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14 agosto 2015 5 14 /08 /agosto /2015 06:58
Non so

Sbiadiscono le cose e si fanno incerte nella memoria

 

Pensi di sopravvivere sempre,

ma il terreno si assottiglia,

si fa instabile sotto i piedi

Ti accorgi allora della tua ridicola finitezza

Ti manca l'aria

Il tuo respiro diventa un rantolo

 

L'aria asciutta è carta vetrata

sulla tua lingua e sulle mucose

inaridite

 

Poi, giaci immobile,

le labbra schiuse

quasi a voler succhiare le ultime gocce di aria

gli occhi opachi che fissano il nulla

 

Nella tua vita non sei mai riuscito ad abbandonare il fortino

Sei stato un soldato ubbidiente

Ora sei solo a presidiarlo,

ma il fortino è solo una capsula del tempo

che si va sfaldando inesorabilmente

una volta che è stata aperta

 

Poi, dopo di te, non resterà nessuno

e il vento irromperà attraverso finestre rotte,

trasportando tutto con sè,

in un turbine,

pagine scritte a mano

pagine stampate,

caratteri e lettere

ammennicoli,

suppellettili

paraphernalia

roba inutile ed ingombrante,

tutta l'attrezzatura d'un viaggio

durato una vita intera

 

Oltre, il silenzio

e il vuoto

Sarai soltanto il custode del Nulla

Non so
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9 agosto 2015 7 09 /08 /agosto /2015 01:10
Siamo sempre qui

Di sera si sono raccolte nubi,

refoli di vento hanno cominciato a turbinare

e, presto, la pioggia ha preso a cadere

 

Il cemento del cortile s'è appena scurito,

quando le chiazze scure delle signole gocce

hanno preso a confluire l'una nell'altra

Ma all'improvviso ha smesso

e il cielo s'è rasserenato,

com'è accaduto prima durante il giorno

mentre ci muovevamo in Sicilia

da Nord a Sud

Brontolii di tuoni,

saette che fendevano il cielo,

nuvole minacciose,

un inizio di pioggia

e poi stop

 

Una beffa!

Proprio quando ci rilassavamo,

impazienti di udire la sinfonia del picchiettìo della pioggia

e il buon odore della terra bagnata levarsi sino a noi

ed ecco la subitanea ripresa del caldo di prima,

implacabile, come se nulla fosse stato

Una prova generale di pioggia abortita...

 

Siamo sempre qui

Il mondo è assetato

Gli alberi sono assetati

Le piante da fiore appassiscono

e i frutti si raggrinziscono

L'acqua scarseggia

in un mondo che si disidrata

e sempre più muore di sete

Paesaggi lunari all'interno,

zone di campagna, inaridite e scavate dall'erosione,

assumono l'aspetto di dune desolate,

la desertificazione incombe

 

Mucchi di pattume ai margini dei paesi dell'entroterra

fermentano al sole

 

Un topino morto

disteso davanti al primo gradino di casa

mi dà il suo benvenuto

 

Siamo sempre qui

abbarbicati e distruttivi

Sono sempre qui, immeritatamente

Quale buona azione ho fatto oggi per salvarmi?

Oggi è il mio compleanno

Scatta il computo d'un nuovo anno

in cui un nuovo ciclo imperfetto

si compirà, mentre altri transiti avranno luogo

 

Il mondo continuerà ad esistere comunque

e noi, alla fine, non ci saremo più

 

Per quanto ci illudiamo di durare per sempre,

qui, siamo solo di passaggio

e rispetto al tempo dell'Universo

la nostra vita è solo una fiammella

che arde per meno di un secondo

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4 agosto 2015 2 04 /08 /agosto /2015 05:15
Merda sui fiori caduti

Un cane caca su di un letto di fiori caduti,

azionando con vigore il suo torchio addominale

Quale miglior giaciglio su cui deporre la propria merda!

