Scrissi questa nota esattamente un anno fa…
Facevo, proprio in quei giorni, le mie prime riflessioni, dopo essermi reinserito - a distanza di anni - in un ambito di lavoro psichiatrico, mentre nello stesso tempo mi addentravo in letture neo-basagliane e in letture basagliane, ambedue vivificanti e stimolanti.
A volte sono preso nelle spire
d’un ombra di stanchezza cosmica,
universale
So bene che questa sensazione pervasiva
è, in termini clinici,
il manifestarsi di un disturbo dell’umore
sul versante depressivo
(o forse una semplice corrente,
una vena,
una coloritura)
ma pur avendo consapevolezza di ciò
non assumerei
mai e poi mai
qualsiasi farmaco
I farmaci fiaccano le capacità interiori
di far fronte alle cose
e impediscono l’elaborazione degli stati d’animo
Io da psichiatra
non mi rivolgerei
mai e poi mai
ad un collega
e nemmeno
attingerei
a piene mani
dalla cassettina
del pronto soccorso morale
(chimico)
dell’uomo occidentale
Questi stati d’animo
li accetto,
li contemplo
perché so bene
che essi sono come le nuvole
che arrivano dall’orizzonte,
ingombrano il cielo,
oscurando il sole,
e poi passano
Cresciamo
se ci confrontiamo
con transitori stati di dolore
che ci temprano
e l’averli avuti dentro,
senza distogliere da essi lo sguardo,
ci consentirà dopo
di gioire con maggiore ampiezza
Quindi.
bisogna stare ad osservare il cielo
la luna e le stelle mutevoli
e il volo degli uccelli
in attesa
in attesa
Forse anche darsi dei compiti giornalieri
come zappare,
abbeverare le piante,
costruire muretti a secco,
pietra dopo pietra
osservando la forma di ciascuna
per farla combaciare nel modo migliore
con le altre,
togliere via le erbe infestanti
(ma sempre con rispetto),
tutto questo
è quel tipo di attività
che libera la mente,
sgombrando via
pensieri e stati d’animo negativi,
creando un vuoto zen,
un azzeramento
che porta ad un re-settaggio radicale
ed anche ad un più funzionale
equilibrio interno
È soltanto una piccola
e lieve riflessione,
questa
Ho sognato
E sembrava tutto così vero che quando mi sono svegliato non potevo credere che avessi sognato
Era sicuramente un sogno molto complicato dove succedevano tante cose
Posso dire, con certezza, che mi trovavo in una specie di resort vacanziero al mare con altri con i quali condividevo anche un piccolo appartamento
Succedevano varie cose
Sguazzavamo nell’acqua
Giocavamo
Ci inseguivamo
Eravamo adulti, ma ci comportavamo come se fossimo bambini
Alcune cose le ricordo meglio
Per esempio - e questa è la parte topica del sogno - ero su un grande molo di pietra e dovevo scendere verso il mare per potermi tuffare e poi nuotare
Il molo aveva una struttura piramidale e si presentava con ampi gradoni quasi fosse una piramide azteca
I gradoni quanto più ci si avvicinava al mare erano ricoperti di una rigogliosa crescita muschiosa e viscidi
Bisognava fare tanta attenzione, e muoversi cautamente, perché c’era il rischio molto concreto di prendersi un bello scivolone
Ed io, per l’appunto, ero molto cauto e circospetto
Gli ultimi gradoni erano occupati da ragazzini distesi a prendere il sole, dopo aver giocato in acqua
[questa visione mi faceva ricordare del moletto del Club Canottieri Ruggero di Lauria che frequentavo da ragazzo e da giovane adulto: quella struttura era meta ambita di tanti ragazzini, non figli di soci, che venivano anche da lontano, lungo la spiaggia o magari a nuoto (aggirando il ruvido Pietrino che faceva da guardiano e da argine rispetto alle infiltrazione esterno) e che dal rustico molo di pietra facevano gara di tuffi, talvolta con molto rischio, quando si lanciavano dalla parte alta del molo e l’abilità era quella di darsi molto slancio per cadere oltre il camminamento di calcestruzzo a pelo d’acqua. Se non ci si dava abbastanza spinta per cadere il più lontano possibile, c’era il rischio molto concreto di farsi del male. Io li guardavo da lontano, questi ragazzini che saltavano instancabili in acqua per poi risalire e rilanciarsi, e pensavo che fossero dei temerari, dei Kamikaze e che, in modo irriflessivo, mettessero a repentaglio la propria incolumità. Ma quando ero molto più giovane anche io mi lanciavo dalla parte alta del molo; ma ero ben più atletico e allenato di adesso]
Ne scavalcavo uno (di quei ragazzini distesi a prendere il sole) per arrivare ad una scaletta di ferro che scendeva verso il mare: non mi fidavo a tuffarmi, poichè temevo di sbattere la testa sul fondo, di farmi del male oppure di rimanere paralizzato
E quindi afferravo i montanti di questa scaletta e cominciavo a scenderne i gradini, anche essi muschiosi e viscidi
