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11 maggio 2021 2 11 /05 /maggio /2021 07:25

Anche oggi mi sono avventurato nella solita passeggiata mattutina con i cani
Un po' più tardi del solito: e, quindi, è stato inevitabile confrontarmi con l'inaudito traffico mattutino, con le polveri sottili e con la nube di gas di scarico.
Ormai la quiete (totale) del primo lockdown e quella (relativa) del secondo sono una reliquia del passato.
Siamo tornati alle vecchie abitudini di prima.
Traffico indicibile (anche perché, adesso, le persone, al mezzo pubblico, preferiscono l'auto privata), motociclette e ciclomotori, scooter, monopattini elettrici: un carosello infernale ed impazzito.
E poi, a farla da padrona, c'è la suonata del clacson. Ad ogni pie' sospinto.
Sono degli idioti quei suonatori di clacson, - lo dico senza mezzi termini - una razza boriosa ed insopportabile. Io capisco che lo si possa suonare, quando si configura una situazione di pericolo (come mi hanno insegnato alla scuola di guida tanto tempo fa). Al di là di questa evenienza, io mi rifiuto di farlo: la considero una trasgressione gratuita alle norme ma anche segno di profonda maleducazione.
Ma anche espressione di stupidità profonda e abissale: se tu se bloccato nel traffico, cosa cambia nella tua vita, tra il suonare nervosamente il clacson (HONK! HONK! PEEE! PEEEE!), creando una babele di suoni discordanti, ed l'attendere pazientemente?
Nulla, sostanzialmente. Eppure quelli che lo fanno si illudono che così facendo riusciranno prima a superare il blocco. In altri termini, si illudono di poter aver un maggior controllo sulle proprie vite: se poi, dopo aver suonato, il traffico si sblocca e loro - gli impenitenti suonatori - riescono a procedere di mezzo metro, ecco allora che si crea un immediato rinforzo tra suonata e senso di autoefficacia ("Io può!").

E quindi uno, da passante, oltre a respirare le esalazioni tossiche, deve subire il concerto dissonante dei clacson e il costante brusio dei motori.

E non parliamo dei marciapiedi che nelle ore di punta diventano piste per motocicli, motociclette e quegli infernali monopattini elettrici che io prenderei volentieri a calci (se non ci fosse la mia coscienza morale ad impedirmelo)!

Ma è questo veramente il mondo che vogliamo?
Sembra davvero che la sola cosa importante sia ritornare a percorrere la strada della vita velocizzata e del "consumismo che ci consuma".
Istruiti dalla lezione che stiamo vivendo, non dovremmo educarci a modelli di vita più sostenibili e più rispettosi dell'ambiente?
In realtà, la lezione che se ne trae è che, mediamente, le persone si rifiutano di apprendere dall'esperienza e di voler tornare, invece, implacabilmente alle vecchie abitudini nocive.
Quindi, tutto si sta rimettendo a posto esattamente come prima. E andrà ancora peggio, visto che tutti spingono verso la direzione delle riaperture e del "liberi tutti" senza più alcuna restrizione. Costoro scalpitano e non vedono l''ora di correre liberi all'aperto, con la massima libertà, come cavalli troppo a lungo trattenuti nelle stalle.
Consumiamo tutto, via! Consumiamo le risorse, consumiamo l'aria. Facciamo attorno a noi terra bruciata.
Lasciamoci consumare dal consumismo!
Tutto sommato il sogno di una vita diversa con cieli più puliti e limpidi, con un aria respirabile, con meno tecnologia obsolescente (e la condanna di doverne costantemente rinnovare gli oggetti) è stato (e rimarrà) soltanto un sogno. Abbiamo toccato con mano qualcosa di ciò, al tempo del primo lockdown,quando animali prima assenti hanno ricominciato ad avvicinarsi agli spazi metropolitani e a colonizzare le periferie.
Adesso, ciecamente, riprenderemo a viaggiare verso la catastrofe.  La maggior parte dell'Umanità, totalmente ottenebrata, ostaggio di un manipolo di super-ricchi che sempre decideranno cinicamente per le soluzioni più vantaggiose per loro e per proprio esclusivo interesse che, stranamente, risultano essere sempre le più devastanti per l'ambiente.
E la catastrofe prossima ventura, potrà configurarsi come una recrudescenza di questa pandemia, oppure potrà essere nella forma di una nuova pandemia che ci attende nel futuro; oppure in forma di qualche disastro ambientale che ci aspetta dietro l'angolo. E tutti, quando l'evento X si verificherà, cascheranno dalle nuvole, si sentiranno oppressi e sconfitti, immagineranno di essere colpiti da un destino avverso oppure da un dio crudele. Diranno: "Ma come! Cosa sta succedendo? Che colpa abbiamo noi?"
Nessuno imparerà mai, purtroppo.
Così la vedo io.
E sono sicuro che ci sono molti altri che condividono questa mia linea di pensiero, ma purtroppo siamo noi a dover soccombere o a dover rimanere ostaggio di una differente fetta di "Umanità".
Una Umanità "non umanità", forse, costituita dai furbi, dai prepotenti, dai vanagloriosi, dagli arroganti, da quelli che bramano per il potere, dai consumatori ad oltranza che poi sono quelli che non pensano, non riflettono, non leggono (si limitano a vivere da predatori che soddisfano i propri bisogni primari).
Eppure, saranno loro a sopravvivere: come nel caso di una catastrofe su scala planetaria, saranno gli insetti a prendere il sopravvento.
Un punto di vista forse sin troppo estremo, forse.
Certo è che quelli che veramente vogliono un mondo migliore, sono i più visionari e per ciò stesso sono anche i più vulnerabili.