Il lezzo della deiezione canina

si confonde ora con il lieve sentore di putrefazione

misto a tracce grevi di profumo che emana da quei fiori

Il cane in sé è ignaro del potenziale estetico del suo gesto

Egli, cane del nulla, si è limitato a cacare,

nel momento in cui ha sentito lo stimolo di farlo

Solo noi possiamo ravvisare nella sua azione

un senso, una causalità o un movente estetico

 

Siamo noi soltanto a cercare significati

all'assurdo universo in cui siamo immessi,

interpretando da inesausti ermeneuti,

tentando di mettere ordine al caos che ci circonda

E pretendiamo di dominare il mondo

 

I nostri sforzi tuttavia

sono soltanto una miserevole panacea

 

Ogni giorno,

sempre più affaticati,

tessiamo il velo di Maya che nasconde

l'orrore e le miserie

da cui siamo assediati,

illudendoci

 

E l'intercapedine che separa

sanità e follia

si fa ogni giorno più sottile

Merda sui fiori caduti
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29 luglio 2015 3 29 /07 /luglio /2015 13:34
Tavolo con tovaglia nel vento estivo

(Maurizio Crispi) Circa due mesi fa è morta la signora che viveva nell'appartamento sotto quello di Tatà, al primo piano.

Qualche tempo prima, si era spento, del pari, l'anziano signore che viveva, assieme alla sorella, nell'appartamento sotto al mio.

Il condominio di via Lombardia si sta progressivamente svuotando dei suoi residenti storici.

Due generazioni a perdere: ma già è cominciata l'erosione inarrestabile della mia stessa generazione.

Rimangono case vuote o semi-vuote, immerse in un silenzio assordante. Poi, forse a distanza di tempo, verranno occupate da altri. E prima, magari verranno anche svuotate dell'intero loro contenuto.

Anche quando si volesse chiamare, invocare chi non c'è più, per sentirne la presenza o per sentirli vicini, malgrado la contiguità con loro sia stata bruscamente interrotta, lo si farebbe a bassa voce, perchè si è sovrastati da questo assordante ed impenetrabile silenzio: sembra velleitario ed inutile usare un tono di voce stentoreo e invadente.

Sul balcone della signora morta, c'è un tavolo di ferro battuto da giardino, ricoperto da una tovaglietta leggera.

Attorno al tavolo non ci sono sedie e, quindi, quel tavolo messo lì, al centro del balcone, non sembra dover assolvere ad alcuna funzione.

Nè tantomeno sembra averne alcuna quella incongrua tovaglietta i cui bordi cadenti ondeggiano nel vento.

La ho osservata a lungo ieri ed anche oggi.

Nulla si muove.

Solo la tovaglietta leggera ondeggia e si muove nel vemto caldo, incessante. Eppure, pur muovendosi, è spaventosamente immobile.

Quest'immagine, il tavolo senza commensali, la tovaglietta che come una medusa flottante si muove nel vento, continua ad accompagnarmi nelle mie notti insonni, trasmettendomi un senso di profonda ed ineluttabile solitudine.

Molti i commenti che ha suscitato questo scritto, inizialmente pubblicato come nota su Facebook. Tra di essi vorrei citare quello di Pupetta Greco.

Maurizio, Dopo la lettura del tuo pezzo, ho deciso di scrivere ciò che in questo periodo mi sta a cuore...In questo caldo che scoraggia ogni movimento che non sia essenziale per andare avanti, ho preso la dolorosa decisione, dopo 7 anni di assenza, di andare ad aprire la casa dei miei cari resa silenziosa dopo il loro viaggio senza ritorno ...Sono certa che dopo tanta sofferenza, i tempi sono maturi per riappropriarmi dei ricordi che ci troverò e prendendomene cura, ridarle vita, per amore di chi la vita l'ha lasciata...

Pupetta Greco

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9 luglio 2015 4 09 /07 /luglio /2015 06:27
Ode alla città d'estate
Ode alla città d'estate
Ode alla città d'estate

