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1 giugno 2021 2 01 /06 /giugno /2021 16:36
Il Mandala di Sherlock Holmes

Il Mandala di Sherlock Holmes (nella traduzione di Grazia Maria Griffini, Instar Libri, 2002) di Jamyang Norbu, attivista politico per l'indipendenza del Tibet dal giogo cinese e scrittore, è stata per me una bella lettura, centellinata con calma.
Un'avventura holmesiana non del tutto Non del tutto aderente al canone holmesiano, ma comunque un'apocrifo, pienamente nello spirito del genio dell'investigazione inventato da Sir Arthur Conan Doyle e datato al tempo del "grande iato", cioè quell'intervallo vuoto tra la presunta scomparsa di Holmes nelle cascate del Reichenbach, in una lotta all'ultimo sangue con l'irriducibile nemico, il professor Moriarty. e la sua ricomparsa nel mondo dei vivi a distanza di circa due anni, con una nuova serie di investigazioni.

Qui manca tuttavia il suo comprimario di sempre Watson (ovverossia il narratore) che viene sostituito da tal Mookerjee, spia al servizio del governo coloniale inglese, il cui manoscritto che riferisce di questa avventura tibetana viene fortunosamente ritrovato molti anni anni dopo dallo stesso autore che appunto, proprio per questo motivo, si firma come semplice "curatore" dell'opera.
Il romanzo è, tuttavia, fuori dal canone holmesiano ortodosso, perchè vengono messe in gioco forze dell'occulto e paranormarli sino alla rutilante conclusione  ed quindi fuori dal consueto schema dell'indagine deduttiva (o anche - come hanno affermato alcuni moderni esegeti holmesiani - abduttiva).
E' un romanzo intelligente, scritto con garbo, e piacevole non solo per i risvolti investigativi e per il plot che tende alla risoluzione di un mistero per salvare il Dalai Lama in carica da un complotto gigantesco (dietro le cui trame si intravede una sopraffina mente criminale), ma anche perchè è l'occasione per raccontare di un viaggio avventuroso attraverso l'Himalaya sino a Lhasa, nel cuore del Tibet più profondo (alla fine del XIX secolo).
Nello stesso tempo l'autore - che è di origini tibetane - coglie l'occasione per raccontarci un po' di storia relativamente alle trame della Cina nei confronti del Tibet, che videro i loro più drammatici risvolti nella metà del XX secolo, esitate nellìesilio del Dalai Lama e della maggior parte dei monaci tibetani in una vera e propria diaspora nel mondo.
L'autore al termine del volume specifica anche alcune sue fonti e testi che lo hanno ispirato. Un posto di rilievo va - per sua specifica ammissione - al famoso "Kim" di Rudyard Kipling che, in forma di romanzo, racconta del "Grande Gioco", ovvero della contesa tra Impero Britannico e Grande Russia nell'acquisire il controllo geopolitico di questa parte del mondo, ma anche di molti altri racconti brevi dello stesso Kipling, in cui si affaccia con prepotenza l'elemento sovrannaturale. E, dall'altro lato, rivela la sua passione e la sua profonda conoscenza dell'intero corpus holmesiano, che ha avuto modo di dimostrare nel corso di un approfondito esame, prima di ottenere l'affiliazione all'esclusiva associazione letteraria "The Irregulars of Baker Street".
Pubblicato per la prima volta in traduzione, meritoriamente da Instar Libri, il romanzo è stato riedito nel 2021, nella collana dei Gialli Mondadori appositamente dedicata agli apocrifi homesiani. La comparsa nelle edicole di questa nuova edizione è stata per me l'occasione di riesumare dalla mia personale il volume di Instar Libri che ancora attendeva la mia attenzione, un volume peraltro dotato di una splendida veste editoriale.