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9 maggio 2021 7 09 /05 /maggio /2021 07:12
Foto di Maurizio Crispi

Oggi (è domenica) sono uscito per la solita passeggiata mattutina con i cani.
Dopo avere percorso diverse centinaia di metri, mi sono accorto di essere senza la mascherina.
Sul momento, preso quasi dal panico, avrei voluto tornare indietro e mi sono incamminato verso casa, a passo deciso.
Persistono queste reazioni anomali, come ieri - ad esempio - quando essendo in una Villa di Palermo per una festa di compleanno ci siamo tutti levati la mascherina, mantenendo le distanze nella conversazione, ovviamente. Ma vedere tutti quei volti ignudi mi metteva un certo disagio ed anche ansia .
Non siamo più abituati a stare con il volto libero, ecco. Almeno quelli di noi che da sempre si sono attenuti all'indicazione della mascherina.
Tornando a questa mattina: poi non ne ho fatto niente, ho rinunciato. Non mi sono voluto accollare il disagio di tornare a casa per prendere la mia amica/nemica.
E sono rimasto a viso nudo. Per una volta libero.
Per darmi un contegno , ho preso a corricchiare, invece di stare semplicemente a camminare, anche se non era nei miei piani e nei miei desideri: la corsa infatti dà licenza di non utilizzare la mascherina.
E così ho fatto un bel circuito sempre tapascionando.
Una corsa ridicola, diciamocelo pure, ma pur sempre corsa era.
Devo anche dire che, dopo tanto rumore per nulla, i resti del razzo cinese sono caduti dalle parti delle Maldive. Pericolo scampato, dunque.
Oggi il cielo è di un azzurro intensamente acrilico, sparatissimo, che - se lo si fissa per qualche istante - fa male agli occhi, ma soprattutto al cuore, perché ti entra dritto nella mente e nel petto, come una scheggia acuminata.
E c'è il profluvio dei profumi della primavera, così intenso nel suo melange che quasi stordisce, come quella parete di recinzione interamente ricoperta da una fittta cortina di jasminum rincospermum che quasi stordisce con il suo profumo sontuoso ed intenso.
Gli alberi selvaggiamente capitozzati qualche mese fa hanno cominciato a riprendersi e, dove i tronchi sono stati mozzati, si sono già formati (per fortuna) fitti cuscinetti di vegetazione giovane e tenera.
Oggi, è anche a festa della mamma e quindi auguri a tutte le mamme del mondo..

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4 maggio 2021 2 04 /05 /maggio /2021 08:41
assembramenti in occasione di Inter vincitrice scudetto 2020-2021 (fonte: MilanoToday)

A posto siamo.
Con quattro partite di anticipo rispetto alla fine del Campionato di Serie A, è certo che per l'Inter è assicurato lo scudetto dopo più di dieci anni trascorsi a stecchetto, nell'eterno antagonismo con il Milan (credo, almeno, del Calcio non me ne può fregar di meno).
Risultato immediato: festa di piazza con oltre trentamila (dico TRENTAMILA!) tifosi e supporter scesi in piazza a festeggiare: quindi, assembramenti megagalattici, ovviamente niente mascherine, niente distanziamenti, conversazioni urlate e sputacchiamenti assicurati. Nube tossica e letale che si spande su questa bolla di abbassamento radicale delle precauzioni.
Non ci sta proprio.
Ma quello che non capisco è l'atteggiamento tiepido degli amministratori e dei commentatori nei media.
Come se, nel nome del Calcio, tutto dovesse essere consentito e che, di conseguenza, occorra guardare a simili eventi con atteggiamento paternalistico: "In fondo sono solo ragazzi che festeggiano". Oppure: "Sarebbe stato peggio se tutto ciò fosse avvenuto allo stadio!" [ma cosa vuole significare questa frase, poi: forse questo "Non stateci a rompere i coglioni perchè gli stadi sono ancora chiusi al pubblico"?.
E, in ogni caso, con assoluta tranquillità, dicono: "Be', tra due settimane si vedranno le conseguenze di tutto questo!". E ci sono altri che chiosano: "Al tempo dei festeggiamenti partenopei per una vittoria del Napoli, sempre in tempo di Covid, ci fu in piazza un analogo furor di popolo, ma in quella circostanza non si verificò il temuto incremento dei contagi". E quindi - sembrano suggerire, con questo riporto: non demonizziamo, non preoccupiamoci! Dai, vedrete che non succederà nulla! Assurdo.
Mi sento di poter dire che, in fondo, dal tempo dei combattimenti dei gladiatori nell'antica Roma non è cambiato nulla. Date loro panem et circenses e tutto andrà bene.
Ma in che mondo viviamo?

A queste scene ignobili hanno fatto da contrappunto quelle verificatesi nell'ultimo week-end in molte piazze d'Italia, con assembramenti giganteschi (sempre senza mascherina) ed infrazioni di massa alle regole del coprifuoco.
Sono profondamente arrabbiato!
Ci sono i cittadini che si uniformano alle regole per la propria salvaguardia, ma soprattutto per quella della comunità.
Cittadini che per questi motivi fanno sacrifici e si limitano costantemente, anziché dare libero corso ai propri istinti e desideri (più che legittimi).
Ci sono altri cittadini, invece, (per me "non cittadini") ai quali tutte le trasgressioni sono consentite, in questo caso per una futile causa e cioè "in nome del Calcio".
A questo punto ci vorrebbe la famosa e sonora esortazione di Grillo (che è da sempre stata il suo marchio di fabbrica - quasi un logo - e che penso soltanto, ma non dico perché Grillo mi sta del tutto antipatico).
Quell'esclamazione qui ci starebbe proprio bene.
E' mai possibile - dico io - che, per alcune migliaia di coglioni che inneggiano ad una vittoria calcistica (da includere nella casistica dei "coionavirus" di cui ogni tanto si parla a TG0 di Radio Capital), molti milioni di cittadini debbano trovarsi in un prossimo futuro a poter patire conseguenze in termini di aumento dei contagi, malattie, morti e sofferenze, per non parlare di future ulteriori limitazioni che verranno.
Per me il Calcio andrebbe abolito seduta stante, come espressione delle peggiori manifestazioni mai registrate in questi tempi tristi di Covid contro il senso di far parte di una comunità civile.