Le vene, le arterie e i nervi della città

sono messi a nudo

Il cielo è d'un azzurro intenso

e il riverbero costringe

a strizzare gli occhi

Il caldo e la fornace del sole

impongono un peso intollerabile

sulle spalle dei viandanti

che avanzano ricurvi

quasi schiacciati al suolo

Donne stravolte dalla calura

barcollano e vagano,

le unghie dei piedi con lo smalto sbreccato

e le crescite bianche dei capelli sotto la tintura

vestiti sciatti e incolori

Negozi chiusi e abbandonati,

saracinesche abbassate per sempre

segnano l'irreversibile declino

Automobili parcheggiate

da anni,

con le gomme a terra

e ricoperte dalle deiezioni degli uccelli

Carcasse di animali

caduti per un'improvvisa moria

intasano i marciapiedi

Nugoli di polvere si levano,

foglie secche mulinano

in vortici

mentre altre scricchiolano e scoppiettano,

sotto i piedi,

mescolate a fogli di giornale, stampe pubblicitarie

oggetti di plastica

frammentati/accartocciati

L'aria afosa è pervasa dal sentore di bruciato

di erba secca e di legno di pinastri

che ardono da qualche parte

A intervalli regolari

sovrasta i rumori del traffcio quotidiano

il rombo dell'aereo

che porta i suoi carichi d'acqua sul monte

Fire on the mountain

desolazione metropoitana

degrado

solitudine

Gli scarafaggi impazzano

i gatti se la godono

Loro sarà la città,

quando noi non ci saremo più

Ode alla città d'estateOde alla città d'estate
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19 giugno 2015 5 19 /06 /giugno /2015 17:44
Il fascino discreto dei fiori caduti
Il fascino discreto dei fiori caduti

(Maurizio Crispi) I fiori caduti dall'albero o dalle piante arbustive hanno un loro fascino discreto, anche quando hanno cominciato a decadere e ad appassire..

Un fascino, forse, ancora più intenso, di quando ancora turgidi e vividi nei loro colori se ne stanno sui rami che li hanno generati.

Quei fiori, quando - una volta a terra - si fanno un po' vizzi e cominciano ad incartapecorirsi, hanno un fascino che deriva dall'accoppiamento tra bellezza e caducità.

Ci ricordano che la bellezza è, in sé, caduca, uno stato assolutamente transitorio nel ciclo della vita ed è sottoposta alle leggi irreversibili del tempo che scorre.

La bellezza dei fiori - dobbiamo ricordarlo - è al servizio della riproduzione: con i loro colori vividi e smaglianti , con i loro profumi intensi o, a volte, con i loro odori repellenti, devono attirare gli insetti che provvederanno all'impollinazione.

Dopodichè, mentre dagli organi riproduttivi del fiore, comincia a formarsi il frutto, il fiore in sé non ha più alcuna funzione e cade.

Quello che vediamo accadere, in fondo, non è niente altro che una metamorfosi: una forma cede il passo ad un'altra in un ciclo continuamente ricorsivo.

I fiori per terra ci ricordano dell'opulenza della natura che, ciclicamente, si riproduce e si perpetua.

La morte genera la vita.

La corruzione imminente che si nasconde nelle pieghe della vita.

Invece, i fiori perpetui che non muoiono mai hanno un che di malevolo e, in un certo modo, vanno contro la logica della riproduzione, oppure il loro essere sempre vivi sancisce un'altra funzione: è il caso di alcune piante carnivore che utilizzano una loro struttura molto simile ad un fiore (ma che, tecnicamente, fiore non è) per attirare sì gli insetti, ma per poi imprigionarli, ucciderli con vari mezzi "aggressivi" di cui dispongono e nutrirsene.

Quindi, avete di che preoccuparvi se vi doveste imbattere in un fiore "perpetuo", muovetevi con circospezione nell'avvicinarvi: non si può mai sapere!

Specie se è di grandi dimensioni!

Il fascino discreto dei fiori caduti
Il fascino discreto dei fiori caduti
Il fascino discreto dei fiori caduti

La Dionaea muscipula, volgarmente chiamata dionea o venere acchiappamosche, è una pianta carnivora della famiglia delle Droseracee. È l'unica specie del genere Dionaea ed è originaria degli Stati Uniti. Quando cattura è veramente spettacolare. I lunghi piccioli delle foglie posseggono alla loro estremità una trappola munita di "denti" morbidi; le trappole sono formate da due lembi dentro ognuno dei quali si hanno tre sporgenze che fanno da sensore; quando questi sensori vengono toccati o vibrano le trappole si chiudono di scatto (tigmonastia). La pianta, grazie ad un sofisticato sistema "memoria", riesce a distinguere il primo "tocco", rimanendo ferma in attesa, dal secondo, che invece impartisce l'ordine di "serrare" le trappole. Ogni 30/40 secondi circa la "memoria" viene resettata facendo ripartire il ciclo

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23 maggio 2015 6 23 /05 /maggio /2015 06:21
(foto e testo di Maurizio Crispi)
(foto e testo di Maurizio Crispi)
(foto e testo di Maurizio Crispi)
(foto e testo di Maurizio Crispi)

(foto e testo di Maurizio Crispi)

Chi si trovasse a percorrere a Palermo Via Alberto Dalla Chiesa, in un tratto di strada che offre ben poco allo sguardo, poichè da un lato vi è il lungo muro di pietra che fa da recizione al Liceo Garibaldi, del tutto impenetrabile allo sguardo e, dall'altro, passato il Giardino Inglese, vi è soltanto un condominio con qualche esercizio commerciale, si imbatterà subito passato questo edificio condominiale in un piccolo giardino ombroso e ricco di alberi fronzuti. E lo sguardo dell'occasionale visitatore sarà immediatamente attratto dal contorto ceppo di olivo posto subito all'ingresso, sul quale campeggiano due targhe.