Ma non appena mettevo piede sul primo gradino di ferro, la distanza tra me e la superficie dell’acqua all’improvviso si dilatava (un effetto quasi psichedelico…)
Mi sembrava di essere in cima ad una gru o proteso nel vuoto come un cultore del Bangee Jumping, fermo sul ciglio o sospeso, subito prima di lanciarsi o della caduta vertiginosa nell'abisso
Molto cautamente mettevo un piede dietro l’altro, scendendo un gradino alla volta, per cercare di raccorciare la distanza tra me e la superficie dell’acqua che, invece, sembrava allontanarsi sempre di più
Non sapevo cosa fare
Ero spaventato
Sentivo di soffrire di vertigini; la testa mi si faceva leggera
Sudori freddi mi imperlavano la fronte e mi scolavano sugli occhi, costringendomi a chiuderli e strizzarli
Temevo di mollare la presa da quei montanti di ferro ossidati e rugginosi, oppure di scivolare e andare a schiantarmi sulla superficie dell’acqua che, da quell'altezza, sarebbe risultata dura come cemento
Stringevo ancora più convulsamente i ferri e le nocche si sbiancavano per lo sforzo
Per di più, la scaletta cominciava a compiere delle evoluzioni come se fosse animata di vita propria: ed erano dei movimenti serpentiformi, sinuosi; pareva che volesse scrollarmi di dosso
Altri che, come me, la percorrevano, sopra o sotto di me, incerti, se ne staccavano e cadevano giù come frutti troppo maturi
Mi pareva di rivedere le scene terribili di coloro che, in preda al panico, si lanciavano nel vuoto da una delle Twin Towers, avvolta dalle fiamme e prossima a crollare
Io stesso, ad un certo punto, mollavo la presa e andavo giù in caduta libera, verso l’acqua scintillante e facevo un enorme Splash!, quando il mio corpo impattava
Mi riprendevo, miracolosamente illeso, e nuotavo verso la riva
Malgrado la paura sperimentata, era stata un’esperienza sublime
E mi sentivo rinvigorito
Era come se, attraversando quei momenti perigliosi, avessi accumulato molto prezioso Chi, anziché disperderlo
Poi succedevano tante altre cose, che però adesso non son più riuscito a ricordare
Che sogno strano!
Quando mi sono svegliato ero totalmente stralunato
Cosa succedeva?
Ma niente in fondo!
Ma anche una quantità di cose!
Dapprima, ero in una situazione lavorativa confusa, fluida, all’interno di un edificio (un ospedale? Un ambulatorio?) fatto di tante stanze collegate tra loro per mezzo di corridoi e disimpegni labirintici, talvolta impossibili, che lo rendevano simile al micro universo disegnato da un architetto folle
Dovevo fare un primo colloquio con un paziente, con la partecipazione di altri operatori dell’équipe, tra i quali forse una psicologa e un assistente sociale
Il tipo da visitare era macilento, provato duramente da anni e anni di abusi e di frequentazione con il suo spirito famelico: forse per me era una vecchia conoscenza, un utente dei miei primi anni di lavoro in questo ambito e sopravvissuto, anche se con un alto prezzo da pagare
Mandavo avanti la psicologa e l’assistente sociale per iniziare il colloquio con l’utente
Vi raggiungerò tra un attimo, dissi loro
Senonché succedeva che non riuscivo a trovare più la strada per raggiungere la stanza dove il colloquio avrebbe dovuto svolgersi
Provavo molte porte, alcune che conducevano ad altri uffici ed altre che davano invece su stanzini di sgombero, polverosi e pieni di rottami, oppure su muri grezzi di conci di tufo, eretti di fresco, con la malta ancora non del tutto solidificata
In questa infruttuosa ricerca, mi ritrovavo anche ad entrare in un grande emporio, superando dei tornelli, come quelli della metropolitana o degli stadi di calcio
Poi - cambio di scenario - ero in un grande edificio moderno, sede di un assessorato e qui avveniva l’incontro con mio vecchio collega nel lavoro delle tossicodipendenze, responsabile di un altro SER.T cittadino e mio antagonista, mio malgrado
Parlavamo, discutevamo dei piani operativi relativi ad un prossimo ed imminente congresso che lui stava organizzando
Era presente anche un altro collega che, muovendosi in giro per la stanza trovava predisposto per la distribuzione un mucchio di locandine annuncianti questo congresso, di piccolo formato e, con molta disinvoltura, senza chiedere, ne acciuffava alcune e le intascava
Anch’io, a quel punto, mosso da emulazione, ne chiedevo un paio, anziché limitarmi a prendere direttamente ciò che mi serviva, ma QUEL collega mi diceva che NO, NON POTEVO e che, se proprio volevo, avrei potuto prendere una affiche formato gigantografia relativa ad un precedente convegno (ma quale sarebbe stata l'utilità di ciò?)
