Ho scritto questa nota dopo che due enormi eucalipti che crescevano rigogliosi nel giardino privato del condominio di fronte erano stati tagliati a pezzi ed eradicati
Questi due alberi facevano ombra e ospitavano una miriade di uccelletti.
Qualcuno ha decretato che dovessero essere abbattuti.
Il mio cuore ha sanguinato
Ho perso degli amici, un riferimento abituale nel mio panorama quotidiano
Nel corso della notte successiva - una notte di sonno inquieto - ho trascritto questa nota
Respiro stertoroso
Fischi e ronchi
Una vera sinfonietta
Catarro di gola
Colpi di tosse
Non so se io stia sognando
tutto ciò
o se mi capita davvero
Mi sveglio
Mi alzo
Bevo dal rubinetto
Meglio?
Forse si!
O forse no
Mi si chiude la gola
Mi sembra di soffocare se
Penso all’albero segato del giorno prima,
il grande eucalipto che si ergeva
davanti alla finestra della camera da letto
Impietosamente tagliato a pezzi ed eradicato
da becchini forniti di motosega
Penso a tutti gli alberi del mondo
minacciati dalle motoseghe
e da altri strumenti letali
Penso al loro sussurro che si affievolisce
sino a spegnersi del tutto
mentre vengono uccisi e depezzati
Penso al sussurro del mondo
compromesso
Penso che il mio respirare
sia intimamente collegato
a quello degli alberi
Cosa accadrebbe se
nel momento in cui si sega un albero
la stessa ferita letale comparisse
nel corpo dell’aguzzino?
Colpo su colpo
Ecco, dovrebbe arrivare il momento
in cui la natura si vendica
Tutto è uno
Tutto è connesso
Per ogni albero che si uccide
saranno in molti a dover morire
avvelenati, smembrati, senza più respiro
Forse ho sognato
oppure, forse,
tutto questo non è sogno
C’è un martellatore assiduo e solerte
sopra la mia testa
Una salva di colpi
poi silenzio
Poi ancora di nuovo una scarica
Gli intervalli tra una salva e l’altra
sono irregolari, difformi
e quindi ogni ripresa
porta ad un sobbalzo
perché non ci si abitua mai
ad un ritmo uniforme
Anche il suono del martellamento
è diseguale
A volte lieve, come una carezza
Altre volte, sonoro ed impetuoso
A volte è pigro,
altre rapido ed efficiente,
quasi aggressivo
Cosa starà facendo
questo martellatore?
Mi manda dei messaggi morse
oppure non c’è alcun nesso
O forse si tratta del centauro Nesso
che cerca di andare al cesso
prima di recarsi al consesso
e li indossare una bianca camicia
intrisa di sangue tossico?
Non so
E vorrei proprio saperlo
Ma, in fondo, tutto è connesso,
anche se alimentare qualche dubbio
é pur sempre concesso
soprattutto durante l’amplesso,
anche se qui il potere critico
é fortemente compromesso,
se è consumato l’amplesso
all’ombra del grande cipresso
C’è invece chi per scoprire il nesso
s’arrampica lesto
sull’albero di bompresso
e vi si mette genuflesso
in attesa di essere estromesso
dal consesso, ma anche dal congresso
Mi accingo al mio lavoretto
di cemento e pietre,
dopo aver tagliato un po’ di erba
C’è chi naviga sul Mekong
o sul Congo
alla ricerca di Kurtz
Guardo navi e barche
solcare il mare
Osservo il profilo di isole lontane
e mai più raggiunte
Seguo con lo sguardo
nuvole flottanti
Io faccio questo:
erba, pietra e cemento
Mi accontento
A scartamento ridotto,
alle prese con la frammentazione dell’Io
Maurizio Crispi (9 marzo 2025)
Sono a casa (almeno) o, meglio, nel mio condominio
In effetti, sono tecnicamente fuori casa, perché sono rimasto chiuso fuori dalla porta e le chiavi sono rimaste dentro
Quindi, mi si pone il problema di rientrare
Salgo al piano di sopra e mi ritrovo a parlare con il condomino che abita nell’appartamento corrispondente al mio
