(Maurizio Crispi) Durante i giorni d'inverno, quando soffia il vento gelido e si aggiunge anche la pioggia, è frequente vedere in strada le comiche - a volte grottesche - sceneggiate dei viandanti alle prese con gli ombrelli scossi, strattonati, rivoltati come calzini dalle violente raffiche che si accaniscono su di loro come uno stuolo di giganti invisibili in vena di far dispetti.
Cercano di trattenere quell'ombrello, mentre forza la mano che lo regge e cerca di volare via assecondando il vento.
In altri casi, si muovono a passettini veloci quasi fossero spinti da una vela (l'ombrello metamorfizzato), quasi inseguendo il proprio centro di gravità.
Altre volte, li vedi accanirsi nel tentativo estremo di chiudere quel maledetto ombrello, prima che il vento abbia la meglio e lo distrugga, rivoltandolo come un calzino e frantumandone la fragile struttura.
E, intanto, cortine di pioggia si abbattono su di loro, rendendo la scena vieppiù surreale oppure tramutandola in una comica finale se, nel frattempo, un refolo di vento più stizzoso strappa loro il cappello, trascinadolo via e costringendoli a partire al suo inseguimento, ma sempre alle prese con i dispetti del maledetto ombrello.
Poi, è molto comico - a volte quasi esilarante - stare ad osservare ciò che fanno dopo l'esito di queste scaramucce.
Alcuni, pieni di dignità e cercando di celare l'offesa subita, riprendono a camminare impettiti, come se nulla fosse accaduto, senonché l'ombrello é ora tutto sbilenco e strappato in più punti (e non serve più al suo scopo).
Altri, invece, nello scontro impari, finiscono con l'adirarsi, prendono l'ombrello e, in un impeto di rabbia convulsa, scagliano lontano da sé quella povera cosa sventrata, squarciata, contorta, a volte ridotta ad un semplice scheletro di asticciole di fragile alluminio (altro che i robusti ombrelli di un tempo, con la struttura in robusto acciaio di Sheffield)...
In questi casi, anche gli ambientalisti più convinti e gli assertori della raccolta differenziata, non resistendo al rabbioso impulso, contravvengono alle loro convinzioni più profonde e radicate.
Non resistono alla razionalità del loro pensare in tutte le questioni che riguardano il senso civico e non possono per nulla riportare a casa quel povero utensile mutilato e offeso che, piuttosto, deve essere ulteriormente strappato e lacerato, schiacciato sotto i piedi, contorto e ritorto ulteriormente, aggiungendo danno al danno..
Solo così essi trovano sollievo dall'affronto subito.
E così accade che, dopo un giorno di buriana, la città è costellata di cadaveri di ombrelli colorati e contorti che giacciono in mezzo alle foglie morte dei platani e ad altri detriti vari, mentre altri pendono dalle inferriate come sbilenchi frutti ormai troppo maturi, o sono stati ficcati dentro un cesto delle spazzatura, oppure risucchiati dentro un tombino.
Se ne stanno lì per diversi giorni sottoposti ad un ulteriore degrado, come fiori dai vivaci cromatismi che vanno appassendo, quasi che volessero organicarsi, mimetizzarsi, penetrare nel terreno, lascianddo scomparire ogni traccia di sé.