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19 aprile 2017 3 19 /04 /aprile /2017 17:42

Rupert Thomson, Morte di una Assassina, Einaudi, 2011(Maurizio Crispi) Ci sono alcuni romanzi che sono inclassificabili e che, certamente, sfuggono alla possibilità di includerli in una qualsivoglia casella delle letterature di genere, benchè si possa essere portati a far ciò a partire, magari, da un semplice elmento di contesto oppure da un primum movens della vicenda fuori dall'ordinario e apparentemente ascrivibile ad un preciso genere. E' quanto accade con il notevole romanzo dell'eclettico Rupert Thomson, Morte di una assassina (titolo originale: Death of a Murderer, nella traduzione di Carla Palmieri), pubblicato nel 2011 da Einaudi. Il volume è stato incluso nella collana "Stile Libero Noir", anche se, in realtà, a parte lo spunto che dà origine alla vicenda, nella storia che le sue pagine sviluppano, attraverso una sequenza di brevi capitoli incisivi ed incalzanti, di noir ve n'è ben poco.
A partire dalla situazione in cui Billy, oscuro poliziotto della provincia inglese, amareggiato e disilluso dalla vita, viene messo di guardia notturna per un turno di 12 ore consecutive nell'obitorio dove giace defunta una serial killer, pedofila e assassina di bambini, assieme al suo compagno, odiatissima in tutto il Regno Unito per le sue nefaste imprese (nel romanzo rimarrà sempre senza nome, condannata al ruolo di "innominata" per via dell'atrocità dei delitti perpretati, ma questo suo rimanere senza nome è funzionale al trasformarla in icona del Male che, in quanto tale diventa anche elemento catalizzatore di eventi), poichè bisogna proteggere la morta dal furore e dal ludibrio popolare.
Billy che pure non ha mai conosciuto in presenza l'assassina, ma ne ha solo letto nei quotidiani d'informazione, nei rotocalchi e nei dossier, si ritrova a vivere questo lungo turno di 12 ore essenzialmente a tu per tu con se stesso e, con una nota di lieve onirismo, con il fantasma della morta che a volte - nell'arco dell'intero turno di guardia - gli si manifesta e gli parla per spingerlo a portare alla luce le sue contraddizioni interiori: e non è nient'altro che una proiezione di aspetti rimossi, negati o lasciati cadere nell'oblio delle sue personali vicende.
Quindi, se il romanzo si struttura all'interno di uno spazio (le 12 ore del turno di guardia) e di un luogo (l'obitorio dell'Ospedale) unitari, nello stesso tempo espone il lettore ad una rocambolesca incursione avanti ed indietro nel tempo e nello spazio, seguendo l'emergere o il riemergere delle rimembranze di Billy (speranze fallite, amori delusi, i crudeli scherzi della vita, come quello di ricevere una figlia con una sindrome congenita non emendabile) che, sollecitato dalla situazione critica e fuori dall'ordinartio che sta vivendo, si ritrova a fare un bilancio senza sconti della propria esistenza, sia della sua sia di quella dei suoi familiari che lo attendono a casa a fine turno.
La crisi esistenziale profonda che Billy ha maturato negli ultimi mesi - se non anni -, di cui questo turno "speciale" rappresenta il punto culminante, proprio perchè egli ne riceve uno spunto ineludibile alla "contemplazione", troverà forse un suo punto di ricucitura e di ricomposizione: forse per lui e la sua famiglia ci sarà un domani malgrado le difficoltà.
E', in fondo, il racconto di una situazione "estrema" vissuta con un grande coinvolgimento interiore e spossante sotto il profilo psico-fisico. Come è ad esempio compiere una lunga marcia o una lunga corsa senza soste intermedie, confrontandosi con la propria capacità di resistenza/resilienza e, mentre si compie la fatica, la mente per sopravvivere si svincola dal corpo e galleggia sulla situazione: e - in questo contesto di disancoramento dalla realtà quotidiana - possono emergere ricordi, si fa il bilancio di episodi trascorsi, si contempla con un certo distacco la propria vita e, possibilmente, si trovano nuovi equilibri. Da questo genere di prove si esce in genere rinnovati e si ritrovano nuove energie per affrontare la prorpria esistenza. E questo stesso meccanismo agisce su più larga scala e con maggiore profondità dentro coloro che affrontano un lungo pellegrinaggio a piedi, come mostrano le numerose testimonianze di coloro che hanno sperimentato il Cammino di Santiago.

(Dal risguardo di copertina) Un poliziotto messo a piantonare per una notte il cadavere di un'assassina. La notte di veglia che si trasforma nel bilancio di una vita intera. E nell'ultima occasione per salvarla.
Billy è un oscuro poliziotto di provincia, con un passato pieno di rinunce e amarezze, ma soprattutto segnato da una catena di delitti e torture su bambini che aveva sconvolto la sua cittadina e per la quale era stata condannata una donna. Ora l'assassina è morta, e tocca proprio a Billy vegliarne il cadavere, per sottrarlo alla curiosità morbosa e al desiderio di vendetta di un'intera comunità. Sarà una lunga notte, dominata dai ricordi personali e dalla voce della morta, che sembra non accettare il silenzio finale e insiste a voler raccontare le proprie, inaccettabili ragioni.
L'Autore in breve. Rupert Thomson, classe 1955, è considerato uno degli autori inglesi piú originali delle ultime generazioni. Oltre Morte di una assassina (Einaudi, 2011) ha pubblicato: Le cinque porte dell'inferno (Bompiani 1992), Aria e fuoco (Bompiani 1995), A nudo (Passigli 2002), Il lato oscuro (Passigli 2006).

Di "Morte di una Assassina" hanno detto:
«Un prodigio di controllo e di stile» (Toby Litt, The Guardian)
«Il capolavoro di Rupert Thomson. Bellissimo» (The Independent)
«Un romanzo acuto e raffinato» (The Telegraph)

Estratto

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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