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10 marzo 2015 2 10 /03 /marzo /2015 07:14
Nessuno si salva da solo. Una coppia in crisi cerca un riassetto nel nome dei figli e dell'amore che forse c'è ancora

(Maurizio Crispi) Sembra che la missione di regista di Sergio Castellitto come regista sia ormai quella di fare film dai romanzi di successo scritti dalla moglie Margaret Mazzantini. Oppure, si potrebbe pensare che la Mazzantini produca romanzi, perchèil marito possa avere materiale da cui realizzare dei film.
Nessuno si salva da solo è il nuovo e recentissimo parto della premiata ditta: sia come sia è il prodotto di una coppia. E questopotrebbe essere un dato interessante,visto che poi gran parte dei romanzi (e dei film che ne sono discesi)parlano appunto di coppie e dei loro critici equilibri, punti di arresto, evoluzioni ed involuzioni.
può immaginare che lacoppia Castellitto/Mazzantini sia una coppia affiatata e stabile e che forse proprio attraverso questaproduzione letteraria e cinematografica i due trovino il modo di elaborare i propri personali momenti critici (verrebbe di immaginare questo, poichè - altrimenti - tutto si ridurrebbe a puro mestiere che gioca con i sentimenti dei fruitori, lettori o spettatori che siano.
Nessuno si salva da solo come film rispecchia in tutto e per tutto l'omonimo romanzo e dunque parlare del film è anche un modo per parlare del romanzo: Gaetano e Delia, ancora freschi di rottura, una rottura che non è ancora spearazione definitiva, si incontrano per condividere una cena in un ristorante (territorio neutrale) e per parlarsi. Da questa cena che si protrae a lungo (con una coda dopo l'uscita dal ristorante e con l'incontro con un personaggio che avrà una funzione catalizzatrice, anzi con una coppia anziana e navigata) scaturiranno deegli esiti e delle nuove possibilità: forse non tutto è perduto, e si riapre la possibilità di ricostituire una famiglia che si è spezzata. Ma solo il tempo potrà decretare l'esito di questa storia di coppia: il film congeda gli spettatori lasciando intuire loro delle possibili soluzioni, anche se il regista propende per quella più ottimistica (pur considerando il fatto che, per ripartire, ci vorrà del tempo).

Questo per quanto concerne i contenuti.

Dal punto di vista formale, invece, il film è costruito con una tecnica di flashback che raccontano la stroia naturale della coppia Gaetano/Delia, mentre è in corso la cena che avrà un ruolo cruciale nel ristabilirsi degli equilibri matrimoniali o che decreterà una definitiva separazione.

La conversazione tra i due ha la qualità della recitazione teatrale nell'unità di tempo e spazio che è data dalla sala del ristorante, dove gli altri clienti vanno in dissolvenza, ad eccezione di qualche sprazzo di attenzione.

Attraverso i continui flashback, invece, lo spettatore può rivisitare in modo quasi cronologico l''evoluzione della coppia, dagl inizi sino alla tempestosa rottura, con tutte le vicende collegate alla crescita di un nucleo familiare, l'arrivo dei figli e dei problemi inevitabilmente connessi che, continuamente,impongono nella storia fisiologica di un matrimonio dei riaggiustamenti, dei compromessi, delle negoziazioni per andare avanti.

Tutto qui,

Potrà piacere o non piacere.

Piacerà di sicuro a coloro che amano i romanzi della Mazzantini, perchè sono facilmente preda della seduzione dell'esplicitazione di tormentati sentimenti.

Di meno, probabilmente, a quelli che non apprezzano la messa in scena del ruffianesco gioco delle emozioni che faccia leva sulla loro sensibilità di spettatori.

