La fine del Ramadan di quest'anno è stata stabilita per il 30 agosto, con il comparire del pimo sottilissimo spichio della luna nuova.
E, come consuetudine a Palermo, in mancanza di una Moschea di capacità tali da accogliere tutti i fedeli, i musulmani che vivono in città si sono raccolti in una grande adunanza nello spazio della Villa a mare al Foro Italico Umberto I, proprio davanti al Sant'Erasmo.
La fine del Ramadan è una festa per tutti: lo si vede dai volti gioiosi, dai sorrisi, dagli abiti di festa che vanno dalle ampie, immacolate, jellabah alle tuniche e agli eleganti camicioni di seta o altri morbidi tessuti più tipici dei musulmani dell'Estremo Oriente, dagli zucchetti e dai fez bianchi, sino agli abiti colorati sontuosamente indossati dalle donne.
Lo si vede anche nel movimento percebile come una vibrazione lungo tutte le strade che portano verso il Foro Italico, percorse a piedi da gruppetti animati nel loro abito cerimoniale, che si affrettano a piedi, in motorino, in bici e che convergono verso il punto della preghiera, molti portando con sé anche i tappeti da preghieri, quelli su cui siederenno e poi si prosteranno.
Lo si percepisce nella presenza di tanti bambini e ragazzini di tutte le età, festanti eppure anche loro rispettosi del rituale.
Ci si fanno gli auguri, perchè un arduo periodo di aderenza rituale alla propria fede, motivato non da regole esterne, ma dal rapporto diretto ed individuale che ciascuno alimenta con Dio, è finito e perchè, dopo la preghiera collettiva, si potrà intraprendere un nuovo periodo sino al prossimo Ramadan.
E' un colpo d'occhio vedere riunite assieme tante persone di tante etnie diverse, gomito a gomito, stipate fitte, ma unite da una stessa fede.
Si ha la sensazione che, ancor più che il Cristianesimo o il Cattolicesimo, l'Islam unisca i popoli in un unico grande afflato supportato dalla fede e dalla comunanza della preghiera.
Quest'anno, a differenza dell'anno precedente, la cerimonia è stata molto più solenne e più lunga.
Prima ci sono stati dei discorsi per perorare la raccolta di fondi per la Moschea, poi la lunga recitazione di versetti coranici intercalati con le formule devozionali rituali per introdurre i fedeli ad una dimensione estatica della mente e, infine, la preghiera vera e propria con gli inchini e le prostrazioni.
Le donne, in numero inferiore, si erano erano raccolte in posizione arretrata dietro un recinto delimitato da foglie di rete verde fitta che consentiva loro di seguire la cerimonia e di udirla, senza essere viste e senza causare distrazione: non una segregazione, ma una protezione.
Sono rimasto davvero emozionato davanti alla preghiera collettiva per festeggiare (e santificare) la fine del Ramadan.
Credo che questo modo di pregare, così globale ed intenso, sia estraneo agli Occidentali la cui religiosità è stata inquinata da un eccesso di formalismo. Qualcosa di analogo, nella sua intensa e nella compartecizione così globale di corpo e mente forse la possiamo ritrovare soltanto nella preghiera dei Cristiani Ortodossi e nel modo di approcciarci alla preghiera di certi ordini monastici.
Dovremmo essere capaci di tornare alle origini dei grandi monoteismi e ritrovarci nella profonda verità che dio, al di là dei nomi, è uno per tutti.
Tutti dovrebbero aver modo di assistere a questi momenti di preghiera per sentirsi presi da un intenso afflato, una tensione che dalla terra ascende verso il trascendente, un enorme ed intensdo movimento energetico attività dalla preghiera individuale che, pur mantenendo la sua singolarità, si fa collettiva, come è dato anhe dall'esperienza del massimo ravvcinamento dei corpi. Tante voci che salgono all'unisono in un'unica vibrazione con il filo conduttore dei versetti pronunciati dall'Imam, tanti corpi strettamente stipati, che però si trasformano in un'unica preghiera che con forza ascende verso il cielo ed in un corpo unico che sprigiona un intenso campo di energia.
Per pregare così intensamente, come ho visto fare, bisogna entrare in qualche misura in uno stato estatico della mente e, se si è presenti, non si può rimanere indifferenti al potente movimento energetico che si percepisce, come un'ascesa mistica verso l'alto.