 

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27 aprile 2021 2 27 /04 /aprile /2021 10:02
Gli impenitenti e i recidivi della movida (foto presa da internet)

Scocca l'ora delle riaperture: ma c'è da esser davvero contenti e gongolanti?
Su questo interrogativo c'è poco da dire o molto, a seconda dei punti di vista. Secondo me, le manifestazioni di totale contentezza fanno parte di una vuota e pericolosa retorica.
Forse, il monito più appropriato cui ricorrere in questo frangente è il manzoniano "Adelante, Pedro, con juicio!" (esortazione autoriale che, qui, è sorta spontaneamente nel mio flusso associativo, anche se dopo, dando un'occhiata su internet ho visto che è stata ampiamente utilizzata per titolare gli articoli e i post che parlavano della fase di riaperture dopo la fine del primo lockdown duro: ma ho voluto lasciarla e metterla nel titolo, per la sua icastica brevità ed incisività, al tempo stesso).
D'altra parte, propria rispetto ai rischi cui andiamo incontro, abbiamo l'esempio concreto della Sardegna, dichiarata (forse, con un certo azzardo) zona bianca qualche tempo  fa ed ora ritornata al rosso e, per il momento almeno, con poche prospettive di riaperture.
L'essere stata dichiarata "zona bianca" che, per la Sardegna, era stato un punto fermo che, invidiato da molte altre regioni, avrebbe potuto essere una garanzia per il rilancio delle attività economico-turistico nel lungo termine e che si è invece trasformato in un "carta bianca" per i comportamenti più irresponsabili da parte di tutti: e il risultato è ora sotto gli occhi di chiunque: zona rossa, senza sconti.
Eccoci di nuovo, dunque, dopo un periodo prolungato di magra ad una fresca fase di riaperture.
In molte regioni d'Italia - di fatto, nella maggior parte -  si torna al Giallo, un colore prima scomparso dalle mappe del contagio.
C'è da esser contenti o, piuttosto, preoccupati? Io sarei propenso alla preoccupazione, anche se capisco che parlare in questi termini può suscitare da parte di molti l'accusa di voler essere menagramo e disfattista.
Alcune scene trasmesse in radio e nei canali social, su quanto è avvenuto in alcune città italiane, alla vigilia del cambiamento di colori, non sono confortanti: è come rivivere qualcosa che si è già verificato in passato. il ritorno di un famigerato e pericoloso "liberi tutti", senza alcuna prudenza. Niente uso della mascherina, folla, assembramenti inverosimili, gente che si parla addosso, conversazioni concitate e urlate con sputacchiamenti potenziati.
Una celebrazione forsennata, insomma, del "diritto a divertirsi", in spregio a qualsiasi comportamento dettato più che dalle norme etero-imposte dal buon senso.
E, quindi, auspichiamo riapertura, sia pure con moderazione e regole e, soprattutto, con il senso dell'autodisciplina.
A proposito delle riaperture scattate ieri, ho visto delle immagini in TV di gente rarefatta negli spazi aperti (nei dehors, come va di moda dire), seduta ai tavoli di un ristorante o a prendere un aperitivo.
Devo dire: immagini tristi e non liete, poiché tutto sembra innaturale, forzato.
I locali pubblici, soprattutto quelli della movida sono fatti per la ressa, la confusione, l'assembramento, e vivono di questi elementi, il rumore di sottofondo delle chiacchiere che crea una colonna sonora assieme all'acciottolio di stoviglie e al tintinnare delle posate, senso-percezioni che accrescono la consapevolezza dell'esser parte di un tutto.
La regolamentazione (necessaria) introduce un elemento di non naturalezza in queste consuetudini conviviali fuori da casa propria. Ma questi sono i tempi e questo è ciò che ci viene richiesto.
Io, personalmente, non avrei voglia di andare a prendere un aperitivo oppure di sedermi al ristorante, in una dimensione in cui tutto viene pesato e misurato.
Ma, probabilmente, non lo farei nemmeno se i pesi e le misure fossero del tutto aboliti. Sotto questo profilo, non sono un animale sociale, io.
Hanno aperto anche i cinema, con ingressi contingentati. E hanno fatto il pieno di gente, cinefili come me, che avevano una voglia spasmodica di grande schermo. In un cinema di una città del Nord - forse Milano (sì, Milano, il cinema Beltrade)- per celebrare l'evento della riapertura, hanno deciso di fare una sorta di super-matinée, con un primo spettacolo addirittura alle 6.00 del mattino, e l'iniziativa ha avuto un pieno successo, con l'arrivo di spettatori prenotati e di altri addirittura senza il booking online.
Sì, a cinema, invece, ci sarei tornato volentieri, anche perchè il cinema, per me, il più delle volte è qualcosa da gustare in solitudine, anche per non dovermi sobbarcare il fastidio di qualcuno che mi dà colpi sulla spalla o mi stringe il braccio, se per caso mi dovessi addormentare per qualche minuto.
Il cinema mi manca molto, sì.
La Sicilia è passata in arancione, si sì. Ma in realtà, la mia - la nostra - è una regione in bilico, dal momento che sono ancora molte (e, per giunta, in crescita) le zone rosse: interi territori comunali o provinciali, come è nel caso della provincia di Palermo.
Se si guarda la mappa della Sicilia con i diversi colori che la percorrono e la intersecano si potrà avere l'impressione di osservare una forma di gruviera.
Mi fa ridere il dibattito sul coprifuoco, questa specie di forsennato tiro della fune forsennato per spostare di un'ora (alle 23.00) l'inizio del coprifuoco. Per come i litiganti si accaniscono su questo punto sembra di essere davanti a questioni di vita o di morte di primaria importanza, quando le cose gravi sono ben altre. Chi non è assordato e accecato dal rumore mediatico di questi dibattiti, potrà guardarsi attorno, senza pregiudizi o filtri, e rendersi conto di ciò che veramente accade.
Tutti questi dibattiti, inoltre, a certi livelli sono utili, poiché distraggono l'attenzione da eventi tragici, su i quali è comodo stendere un velo di silenzio, evitando che nei canali ufficiali si apra un pubblico dibattito, come nel caso del barcone di migranti con 130 anime a bordo, affondato alcuni giorni fa: e nessun superstite.
Una tragedia che è passata nel silenzio generale (e colpevole) dei nostri governanti.
L'emergenza non più emergenza Covid è un grande coperchio che ha permesso di coprire tutte le questioni scomode sulle quali sarebbe stato necessario attivare un dibattito politico e pubblico.
I probleni sono risolti: non se ne parla più, quindi non esistono più.