Come in altri film scaturiti dal tandem Mazzantini/Castellitto si nota che vi è un'infarcitura di cose e di eventi, una sorta di "prosopea", come se ci fosse la necessità di mettere dentro un po' di tutto per creare un  maggiore (come ad esempio l'accenno all'edulcorata anoressia di Delia oppure a quelli che si profilano come possibili problemi dell'identità sessuale del figlio maggiore, o ancora il cancro del padre di gaetano che influisce sul rapporto idilliaco della matura coppia di genitori, nostalgici degli hippieggianti anni Sessanta.
Ma, lo spettatore accorto, di necessità deve porsi il problema di casa sia l'amore veramente e di cosa siano fatti i rapporti di coppia, soprattutto quando si costruisce una famiglia e nascono i figli. Passata la tempesta della passione amorosa e sensuale degli inizi, quando la condizione "amorosa" è in statu nascendi (una ocndizione simile, a tutti gli effetti, ad una piccola rivoluzione), tutto si polarizza sulla routine quotidiana fatta di piccole e grandi abitudini, routine che si accentua ancora di più quando arrivano i figli: e nei due partner che siano accorti e capaci di relazionarsi con il mondo da adulti responsabili e non da bimbi richiedenti, le velleità, i sogni, le aspirazioni, a questo punto, devono in parte recedere per lasciar posto ai figli che diventano l'esigenza prioritaria, anche a costo di sacrifici e rinuncie.
E' il punto in cui il matrimonio diventa, senza ombra di dubbio, un'impresa familiare, nella quale occorre investire ogni energia: salvo a voler fare marcia indietro e ritornare allo stato adolescenziale, in cui tutto è possibile, tutto può ancora accadere.
E il punto di transizione dall'amore passionale alla condizione di impresa familiare è quello, appunto, in cui possono verificarsi le fratture e i colpi di testa, soprattutto, quando uno dei due partner rimane legato ai suoi schemi adolescenziali.
L'eventuale rottura può essere ricomposta soltanto se ciascuno dei due "contraenti" fa un passo indietro rispetto a certe proprie esigenze ed un passo verso l'altro rispetto alle esigenze implicitamente espresse dal partner. E', in altri termini, il tempo delle negoziazioni e dei compromessi, quando si riconosce che è un valore e un arricchimento per entrambi, continuare a stare assieme e ad andare avanti in due (e con i propri figli). E, in effetti, la conversazione tra Delia e Gaetano durante la loro lunga notte di chiarificazioni, prima al ristorante e poi per strada, sembra avere il carattere d'una delicata trattativa diplomatica (anche se, nella filigrana, s'intravede un'esplicitazione di sentimenti, a volte timidi e delicati, pronti ad andare in frantumi al minimo sussulto, e altre volte tempestosi e violenti).
Insomma, da questo punto di vista, il film si presenta come un piccolo manuale sulla storia naturale di un matrimonio e come un "racconto di formazione".
Ma forse da un'opera cinematografica ci si attenderebbe di più che non un semplice intento didascalico.

 

 

Il romanzo. Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Margaret Mazzantini (Mondadori, 2011), Nessuno si salva da solo, che è la storia di una crisi sentimentale di una coppia, Delia e Gaetano.

Entrambi prossimi ai “quaranta”, i due si ritrovano faccia a faccia, ancora freschi di rottura, durante una cena in un ristorante.

L’esito del loro amore, i due figli Cosmo e Nico, sono rimasti a casa con Delia: per i due la cena sarà l’occasione per confrontarsi l’uno con l’altra ripercorrendo passioni e rabbia intercorsi negli anni del loro rapporto.
Entrambi in bilico fra la voglia di pace e la seduzione dell’altrove e dell’altro.

(dal risguardo di copertina) Delia e Gaetano erano una coppia. Ora non lo sono più, e stasera devono imparare a non esserlo. Si ritrovano a cena, in un ristorante all'aperto, poco tempo dopo aver rotto quella che fu una famiglia. Lui si è trasferito in un residence, lei è rimasta nella casa con i piccoli Cosmo e Nico. La passione dell'inizio e la rabbia della fine sono ancora pericolosamente vicine. Delia e Gaetano sono ancora giovani, più di trenta, meno di quaranta, un'età in cui si può ricominciare. Sognano la pace ma sono tentati dall'altro e dall'altrove. Ma dove hanno sbagliato? Non lo sanno. Tre anni dopo "Venuto al mondo", Margaret Mazzantini torna con un romanzo che è l'autobiografia sentimentale di una generazione. La storia di cenere e fiamme di una coppia contemporanea con le sue trasgressioni ordinarie, con la sua quotidianità avventurosa. Una coppia come tante, come noi. Contemporaneamente a noi.