L’idea è quella di calarmi dall’alto dal suo balcone al mio ed entrare così dalla finestra, come farebbe un ladro acrobatico o un Babbo natale delle moderne rappresentazioni popolari (a Natale di vedono tanti babbo Natale che si inerpicano - o ne discendono - lunghe perigliose scalette da equilibrista)
La narrazione del sogno è complicata e ripetitiva e ci sono diversi intermezzi
In una il proprietario del terzo piano, mi dice che ha dovuto cambiare una pavimentazione messa a ricoprire quello originale, perché si tratta di un materiale poco funzionale che malamente aderisce alla pavimentazione sottostante e che dunque scivola con facilità marmo: a causa di ciò è caduto già diverse volte
Ma di quest'aspetto non me ne può fregare di meno
Ma veniamo al momento clou della situazione
Andiamo fuori al balcone, ad ispezionare
C’è una sorta di argano a cui è sospesa una scaletta di ferro (del tipo di quelle usate dagli operai che lavorano su impalcature per passare da un ripiano ad un altro) e a questa ne è stata attaccata un’altra, tipo una scala di casa ordinaria, con delle corde
Per compiere quest’impresa dovrò prima sospendermi nel vuoto, poi scendere i gradini della prima scaletta di ferro, da quel che capisco molto oscillante, per poi passare all’altra scala che vi è legata: un passaggio questo che mi sembra molto temerario, anche perché i legacci che tengono la seconda scala avvinta alla prima mi sembrano alquanto precari ed instabili
Sono molto perplesso ed esitante
Non so se avrò il coraggio di compiere le imprese
Arriva una tizia anziana, esce sul balcone e scende utilizzando questo apparato di emergenza come se questa fosse la sua modalità ordinaria di uscita dall’appartamento
Sono stupito e meravigliato dall’intraprendenza della signora che per di più è molto anziana
Ma come fa?, mi chiedo, E poi con tanta disinvoltura!
Ma il vederla in azione non mi dispone a tentare a mia volta, anzi mi induce ad avere ancora più paura, perché l’ho vista mentre scendeva utilizzando quel dispositivo che oscillava libero nel vuoto ed era stata assolutamente temeraria per quello che potevo vedere, incurante di quello che sarebbe potuto succedere
Poi mi chiedevo, facendo un salto logico, "Ma se io scendo e mi ritrovo sul balcone di sotto e il proprietario dell’appartamento non c’è, come farò a entrarvi e come farò a uscirne?", Ignorando il semplice fatto che ero io il proprietario dell’appartamento di sotto!
Illogicità dei sogni!
Non mi decido
Prendo tempo
Temporeggio
Poi dico al vicino del piano di sopra, "Farò il tentativo solo quando Ale, che è il mio angelo custode, sarà arrivata per assistermi
Solo se lei mi guarda e mi segue col suo sguardo, passo dopo passo, sentirò di essere al sicuro e troverò la confidenza necessaria per affrontare questa prova senza tremiti di paura
Qui di seguito, i bozzetti di pensieri scaturiti durante la passeggiata mattutina del 5 marzo 2024, esattamente un anno fa
Maurizio Crispi (5 marzo 2025)
Gabbiano, gabbiano,
ospite di città e nostro commensale,
coinquilino assiduo!
Riflessi di alberi spogli
in una pozza di acqua piovana
E che altro?
Scritte d’amorosi sensi,
promesse e tenerumi,
vergate con le vernici spray
in vividi colori, sparatissimi,
ad alto impatto sulla retina,
amori dichiarati per sempre,
a chiare lettere
E poi?
What else?
Edifici magnifici,
un po’ blasé,
sopravvissuti allo scempio,
parlano di antichi fasti
E c’è un fragolone appena smangiato
sull’asfalto ancora intriso
di pioggia notturna
Come doveva esser buono!