E, leggendo le targhe, scoprirà che è entrato nel "Giardino Giusto Monaco", dedicato alla memoria dell'illustre grecista, filologo classico e studioso del teatro antico, nato a Siracusa, ma palermitano di adozione.

Si tratta di un'autentica oasi di pace e di un un luogo che, come pochi, fornisce nutrimento all'anima.

In stratta connessione con l'enunciato di questa qualità, é un luogo "da leggere": arricchito com'è da ventidue targhe con citazioni tratte da autori della letteratura greca e latina, amati da Giusto Monaco.

Inaugurato nel 2008, con la riapertura del piccolo giardino comunale preesistente, ha poi avuto un lungo periodo di chiusura a causa della mancata manutenzione.

E' stato riaperto al pubblico e restituito ai cittadini nel 2012.

Il 18 ottobre 2008, alle ore 16.00, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa a Palermo, si inaugura il giardino comunale intitolato a Giusto Monaco. Filologo classico, studioso di letteratura latina e greca, vivo interprete del teatro antico, per oltre un ventennio Giusto Monaco ha guidato l’Istituto Nazionale del Dramma Antico – da Commissario straordinario prima, da Presidente poi – lasciando una memoria indelebile della sua statura umana e intellettuale e degli sforzi dediti alla diffusione della cultura classica, dei suoi valori, della sua forza espressiva.
Uomo di scuola, maestro di generazioni di studenti in vari licei e università italiane e, a Palermo presso il Liceo Giuseppe Garibaldi e la Facoltà di Lettere e Filosofia, Giusto Monaco è anche l’ideatore del Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani (giunta alla XV edizione) a cui la Fondazione INDA dedica ogni anno un appassionato impegno organizzativo, accrescendola ulteriormente in un processo di internazionalizzazione e nel coinvolgimento di scuole di ogni ordine e grado
.

E' un luogo molto bello, nella sua sobrietà pensosa, arricchito dalle numerose citazioni degli autori classici che furono cari a Giusto Monaco, e vibrante di giochi di luci ed ombre, con numerose panchine per la sosta.

Un luogo per passeggiare, per leggere, per sostare dai frenetici ritmi della vita moderna, per meditare.

Un luogo che serve a dare nutrimento all'anima, uno di quei rari luoghi soul food.

Ed è anche uno di quei piccoli miracoli, in cui a Palermo - malgrado tutto - ci si può imbattere.

Il Giardino Giusto Monaco a Palermo. Un piccolo miracolo di pace nel caos del traffico, un luogo "soul food"
Il Giardino Giusto Monaco a Palermo. Un piccolo miracolo di pace nel caos del traffico, un luogo "soul food"

Giusto Monaco (Siracusa, 1915 – Palermo 1994), filologo e docente italiano.

Giusto Monaco nasce a Siracusa mentre è in pieno svolgimento la Prima Guerra Mondiale. Il padre, funzionario del ministero delle Finanze, viene trasferito periodicamente, Giusto frequenta così il ginnasio a Trapani e il Liceo Classico Garibaldi a Palermo, scuola dove tornerà ad insegnare nel 1947.

Dal ’33 al ’37 frequenta la classe di Lettere della Scuola Normale di Pisa dove si laurea con una tesi su Settimo Severio. Fra i docenti ci sono Bianchi Bandinelli, Gentile, Momigliano e Giorgio Pasquali che realizzavano in quegli anni ciò in cui credevano loro e i loro maestri da un paio di millenni, il primato della cultura classica. A Pisa Giusto impara inoltre che il pensiero vive nel ridonarsi alla società che lo nutre. Questa sarà l’ispirazione per tutte le sue future attività.
Inizia l’attività d’insegnamento al Liceo Galilei di Firenze e dopo averlo continuato a Livorno e Sassari, ritorna a Palermo dove prende servizio al Liceo Garibaldi. In quella scuola insegnerà a tempo pieno fino al 1962, accompagnando alle lezioni anche l’organizzazione delle prime gite scolastiche, di seminari e perfino di pomeriggi musicali.
Giusto Monaco inizia negli stessi anni a scrivere una lunga serie di formidabili testi scolastici di letteratura greca e latina. Coinvolge un piccolo editore di Palermo – Giovan Battista Palumbo – che con le decine di libri scritti da Monaco e coautori farà le sue fortune, da 40 anni infatti, testi come La produzione letteraria nell’antica Roma e Lingua latina fanno compagnia agli studenti di moltissimi Licei italiani.

