Picardie and September Castle; as well as The Feathers of Death, an exploratory early army novel dealing with homosexuality between officers and "other ranks". He also wrote scripts for the television drama series The Pallisers (1974) and Edward & Mrs. Simpson (1978)).

 


 

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14 marzo 2023 2 14 /03 /marzo /2023 10:21
Roberto Alajmo, Notizia dal disastro, Sellerio

Notizia del disastro (Sellerio Editore) è un racconto-inchiesta di Roberto Alajmo sul “dimenticato” disastro aereo nel mare antistante l’aeroporto di Punta Raisi - quello del volo di linea Alitalia 4128 - nel dicembre del 1978, ed era già stato pubblicato da Garzanti nel 2001 ma di recente - nel 2022 - è stato riproposto da Sellerio.
Come spiega lo stesso Alajmo, in una sua breve prefazione era importante scrivere di questo evento per diverse ragioni.
Innanzitutto perché questo disastro aereo giunto a sei anni di distanza dal precedente evento, quello di Montagna Longa, era stato oscurato da quello di poco successivo, cioè dell’aereo di linea scomparso nei cieli sopra Ustica. Alajmo fa notare che l’attenzione si fosse polarizzata su quelli piuttosto che sul volo caduto nel mare antistante l’aeroporto, l'uno rimasto avvolto in aura di mistero e di indeterminazione, l'altro studiato e sviscerato in tutti i possibili modi sino a giungere ad una conclusione veridica sulle cause del disastro, anche se "senza colpevoli".
E ciò malgrado che nella tragedia di Punta Raisi, a differenza di quella che l'aveva preceduta e di quella che l'aveva seguita, si fossero avuti dei superstiti (21 su di un totale di 129 tra passeggeri ed equipaggio), quasi dei miracolati, che forse avrebbero potuto essere ben di più se i soccorsi in mare fossero stati più organizzati e solleciti. 
I superstiti di questo volo hanno costituito una preziosa fonte di informazioni e testimonianze anche relativamente agli ultimi istanti delle vittime, di alcune delle quali il corpo non venne mai recuperato.
Quindi Roberto Alajmo ha voluto intraprendere questo faticoso e doloroso (per i sopravvissuti) lavoro di raccolta delle testimonianze per dare vita e spessore anche a tutti coloro che morirono.
I sopravvissuti che furono costretti a convivere con i propri sensi di colpa e con la sindrome del “miracolato”., con reazioni variegate: dall’esaltazione ipomaniacale alla decisa rimozione sino ad un forzato e ostinato oblio che ha suggellato loro le labbra, con reazioni in fondo analoghe a quelle descritte da Primo Levi nel suo saggio-testimonianza “I sommersi e i salvati”. Reazioni le più disparate che hanno anche a che vedere, indubbiamente, con la Sindrome Post-Traumatica da Stress.
Capitolo dopo capitolo impariamo a conoscere le storie individuali di coloro che si salvarono - e, per riflesso, anche di coloro che perirono - sia prima del volo (quello fu un giorno di terribili ritardi, di volo saltati e di liste d’attesa interminabili) sia durante. E ovviamente, come nel famoso film di Kurosawa le storie e le testimonianze divergono perché i diversi personaggi vengono viste da diverse angolazioni.
Il ruolo di Alajmo, narratore di tali eventi e di questi destini intrecciati, è analogo a quello di Fra Ginepro, il frate che venne incaricato di studiare le storie dcinque viandanti che perirono a causa del crollo inatteso ed improvviso di un ponte di tavole e corde in Perù aulla strada tra Lima e Cuzco.
Quali eventi li avevano portato ad essere assieme in quella fatidica giornata? Si era trattato di una semplice coincidenza, oppure era stata la volontà di Dio, il destino o il Fato, a decidere che quelle cinque vite dovessero essere recise proprio in quel momento? E quanto poi, a distanza di secoli da quell'evento, racconta Thornton Wilder, nel suo "Il ponte di San Luis Rey", con il suo personaggio Fra Ginepro che cerca di investigare e capire cosa avesse messo assieme quei cinque viandanti, se il Caso o la Necessità o il Destino.

 

Thornton Wilder, Il Ponte di San Luis Rey, Mondadori Oscar

Nel 1714 il ponte di San Luis Rey, che per oltre un secolo è stato la più importante via di collegamento per gli abitanti di Lima e Cuzco, in Perù, crolla improvvisamente, causando la morte di cinque persone. Fra Ginepro, un frate che si accingeva ad attraversarlo, assiste all'accaduto e sconvolto dalla tragedia inizia a porsi delle domande di carattere religioso e morale: chi erano quei cinque e perché si trovarono proprio lì? Cercando di risalire alle cause del crollo del ponte, la curiosità lo porta a ricostruire le vite dei cinque deceduti nel tragico evento: avevano qualcosa in comune? Nasce un problema morale su cui si pronuncia anche la Chiesa e che chiama in causa la Provvidenza: si è trattato di una tragedia o di una punizione divina, che ha fatto incrociare i destini dei cinque nel medesimo luogo alla medesima ora? Il Signore punisce così i malvagi oppure in tal modo chiama a sé gli innocenti? I quesiti, posti sull'eterna condizione umana e sulla morte, sulla misteriosa complicità di caso e destino, rimarranno inevasi.
 