Ci sono anche
quei tristi diavoli in vetrina,
costretti ad indossare abiti
dissonanti e fastosi,
mentre loro, poveretti,
vorrebbero cose semplici ed essenziali
Sono prigionieri
adornati e imbellettati
condannati a guardare il mondo
attraverso pareti di vetro
e ad esser guardati
Se protestano
vengono messi in castigo
e lasciati nudi in un angolo
a far da zimbello
al mondo intero
E qui ho finito,
per oggi
Walking
walking
in the morning
while the wind is blowing
searching for the rainbow
and for the morning dew
Pioggia la notte
pioggia il giorno
Vento umido e freddo
Piedonzoli pronti
ad inseguire le foglie secche
scivolanti in picchiata
mentre colombacci, merli
e altra bella gente avicola
svolazzano con frulli d’ale
o vengono a becchettare
vogliosi, ma anche focosi
Il giorno è trascorso
tra sospiri e singulti
e piove ancor
come Dio la manda,
secondo la comanda
Selvaggio!
Animale!
Animalesco!
Ma siamo proprio sicuri che gli animali
nel loro modo di essere,
nelle loro manifestazioni,
siano animaleschi?
Quando tacciamo qualcuno
di esser animalesco
nei suoi comportamenti
non offendiamo in fondo
quei poveri, innocenti, animali
che nulla c’entrano?
Eppure…
Eppure…
Spesso se vogliamo offendere qualcuno
gli diciamo:
sei un animale,
sei animalesco,
metti in mostra comportamenti bestiali,
sei una bestia,
hai una natura ferina
E così via
Forse, un autoesame di coscienza critica
ci dovrebbe indurre a dire
che, utilizzando simili analogie,
sbagliamo,
ci fuorviamo,
perdiamo la rotta
e il giusto discernimento,
cascando in trite ripartizioni categoriali,
tranciando giudizi,
attribuendoci il ruolo
dello sputasentenze
che si muove a passi pesanti
nel mondo che lo circonda
emettendo giudizi senza attenuanti
che a volte suonano
come parole e formule
di condanna all’ostracismo
e di morte,
senza possibilità di appello
Forse, più correttamente,
più cristianamente
(nel più ampio senso del termine),
più agapicamente anche,
dovremmo tener piuttosto
un profilo basso,
evitando di ergerci a giudici severissimi
e piuttosto lasciar correre,
benevoli
e forse anche riservando ad altrui
lo sguardo compassionevole d’un Buddha,
intriso di pietas,
perdonando le manchevolezze
gli sbagli
le imperfezioni
In fondo,
chi siamo noi per giudicare?
A che serve impegnare la mente
nel ritmo ripetitivo di un mantra
oppure recitare estatici
la sillaba sacra
se poi viene meno questo momento
di sentirsi tutt’uno
con l’universo
e di potere esercitare
la forza del perdono?