E' davvero tragico, questo.

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15 aprile 2021 4 15 /04 /aprile /2021 11:08
Il simbolo del rischio biologico

"Pandemia" di Lawrence Wright (titolo originale: The End of October, nella traduzione di Elena Cantoni e pubblicato da Piemme nel 2020) è un ottimo romanzo scritto da un premio Pulitzer per il giornalismo d'inchiesta
Già, perché in una cornice fiction, contiene tutte le tematiche che ruotano attorno ad un evento pandemico e all'evento pandemico che ci afflige in particolare.

"Pandemia" è un thriller attualissimo sulle conseguenze devastanti di una pandemia. Così viene presentato dalla casa editrice quest'opera fiction da parte del giornalista statunitense Lawrence Wright, già insignito del Premio Pulitzer nel 2007, autore del saggio-inchiesta "Le altissime torri" sull'attentato alle Twin Towers e di un saggio sul terrorismo nel XXI secolo a partire da Osama Bin Laden.
Wright è avvezzo al giornalismo d'inchiesta e in quest'opera non tradisce la sua vocazione. Infatti, pur essendo l'impianto dell'opera di tipo fictional, tuttavia egli trasfonde nelle sue pagine una documentata conoscenza sulle diverse tematiche che sono state attivate dall'attuale pandemia da Covid 19. In questo senso, se da un lato si presenta nella confezione di un "medical thriller", dall'altro lato introduce temi di attualità politica con una mascheratura "fantapolitica".
La specifica pandemia di cui si tratta nel romanzo è fiction, mentre i meccanismi della diffusione, i tentativi di arginarla, i dibattiti politici, i tentativi di minimizzare o di amplificare, le menzogne e le finte verità, gli scontri tra nazioni sino alle più vivaci tesi complottiste hanno le loro radici nell'attualità.
Mi sono accostato a "Pandemia" per curiosità ed anche per tenermi aggiornato sul tema: avendo già letto con grande foga ed interesse "Spillover" di Quanmen devo riconoscere che è davvero notevole lo sforzo di Wright nel costruire un romanzo, per così dire, didascalico e quasi pedagogico sull'argomento attualissimo delle pandemie.
Ma devo anche riconoscere che come romanzo gli manca qualche ingranaggio, nel senso che il meccanismo narrativo non è fluido e, a volte, sembra incepparsi: forse proprio perché l'autore non riesce a discostarsi dal suo obiettivo pedagogico ed informativo, mettendo in scena dei personaggi che rimangono sostanzialmente asettici e privi di anima.
Ne suggerisco la lettura,in ogni caso, soprattutto se abbinata a "Spillover" che, per quanto saggio ed inchiesta giornalistica, si legge davvero come un romanzo.

Lawrence Wright, Pandemia, Piemme, 2020

(Dal risguardo di copertina) All'Assemblea Mondiale sulla Salute a Ginevra viene presentato il caso di una strana influenza sviluppata da poco in un campo profughi a Giacarta, dove nel giro di poche ore si sono verificati 47 decessi. Il dottor Henry Parsons, un epidemiologo di fama mondiale, decide di partire per l'Indonesia dove trova uno scenario apocalittico. Capisce che si tratta di un virus ignoto, letale e caratterizzato da una diffusione rapidissima. Quando viene a sapere che il suo autista è partito per un pellegrinaggio alla Mecca, dove ci sono più di tre milioni di pellegrini, intraprende una corsa contro il tempo per trovarlo e metterlo in isolamento. Ma è troppo tardi. Mentre l'epidemia ormai si sta diffondendo in tutto l'Occidente, tra le due grandi potenze mondiali, Stati Uniti e Russia, la tensione è alta. È vero che questo virus mortale è stato creato in laboratorio dalla Russia con lo scopo di scatenare un conflitto e ristabilire la propria egemonia in Medio Oriente? E che ruolo hanno le armi chimiche nella diffusione di questo tipo di virus?

 

L'autore. Lawrence Wright è un giornalista del New Yorker, drammaturgo, sceneggiatore e autore di dieci libri di saggistica, tra cui Le altissime torri (Adelphi), con il quale ha vinto il Premio Pulitzer nel 2007.
Ha insegnato all'Università del Cairo in Egitto. Vive con la moglie ad Austin, in Texas.

 

 

 

 

 

Lawrence Wright racconta il suo thriller profetico

 

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13 aprile 2021 2 13 /04 /aprile /2021 13:47
Dal gelataio in tempo di Covid (foto di Maurizio Crispi)