(Recensione IBS) «Stasera lo sa. Le persone dovrebbero lasciarsi prima di arrivare a quel punto. Dove sono arrivati loro. Perché poi ti resta addosso troppo male».
Scava nella coppia Margaret Mazzantini in questo nuovo romanzo. Scava brutalmente nel rapporto di una coppia che non vuole più essere tale, che dopo un grande amore vive una grande separazione. Una scrittura forte e intensa, come è nelle corde dell’autrice di Venuto al mondo e Non ti muovere, che scaraventa in faccia al lettore sentimenti squartati, corpi disuniti, volti stanchi, anime distrutte. Sono quelle di Delia e Gaetano, i due protagonisti ancora giovani, puri e rabbiosi, pronti a duellare sul ring dell’amore perduto, - «due ragazzi, si direbbe a vederli passare nei vetri di una macchina parcheggiata» -, da poco tempo divenuti genitori.
Chi si è separato lo sa, chi non l’ha fatto può immaginarlo. Può immaginare quanto sia doloroso, faticoso, a volte esaltante e in altri momenti terribilmente deprimente la separazione. Specie se non avviene da un momento all’altro, specie se è frutto di giorni, mesi, anni di logoramento, di disfacimento, di emotività negativa che volge al peggio. Specie se i sentimenti che restano sono incerti e se il legame mantiene una sua forza, anche incomprensibile, ma pericolosa: «è facile distrarsi, non sapere più a che punto della vita sono».
Proteggere i figli - «non voglio che somiglino a noi... voglio che siano migliori... ma ho paura che finiranno per assomigliarci» - cercare un equilibrio che permetta a tutti di vivere serenamente. Non è facile, ci saranno altre donne e altri uomini, ma non è facile. Si parlerà di soldi, mantenimento, affido, case, mobili, ma tangenzialmente rispetto ai sentimenti che restano, in modo a volte straziante, al centro della scena. Nessuno si salva da solo, appunto, nemmeno Delia e Gaetano.
Questa storia di un amore accartocciato potrebbe essere una commedia dark all’italiana, adatta alla trasposizione cinematografica. È già successo con il romanzo Non ti muovere e non è casuale: la scrittura della Mazzantini - hanno scritto i critici - «tira la lingua via dalle parole verso un altro genere di comunicazione». Anche in queste pagine la lingua del romanzo è brusca, a tratti brutale, vuole assomigliare il più possibile alla vita vera: le frasi spesso sono tagliate, i dialoghi lasciati a metà, in certi passaggi cala un velo di freddezza, in altri trasuda la rabbia.
L’autrice, in una recente intervista, ha dichiarato: «Dopo l’epopea straziante sulla guerra a Sarajevo, volevo scrivere una storia minimale: due trentenni, una cena storta malgrado il buon vino, il corpo morto del loro amore sul tavolo. L’infelicità coniugale». E come sempre, ci è riuscita al meglio.

Nessuno si salva da solo. Una coppia in crisi cerca un riassetto nel nome dei figli e dell'amore che forse c'è ancora

Scheda film

Un film di Sergio Castellitto.

Interpreti principali: Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Anna Galiena, Marina Rocco, Massimo Bonetti, Massimo Ciavarro, Renato Marchetti, Valentina Cenni, Eliana Miglio

Genere: drammatico,

Durata 100 min. -

Origine: Italia 2015. - Universal Pictures

Uscita giovedì 5 marzo 2015.

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20 febbraio 2015 5 20 /02 /febbraio /2015 07:21

inquanta sfumature di grigio. Film cult prima ancora di uscire nelle sale cinematografiche: un'analisi di Andrea Furlanetto

 

(Maurizio Crispi) Il romanzo Cinquanta sfumature di Grigio, con il suo doppio seguito costituito da Cinquanta sfumature di Nero e da Cinquanta sfumature di Rosso, è stato il capostite di una trilogia che presto ha trovato numerosi imitatori oltre che vigorose e divertenti parodie.

Ha rappresentato un vero e proprio tormentone "lettorio" degli ultimi anni: in tanti lo hanno letto, ma molti ne sono stati annoiati.

Con questo romanzo, scritto da Erika Leonard, inizialmente conosciuta con il nom de plume di E. L. James,  la pornografia è entrata per la porta principale nelle case degli Italiani ed è diventata fenomeno di moda.
Libro-cult - da prestarsi e da regalarsi vicendevolmente -ha finalmente consentito a tutti di accedere liberamente alla pornografia (e specialmente alle sue declinazioni Bondage e SM) senza vergogna e senza dover praticare segrete acrobazie. Tutti ne hanno preso a parlare: tra l'altro, si è trattato di una pornografia declinata al femminile, cioè di una rappresentazione pornografica inserita all'interno di una storia di passione e di emozioni.
Nulla di diverso rispetto ai romanzetti della collana Harmony che per anni aveva fatto questa operazione, regalando alle donne (ma anche agli uomini) il romance in salsa porno. A titolo di pura curiosità ho letto un romanzo Harmony, trovato per caso in un catalogo remainders (Suzanne Forster, Il Lato Piccante della Seduzione, Harlequin Mondadori, 2009). Sono arrivato sino alla fine per puro dovere conoscitivo, ma mi risparmierò la lettura della trilogia (che ho in ogni caso acquistato per collocarla accanto ad altre opere dell'Eros).
La diffferenza tra i romanzi Harmony e le Cinquanta sfumature è che il lettore (o meglio la lettrice) era ancora un fruitore "sommerso", poco disposto ad apparire e a dichararsi, mentre invece quelli di Cinquanta sfumature non esitano a rivelarsi, facendosi vedere con il volume sotto il braccio, ed anche - eventualmente - a dire che fanno - o hanno fatto - le stesse cose.
inquanta sfumature di grigio. Film cult prima ancora di uscire nelle sale cinematografiche: un'analisi di Andrea FurlanettoDicono che in Italia le vendite dei gadget erotici sono aumentate a dsmisura in questi ultimi mesi, con il crescere esponenziale della vendita dei volumi della trilogia.