Ho fatto dei sogni faticosi questa notte, faticosi nel senso che facevo delle cose faticose, dei lavori ripetitivi che mi lasciavano alla fine con il corpo tutto dolente e i muscoli contratti e carichi di acido lattico
Di queste scorribande oniriche ricordo due dettagli soltanto
In uno ero intento a potare una vite che era del tutto anomala
Era cresciuta a dismisura, formando un tralcio gigante lungo centinaia di metri
Tagliavo via tutte le diramazioni, lasciando intatto il tronco principale, in tutta la sua spropositata lunghezza
Poi, finito questo lavoro, mi accorgevo che dai nodi rimasti venivano fuori delle gemme dotate d'una crescita straordinaria e che, difatti, si sviluppavano a vista d’occhio come se fossero dotate di una forza propulsiva anomala, ma potente ed inarrestabile che mi faceva pensare ad un romanzo horror letto anni addietro, dal titolo Rovine, i cui protagonisti si confrontano con una pianta tentacolare e assassina che, a metà tra un'edera e una liana, infesta un sito archeologico dello Yucatan)
Mi accorgevo che questi nuovi germogli davano origine a tralci di zucca e allora li tagliavo via, uno alla volta
Quando avevo finito, mi accorgevo che dai primi tagli altri tralci - sempre di zucca - avevano ripreso a venire fuori e quindi ricominciavo ad estirparli con rinnovato vigore
In un altro momento, mi muovevo appollaiato su di un enorme macchinario, ronzante e traballante, delle dimensioni di una mietitrebbia
Andavo avanti lungo una trazzera di campagna, solo che il percorso non era libero del tutto
C’era un contadino che lavorava lungo lo stessa strada con una carriola piena dei suoi attrezzi, intento alla "arrimonatura" degli alberi che erano disposti ad intervalli regolari
Ma questa sua carriola, malgrado i miei richiami non la spostava di un centimetro
Sicché il mio macchinario semovente ci sbatteva con grande clangore e poi la sospingeva in avanti, sbatacchiandola, qua e là
Il contadino gridava qualche protesta, prendeva la sua carriola e la spostava più avanti, mettendola in un punto in cui era sempre d’ingombro al mio poter passare liberamente, sicché la stessa scena continuava a ripetersi
Alla fine la carriola, urtata e sbattuta (anche mai schiacciata) era piuttosto malconcia
C’era in questa scena una contrapposizione, un braccio di ferro,
senza apparente soluzione: qui io, appollaiato sulla mia mietitrebbia scoppiettante ero il più forte, almeno in apparenza
Dissolvenza
Sogni faticosi questa notte
é stato tutto un sognare,
di cui non ricordo una mazza
Erano sogni in cui lavoravo,
vedevo pazienti,
mi occupavo di loro,
facevo e dicevo cose
che si ripetevano sempre eguali,
o con piccole variazioni
Una vocina interna mi diceva:
Svegliati! Svegliati!
Così potrai cogliere l’attimo
e guardare da sveglio il tuo sogno,
mentre la finestrella
sulla mente che l’ha sognato
è ancora aperta
Ed invece ho continuato a dormire
in letargo
bloccato in una sorta di catalessi
(torna a casa, Lassie)
che non mi consentiva
movimento alcuno
e che mi privava della volontà
Ad maiora!
La prossima volta forse
potrò cogliere qualche frutto
dal giardino segreto
della mia personale onirolandia
Scrissi questa nota diaristica il 3 marzo 2013, di ritorno dall'essere stato presente sulla scena di una gara podistica nel week-end, in veste di fotografo.
Probabilmente si trattava del mio viaggio tra Perugia e Castiglion del Lago, in occasione della Strasimeno del 2013, evento cui già in passato avevo avuto modo di partecipare in diverse occasioni, in veste di podista attivo, per poi continuare a frequentarla da fotografo in forza dei buoni rapporti creatisi con gli organizzatori e nella qualità - sino ad un certo punto - di rappresentante della IUTA.
I miei viaggi erano frequentemente "mordi e fuggi", partivo per il fine settimana e poi facevo in modo da rientrare già la domenica sera e, quindi, sovente gli orari e le scadenze erano davvero incalzanti…
Guai a mancare una coincidenza!
Devo scappare via al termine della gara, prima che si svolgano le premiazioni
Il tragitto sino alla stazione è lungo e camminare con zaino e borsa prende il suo tempo
Il margine di tempo - per arrivare a prendere quel treno - non è molto grande
Ho lasciato i molti amici e conoscenti, rammaricato, senza salutare ed intanto, mentre cammino, alla volta dell'albergo, per recuperare la mia borsa, sinché mi è possibile, continuo a scattare foto ai runner che via via completano la gara lunga, alla spicciolata, ognuno distaccato dall'altro di molte decine di secondi o di molti minuti.
La signora dell'albergo - con grande gentilezza - mi offre un passaggio sino alla stazione: un favore gradito, anche perché non è stato in alcun modo richiesto e suona come una bella manifestazione di ospitalità disinteressata.