A Palermo, Monaco segue naturalmente anche gli sviluppi della vita universitaria locale e nel 1955 ottiene la “libera docenza” in grammatica greca e latina che inizia ad insegnare alla neonata facoltà di Magistero.
Monaco insegna con l’entusiasmo che ne contraddistinguerà l’intera vita professionale e al di fuori del lavoro. Ne parla così uno dei suoi migliori allievi, Gianfranco Nuzzo:

«Era un docente eccezionale. Era coltissimo, ma usava uno stile semplice e accessibile che era arricchito da un’allegria naturale, per cui ogni lezione era regolarmente condita di battute e di arguzie, quelle stesse che duemila anni prima avevano costellato le orazioni ciceroniane e sulle quali avrebbe scritto pagine magistrali nel saggio dedicato al De ridiculis».

Nel 1968 vince quindi il concorso per la cattedra di Latino e si trasferisce nella più prestigiosa facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo dove insegnerà letteratura latina e poi, dal 1977 al 1986, filologia classica.
Attraverso le raccolte di Pan, Studi dell’Istituto di Filologia latina da lui fondata nel 1973, impresse una svolta di grande efficacia e serietà alla storia degli studi classici nell’Università di Palermo e creò un centro di studi al quale afferirono giovani ricercatori, poi affermatisi, latinisti e filologi classici, medievisti, studiosi di letteratura cristiana antica e di teatro greco e latino, che trovarono nella rivista la sede cui destinare naturalmente i propri contributi. Dona la sua biblioteca personale al Dipartimento di studi greci, latini e musicali Aglaia dell’Università di Palermo.

Dal 1973 al 14 febbraio 1994 è prima, Commissario Straordinario e poi Presidente dell’I.N.D.A. (Istituto Nazionale del Dramma Antico) di Siracusa. In questi anni, si intensificano congressi biennali e seminari e nasce anche una scuola di teatro.
Giusto Monaco muore a Palermo nel 1994.

Il 18 novembre del 2008 allo studioso viene intitolato il giardino comunale, chiuso da anni, di via Carlo Alberto Dalla Chiesa che. La villetta, realizzata dal figlio Iano Monaco su un impianto a verde già esistente, presenta al suo interno ventidue testi greci incisi su targhe per poter rileggere durante le passeggiate i versi di Eschilo, Saffo, Euripide, Omero e Sofocle.

 

Giusto Monaco

Educato educai, percorsi l’involucro del mondo. Mi ricopre l’amica terra. Fui per tutti Giusto e amato, di Siracusa, in Sicilia”.
Il 13 novembre di 100 anni fa nasceva a Siracusa Giusto Monaco, studioso della lingua e letteratura greca e latina, del teatro antico; uomo di scuola, maestro di generazioni di studenti in vari Licei e Università d’Italia e soprattutto, a Palermo, al Liceo Giuseppe Garibaldi e alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Rifondatore e guida, per lunghi anni (1973-1994), dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico, che nei teatri antichi di tutto il mondo, e di Siracusa in particolare, ha messo (e mette) in scena i drammi del teatro antico testimoniandone la forza espressiva, i valori etici,  l’attualità civile.
Giusto Monaco, sul teatro: Oggi come ieri, teatro è responsabilità, consapevolezza di problemi etici, civili, comportamentali, impegno a scelte personali che possono essere traumatiche ma che devono considerarsi ineludibili. Oggi come ieri, teatro è acquisizione e governo di mezzi d’espressione, affermazione di umane conquiste, esaltazione di forze individuali e di esigenze sociali. Oggi come ieri, teatro è libertà, lotta per essere artefici della propria sorte, ricerca del significato dell’esistenza, meditazione di interrogativi spesso destinati a rimanere senza risposta, rifiuto di essere oppressi, disdegno di farsi oppressori.