Potremmo dire che l'idea di base non è nuova ed ha a che vedere con una sorta di iniziazione all'Eros, attraverso una relazione amorosa: idea non dissimile da altri classici della Letteratura erotica, come il "classico" Histoire d'O oppure, spostandosi nell'ambito della cinematografia, l'altrettanto "classico" Nove settimane e mezzo (solo per citare due esempi). Matrice non dissimile, peraltro,è quella che si ritrova nei romanzi Harmony, come quello che ho letto, in cui una giovane manager di un'importante ditta pubblicitaria di moda entra in un percorso di iniziazione a forme di Eros prima sconosciute e si trova costretta a fronteggiare, in questo percorso, le sue remore educative e le sue precedenti esperienze, potendole mettere da parte alla fine, approdando ad una forma di sessualità gioiosa e senza limiti. Il Romance è ciò che piace alle fruitrici del porno: cioè la rappresentazione senza veli del sesso che sia però calata all'interno di una storia romantica, di intrighi e di passioni. La pura e sempice rappresentazione del sesso meccanico - come accede nella pronografia "gozo", inaugurata dallo statunitense John Stagliano e poi ripresa con grande successo dal nostro Rocco Siffredi - non ha i numeri per piaceread un pubblico femminile. Ed è questo un il motivo per cui di recente, un gruppo di 12 cineaste italiane ("Le ragazze del porno") di cui fa parte la regista Roberta Torre, seguendo le orme della cineasta Erika Lust ha prodotto un suo manifesto e va alla ricerca di volti nuovi per produrre del porno al femminile, tarato cioè sulla sensibilità e sull'immaginario femminile.

Dove stanno le ragioni del successo della Trilogia della Leonard, allora?
Probabilmente che nel mondo occidentale ed in Italia, i frutti sono maturi per coglierli.
Le abitudini sessuali sono profondamente mutate e il porno si è "normalizzato", entrando a far parte delle comuni esperienze di vita.
Sono sempre di più coloro che frequentano i privé alla ricerca di esperienze alternative/trasgressive, oppure quelli che si rivolgono ad altre forme di sessualità promiscua come il "car sex".
E, nello stesso tempo, sono tanti i giovani rampanti che hanno voglia di fare esibendosi, davanti ad una videocamera, per poi essere guardati da un pubblico vasto, mettendoci il proprio volto e il proprio nome: le generazioni precedenti hanno espresso, ad esempio, una Michelle Ferrarri (al secolo Cristina Ricci) che ha lanciato con successo iniziative di porno-casting per trovare volti maschili nuovi (e giovani) disponibili a farsi filmare in perfomance sessuali con la stessa Michelle e l'amica porno.attrice Giada Da Vinci o anche l'iniziativa "Il Camper dell'amore" (per filmare coppie di fare sesso esibizionistico davanti ad una telecamera) oppure, più di recente una Valentina Nappi, napoletana "porno-emigrante", scoperta da Rocco Siffredi e approdata in America, la quale nel corso di una cooversazione con la giornalista Latella su Micromega ha dichiarato senza peli sulla lingua: La masturbazione é il gesto sessuale più universale e dovrebbe essere quello più diffusoperché permette di dare piacere senza la necessità di preservativi, anticoncezionali e altre misure di protezione. Il bello della masturbazioneé che puoi masturbare chiunque senza porti alcun problema. la masturbazione reciproca dovrebbe diventare normale, come il prendere un caffé assieme. Ovviamente io non posso offrire un caffé a chiunque, non posso spendere le mie giornate offrendo caffé, però se capita lo faccio volentieri. Detto questo, è innegabile che fra uomini e donne ci sia un’asimmetria evidente, perché per le donne il sessoha uno status speciale, non è considerato un’attività come qualunque altra come dovrebbe essere.. Da questo status speciale, le donne ricavano un “potere” che é il presupposto della mercificazione. …[da una conversazione con la giornalista Maria Latella sul tema “Sesso, merce e libertà”, MicroMega, 5, 2014, p. 28].
E che i tempi sinao mutati si vede soprattutto nel rapporto con i media di Valentina Nappi delle cui comparsate in programmi televisi di successo dove viene briosamente intervistata si perde il conto (per non parlare della sua presenza nelle pagine del numero monografico di Micromega dedicato alla sessualità e della lettera aperta a Carlo Roveli, sempre pubblicata su MicroMega.
E pensiamo alla differenza di reazioni violente che suscitò una provocatoria comparsa della compianta Moana Pozzi in un palisesto televiso dei primi anni Novanta, il cui direttore fu violentemente censurato per il suo ardire.
Insomma, Cinquanta sfumature (grigio, nero e rosso) incarna perfettamente l'evoluzione culturale nel rapporto con la sessualità e i sogni sempre meno proibiti sulla sessualità trasgressiva, ma nello stesso tempo intende normarla all'interno della coppia, con un operazione analoga a quella compiuta da Stephenie Meyer con con la sua Twilights Tetralogy, in cui il Vampiro, da sempre icona del Perturbante, diventa paradossolmente icona del buono, del bello e del fascinoso e, con queste qualità, viene impiantato a forza nelle menti degli adolescenti, nascondendo o edulcorando la verità delle cose.