Dopo la quiete e lo slow time di Castiglione del Lago (e prima di Perugia), l'immersione nell'atmosfera sovreccitata e brulicante della Stazione Termini di Roma è traumatica.
Africani, arabi e musulmani: tutti i locali attorno a Piazzale dei Cinquecento, sotto porticati un tempo fastosi e ora semplicemente squallidi, sono di kebabbari e di venditori di cibo orientali, alcuni in forma di fast food in declinazione islamica, senza bevande alcooliche, ma solo acqua, gassose, coca cola, e succhi di frutta.
La Stazione Termini e i suoi dintorni sembrano una kasbah, affollata e frenetica.
Atmosfera elettrica: sembra che da un momento all'altro possa accendersi il litigio o anche una zuffa...
Tutto si svolge al limite, sul filo del rasoio, in quella che mi pare essere una specie di terra di nessuno.
Totale deregulation e ciascuno in questa babele di lingue e di etnie si sente solo.
Dopo il viaggio in un treno per Fiumicino sovraffollato, sono in aeroporto.
Sul treno tante le scenette: genitori che rimproverano aspramente i figli piccoli, perché ne fanno delle loro.
Papà che minacciano di prenderli a schiaffoni.
Due, uomo e donna, seduti di fronte uno all'altro, si guardano con tenerezza e sfogliano assieme il book fotografica di uno dei musei pittorici della Capitale più rinomati: si soffermano sulle riproduzioni di alcuni dipinti del Caravaggio e li commentano.
Quando scendono dal treno, lei cinge con il suo braccio la vita di lui e camminano così pieni di affettuosa indolenza (ed io che li osservo da lontano, vorrei potere avere il dono di un'intimità di questo tipo)
Giapponesi con la mascherina: sono davvero comici: proteggono se stessi dalla contaminazione o, altruisticamente, proteggono il proprio prossimo, cioè noi?
Obesi semoventi, con grosse valigie, rotolano da un lato all'altro.
Grande frenesia, e tantissimi viaggiatori che si intersecano, vociando, alcuni reduci dalla Mezza maratona Roma-Ostia, chiassosi ed eccitati, caciaroni e ridanciani
Soffro nel vedere così tante persone accanto a me con gli occhi sprofondati nel display del proprio smartphone, con le dita (o uno soltanto, a seconda dei casi) in frenetico movimento per far scorrere la pagina e per digitare commenti e messaggi.
Cerco disperatamente di incrociare lo sguardo di qualcuno, ma è praticamente impossibile. Io sono l'unico che guarda ed osserva gli altri, e - anche se in questo modo così sbilanciato - mi sembra d'essere l'unico che si interessi al mondo degli altri. Poi, per finire e prima di scivolare in un sonno profondo e ristoratore sull'aereo, c'è la solita ed estenuante procedura dei controlli per la sicurezza.
Si procede con lentezza snervante: bisogna rispettare una miriade di adempimenti.
Fuori il laptop, levarsi il soprabito, via sciarpe e cappelli, in alcuni - preventivamente - via anche le scarpe, specie se hanno parti in metallo facilmente riconoscibili.
Poi, finalmente, quando ti sei privato di tutto e hai ripartito i tuoi beni in differenti vaschette, ecco che arriva il momento fatidico di passare (e per fortuna che ancora non ti chiedono di spogliarti del tutto, ma io credo che, continuando così, ci si arriverà prima o poi).
E' sempre come vincere un terno al lotto: una volta il segnalino suona ed un'altra volta, se hai addosso le stesse cose non suona. Io, per principio, non mi sfilo mai la cintura, perché so che solitamente - non essendo pesatamente borchiata - non fa mai suonare il metal detector. Quindi, per così dire, anziché fare il pecorone che si adegua acriticamente, io ci provo sempre. E questa volta la campana ha suonato per me, inesorabile: già mi preparavo a sfilarmi la cintura, quando il "guardiano" (l'addetto alla sicurezza), mi ha detto di tornare indietro e di levarmi anche le scarpe. "Ma come? - ho detto io - già altre volte sono passate con queste scarpe e non hanno mai fatto squillare l'allarme!