Dopo una breve permanenza di giochi in una piazzetta alberata dalle parti di via Pacinotti, abbiamo portato i bambini a mangiare un gelato.
C'è appunto un gelataio lì vicino, proprio accanto alla Chiesa di Sant'Ernesto.
Siamo in zona rossa, tuttora (in Sicilia i nuovi contagi galoppano gagliardi): quindi, solo e rigorosamente gelati da d'asporto. Ma come si fa a distinguere un gelato d'asporto da uno che non lo sia? Una bella domanda, davvero!
Si potrebbe pensare che i gelati (in forma di cono, o di brioche o di coppetta) vengano asportati nudi e crudi, visto che il più delle volte sono fatti per essere consumati all'istante, magari deambulando oppure intenti in peripatetiche attività.
Ed invece no! Perché essi siano considerabili da asporto devono essere ben impacchettati e confezionati, come se uno li dovesse portare sino a casa.
Un piccolo paradosso, visto che poi gli utenti si fermano a consumare subito fuori dalla gelateria, utilizzando le panche predisposte per i tempi non-Covid.
Qui, i clienti si fermano a spacchettare gli incarti per poi consumare.
Non sarebbe più semplice consegnare i gelati così come sono, lasciando che i clienti li mangino nei paraggi, senza tante complicazioni, visto che quasi nessuno intende portarseli sino a casa? In fondo, basta che siano in movimento mentre mangiano e che non facciano assembramento.
E invece no: perché i gelati possano essere considerati d'asporto, non è sufficienti che siano "asportati" da un cliente deambulante, ma lo devono anche dichiarare esplicitamente con il loro incarto: "Siamo dei gelati d'asporto".
Invece di una simile complicazione i maestri gelatai potrebbero attaccare ai gelati d'asporto senza incarto un cartellino che dice "Io sono un gelato da asporto": giusto per non dar luogo a fraintendimenti...
E questa regola riguarda anche alcune delle spregiudicate e golose essenze messe in evidenza in uno speciale settore del banco d'esposizione, gelati di grido - si potrebbe dire: come lo "Sputnik", il "Johnson&Johnson", il "Moderna", lo "Pfizer" e l'"AstraZeneca".
Tutti in fila a scegliere queste esotiche e avveniristiche essenze, dalla ricetta segretissima, rigorosamente in confezione da asporto...

 

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31 marzo 2021 3 31 /03 /marzo /2021 10:02
Putignano 2013 (forto di Maurizio Crispi)

Sono in una grande città antica, dove è in corso la festa dei suoi santi protettori.
Mi ritrovo a solcare a fatica la folla fitta che si accalca in una via contornata su ambedue i lati da alti palazzi medievali e rinascimentali.
L,assembramento è davvero immane, perché tutti si accalcano in processione dietro quattro enormi statue di santi benedicenti che vengono spinte e tirate affiancate, sì da occupare con la loro mole l'intera larghezza della strada, svettante sino ad oltre il primo piano degli edifici che la fiancheggiano.
Io cerco di divincolarmi, insinuandomi nei pertugi tra i corpi stretti come sardine e cercando di ignorare il lezzo di sudore, di panni non lavati bene e di eccitazione che da essi promana.
Ho con me la macchina fotografica.
Sono lì per realizzare un servizio e devo assolutamente raggiungere il fronte della processione per potere immortalare con i miei scatti i colossali simulacri sospinti in avanti.
E, alla fine, ce la faccio: e posso finalmente riprendere dal basso i volti barbuti dei quattro santi, impassibili e immobili, mentre la folla urlante sembra farli lievitare in alto, rendendoli ancora più più ieratici.
Poi, finalmente svincolato dalla calca, proseguo in avanti per attendere la testa della processione sul sagrato d'una grande cattedrale gotica, con torri, guglie, archi rampanti e gargolle prominenti.
Mi avvicino al grande nartece sul fronte della chiesa e qui c'è allestito un palco forse per le autorità e le personalità eminenti della cittadina. Davanti al palco, c'è un grande tavolo, con sopra libri, pergamene, rotoli di scritture antiche. E, attorno ad esso, distinguo chiaramente la regina Elisabetta con indosso la corona e il suo consorte, il Principe Filippo. Con sussiego, una guida illustra loro il contenuto delle pergamene e carpisco dei frammenti di conversazioni: il loro cicerone vuole mostrare loro delle fonti documentarie originali che rafforzano ulteriormente l'antichità della casata dei regnanti.

 

La regina Elisabetta e il Principe Filippo

Dopo aver esaminato le carte che sono loro sottoposte, il Principe Filippo ribatte che non si tratta di nulla di significativo, poiché sono soltanto delle fonti indirette.
Nel mentre, scatto foto su foto, avvalendomi dello zoom, con dei bei primi piani che andranno ad arricchire il mio archivio fotografico.
Poi mi allontano di qualche passo per potere fare anche delle inquadrature d'insieme e mi accorgo che sotto un porticato al cui riparo sono state allestite file di seggiole per gli spettatori convenuti c'è mia cugina L°°°°° e accanto a lei il cugino A°°°°.
Cerco di attirare l'attenzione di L°°°°° e le faccio cenno con le dita di guardare in direzione del palco. Guarda chi c'è! La Regina d'Inghilterra, nientemeno! E la invito a venire più vicino a me per poter guardare meglio.
Lei è titubante, non vuole lasciare la sua postazione. Ma poi si alza e mi raggiunge.
La faccio scrutare attraverso l'occhio del teleobiettivo.
E la corona impreziosita di gemme rifulgenti si vede benissimo.