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20 maggio 2015 3 20 /05 /maggio /2015 12:29
Breve la vita felice di Tania Valguarnera
Breve la vita felice di Tania Valguarnera
Breve la vita felice di Tania Valguarnera

Breve la vita di Tania Valguarnera, falciata da una morte assurda.
La vogliamo pensare sorridente e radiosa accanto alle sue sculture.
E voglio anche sperare che la breve vita di Tania sia stata felice e piena di speranze radiose.
Fatti come questo, quando accadono, ci inducono a pensare a quanto sia labile ed incerto il confine tra la vita e la morte, tra l'esserci e il non esserci.

E' sufficiente un battito di ciglia, un'omissione, una distrazione, l'imponderabile che si presenta con la sua prepotenza, e il radicamento nella vita che pensavamo tanto forte è spezzato in un colpo solo.

Senza appello.

E viene da pensare all'ingiustizia delle cose e a come gli eventi siano governati da un farneticante dio folle oppure semplicemente da un fato crudele.

L'ingiustizia è nel fatto che spesso sono le persone belle, quelle con il sorriso sulla bocca e negli occhi a doversene andare. E nel fatto - speculare - che, spesso i loro carnefici, la fanno franco e continuano a vivere; e che, spesso, nemmeno la giustizia terrena è sufficiente a punirli.

E, ogni volta che ciò accade, dopo il Mondo è meno buono e meno bello: ha perso irremimediabilmente un frammento di Luce.

Sono in tanti quelli che ancora passano davanti al luogo dove Tania Valgarnuera ha perso la vita, tanti i fiori freschi (e rinnovati ogni giorno) sotto lo striscione bianco con il suo nome e attorno al relitto dell'ombrello che Tania stringeva tra le mani, per proteggersi dalla pioggia, mentre si accingeva al suo ultimo attraversamento di strada.

Le auto rallentano e i loro passeggeri lanciano occhiate, alcuni dei passanti si fanno il segno della croce, altri toccano il palo dov'è attaccato lo striscione e lo striscione stesso.

Tania è ancora là, forse, la sua presenza aleggia: si dice che quando si verifica una morte violenta ed improvvisa, le anime smarrite rimangano - in uno stato confusionale - ad indugiare nel luogo della loro dipartita, senza avere acquisito ancora una piena consapevolezza del loro nuovo status di trapassati.

I fiori, le attenzioni, i pensieri, le emozioni, forse possono servire ad alleviare il dolore e a facilitare l'uscita da questo limbo di anime smarrite che ancora non riescono a trovare la loro via.

 

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6 aprile 2015 1 06 /04 /aprile /2015 05:51
(Foto e articolo di Maurizio Crispi)
(Foto e articolo di Maurizio Crispi)
(Foto e articolo di Maurizio Crispi)

(Foto e articolo di Maurizio Crispi)

A Palermo, negli anni Ottanta, poco prima delle stragi che portarono alla morte di Falcone e Borsellino e dell'avvio dell'Operazione Vespri con sorveglianze armate davanti alle case dei magistrati e di altri obiettivi sensibili, in un delirio di auto di scorta e di mezzi blindati lanciati in folle corsa lungo le strade cittadine con armi spianate, e con sirene laceranti, ci furono due vittime e molti feriti, in Via Libertà, proprio di fronte al Liceo G. Meli, quando gli studenti Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella in attesa alla fermata dell'autobus, vennero falciati dall'auto blindata che trasportava i magistrati Falcone e Guarnotta. Nella stessa drammatica circostanza furono ben 23 i feriti.

Ciò accadde, per la precisione, il 25 novembre 1985.

Due vittime che lo Stato (e, direi, soprattutto, la nostra Amministrazione locale), ha semi-dimenticato.

Sotto la fitta verzura degli alberi che contornano l'antichissimo e storico edificio sempre in attesa di restauro e ripristino (Ciò che è rimasto dell'Istituto delle Croci), nel grezzo muro di conci di tufo è stata posta, incassata nella pietra, una piccola lapide commemorativa che ricorda appunto Biagio e Maria Giuditta.

Attaccato al muro in modo precario c'è uno stinto mazzo di fiori finti.

La piccola lapide è seminascosta dalle fronde: bisogna infilarcisi sotto i rami per poterla vedere.