E io dicevo che no, grazie! Quelle affiche vecchie non mi interessavano granché…, poichéavrei voluto la locandina relativa all’imminente convegno (una richiesta razionale del resto…)
Ma non ottenevo nulla
E poi il terzo tempo. Mi allontanavo da quel posto, piuttosto indisposto e forse persino adirato
Mi aggiravo per i vicoli di una città antica, forse la Palermo vecchia, lungo stradine tortuose, lastricate di pietra, angoli fatiscenti, ma anche altri di inusitata e struggente bellezza
Entravo in un grande edificio ristrutturato e trasformato in albergo, lussuoso (decisamente), al cui interno fervevano i preparativi per una grande festa, uno sposalizio o forse la celebrazione di una laurea, con tantissimi convitati ed anche invitati (erano del tutto esclusi gli avvitati in se stessi e assolutamente banditi gli svitati)
Il personale dell’albergo era intento a pulire, a lucidare, ad addobbare, talmente tanto che nessuno si accorgeva di me: era come se fossi invisibile, ma la mia invisibilità era sicuramente accentuata dal fatto che spingessi davanti a me un carrello d’acciaio e, quindi, forse per questo motivo, ero scambiato per un fornitore oppure per uno dei lavoranti dell’hotel
Camminavo lungo interminabili corridoi, entravo in saloni allestiti con festoni floreali, c’erano dovunque guantiere, piene di cibi vari e delicati, assaggini di ogni genere: al passaggio afferravo questo e quello, addentavo e pregustavo
Alcune delle cibarie erano autentiche leccornie!
Questo vagabondare si protraeva per un tempo interminabile
A un certo punto - ero anche piuttosto stanco e le gambe mi si facevano pesanti - avrei voluto uscir fuori da quel labirinto pieno di tentazioni gastronomiche, ma l’albergo era così grande che non riuscivo a trovare una via o un varco che mi portassero all’esterno
Non potevo nemmeno chiedere informazioni, peraltro, perché avrei rivelato la mia natura di intruso e millantatore
Sempre sospingendo il carrello davanti a me, entravo nelle cucine, pensando che li forse avrei trovato una via di uscita, dal momento che - solitamente - le cucine dei grandi alberghi comunicano direttamente con l’esterno proprio per consentire l’arrivo delle merci, il loro scarico e il loro immagazzinamento, ma anche lo smaltimento degli scarti
E la cosa funzionava: infatti, dopo aver scansato il numeroso personale affaccendato e sempre comportandomi come qualcuno che doveva sbrigare delle importanti commissioni, riuscivo a trovare la via di uscita (che era anche una via di fuga e salvamento) e mi trovavo in un ampio parcheggio dove erano disposti in sosta parecchi mezzi ed anche un’auto della polizia
Cercavo di fingere indifferenza, ma il cuore mi balzava in gola
Temevo di essere fermato per un controllo e identificato come un estraneo, un ladro, un impostore, sicuramente come qualcuno che avesse qualcosa da nascondere
Mi forzavo a fingere indifferenza e a non distogliere lo sguardo, continuando a recitare la parte di un dipendente con una missione da svolgere o con un’importante incombenza, sempre spingendo il carrello d’acciaio, sui cui ripiani avevo accumulato varie cose, come asciugamani, portacenere (ed anche urne per le ceneri), vassoi carichi di delizie gastronomiche, prendendole qua e là al mio passaggio per accrescere la mia credibilità di garzone intento ad un compito
Passavo accanto all’auto della polizia senza che nessuno mi fermasse: non fui degnato di uno sguardo e la mia spavalderia era risultata vincente
Arrivavo in un posto, lasciandomi lontano alle mie spalle quell’avventura e mi incontravo con Ale, alla quale consegnavo tutto ciò che avevo raccattato strada facendo
Lei era molto sorpresa di tutti i doni che le avevo portato
Quando posso,
come quando non posso,
mi rifugio nella lettura,
e anche nella scrittura
Mi nascondo sotto un divano,
sotto il letto,
dentro un armadio,
in qualche angolo oscuro,
dovunque ci sia un ricettacolo,
aspettando con trepidazione
che qualcuno si accorga della mia assenza,
mi cerchi e mi trovi
E se nulla di tutto questo accade?