Dissolvenza

Di primo acchito, mi viene da dire che questo sogno è un po' la summa di ciò che non si dovrebbe fare alla presenza di Sua Maestà Corona-Virus... ahahah
C'è la folla, anzi la calca, incurante di qualsiasi regola di distanziamento (che è proprio dei tempi della Pandemia).
C'è l'apoteosi dei corpi sudati e maleolenti. Ci sono le voci disarticolati delle persone in preda all'eccitazione mistica che parlano e gridano proiettando goccioline di saliva attorno a sè.
C'è la ressa e bisogna sguisciare di qua e di là per farsi strada.
C'è l'eccitazione di un evento pubblico di massa, nel quale solitamente - che esso sia sportivo o religioso o di cultura non fa differenza - le individualità dei singoli si perdono nel bagno di folla.
Ho sentito che a Barcellona è stato celebrato un concerto con pubblico per la prima volta dall'inizio della pandemia, con degli accorgimenti però, miranti a creare una sorta di "bolla" di sicurezza, quali l'esecuzione del tampone subito prima dell'ingresso nel luogo dell'evento (il cui costo era incluso nel prezzo del ticket), termoscanner, obbligatorio l'uso della mascherina, ingresso in sezioni separate con limite in ciascuna sezione del numero di partecipanti in modo tale da consentire l'opportuno distanziamento.
Ho sentito anche di un evento tipo rave che è stato realizzato in uno spazio all'aperto, dotando tutti i partecipanti di cuffia per l'ascolto della musica e dando loro l'opportunità di danzare - anche roteando come dervisci - ma senza contatti fisici con nessuno degli altri partecipanti.
Insomma, gli eventi pubblici, in attesa di tempi migliori, si stanno rimodulando, così da creare - pur nelle restrizioni - delle modalità alternative.
Secondo me il Calcio dovrà continuare così ancora per molto tempo, come anche bisognerà mantenere le restrizioni nei confronti dei grandi eventi podistici di massa: in entrambi questi casi, perchè non è tanto l'evento in sé a creare dei problemi quanto piuttosto le condizioni di sovraffollamento che si vengono a creare sia prima sia dopo.
Ed intanto le città (ed anche le periferie extraurbane) pullulano di diavoletti in motopattino elettrico, nei cui confronti non ho personalmente alcuna simpatia. I loro fruitori, imbambolati e mummificati a bordo di questi mezzucoli, mi sembrano tutti dei dementi, il più delle volte.
Mi chiedo: perché non usare una "sana" bicicletta all'antica che è gratis e che ti fa fare un buon esercizio fisico?
Boh, cose da decerebrati...
Intanto possiamo pregare i santi protettori e rivolgersi alle entità superiori e soprane a cui ciascuno crede di più perché la piaga del Covid passi presto o che si attenui: e alcuni per ottenere questo risultato hanno - notizia recente che viene ahimè dalla Sicilia - hanno deciso di percorrere la strada della falsificazione dei dati. Quasi un paradosso perché si tratta di una truffa senza beneficiari (oppure se questi avrebbero dovuto esserci, chi essi possano essere  allo stato attuale mi sfugge ancora).
Ma - io credo - non ci sono ne falsificazioni nè miracoli che potranno emendare le cose guaste (anche se l'aspettativa di riceverli - in molti - rimane forte, come è nel caso dell'"idolo" vaccino, considerato come la nostra ultima spiaggia), ma soltanto i comportamenti corretti potranno veramente fare la differenza: che attraverso la rinuncia a certe abitudini radicate del "prima" e alla rimodulazione di altre, assieme all'acquisizione di abitudini del tutto nuovo, potranno veramente salvarci.
Considerando anche, tuttavia, che ai tempi del Coronavirus una normalizzazione, intesa come il ritorno alle abitudini precedenti, non sarà possibile per molto, molto tempo ancora.

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26 marzo 2021 5 26 /03 /marzo /2021 12:28
Luca Ricolfi, La notte delle ninfee, La Nave di Teseo, 2020

Nel panorama variegato dei numerosi saggi sinora usciti sulla Pandemia nella quale siamo tutt'ora impantanati (e forse solo ora cominciamo a vedere la luce alla fine del tunnel) spicca particolarmente per il suo vigore espositivo La notte delle ninfee. Come si malgoverna un'epidemia, saggio di Luca Ricolfi (uscito in libreria a gennaio 2021 per i tipi di La Nave di Teseo): non a caso, Luca Ricolfi, in quanto persona che parla fuori dai luoghi comiuni e che espone le sue idee non sulla base di opinioni, ma di fatti comprovati e supportati dalla scienza statistica, è considerato una delle "Cassandre" italiane nel generale appiattimento determinato dalla retorica governativa a proposito del fatto che con le misure intraprese "stesse andando tutto bene" (ed era "eretico" chi si discostava anche di poco da questa verità).
Ricolfi sostiene, con l'ausilio delle leggi della statistica, che le scelte governative sono state lente ed impacciate, che non hanno rispettato una tempistica rigorosa, che sono state contraddistinte da temporeggiamenti e ritardi, laddove sarebbero serviti interventi ben radicali di quelli che sono stati varati.
A partire dalla metafora iniziale, quella appunto dello stagno infestato dalle ninfee (cui si ispira il titolo del libro) e del modello matematico che ne deriva, mostra gli errori che sono stati fatti e come si sarebbero potuti evitare. E' molto interessante, ad esempio, il raffronto tra quello che è accaduto in Italia e quanto si è verificato in Germania al tempo della prima fase della pandemia (con pochi morti in confronto al numero degli infetti, rilevati). Ricolfi sostiene che, da un lato, la strategia iniziale avrebbe dovuto essere quella di fare molti, moltissimi, tamponi, mentre all'inizio - a parte l'anomalia, da alcune parti contestata, di Vo' Euganeo e della Regione Veneto - i tamponi sui soggetti asintomatici erano sistematicamente scoraggiati.
L'altro indicatore importante - sempre secondo Ricolfi - da tenere sotto controllo è il numero dei morti giornalieri: quando le vittime crescono a dismisura i giochi sono già stati fatti, in altri termini.
Alla luce delle statistiche e dei grafici comparativi con quanto è accaduto altrove, Ricolfi sostiene che il lockdown "duro" subito sarebbe stato la migliore ricetta, proprio per evitare successive derive incontrollabili.
E, secondo il suo ragionamento, anche una settimana di anticipo su certi provvedimenti, può fare una profonda differenza.
Per molti motivi, le misure più efficaci sono quelle - secondo il nostro autore - che attenuano il senso di paura delle persone: più che la semplice riapertura di alcune attività, sono proprio queste quelle che inducono la gente e a consumare di più. Quindi: efficace tracciamento, molti tamponi, attenzione sanitaria elevata e capacità di trattamento potenziata il più possibile, oltre a miglioramento e potenziamento del sistema dei trasporti, per evitare il sovraaffollamento.
Quando Ricolfi scrive e dà alle stampe il suo volume, siamo alle soglie di Dicembre: e l'autore commenta amaramente che ben poco il Governo ha fatto per creare le premesse per una risposta veramente efficace oppure per anticipare il più possibile le misure di lockdown.  Quando l'ha fatto , anche in autunno, i buoi erano già usciti dalle stalle, per così dire, e i morti erano già aumentati a dismisura.
Al contrario, il governo ha posto una fiducia quasi salvifica nell'arrivo dei vaccini, mentre ben di più avrebbe potuto fare se avesse agito con maggiore efficacia prima: Ricolfi parla di diverse decine di migliaia di morti in meno, se si fossero prese le decisioni giuste.
Aggiungo io, e mi trovo sulla stessa linea di Ricolfi, che in Italia ha purtroppo dominato la retorica, mentre la burocrazia ci ha messo costantemente lo zampino, assieme all'incapacità di creare un'unitaria strategia, fondata su coerenza operativa e su una piena sintonia tra governo centrale e Regioni.
Insomma, il saggio di Ricolfi è da leggere per chiarirsi le idee, abbandonando idee preconcette o "di regime" su di un tema su cui i media procedono utilizzando solo luoghi conuni e formule trite e ritrite.