È questo il compito che si è voluto assegnare Alajmo: e devo dire che ci è riuscito egregiamente, fornendomi spunti di riflessione e facendo scaturire dentro di me intense emozioni, ma anche consentendomi potenti visualizzazioni di quali eventi possano essersi verificati quando l’aereo  del volo Alitalia 112 che trasportava mio padre e altri 115 (inclusi i componenti dell'equipaggio) si schiantò su Montagna Longa il 5 maggio del 1972: la non ci furono sopravvissuti che potessero farsi carico del doloroso compito del ricordo e del racconto.

 

Roberto Alajmo, Notizia dal disastro, Garzanti Editore

(Risguardo di copertina) «Il disastro di Punta Raisi del dicembre del 1978, contrariamente agli altri che in varia misura hanno coinvolto l'aeroporto di Palermo, non ha come scenario un attentato o un complotto. Ha come scenario il destino. Semplicemente il destino. Paradossalmente è stato proprio questo che mi ha spinto a scrivere "Notizia del disastro". Il fatto che dietro ci sia solo il destino. Collettivo e grandioso: ma solo destino. Crudelissimo e ingiusto: ma solo destino».
«Avevo cominciato a raccogliere documentazioni e testimonianze, ma qua-si subito ho dovuto fare i conti con le discrepanze che diverse fonti mi prospettavano. Ne è venuto fuori una specie di Rashomon. Come nel film di Kurosawa, ogni testimone racconta la stessa vicenda da diverse angolazioni, finendo per riferirla in maniera discorde e contraddittoria. Da qui la dicitura Romanzo che si trova sul frontespizio di questo libro. A romanzare questa vicenda non sono stato io. Sono stati i suoi stessi personaggi».
Il disastro aereo avvenuto il 23 dicembre 1978 - un DC9 proveniente da Roma con 129 passeggeri, schiantatosi in mare per una serie di infauste concomitanze - ebbe solo 21 superstiti, anche se a uscire vivi dall'aereo furono una sessantina. Il resto annegò in attesa dei soccorsi, a poca distanza dalla costa. Di quei passeggeri Alajmo racconta cosa successe subito prima e, per chi visse, subito dopo l'incidente: biografie, coincidenze, eccentricità, illuminazioni, ironie della vita, slanci di generosità e chiusure di egoismo: una trama sorprendente che ha come protagonista il Fato.

 

Hanno detto
«Il racconto di Roberto Alajmo parla di tutte le persone coinvolte, sia sopravvissuti sia quelli che non ce l'hanno fatta. Dietro una scrittura cronachistica lui ci mette un cuore, un po' nascosto, un po' distaccato, un cuore che dà delle botte fortissime di emozione e ti lascia di stucco.» - Antonio Manzini per Maremosso

 

Roberto Alajmo

L’autore. Roberto Alajmo è nato a Palermo e qui continua a vivere. Collabora stabilmente con “l’Unità” e diverse altre testate nazionali.
Fra i suoi libri: "Almanacco siciliano delle morti presunte" (edizioni della Battaglia, 1996); "Le scarpe di Polifemo" (Feltrinelli, 1998); "Notizia del disastro" (Garzanti, 2001), col quale ha vinto il premio Mondello, "Carne mia" (Sellerio Editore Palermo, 2016) e "Io non ci volevo venire" (Sellerio Editore Palermo, 2021).
Con Mondadori nel 2003 ha pubblicato il romanzo "Cuore di Madre", finalista ai premi Strega e Campiello.
Nel 2004 è uscito "Nuovo repertorio dei pazzi della città di Palermo" e nel 2005 il romanzo "È stato il figlio", finalista al premio Viareggio e vincitore del SuperVittorini e SuperComisso.
Sempre per Mondadori nel 2008 è uscito "La mossa del matto affogato", seguito da "Il primo amore non si scorda mai" (2013).
Con Laterza ha pubblicato i saggi: "Palermo è una cipolla" (2005); "1982 - Memorie di un giovane vecchio" (2007); "L'arte di Annacarsi - Un viaggio in Sicilia" (2010); "Tempo Niente. La breve vita felice di Luca Crescente" (2011).
Per il teatro: "Repertorio dei pazzi della città di Palermo", "Centro divagazioni notturne" e il libretto dell'opera "Ellis Island", per le musiche di Giovanni Sollima.
I suoi libri sono tradotti in inglese, francese, tedesco, spagnolo, svedese e olandese.
(Fonti di questa nota bio-bibliografica: sito ufficiale dell'autore e archivio Laterza)

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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