Basto a me stesso
Mi rifugio nella lettura
e nella scrittura
e, nel mentre, penso d’esser
il reietto dell’altro pianeta,
l’esule,
uno straniero
in terra straniera
Sono cotto
Sono stanco
Sono stracotto
Ho dormito financo
E adesso son sveglio
Son fiacco
Son moscio
Sbadiglio
Sbadigli grassi e profondi
Ma non é più il tempo di dormire,
bensì quello
per ricordare,
per pensare,
per leggere,
per scrivere
Non so cosa sarà domani,
cioè oggi
Intanto pensiamo all’adesso
Il momento presente non esiste
poiché un’attimo prima era ancora
il futuro che ci attende
e subito dopo scivola
già nel passato
Quindi l’adesso
é di continuo costretto ed eroso,
inafferrabile,
transeunte
É istantaneo e sempre sfuggente
come un attimo fuggente
Possiamo solo esercitarci
per amplificare,
dilatandola il più possibile,
l’esperienza dell’hic et nunc Cogli l’attimo! Del doman non c’è certezza!
Di là, c’è chi sta dormendo
I miei ritmi di sonno veglia
sono sempre diversi e inconciliabili,
ma va bene così
Mi accingo a partire per un viaggio e ci sono i miei due figli con me
Sono tutti e due piccoli d'età, uno dei due appena un po’ più grande dell’altro (e non c'è la differenza di età che c'è tra l'uno e l'altro nella realtà).
C’è la loro madre (un'unica madre), ma è un personaggio inerte
Sono (siamo) a Londra
Sono appena tornato dall’avere sbrigato le ultime pratiche ed incombenze, ma prima ero anche andato a fare una specie di check-in per i due ragazzi e per me
Ritorno a casa di premura (il tempo stringe) e devo predisporre in gran fretta una borsa che contenga tutto quello che ci possa servire durante il viaggio, inclusi i biglietti
La preparazione del bagaglio risulta essere un incubo
I minuti corrono via tirannici e il mio affaccendarmi sembra non porti ad alcun risultato
Le mie azioni sembrano prive di efficacia
Il volo è previsto per le 11.00 e sono già 9.30
I ragazzi nemmeno sono a casa (ma quando ritornano?)
Mi affanno a raccogliere tutto ciò che possa servire , ma ci sono intoppi
Le cose non entrano tutte nella borsa
Alcune mancano e, per quanto mi affanni a cercarle per ogni dove, non spuntano fuori
Non riesco a trovare tutto ciò che mi serve
Poi mi accorgo che mi mancano i titoli di viaggio, compresi i tre piccoli coupon che mi hanno consegnato quando ho fatto il check-in
Poi, i ragazzi tornano a casa, ma la loro presenza non mi è di aiuto
Anzi, mi intralciano
Freneticamente, tiro fuori tutto il contenuto della borsa, la rimetto dentro, faccio la conta, ma manca sempre qualche cosa
Dio mio!
L’orologio corre inesorabile e sono già le 10:15!
Finalmente mi sembra di avere tutto quello che mi serve
Siamo già sul pianerottolo dove c’è una tizia addormentata per terra che mi intralcia
Sarà strafatta? Sarà ubriaca? O sarà una sfrattata?
Ma anche là sul pianerottolo comincio a sistemare le cose nella borsa, a tirarle fuori, a rimetterle dentro, senza sosta
Un vero casino
Nel mentre Gabriel si addormenta, anche lui sul pavimento
A posto siamo!