La nuova edizione nei Gialli Monddori di "Il Mandala di Sherlock Holmes"

(nota al testo) Al porto di Bombay sbarca da un piroscafo un passeggero che nessuno si aspetterebbe di vedere in una remota colonia britannica. Non solo per il fatto che costui esercita abitualmente la sua professione nel cuore dell'Impero, ma soprattutto perché, almeno ufficialmente, non risulta appartenere più al mondo dei vivi, essendo scomparso nel gorgo di una cascata svizzera insieme all'arcinemico professor Moriarty. Eppure, sotto la falsa identità di un norvegese di nome Sigerson, viaggia in incognito proprio il "defunto" Sherlock Holmes. Il quale, appena messo piede a terra, sfugge per un soffio a un tentato omicidio, il primo di una serie di accadimenti che renderanno alquanto movimentata la sua trasferta agli antipodi. Ma le prodigiose doti investigative del segugio di Baker Street restano tali anche lontano dalle nebbie londinesi e avranno occasione di dispiegarsi al massimo grado dall'India al Tibet, fino alla città di Lhasa e oltre. Là dove, incastonato nell'enigmatico disegno di un mandala, si cela il segreto di un regno leggendario.


(David Frati, lievemente modificato) dallo stesso Jamyang Norbu, in visita ai monaci di un certo monastero tibetano in esilio, viene ritrovata una scatola di latta arrugginita contenente un plico sigillato (assieme ad una pipa consumata, il segno distintivo di Sherlock Holmes). Si tratta del resoconto scritto da Mookerjee, una spia indiana per conto del governo coloniale inglese, dei propri viaggi in Tibet in compagnia di Sherlock Holmes. L'investigatore, creduto morto in Svizzera, dove era precipitato nel baratro delle Cascate di Reichenbach, lottando con il suo nemico giurato il professor Moriarty, deve ora affrontare la minaccia di orribili delitti e intrighi politici, confrontandosi con un altrettanto redivivo Moriarty.
Nel 1891, i fans di tutto il mondo appresero inorriditi dal racconto "L'ultima avventura" (The final Problem) di come Sherlock Holmes ed il suo arcinemico James Moriarty fossero morti precipitando dalle cascate di Reichenbach, in Svizzera. Sir Arthur Conan Doyle, notoriamente ansioso di liberarsi del suo ingombrante personaggio (con un mix di comprensibile ambizione letteraria e di antipatica ingratitudine), pensava di farla franca così, ma fu travolto da uno tsunami di vibranti proteste, tanto che dopo qualche anno di stoica resistenza fu costretto a capitolare e ‘resuscitò’ Sherlock Holmes che, nel racconto, "La casa vuota" spiega di aver viaggiato per due anni in Tibet sotto le mentite spoglie di un norvegese, tal Sigerson. Ecco le premesse dalle quali parte Jamyang Norbu: documentare il viaggio di Holmes in Tibet durante il grande iato tra la sua scomparsa ed il suo ritorno. Intrigante la scelta del narratore, Hurree Chunder Mookerjee, prelevato direttamente dalle pagine del classico di Rudyard Kipling, Kim: l’assenza virtuale di Watson dalla vicenda e dalla narrazione dona al libro una freschezza e un senso di novità probabilmente poco apprezzati dai puristi del Canone, ma tutto sommato benvenuti. La struttura canonica classica dei racconti di Arthur Conan Doyle e dei suoi apocrifi viene volutamente fatta saltare: Norbu rimpinza il lettore infarcendo le sue pagine di omicidi rituali, esoterismo, cospirazioni cinesi, digressioni botaniche ed archeologiche, Carl Jung, UFO, e addirittura nel finale si concede il ritorno di un Moriarty dotato di poteri occulti.
L’irruzione del fantastico nell’universo di Sherlock Holmes rappresenta l’ennesima significativa ‘libertà’ presasi da Norbu, che approfitta anche dell’ambientazione delle vicende per lanciare chiari messaggi di propaganda politica anti-cinese.
Il risultato? Per chi ama la perpetuazione di uno Sherlock Holmes immutabile nella forma e nei contenuti, un romanzo spiazzante e forse presuntuoso, per gli altri un piacevole romanzo d’avventura con qualche finezza e il (grave) difetto di una scarsa tensione narrativa. Assolutamente godibile per i sensi - come sempre accade per i prodotti Instar - la veste grafica.

Il mandala di Sherlock Holmes. Un'avventura tibetana di Sherlock Holmes
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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

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