Sono loro, sono loro - ha detto nervosamente l'addetto - lo vedo da qui.
E mi sono dovuto levare le scarpe, mettendo a nudo piedi sudaticci e puzzolenti dopo un giorno intero di attività e calzini intrisi di sudore...Una cosa non esattamente edificante…
Sono passato: tutto OK!
Ho ricevuto l'approvazione e l'imprimatur dell'addetto alla sicurezza
Ho detto, raccattando le mie cose: "C'è sempre una prima volta!"
Una battuta ironica, accolta da un gelido silenzio...
Questi addetti alla sicurezza si prendono tremendamente sul serio e senso dello humour zero.
E queste misure della sicurezza sono davvero una cavolata
All'andata, mi avevano detto: "Dobbiamo aprire e controllare, c'è qualcosa che non va". Aprono una certa tasca della borsa e puntano il necessaire con le minime cose che mi porto in queste brevi trasferte. L'oggetto incriminato era l'innocuo contenitore della schiuma da bagno, da 200 ml, ma pieno per metà soltanto.
"Questo non lo può portare con sé!" - è arrivata puntuale l'ingiunzione del custode cerberigno e aspro.
Del resto ogni dettaglio che sfugge alla norma stabilita, fa di te un potenziale pericoloso terrorista dinamitardo e quant'altro...
"Ma... - faccio io - contiene meno di 100 ml…"
"No, la regola è che debba esserci per ogni caso un contenitore da 100 ml, massimo" - è la pronta replica che ricevo.
"Allora lo lascio, ovvio"...
Fine del discorso: meglio tagliar corto con questi individui.
Ma che sublime cavolata! - ho pensato.
Alcuni esperti a livello mondiale sostengono - a ragion veduta - che questo tipo di misure di sicurezza e l'intero apparato che alimentano servono a ben poco a sventare eventuali attentati, ma servono a dare l'idea che qualcosa si fa, alimentando un senso di sicurezza che rimane tuttavia solo soggettivo.
Ho sognato,
ho sognato
ma niente ricordo
Eppure nel dormiveglia,
mi dicevo,
questo me lo devo annotare,
questo debbo scriverlo
Ma intanto continuavo
a dormire poderosamente
e così il sogno mi sfuggiva,
scivolava all’indietro,
risprofondando nel mare nero dell’oblio
Alla fine, mi tiravo su,
sveglio, ma senza ricordo
La prossima notte
porró un dispositivo acchiappasogni
a pencolare sopra la mia testa dormiente
e, così, i sogni catturati
dopo averli districati dalla rete magica
in cui sono rimasti impigliati
potrò visualizzarli
in diretta sullo schermo del PC,
tradotti in vivide immagini
Ho sognato che ero invitato ad un convegno che si svolgeva in un antico palazzo, forse un monastero di antichissima costruzione
C’erano molti che conoscevo tra gli uditori, ma anche tra i relatori
Mi aggiravo tra corridoi ed ampie stanze con il tetto a volta affrescato cercando il salone delle conferenze, ma senza mai trovarlo
Attraversavo poi un ambiente piuttosto ampio pieno di dispositivi tecnologici con un'enorme varietà di macchine ronzanti e lampeggianti, grandi schermi, monitor, tastiere): pensavo che potesse essere una stanza di regia tecnologica o forse anche una centrale operativa di uno Stato maggiore o di un istituto di sorveglianza
Qualcuno mi diceva che dovevo togliermi di lì poiché interferivo con la proiezione delle slide
Ubbidiente, mi abbassavo e cominciavo a camminare carponi, quatto quatto
Poi andavo a casa, con l’idea di mangiare un boccone per poi tornare al convegno dove, secondo il programma avrei dovuto tenere una relazione, il cui orario era fissato per le 13.30
Nella cucina di una casa (che non era la mia, ma era come se lo fosse) trovavo mio figlio Gabriel
Tiravo fuori dalla dispensa una serie di barattoli di vetro contenenti delle conserve sott’olio
Cose diverse che non saprei più descrivere bene, né nominare