Decido di lasciare qualche cosa, per alleggerire la borsa
Non so se tornerò più in questa casa,, quindi non ho idea alcuna se le cose che lascio potrò mai recuperarle
La borsa sembra, per varietà e quantità delle cose che ci stanno dentro, il gonnellino di Età Beta
Finalmente, mi pare di avere tutto ciò che mi serve. Potrei forse pronunciare la fatidica frase e cioè che "sono pronto", anche se non si può mai essere pronti del tutto
E affermo con foga, a voce alta, che dobbiamo affrettarci ad andare in aeroporto
Per far ciò dobbiamo ancora prendere la metro metropolitana ed essendo oquesto orario di punto sarà un bel problema muoverci fluidamente e senza inciampi.
Sono già le 1030
L’aereo parte alle 11.00
Penso che, a questo punto, possiamo solo sognarcelo di poter partire
Ma sento anche confusamente, quasi istintivamente, che in qualche modo potremmo farcela
Adesso ho anche i coupon del check-in stretti in mano, li metto in una tasca esterna della borsa per averli poi a portata di mano
Mi accorgo però che i tagliandi appartengono a compagnie aeree differenti e dunque sono relativi a voli diversi
E mi interrogo: cosa sarà mai successo?
Ero sicuro, in verità, che avremmo viaggiato assieme, sullo stesso aeromobile!
Comunque andiamo, affrettiamoci, di sicuro in aeroporto riusciremo a risolvere anche questo problema
Sono ottimista!
Guardiamo al bicchiere mezzo pieno!
A Palermo, dopo il Festino,
comincia veramente
l’estate balneare e vacanziera
La città si svuota,
si fa un po’ più silenziosa,
meno inquinata forse
Anche se gli strombazzatori al volante
imperversano sempre
con la loro tracotanza,
con loro clacsonate
imperiose e irrispettose
Take It easy!,
vorrei dir loro,
che fretta avete di arrivare all’inferno?
Mi annoiano
Mi fanno incatsare
Li devo subire anch’io
che pure vado a piedi
Screanzati al volante!
Bulli al volante!
Le loro clacsonate selvagge
rendono il caldo torrido
più insopportabile che mai
Ti danno la sensazione
di vivere in un paese senza speranza
Sono stato rintanato in casa
per gran parte del giorno,
dopo aver eseguito alcune incombenze
in giro con la bici
Alla fine ero affaticato e accaldato
Mi sono dedicato alla lettura e al riposo
nella frescura ombrosa di casa
Non c’è niente di meglio,
quando fa caldo
e quando la gente ti è insopportabile
con i suoi modi sguaiati e prepotenti
Nel tardo pomeriggio,
alla mia uscita finale con il cane,
ecco che soffiava un vento del Sud
caldo come un phon acceso
Ma, in alcuni tratti,
per strane alchimie topografiche,
il suo ansito diventava
fresco e piacevole
e dava refrigerio,
un refrigerio illusorio, purtuttavia,
breve e istantaneo
come un singolo respiro
Succedeva particolarmente
in alcuni incroci
e ho pensato che questo refrigerio
fosse soltanto un’illusione
procurata da un demone o da un jinn
- come lo si voglia chiamare -
per convincerci che all’inferno
non ci siamo ancora
Parlavo, io,
e dicevo cose sagge e sapienti,
ma chi ero io
per poter dire che io stessi dicendo
parole sapienziali e di verità?
Intanto, mentre parlavo,
cedevo ai desideri della carne
e a me stesso dicevo,
questa volta in silenzio,
con parole mute,
Occorre prudenza
Occorre sobrietà
Il predicatore per primo
é tenuto a praticare
le virtù di cui predica
Mi sono svegliato
nel bel mezzo d’un sonno
profondo e ristoratore
e ho pensato che fosse bello
ciò che stavo sognando,
anche se non ne ricordo una cicca
Questo, però, lo ricordo
che c’era un’antica città di pietra
con un grande giardino, al suo centro,
odoroso di essenze,
percorso da viali delimitati
da secolari siepi di bosso
La cittadina era costruita
sulla cima della montagna
ed io mi inerpicavo
lungo esoterici percorsi,
per conquistarne la cima
e lì tenere il mio discorso
Ero, nel sogno,
il Vecchio della Montagna,
Gesù e Maometto,
Joseph Smith,
tutti e nessuno
E questo è tutto
Gli altri dettagli
sì sono fatti evanescenti
e poi sono svaniti
senza lasciare tracce o indizi
2. Cuntastorie
In un sogno raccontavo di me stesso
