(Maurizio Crispi) La prossemica è quella disciplina semiologica che studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all'interno di una comunicazione, sia verbale che non verbale.
Il termine fu introdotto e coniato dall'antropologo statunitense Edward T. Hall nel 1963 per indicare lo studio delle relazioni di vicinanza nella comunicazione, proprio a partire dai fenomeni che si verificavano all'interno degli spazi di comunicazione tra individui appartenenti ad etnie diverse, con diversi costrutti culturali rispetto agli spazi personali e ai confini invisibili che vengono collocati un po' o molto al di fuori dei propri naturali limiti corporei.
Ricordo che, ai tempi della mia formazione psichiatrica, mi imbattei nello studio di Hall, tradotto in Italiano con il titolo "La dimensione nascosta" (Bombiani, 1968) e che lo lessi avidamente, trovandovi molte ed interessanti chiavi di lettura sui modi in cui l'interazione tra individui diversi potesse essere disturbata, proprio per un problema di eccessiva vicinanza o lontananza. E trovai, allora, che quella lettura fosse davvero illuminante e che potesse servire da importante guida nella comunicazione verbale e non verbale.
Alla luce delle categorie stabilite da Hall è possibile dare una lettura di alcune discrepanze che, trovandocisi all'estero, si ritrovano nel modo in cui persone diverse si trovano a gestire la prossimità o la lontananza, rispetto alla propria cultura di origine, con la possibilità di osservare l'effetto straniante quando culture diverse entrano in antagonismo: per esempio, uno (di origini latine) si avvicina molto al suo interlocutore, mentre parla, e l'altro (nordeuropeo) si ritrae, cercando di ripristinare quella che per lui è la distanza ottimale, in un "balletto" che può diventare interminabile e imbarazzante, generando a volte delle incompresioni o la sensazione di scortesia di uno nei riguardi dell'altro, se non l'arresto del flusso comunicativo.
E tutti, anche se in maniera approssimativa, proprio per questo, dovrebbero conoscere i principi fondamentali della prossemica, in modo tale da poter evitare di essere involontariamente scortesi o invadenti.
Per esempio, noi Italiani siamo molto portati ad invadere lo spazio altrui, imponendogli una vicinanza corporea eccessiva durante la conversazione, oppure assalendo i suoi spazi personali con i suoni (incluse le conversazioni telefoniche ad alta voce), ma anche con lo sguardo.
E' indubitabile che sui mezzi di trasporto pubblici - o anche in ascensore - noi tendiamo a guardare gli altri passeggeri (li guardiamo, beninteso, senza fissarli), anche se, a volte, la permanenza in ascensore - in quanto spazio davvero molto ristretto - può risultare persino troppo "prossima" ed imbarazzante per noi Italiani.
In Inghilterra, invece noi Italiani - e Latini, in genere - dobbiamo sforzarci di correggere il tiro. L'etichetta rigorosa è di non guardare mai i nostri compagni di viaggio, evitando che persino gli sguardi si incrocino.
E' così che in ascensore tutti hanno lo sguardo rivolto altrove, o verso terra, o in alto, oppure perso semplicemente nel vuoto.
Io tendo ad osservare sempre le persone: è una cosa che mi piace fare sia per il mio passato di psichiatra, sia per la mia attività fotografica. E ho notato che qui, in Inghilterra, ho dovuto esercitare uno sforzo su me stesso per trattenermi.
Paese che vai usanze che trovi.
E la prossemica inventata da Edward T. Hall ci fornisce un prezioso strumento di decodifica.
Vedi anche l'articolo "Prossemica dell'ascensore", da cui è tratta l'immagina in basso che correda l'articolo.