Anche Biagio e Maria Giuditta furono vittime di mafia e, giustamente, sono ricordati in quanto tali nel sito web VittimeMafia.it, nato come "casa della memoria per le vittime della mafia".

Una volta estintasi generazione degli studenti del Liceo Meli che frequentavano la scuola al tempo del fatto e una volta andati in pensione gli insegnanti che ci lavoravano, sicuramente la memoria dell'Istituzione scolastica si è andata sbiadendo nel corso del tempo, e quella lapide riceve forse solo di tanto uno sbadato e malinconico tributo da parte dei familiari, anche quello destinato a deperire nel tempo: in fondo, non è detto che - a distanza di quasi trent'anni - ci siano ancora in vita dei genitori o dei parenti prossimi che possano ricordare.

Il tempo, come dice Marguerite Yourcenar, è un grande scultore, ma può anche essere un "grande livellatore". E soltanto noi uomini possiamo contrastare questa azione livellante del tempo, preservando le memorie più significative e tramandando il ricordo di persone ed eventi, attraverso il racconto, ma anche anche rendendo i luoghi una trama densa di cose rimarchevoli da ricordare e di ammaestramenti fondamentali per la costruzione del nostro senso civico.

Portare avanti questo compito dovrebbe essere precipuo dovere delle Istituzioni: in questo caso, se le nostre Istituzioni si sono prodigate a creare monumenti commemorativi dedicati alle vittime "illustri" di mafia, hanno lasciato nel dimenticatoio le sue molte vittime indirette, quelle che gli Statunitensi definirebbero "danni collaterali".

In altri contesti, proprio a Biagio e a Maria Giuditta, la cittadinanza - per il tramite dei suoi Amministratori - avrebbe eretto un piccolo (o grande) monumento alla memoria d'un episodio tragico e di insensata crudeltà, legata alle circostanze, per essere caduti vittime di un sistema in lotta contro un altro nel primo fiorire delle loro vite .

Ma la nostra - mi riferisco a Palermo - è in molte sue pratiche una città senza memoria, una città che non tributa alcun riconoscimento alle sue vittime, a meno che non si tratti di personaggi illustri e in qualche misura appartenenti alle istituzioni: e allora non mancano i cenotafi nei punti in cui la barbara uccisione è stata perpetrata, momenti celebrativi dedicati, manifestazioni, e - alla fine - purtroppo è la retorica ad averla vinta.

Se dei cittadini sono morti a causa di qualche insensato ed imprevedibile evento è giusto ricordarli: ma non da singoli cittadini, bensì per il tramite di coloro che hanno il governo della Comunità.

Londra, nei primi anni della II Guerra Mondiale fu sottoposta ad intensi bombardamenti tedeschi e soprattutto l'East End, obiettivo strategico di rilievo, per i suoi dock, per le sue attività commerciali ed industriali venne devastato.

Se si gira in quelle zone di Londra, si sarà sorpresi nell'imbattersi in targhe commemorative, che ricordano i punti in cui - a causa di quei bombardamenti - si sono verificati eventi luttuosi: in questa lapidi di marmo, viene citato il giorno e persino l'ora in cui dei cittadini persero la vita.

Si cammina, si leggono queste lapidi che sono delle vere e proprie pietre miliari della memoria, e ci ci si allontana meditando: ed intanto quelle persone vengono ricordate e non sono morte invano.

Si rafforza così il senso dell'appartenenza ad una Comunità, attraverso questo continuo lavoro sulla prospettiva e sulla Memoria storica.

Da noi, invece, si fa di tutto per dimenticare o per non dover ricordare: ma in questo modo si uccide la possibilità di far crescere una comunità e il suo senso civico.

Biagio e Maria Giuditta sono stati vittime due volte, per essere stati uccisi dalla violenza di una città devastata da due sistemi in lotta, quello della legalità e quella della delinquenza organizzata, e poi, per essere stati semi-dimenticati da tutti, anche se hanno pieno titolo per essere ricordati tra le Vittime di Mafia.

