Molti dei romanzi del primo Koontz prima che raggiungesse la notorietà sono stati pubblicati non in hard cover ed erano indubbiamente mediamente più brevi dei romanzi della sua maturità.
E in questa prima fase Koontz si è dilettato a scrivere di vari generi, prima di conquistare una sua cifra più definita con una prosa che assume in alcuni tratti una modalità trasognata che si interseca variamente con il dispiegarsi di alcune situazione estreme.
La voce della notte (The voice of the night, nella traduzione di Maria Barbara Piccioli), pubblicato in lingua originale nel 1986, ha fatto la sua comparsa in traduzione italiana solo sei anni dopo, nel 1992, con RCS Libri) ed è stato più volte ristampato in edizioni tascabili. L'ultima in ordine di tempo, quella nei Tascabili Bombiani del 2003.
La soglia del testo - cioè la nota situata in quarta di copertina - promette grandi cose, ma il risultato è modesto e il Lettore rimane lievemente deluso.
E' come se nei suoi passi iniziali Koontz volesse descrivere ciò che accade in termini di dinamiche relazionale nel costiuirsi di una cooppia di futuri serial killer, in cui uno dei due (Roy Borden) è l'elemento dominante, con un profilo fortemente psicopatico e fondamentalmente amorale. Mentre il suo deuteragonista, un Colin timido ed impacciato, sembra trovare in lui un punto di riferimento autorevole e un plinto su cui appoggiare anacliticamente una sua personalità ancora debole ed incerta, che lo rende sovente vittima di azioni di bullismo da parte degli alunni della scuola che frequenta.
E questo è l'esordio: tuttavia poi l'azione devia, come se l'autore non avesse la forza o il coraggio di esplorare questa tematica sino alle estreme conseguenze. Avrebbe voluto essere cattivo, ma non c'è riuscito sino in fomdo. Ma questa è una cifra ricorrente anche nelle opere successive di Koontz, anche in quelle più sofisticate e complesse: la tendenza a voler dare ai suoi lettori una soluzione che sia sempre consolotaria e rassicurante, malgrado i più tortuosi - e, a volte, terribili - percorsi seguiti dai suoi personaggi. Una differenza profonda rispetto a Stephen King le cui storie, per quanto spesso con un (parziale) lieto fine, si presentano con una maggiore carica perturbante. In ogni caso, per entrambi gli scrittori, vale il principio fondamentale dello story telling: quello cioè _ al di là dell'etichettatura di genere - di costruire dei percorsi affabulativi per i loro personaggi. Ciò che conta non è la conclusione (come nei gialli classici), ma il viaggio attraverso le righe.
Infatti, per tornare al nostro romanzo, Colin che - nel frattempo - si innamora di una coetanea - grazie alla acquistata sicurezza come indubbio vantaggio dello stare all'ombra di Roy - e ne è ricambiato, decide di fermarsi dal percorrere questa strada e rompe il patto di sangue con il suo mentore che, a questo punto, prende a perseguitarlo.
Colin decide allora di interrompere questa spirale di violenza, per salvare se stesso e la sua ragazza.
E si va così verso il finale.
Non è dunque un romanzo cattivo, come ci sarebbe aspettati date le premesse e come prometteva la nota di copertina.
Finisce con l'essere un romanzo moraleggiante, con un finale quasi lieto, ma si fa leggere.
Cìè da interrogarsi quali saranno i destini di Roy e della sua ragazza, forgiati da una così dura prova.
Ma questo l'Autore non ce lo dice.
(dalla quarta di copertina) Il timido, goffo, impacciato Colin ha improvvisamente trovato il suo migliore amico in Roy Borden, che - al contrario di lui - ha tutto per piacere e riuscire con successo. Ma è proprio l'amicizia tra i due ragazzi che spinge Colin a seguire Roy in una investigazione che riguarda un orrendo crimine commesso vent'anni prima. L'amicizia dei due adolescenti assume l'aspetto di un'ossessione, poi quello di una sinistra avventura. E' l'inizio di una discesa agli inferi che sconvolge tutta la tranquilla cittadina di Santa Leone.
Ne Il Volto Koontz ci sorprende e ci delude nello stesso tempo - Frammenti e pensieri sparsi
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