Il vero cambiamento epocale starebbe, invece, nel tramonto dell'amore romantico (un costrutto) e nell'esaltazione della trasgressione sessuale in cui il manifestarsi della sessualità è svincolato dal sentimento ed è solo - ed esclusivamente - performance. O al massimo - come afferma Valentina Nappi - è né piùné meno che andare al bar e bere un caffé assieme.
Nella prima accezione, l'evoluzione della declinazione della sessualità da parte di molti è indubbiamente un po' inquietante: ed è certamente ben più veritiera e non edulcorata la rappresentazione che ne da un Lars von Trier in Nimphomaniac (che però per la sua crudezza rimarrà un film di nicchia, a differenza di Fifty Shades of Grey)
Detto questo non credo che andò a vedere Fifty Shades of Grey, come non leggerò i tre romanzi della serie. Del resto si potrebbe anche argomentare che il film -come i romanzi - contrabbanda come sessualità e romance qualcosa che non è nemmeno iscritto nel codice del "porno" in senso stretto così come è stato definato dallo psichiatra americano Stoller non dovrebbe ammettere nella rappresentazione degli atti sessuali nessuna foma di deviazione,mentre qui viene dato largo spazio alBondage e al Sadomaso, creando le implicite premesse - attraverso l'enfasi sui sentimenti e sulla relazione amorosa che tutto può essere ammissibile se c'è l'amore, ma invece portando ad una sort di sdoganamento della violenza all'interno della coppia, come commenta l'articolo della pischiatra britannica Miriam Grossman, dal titolo, A Psychiatrist's Letter to Young People About 50 Shades of Grey , di impornta cattolica, ma perfettamente accettabile nell'insieme dei suoi punti di vista.

 

E qui do spazio al pensiero - al riguardo - del mio amico Andrea Furlanetto.

 

[Andrea Furlanetto] Premessa. Dopo una lunga attesa e un paio di rinvii, è uscito il film “Cinquanta sfumature di grigio”, tratto dall’omonimo romanzo. Vietato ai minori di 18 anni negli Stati Uniti e nel Regno Unito, visibile solo a chi ha compiuto 14 anni in Italia, esso ha suscitato grande attesa, generando un numero di prevendite mai toccato prima: quasi tre milioni di biglietti nel mondo e ben 180.000 nel nostro Paese. E’ lecito attendersi un grande successo di pubblico.

Prima di proseguire, chiarisco che non credo di andare a vedere il film, per motivi che appariranno chiari più avanti, anche se sono convinto che sia stato fatto con grande cura e sia immune da molti dei difetti e delle tare di tipo generale di cui tratterò. L’uscita del film è un semplice pretesto per toccare due temi generali che mi sono molto cari e che considero intimamente correlati tra loro: il primo è di natura tecnica ed è per me di più semplice trattazione, il secondo verte su un tema più sociologico e lo affronterò in modo del tutto empirico, scusandomi fin d’ora per la soggettività di certe considerazioni.

 

La confusione tra cultura e tecniche. Gli ultimi tre decenni sono stati dominati dalla confusione tra cultura e tecniche. Spesso si crede di non avere il tempo di impadronirsi della profonda natura concettuale dei fenomeni e si ripiega sull’esteriorità, sulla parte visibile dell’iceberg: simboli, oggetti, procedure. In ambito professionale, questo approccio può portare al fallimento di importanti progetti volti a ottenere un cambiamento, pure se si impiegano negli stessi ingenti capitali e numerose valide persone. Ogni processo evolutivo si fonda – infatti – non solo e non tanto sull’adozione di una serie di tecniche, ma sulla comprensione della cultura che le sostiene. Ho parlato con decine, forse centinaia, di professionisti che lamentavano la difficoltà di cambiare senza rendersi conto che non erano partiti dalla mentalità delle persone, bensì da una serie di strumenti. Qualcosa di simile accade quando si inseriscono attrezzature nuove in un parco pubblico. Se non si agisce a monte, sulla cultura dei fruitori dei servizi, panchine, giochi e fontanelle saranno presto oggetto di degrado. Allo stesso modo, far circolare un report colorato e pieno di indicatori, senza averlo prima condiviso e spiegato, porterà le persone a pensare che sia un esercizio fine a sé stesso, rendendolo presto inutilizzato e portando al suo abbandono. Contrariamente a quanto talvolta si pensa, quasi tutte le persone apprezzano di sentirsi coinvolte: un progetto ragionevole accuratamente spiegato e condiviso ha probabilità di successo estremamente alte.

Tornando al film, sono ragionevolmente certo che la regia, la sceneggiatura e la fotografia indugino molto sulla componente psicologica ed emotiva della relazione tra il Signor Gray e la sua amante/schiava la Signora Steele. Insomma, mi aspetto che ci sia molto di più che i codici di abbigliamento, le tecniche, le posture, gli strumenti, ma temo che il 90% degli spettatori porterà con sé solo questo, in un misto di imbarazzo e curiosità. La ricca collezione di oggetti posti in vendita con la medesima immagine e lo stesso nome del libro dimostra che dal pubblico ci si aspetta questo.