 

Auto falcia la folla un morto e 23 feriti (Articolo di La Stampa del 26 Novembre 1985)

Palermo — Un'auto dei carabinieri di scorta all'«Alfetta» blindata con il giudice istruttore Paolo Borsellino, uno del più impegnati nella lotta alla mafia, ha falciato la folla che attendeva ad una fermata di autobus nel centro di Palermo. Una tragedia incredibile: uno studente di 15 anni, Biagio Siciliano, di Capaci (Palermo), è morto poco dopo il ricovero in ospedale; ventitré i feriti, due dei quali in condizioni disperate: Maria Milella, 16 anni, figlia di un questore, e Calogero Geraci, di 15, pure studenti all'uscita dalle lezioni. Tra i feriti, tre sono militari che si trovavano a bordo dell'autopattuglia scontratasi con un'auto, rimbalzata su un'altra macchina, in attesa ad un semaforo e infine schizzata su una cinquantina di persone che, inermi, attendevano l'autobus. L'incidente è accaduto alle 13,35 tra via Libertà e piazza Croci. Al panico e al terrore — c'era chi parlava anche di dieci morti — mentre affluivano le prime ambulanze e i primi mezzi di polizia e carabinieri, per qualche attimo è subentrata la rabbia. Alcuni compagni dei ragazzi feriti, spalleggiati da passanti, hanno inveito contro i tutori dell'ordine.
C'è stato qualche isolato grido di 'assassini' ma subito è prevalso il senso della ragione e la vicenda è rientrata nei suoi logici contorni.
I ragazzi, assieme a docenti e bidelli del liceo classico Meli, erano usciti da appena tre-quattro minuti e avevano attraversato via Libertà per attendere l'autobus alla fermata.
Nelle ore di punta, che coincidono con l'entrata e l'uscita dagli uffici, le sirene delle auto blindate e delle vetture delle scorte attirano l'attenzione un po' di tutti e a volte provocano qualche polemica da parte di cittadini che gradirebbero più calma.
Tra le prime reazioni quella del sindaco, prof. Luca Orlando Cassio: "E' un fatto tragico, che colpisce tutta la città". Il procuratore della Repubblica Vincenzo Pajno, accorso anch'egli, ha detto: "il primo ad essere profondamente addolorato sono io, come magistrato, come uomo e come padre di famiglia. Bisogna comprendere che anche noi giudici sottoposti a particolari condizioni di sicurezza, a cominciare da me che sono succeduto ad un giudice ucciso, preferiremmo tornare a vivere in condizioni di serenità. Ma qui c'è gente come me che rischia la vita ogni giorno per fare interamente il proprio dovere. Certo, non vorremmo essere prigionieri di auto blindate e scortati.
Questo — ha concluso Pajno — non è solo un gravissimo incidente stradale, è anche la testimonianza della violenza di questa città".

VittimeMafia.it

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13 marzo 2015 5 13 /03 /marzo /2015 08:57
Uno scoiattolo in transito

Gli scoiattoli si incontrano di frequente qui a Londra.
Con loro sono degli incontri fuggevoli: appena ti vedono, schizzano via, con movimenti aggraziati, tenendo in alto la loro coda piumosa, che orgogliosamente bilancia i loro aerei salterelli e balzi.

E rapidamente si sottragono alla vista, andando a nascondersi nelle loro tane sugli alberi.

Soltanto la ricerca del cibo li spinge a venire allo scoperto, lontano dalle loro ombrose dimore.

Sono amabili questi scoaittoli e uno, a volte, vorrebbe poterli esaminare da vicino o indurli a venire a prendere del cibo direttamente dalla tua mano.

Ma loro non si lasciano corrompere: semplicemente accettano la presenza degli Umani, come un necessario complemento dello scenario naturale in cui si muovono (almeno nei contesti metropolitani).

L'altro giorno, mi sono imbattuto in uno scoiattolo morto: giaceva senza vita sull'erba del giardinetto.

Il suo corpicino era disteso in quello che sembrava un ultimo balzo.

Gli occhi spalancati in una visione di qualcosa di ineffabile.

Li avrei chiusi volentieri quegli occhi, se soltanto avessi saputo come fare, così come si fa n un gesto universale di pietas per chi è appena morto.
La coda piumosa tutta aperta con i suoi sottili filamenti di pelo: che ora penzolavano un po' spenti, rispetto alla magnifecenza che si dispiega nei balzi degli scoiattoli viventi, con l'argento addosso.

La piccola cosa morta mi ha fatto tenerezza, l'ho visto che ancora la vita non era del tutto fuggita da lei (almeno così ho pensato), prima di trasformarlo in una foglia secca.

Uno scoiattolo in transito verso il mondo delle Ombre....
 

Uno scoiattolo in transitoUno scoiattolo in transito
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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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