(soglie del testo) L'autore vi spiega anche in questo libro perché i nostro Natale poteva essere diverso: si tratta di un indagine basata su dati rigorosi che smaschera gli errori italiani nella gestione dell'epidemia.
“Come andranno le cose? L’ottimismo della volontà mi fa sperare che, finalmente, si cambierà strada, e si guarderà con più attenzione al modello dei paesi che hanno avuto successo nella lotta al virus. Ma il pessimismo della ragione mi avverte: l’attesa messianica del vaccino avvolgerà tutto e tutti, quasi niente cambierà davvero, nessuno sarà chiamato a rispondere delle sue azioni. Né ora né mai”.
Luca Ricolfi, dal suo osservatorio della Fondazione Hume, fin dallo scorso febbraio sta studiando i dati relativi alla pandemia e alla sua gestione. Analisi non circoscritta alla sola Italia, bensì allargata sempre all’insieme delle società avanzate, a partire dai paesi europei. Sulla base dei dati – che sono il faro della sua attività – raccolti in questo libro in modo sintetico, ordinato e leggibilissimo, Ricolfi smaschera gli errori italiani nella gestione della pandemia e le conseguenti bugie, volte a nasconderli, di governanti, politici e amministratori.
E giunge a conclusioni che in pochi hanno avuto finora l’attenzione di cogliere:
(1) la seconda ondata era evitabile, tanto è vero che più di un terzo delle società avanzate l’ha evitata;
(2) le omissioni, i ritardi e le incertezze dei governanti ci sono costati decine di migliaia di morti, e decine di miliardi di PIL;
(3) se non facciamo subito quel che avremmo dovuto fare da tempo, altre ondate saranno inevitabili, e il disastro economico completo e difficilmente reversibile.

 

Luca Ricolfi

Lontano da ogni ideologia e fuori dalla assurda dicotomia tra negazionisti e rigoristi, fra aperturisti e paladini dei lockdown, Ricolfi ci dimostra che la tragedia che ci ha colpito avrebbe meritato ben altra gestione, che era possibile farlo e che altrove è stato fatto.

 

L'autore. Luca Ricolfi  (Torino, 1950), sociologo, docente di Analisi dei dati presso l’Università di Torino. Ha fondato la rivista di analisi elettorale “Polena” e l’Osservatorio del Nord Ovest. Attualmente è Presidente e responsabile scientifico della Fondazione David Hume. Fra i suoi libri: Perché siamo antipatici? (2005), Tempo scaduto. Il contratto con gli italiani alla prova dei fatti (2006), Illusioni italiche (2010), Il sacco del Nord (2012), La sfida. Come destra e sinistra possono governare l’Italia (2013), L’enigma della crescita (2014, 2020), Sinistra e popolo (2017), La società signorile di massa (2019, La nave di Teseo).

 

 

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21 marzo 2021 7 21 /03 /marzo /2021 09:32
Matteo Manfredini, I Giorni del Covid. Cronaca di una pandemia, Santelli Editore

  I giorni del Covid. Cronaca di una pandemia (Santelli Editore, 2020), saggio di Matteo Manfredini, giornalista e storico, nonchè esperto in questioni di politologia internazionale,  tenta di tracciare una mappa dell'evoluzione della Pandemia  da Sars-CoV 2 con cui siamo alle prese, da più di anno, in realtà molto di più perché, secondo le evidenze raccolte dall'autore il virus avrebbe preso a circolare sotto traccia sin dalla fine del 2019.
L'attenzione dell'autore si concentra dapprima sulla Cina e degli accadimenti nel lontano Oriente, prendendo in considerazione al tempo stesso i primi deboli passi dell'OMS e i suoi inspiegabili ritardi nell'emanare direttive efficaci e, successivamente, nel dichiarare lo stato di pandemia. E dalla sua narrazione si evince chiaramente che le decisioni prese o non prese a questo livello, ma anche da parte di altri organismi sovranazionali e nazionali, sino ad arrivare agli organi governativi in senso stretto, sono state spesso influenzate da considerazioni di opportunità politica e/o di sudditanza.
Seguendo il percorso del virus, passa poi ad esaminare quando accaduto in Europa e nel resto del mondo.
La scrittura di Manfredini si poggia su di una ricca documentazione, prevalentemente non cartacea, ma rinvenibile nel web (e ogni riferimento è rigorosamente citato nell'apparato di note a pie' di pagina).
Da quel che si comprende, si tratta di una documentazione oggettiva e non confutabile. All'autore, non interessa lanciare atti d'accusa, ma semplicemente tentare di trovare delle chiavi di lettura sui modi in cui si sono evoluti gli eventi nei principali paesi coinvolti.
La sua scrittura è efficace, soprattutto, perché dopo mesi di notizie frammentarie, divulgate nel quadro dell'allarmante "infodemia" che ha fatto da cornice esterna (spesso distorcente) e da "guscio" alla pandemia, era proprio ciò di cui si poteva sentir bisogno, almeno da parte di coloro che non si acconteno delle sbrigative e stereotipate notizie passate dai media, con l'utilizzo di parole "tormentoni" e di luoghi comuni: il tentativo, in altri termini, di tracciare una narrativa coerente e, se possibile anche problematizzante, sugli eventi dai quali siamo stati travolti.
Il racconto dell'Autore si ferma al luglio 2020, quando l'opera è andata in stampa. L'ultimo capitolo prende in considerazione alcuni temi aperti e problematici. Ma non vi è cenno ovviamente - nemmeno in termini di presentimento - degli sviluppi successivi, né tanto meno alla nascita delle varianti virali che hanno complicato il quadro, proprio in contemporanea all'arrivo dello strumento salvifico per eccellenza cioè il vaccino (nelle sue diverse forme farmaceutiche).
L'ho letto con profondo piacere, perché mi ha dato un quadro unitario ed articolato sul susseguirsi degli eventi a partire dall'origine della pandemia sino a tutta la prima metà del 2020.