e delle mie imprese mirabolanti
Di tutti gli astanti polarizzavo
un teso ascolto sul mio narrare,
ed anche occhi vivi,
piena attenzione,
ed ero contento di questo
Mi sembrava anche di esagerare,
giacché condivo i miei racconti,
li arricchivo,
li infioravo di cose mai accadute,
aggiungendo rubini e topazi
al piombo e al ferro più prosaici
Ma, sotto sotto,
un pizzico di verità c’era sempre
Facevo il contastorie
Mi mancava solo la chitarra
e il tabellone dipinto a colori vivaci
Se li avessi avuti,
sarei stato perfetto nel ruolo
Ero come Odisseo che racconta
dei suoi viaggi ad Alcinoo
e alla sua corte
o come Sindbad il Marinaio
perso nella rievocazione
dei suoi mirabolanti incontri
Erano molti quelli che mi ascoltavano,
intenti e affascinati
Tra essi anche alcuni del posto
dove in questi giorni lavoro
Succedevano anche tante altre cose,
ma queste le ho dimenticate
Dissolvenza
(L’immagine illustra il V viaggio di Sindbad, quando avviene l’incontro con lo spaventoso uccello Roc)
Ho visto anziani
muoversi a piccoli passi frettolosi
con la testa china
Ne ho visto altri procedere lenti
con il supporto di un deambulatore
E ce ne sono altri ancora
che non escono più di casa
e se ne stanno seduti
tutto il santo giorno
con le mani tremolanti
posate in grembo,
gli occhi appannati dalla cataratta
oppure in piedi, immobili,
davanti ad una finestra,
intenti a guardar fuori sino a sera,
senza in realtà vedere alcunché
E altri ancora esiliati,
estromessi,
abbandonati
nelle case di riposo
dai nomi più fantasiosi e accattivanti,
A Casa di Peppa,
La Grande Famiglia Sagrada,
Il Focolare
L’Arca di Noé
Le Lantane
La Gioia dei Nonni
La Fonte della Felicità
Sole e Luna
Insieme per l’Eternitá
Suprema Gioia
Shangri-La del Nonno
Sovraffollate
Malsane
Letti stipati
e via il comodino
perché non c’è spazio
E i residenti storditi da farmaci,
prescritti a piene mani,
con generosità sospetta,
perché se no si alzano troppo,
chiedono troppo,
ma anche impastoiati nei pannoloni
perché i pochi badanti presenti
non fanno in tempo ad accompagnarli
al bagno quando hanno bisogno
É meglio tenerli in posizione orizzontale, clinostatica, questi anziani,
in un’immobilità che già li mette
in prossimità con la Morte
e che li trasforma in corpo morto,
prima che siano davvero morti
Altri vengono crudamente legati
alla carrozzina a ruote
e lì lasciati per ore
Immobilizzati nel letto o sulla sedia a ruote,
loro urlano e si lamentano,
e danno motivo a chi si occupa di loro
di sedarli ancora di più
I badanti non vogliono essere disturbati;
e in più il rapporto badanti/assistiti
è nettamente a sfavore dei primi
Luoghi non-luoghi
queste case di riposo!
Luoghi di spoliazione dell’individualità!
Micro-lager legalizzati, insomma!
Che barbarie!
Che tristezza!
Dove è finita la nostra umanità?
Non fate agli altri
ciò che non vorreste
fosse fatto a voi
Ho sognato che partecipavo
ad una riunione condominiale
Non mi pareva di riconoscere la maggior parte dei presenti
Attorno a me, percepivo solo facce ostili
cupe
chiuse
Che ci faccio qui?
Cosa vogliono da me?
Ero a disagio
Si parlava di quote condominiali
non riscosse,
di deficit del bilancio,
di piani di rientro per i morosi
Io dicevo che già stavo pagando
ratealmente, con solerzia
Tutte le facce degli astanti,
all’unisono,
si volgevano verso di me,
erano facce mute,
totalmente lisce,
senza lineamenti,
senza occhi
senza bocca
senza naso,
come quelle dei manichini
Eppure mi fissavano
e m’incutevano timore
Forse avrei dovuto starmene zitto,
pensavo
Forse ho parlato troppo!
Meglio dire poco,
piuttosto che molto!
Ma qual é il limite
tra il poco e il molto?
Come si fa discriminare
e a sapere?
Occorrono astuzia,
senso dell’opportunità
e machiavellici accorgimenti,
pensavo,
tutte virtù
di cui io sono privo
Sempre parlo e straparlo,
quando invece quella boccaccia
che mi ritrovo
farei meglio
a tenerla chiusa,
ben sigillata
O forse dovrei trasformarmi
io stesso
in sfingeo manichino!
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.