 

La resistenza della nicchia al mainstream. Quanto sopra introduce il secondo tema. Ogni nicchia in quanto tale è gelosa della propria esclusività e combatte per mantenerla. Certo, il reclutamento di nuovi adepti è qualcosa di desiderabile, ma c’è sempre un sottile equilibrio tra l’ambizione di crescere numericamente acquistando forza per effetto di ciò, e il timore di essere fagocitati dalla banalizzazione della propria speciale maniera di vedere la vita.

La cultura BDSM è – necessariamente – una cultura di nicchia, anzi di nicchie dal momento che essa si disperde in numerosi rivoli che corrono paralleli o che si intersecano. La sua relativa inconfessabilità è un elemento che la caratterizza da sempre. Chi abbia un interesse di natura sociologica, culturale o sessuale ha agio di trovare la strada, ma storicamente si è trattato di una strada un po’ tortuosa, in alcuni tratti aspra, non certo di una bella statale con quattro carreggiate su cui ci si immette direttamente all’uscita dall’A4. Per chi ha frequentato per decenni la scena BDSM, fosse anche solo metaforicamente, l’uscita di questo film genera un certo fastidio, perché è un tentativo di presentare al grande pubblico una serie di suggestioni in forma necessariamente edulcorata, patinata, esteticamente accettabile, anzi decisamente desiderabile.

Molti, dall’interno di quella nicchia, scrolleranno le spalle e aspetteranno con pazienza che l’ondata emotiva passi. Del resto, la pazienza è una componente fondamentale del mondo BDSM. Altri proveranno a rendere esplicito il loro fastidio in modi più o meno articolati. Il fatto è che, per quanto possa sembrare strano ai più, ogni casa è piena zeppa di sex toys la cui attivabilità dipende solo ed esclusivamente dal cervello di chi li vede. Aggiungo anche che, se trent’anni fa reperire materiale esplicitamente riferito al BDSM era relativamente complesso, oggi tutto è a portata di tastiera. Tutto, letteralmente, pure cose che possono offendere persone molto libere e serene, e le sfumature sono almeno cinquecento. Anzi, ora che ci penso, marchionne potrebbe proprio pensare a una 500 bdsm con interni in latex e catene di sicurezza...

 

Appendice: dieci cose simili a sentirsi devianti dopo avere visto un film. Io faccio - oppure ho fatto - alcune di queste cose, traendone a volte gratificazione.

  • Credersi intelligenti compilando liste di dieci punti
  • Fare i critici d’arte dopo avere seguito con attenzione una televendita di quadri
  • Definirsi atleti dopo aver comprato un paio di scarpe da ginnastica
  • Professarsi cattolici praticanti andando a messa a natale e pasqua
  • Evadere le tasse per protestare contro l’eccessiva pressione fiscale
  • Credersi tolleranti perché si fa l’elemosina al semaforo
  • Pagare una donna per discutere con lei del problema rappresentato dalla prostituzione
  • Sentirsi dei guerrieri dopo essersi fatti un tatuaggio tribale
  • Credersi alternativi perché non si guarda la televisione
  • Sentirsi di sinistra per aver votato renzi alle elezioni europee del 2014

 

Il trailer

 

 


 

 

Secondo Trailer ufficiale

 

 

 


 
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30 gennaio 2015 5 30 /01 /gennaio /2015 07:20

Into the Woods. Una bella fiaba in musical che nasce dalla sintesi creative di tante fiabe diverse: una specie di (Maurizio Crispi) Into the Woods è un film del 2014 diretto da Rob Marshall, basato sull'omonimo musical di Stephen Sondheim a sua volta ispirato da celebri fiabe tradizionali come Cenerentola  (Cinderella), Cappuccetto Rosso (Little red Riding Hood) e Raperonzolo (Rapunzel) dei Fratelli Grimm e Jack e la pianta di fagioli.