Da leggere assieme al volume di Luca Ricolfi, La notte delle ninfee. Come si malgoverna un'epidemia (La Nave di Teseo, Collana i Fari, 2021): qui, l'autore, concentrandosi sullo scenario italiano espone con rigore e con il supporto di ragionamenti statistici su tutti gli errori commessi dal Governo italiano nell'affrontare la pandemia. Lo studio di Ricolfi si spinge più avanti, sin quasi alla fine del 2020. E, quindi, è un utile integrazione al saggio di Manfredini.

(Quarta di copertina) Dicembre 2019. Una misteriosa malattia comincia a propagarsi dai mercati di Wuhan arrivando a mettere in ginocchio il mondo intero: quest'inchiesta si propone di ricostruire la diffusione della pandemia dovuta al SARS-CoV-2 (più comunemente conosciuto come Coronavirus Covid-19), analizzando svariate fonti - documenti ufficiali, dichiarazioni governative, rapporti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, articoli - per farle dialogare tra loro e informando chi si è trovato vittima di un'altra pandemia: quella dell'informazione eccessiva, l'infodemia. Perché il ruolo della circolazione delle informazioni, vere e false, è risultato decisivo. Fake news, errori involontari di comunicazione, confusione dovuta a incompetenza e paure, dibattiti poco limpidi tra scienziati sono spazzati via per dare un quadro più organizzato e preciso di tutta la situazione fino a fine luglio 2020, al termine della fase acuta in Italia ed Europa. Per rileggere gli avvenimenti con chiarezza e scrutare un futuro ancora difficile da decifrare.

Matteo Manfredini

L'Autore. Matteo Manfredini (1982),nato e cresciuto a Carpineti si è laureato in Scienze Politiche a Parma, nel 2006. Ha studiato in Francia, in Australia e in Germania e da 10 anni vive a Bruxelles, dove lavora alla Casa della Storia Europea, presso il Parlamento Europeo. Ha collaborato per alcuni anni con la rete televisiva belga TV Brussel, dove ha condotto una rubrica di cultura e arte. Da anni scrive su diverse testate locali. Appassionato d’Oriente viaggia spesso in Asia. Suona il banjo nel gruppo belga The Rolling Fork.

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18 marzo 2021 4 18 /03 /marzo /2021 07:23
Le Parche nella rappresentazione di Fussli

Ho la mia età, su questo non c'è alcun dubbio.

Ma non ci penso, solitamente.

Interiormente mi sento ancora giovane.

Ma soprattutto invincibile e invulnerabile.

Mi sento in condizione di tirare la carretta da solo, con persone e parafernalia a bordo.

E ci sono anche i cani di cui occuparmi.

Nessuno che mi sostituisce e nessuno che mi possa sostituire.

Vado avanti, giorno dopo giorno.

Eppure ci sono eventi che capitano all'improvviso e che mi fanno ricredere.

Allora, in questi casi, mi sento in preda all'angoscia.

Penso al domani, ad un momento in cui non potrò farcela da solo, ma anche a quando non potrò più sbrigare le diverse faccende che gravano sulle mie spalle.

Se fossi inabilitato,  chi andrà a fare la spesa per me? Chi si occuperà di Gabriel, mentre mia moglie lavora? Chi farà passeggiare i cani?

Penso in queste circostanze a scenari terribili e cupi, specie in questi tempi di Covid.

Ieri mi sono azzoppato a causa di un improvviso strattone di Black che è un grosso bestione dotato di una forza micidiale: mi sono trovato sbilanciato in avanti e mi si è stirato il polpaccio. La conseguenza una contrattura dolorosa. Mi sono ritrovato zoppicante e parzialmente inabilitato per più di un giorno. Ma superata la fase acuta lo sono tuttora.

Nello stesso tempo, nella classe di Gabriel un bimbo, suo compagno, è risultato positivo al test. Conseguenza: tutta la classe in DAD per almeno 14 giorni, ma nello stesso tutti quelli della classe sono a rischio di contagio così come i loro familiari stretti.

Sabato, cioè a fine settimana, andremo tutti a fare il tampone rapido al Drive-in della Fiera del Mediterraneo.

Ma sapere questo non è sufficiente, poiché anche la minaccia incombente - per quanto lontana - di poter essere positivo al test oppure di cominciare all'improvviso a presentare i sintomi del Covid, hanno provocato in me una prorompente angoscia.

La mia ipocondria di base fa il resto e apre scenari mentali davvero inquietanti e insostenibili.

Come se fossi sull'orlo della fossa e nella necessità di dovere cominciare a congedarmi da tutto e da tutti.

E non si è mai pronti a questo.

E intanto, uno dei meccanismi che ci consente di mantenerci fluttuanti nell'incertezza è il pensare che certe cose ancora in sospeso si potranno fare dopo, più tardi, ...later...
Anche se poi non è così, perchè la dura realtà é che, prima o poi, arriva l'improvvisa cesura, quando le Parche tagliano definitivamente il filo della tua vita. E a quel punto non ci sono contrattazioni possibili. Non c'è più tempo...

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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