Aprivo i diversi contenitori, servivo me e Gabriel del loro contenuto e mangiavo con gusto, spiluccando qua e là
Ricordo che c’erano delle verdurine colte in campagna (e si trattava, forse, di asparagi)
Mentre mangiavo, arrivava la mamma, come era da giovane, vestita con uno splendido abito rosso e un cappellino elegante con la veletta e mi diceva che stava uscendo per andare a quello stesso convegno, dove era stata chiamata a far parte della giuria
“La giuria di cosa?”, mi chiedevo
La mamma intanto se ne andava
Ed io, guardandola, mentre con movenze armoniose, apriva la porta e usciva, mi ritrovavo a pensare che era una donna davvero molto bella
Riprendevamo il nostro pasto
Come piatto forte, veniva il turno di un serpentello intero tutto avvolto nelle sue spire
Lo tiravo fuori dall’olio aromatizzato e lo mettevo su di un piatto
Gabriel mi guardava affascinato, il suo sguardo si muoveva di continuo dal serpentello impiattato a me, e viceversa
Tagliavo il serpentello in pezzi che dividevo equamente tra me e Gabriel
In realtà, guardandolo meglio, mi rendevo conto che era un essere a metà tra un rettile e un gruffaló
Del gruffaló riconoscevo alcuni dettagli inconfondibili
“Il Gruffalò ha terribili zanne, artigli affilati e terribili denti di bava bagnati;
è bitorzoluto, ha ginocchia nodose e terribili unghione.
I suoi occhi sono arancioni e spaventosi e ha la lingua molliccia.
Come potrebbe non far paura il temibile Gruffalò?”
Guardavo l’orologio e vedevo che erano già le 12,45
Pensavo che l’ora si fosse fatta ormai tarda e che rischiavo di non arrivare in tempo per la mia relazione
Non avevo più margine per potermela prender comoda; in verità, entravo un po' in ansia
Quando hai una relazione da tenere devi arrivare sempre con un certo anticipo, per ambientarti e metterti a tuo agio, così mi hanno insegnato
Sono anche in apprensione perché sapevo che la mamma avrebbe fatto parte della giuria che dovrà giudicare il mio intervento
Ripongo il serpentello-gruffaló nel suo barattolo di vetro
Riposiziono ordinatamente tutti i barattoli di vetro nella dispensa
Saluto Gabriel con un bacio in piena fronte e vado via
Dio me la mandi buona!
E qui vado in dissolvenza
Poi ho sognato tanto altro, ma non ricordo più, solo che ero indaffaratissimo e busy
Sono in viaggio in torpedone, in veste di accompagnatore di una squadra di atleti italiani attraverso gli Stati Uniti
Ci ritroviamo ad attraversare paesaggi d'una sconvolgente bellezza
Ad un certo punto, si ha una sosta in una base militare enorme, pena all'inverosimile di soldati, di autoveicoli e di attrezzature. tutto in un indaffaramento brulicante
Un vecchio sottufficiale ci accoglie e ci fa da guida all'interno del l'impianto
Io faccio da interprete con il resto della ciurma che non sa parlare in inglese
Ogni tanto c'è da pagare qualcosa ed io pago (come Totò) quel sottufficiale che è addetto alla cassa (nel ruolo di ufficiale pagatore), utilizzando le banconote del posto di cui lo stesso anziano sottufficiale mi ha dato una scorta, banconote multicolori e di tagli diversi, ma sembrano quelle di Monopoli oppure come quelle di carta moneta transitoria emessa in tempi di guerra
Ogni volta, il resto che rimane da ogni singolo pagamento, lo do a lui come se fosse una specie di piccola mancia o un obolo
Vi è in ciò la reiterazione d'una comica interazione che si ripete di continuo
Alla fine, gli restituisco tutti i soldi che mi ha dato, dicendogli: "Non ha senso fare così! E' una procedura troppo complicata. Se ci sarà da affrontare qualche altra spesa, farò un prelievo al Bancomat".