Il film intreccia le trame di alcune racconti dei fratelli Grimm e le estende per scoprire le conseguenze dei desideri e delle missioni dei personaggi: infatti Into the Woods è una storia sui desideri, come dichiarano nell'incipit tutti i personaggi che interagiranno nel corso del film: I wish, è il refrain che ciascuno di loro canta, specificando l'oggetto del proprio desiderio. Per la coppia di fornai è quello di avere un figlio; per la vecchia strega è quello di tornare ad essere una donna giovane e bella, rompendo l'incantesimo cui essa stessa é sottoposta; per Cappuccetto Rosso quello di occuparsi della Nonna ed intanto mangiare tutti i dolci che vuole senza restrizioni; per il giovane mugnaio e l madre il desiderio è quello di uscire dalle ristrettezze economiche e poter avere una vita decente, per Cenerentola il desiderio è quello di poter essere trattata con maggiore gentilezza e di potere andare anche lei al Dancing Festival al castello del principe; per Rapunzel, infine, il desiderio è quello di poter uscire dalla sua prigione dorata ed essere salvata da un bel principe.
L'originalità del film  (e, prima, del lavoro teatrale) a cui il film si ispira si basa su questi elementi: il fatto che protagonisti di fiabe diverse si trovano ad intragire tra loro, come se fossero tutti quanti abitanti di un unico - fiabesco, è proprio il caso di dirlo, mondo alternativo -  quello che tutto si gioca sul filo del desiderio (persino quello della strega che vuole annullare gli effetti dell'incantesimo che l'ha fatta diventare tale, facendole perdere le sembianze di bella donna) e sugli effetti inattesi che può avere per ciascuno l'esaudimento dei propri desideri.
Ma oltre a ciò, Into the Woods si presenta con uno sguardo innovativo sulle fiabe edulcorate alla Disney, nel senso che si sviluppa in due diverse fasi: la ricerca dell'esaudimento del desiderio e per ciaascuno il superamento di una prova che richiede, a seconda, determinazione o coraggio o abnegazione o altruismo, e la celebrazione della buona sorte. Ma quando tutto sembra essere prossimo al compimento con un "E vissero felici contenti", arriva il rivolgimento e la storia prende a svilupparsi lungo un'inattesa direzione che per un attimo lascia lo spettatore spiazzato, anche perchè qualcuno immeritatamente muore, come - ad esempio - la moglie del fornaio (Emily Blunt), cosa che - nelle fiabe - non dovrebbe mai accadere; oppure il bel principe che ha sposato Cinderella mpstra chiaramente di preferire altre avventure, rispetto alla fedeltà coniugale che ci si attenderebbe.

E' un musical di nuova generazione, in cui il canto è recitazione, nel senso che in modo naturale dal parlato si passa al recitato con efasi e al cantato. Ma senza alcuna coreografia di balletto, come era nei muical anni '60.
Gli attori sono tutti spaventosamente bravi a partire dal "mostro sacro" Meryl Streep così terribilmente in ogni parte si trovi a recitare da risultare quasi antipatica, per arrivare ad Anna Kendrick (nella parte di Cenerentola, già molta conosciutape ril suo ruolo in "Once"), o a Daniel Huttlestone nei panni del mugnaio Jack (bravissimo nel canto), a a Johnny Depp che interpreta un sornione Lupo: e le voci del canto sono quelle degli stessi attori, che per questo motivo risultano essere ancora più bravi.
Il film è pienamente godibile e non si generanomomenti di noiua o di stanchezza. Si rimane incollati alle poltrone, anche perchè il regista riesce a fornire in contemporanea una serie di informazioni incredibile, essendo intrecciate assieme tante storie diverse che generano dal loro sovrapporsi un'unica storia complessa.

 

(Trama, da Wikipedia) Quando un panettiere e sua moglie si rendono conto che non possono avere figli, perché maledetti da una strega, intraprendono un viaggio nel bosco per trovare gli oggetti necessari per rompere l'incantesimo e iniziare una famiglia. Il film è legato insieme dalla storia originale del fornaio e sua moglie, dalla strega che ha lanciato loro una maledizione e dalla loro interazione con gli altri personaggi delle fiabe durante il viaggio. Quello che inizia come un vivace e irriverente fantasia musicale alla fine diventa una storia significativa sulle responsabilità, sui problemi che nascono dai desideri e sull'eredità che lasciamo ai nostri figli.

 

 

 


 

 

Into the Woods - Scheda film

Regia: Rob Marshall.

Interpreti principali: Meryl Streep, Christine Baranski, Tammy Blanchard, James Corden, Also David Garrison, Anna Kendrick, Donna Murphy, Johnny Depp, Chris Pine, Emily Blunt, Tracey Ullman, Daniel Huttlestone, Billy Magnussen, MacKenzie Mauzy, Lilla Crawford, Lucy Punch, Richard Glover, Frances de la Tour, Simon Russell Beale, Joanna Riding, Annette Crosbie.
Genere: Musical/Fantastico, -