E meno male che ci abbiamo pensato…
Dicevo che il paesaggio evocava in me qualcosa di familiare
E' vero!
L'installazione militare sembra un analogo sito italiano, antico, d'anteguerra, non uno in particolare, ma uno dei tanti
Stesso tipo di costruzioni, stessa disposizione, con la fureria, l'ufficio del comandante, il magazzino e la mensa, l'edificio delle docce, le camerate e la piazza d'armi per le esercitazioni e, in più in l'à, l'autoparco, con gli automezzi color verde scuro
Mi ricorda in tutto e per tutto uno dei numerosi luoghi in rovina visitati con mio padre, che aveva una passione per i ruderi (se erano stati adibiti a uso militare, ancora meglio) e che ogni volta che ne adocchiava uno mi portava con sé ad esplorarlo
Una volta, zampettando nell'erba alta che ostruiva quasi per intero una vecchia casamatta merlata (la "Casamatta di Bellolampo", che si trova lungo la strada che conduce da Palermo a Montelepre, passando da Bellolampo, proprio in corrispondenza del bivio per Torretta), mi ritrovai le gambe nude (i miei erano fanatici - come del resto si usava allora - del calzoncino corto sino a età adolescenziale, ma - d'altra parte - così si usava a quel tempo), completamente ricoperte da un tappeto brulicante di orrende formiche nere (e c'era ad accrescere il carico anche qualche ragnetto) e, se non ci fosse stata la mamma, non so cosa mi sarebbe accaduto. Forse, quelle formiche così numerose e agguerrite mi avrebbero mangiato senza nemmeno chiedermi il permesso.
C'era una specifica divisione di ruoli tra i miei genitori, come si vede da questo piccolo episodio: mio padre era l'esploratore, mentre la mamma rappresentava la stabilità e la sicurezza delle retrovie
E, quindi, cercando di sviscerare questa assonanza, indugio a parlare a lungo con il sottufficiale, dicendo delle similitudini che mi pare di riconoscere in questo impianto e di ciò che già conosco
La differenza è che, dappertutto, ci sono delle modernissime ed inquietanti attrezzature da guerra
L'insediamento si trova a piedi di un monte brullo che ascende rapidamente verso l'alto, il pendio totalmente brullo e roccioso
Di fronte alla base, si apre il mare sconfinato d'un azzurro profondo. Ma anche lì ci sono due macchinari di proporzioni titaniche. Sembrerebbero due enormi escavatori, talmente grandi da far sembrare il mare antistante profondo appena pochi centimetri, mentre la sua profondità, anche vicino a riva, è ragguardevole
I due escavatori sono impegnati in una lotta aspra e senza tregua, avventandosi l'uno contro l'altro e mettendo in azione diversi dispositivi mobili per sconfiggere l'avversario o per fiaccarne la resistenza.
E di continuo si ode, poco attutito dalla distanza, un clangore di lamiere
Una vera lotta tra titani tecnologici
Mi pare di ritrovarmi, seduto in prima fila, a guardare un fantastico film con l'incredibile Hulk in azione.
E questo comunico al sottufficiale di collegamento che mi guarda stranito e perplesso.
Una porta stretta stretta
che più stretta non si può
Non è certo una porta adatta
per obesi e ciccioni,
ma nemmeno per balene
o ippopotami
né tantomeno per omini Michelin
(Non sto facendo body shaming,
ma dico così
solo per scherzare!
Suvvia, perdonatemi!)
O forse è soltanto una porta a metà
adatta ad un visconte dimezzato
Questa porta dimezzata la si trova a Palermo in Via Filippone
Se tu non l'hai notato, un muratore accorto, per salvare lo stabile, ha eretto un contrafforte di mattoni rossi!
Servendosi di una intercapedine naturale, come un vano porta, per erigere il muro di sostegno Poi dopo si vedrà il da fare!
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.