Origine: USA 2014 - Walt Disney

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11 gennaio 2015 7 11 /01 /gennaio /2015 16:50
American Sniper. Con la biografia per immagini del cecchino più letale degli Stati UNiti una riflessione sull'assurdità della guerra in Iraq e delle guerre in genere(Maurizio Crispi) "American Sniper. The Most Lethal Sniper in U.S. Military History", ultima fatica di Clint Eastwood alla regia (2014),è tratto dalla storia vera di Chris Kyle, membro del corpo dei Navy Seals e tiratore scelto, impiegato sui fronti di guerra dell'Iraq come cecchino (sniper). Considerato come una leggenda ed un flagello dei nemici, Kyle ha registrato al suo attivo il più alto numero di uccisi nel corso della sua attività di tiratore scelto, finendo ucciso - per un beffardo destino - da un reduce di guerra affetto da Disturbo postraumatico.
Il suo rimpianto? Quello di non averne uccisi di più e potere aver salvato così altre vite dei suoi compagni.
Il film di Clint Eastwood, nell'affrontare la spinosa e difficile questione della presenza americana in Iraq, non vuole essere un film di celebrazione della guerra e delle sue finalità, bensì un documento di denuncia della crudeltà insita in ogni guerra e in questa guerra in particolare, mostrando che l'azione militare specializzata e la logica delle esecuzioni distanza alla lunga possono generare negli stessi operatori dei guasti interiori spesso irreparabili.
Mostra anche come alcune scelte di vita, apparentemente determinate da fanatismo e retorico senso di appartenenza patriottica, possono essere in realtà state forgiate dalle radici più profonde della propria educazione familiare: paradigmatica a questo rigardo è lalezione di vita che, all'inizio del film, il padre di Chirs Kyle impartisce a lui e al fratello.
E' un film che, ingenerando orrore ed opposizione, rimane dentro lo spettatore a causa del suo carattere perturbante.
Alla fine si fa fatica a scrollarselo di dosso e dalla mente. E' come se il regista, attraverso il suo personaggio - apparentemente invincibile ed in una posizione di forza - riuscisse a trasmetterci - il peso schiacciante del Disturbo Postraumatico e della desolazione interiore di ciò che rimane dopo essere stati a lungo esposti agli orrori di un teatro di guerra, in cui si è stato dominati dalla "licenza di uccidere".
E, quindi, proprio per questo, il regista ha colto nel segno.
Pe rcapire a fondo questo film, bisogna collocarlo al termine (o, meglio,al punto più avanzato) di un unico inesausto filo rosso che collega le guerre in cui gli Statunitensi sono stati coinvolti nel corso del XX secolo, a partire dal grande affresco della loro partecipazione alla II Guerra Mondiale tracciato ad esempio in "Salvate il soldato Ryan" (1998) di S. Spielberg (che presenta un punto di vista insolito sullo scenario dello Sbarco in Normandia) e da quello altrettanto grande offerto dallo stesso Clint Eastwood nei due film che offrono separatamente il punto di vista americano e quello giapponesi sull'epica e sanguinossima battaglia di Iwo Jima (rispettivamente Flags of our Fathers e Lettere da Iwo Jima, entrambi del 2006), per passare poi a film come Il Cacciatore di Michael Cimino o Born on the 4th of July (Nato il 4 Luglio, 1989) diretto da Oliver Stone, ambedue sulla presenza americana in Vietnam, e a Leoni per Agnelli (2007) di Robert Redford sulla guerra in Afghanistan, per citare solo alcuni dei testi filmici più significativi.
Il compito che Clint Eastwood si è dato, nell'affrontare ancora una volta il tema della guerra con questo suo lavoro,è arduo, dal momento che, a differenza di quanto accadde per il Vietnam, l'impegno militare americano prima in Afghanistan e adesso in Iraq non è molto attenzionato dai media, essendo quasi tenuto in sottordine e di rado affrontato in termini critici, poichè tutto si nasconde dietro la cortina fumogena della "giusta" causa contro il terrorismo internazionale e di quella altrettanto impegnativa (per quanto mistificatoria) della volontà di importare la democrazia occidentale nei paesi islamici.
Questo basso profilo tenuto dei media, per inciso, é alla radice dello sbigottimento e della non comprensione "genetica" dell'accaduto che sono provocate da contro-azioni terorristiche da parte di cellule sciolte ed impazzite contro istituzioni del Mondo occidentale, come il recente attacco contro la redazione di Charlie Hebdo.
Oggi, in questo contesto, quaisasi cosa si dica potrebbe essere presa come un insulto ai "bravi" soldati americani che sono lì, lontano da casa, a difendere i valori della democrazia: non ci si può esprimere esplicitamente; e, così, Eastwood ha deciso di seguire la via di rappresentare la vita di un soldato scelto "eccellente" e di mostrarnein filigrana le problematiche e le intime contraddizioni.
 
Lo "sniper" altro non è che, nella lingua italiana il "cecchino" o "tiratore scelto" la cui figura occupa un posto di rilievo nella storia militaria degli ultimi duecento anni, con il migliorare della precisione di tiro e della gittata delle armi da fuoco individuali. 
Nel corso del tempo la funzione del cecchino è mutata, così come sono mutate le cosiddette "regole d'ingaggio", cioè le regole di condotta cui il cecchino è tenuto adf uniformarsi, nel pieno di una sua discrezionalità decisionale, nello stabilire chi debba essere un bersaglio da colpire e chi, invece, debba essere risparmiato.
Se nella II Guerra Mondiale il cecchino aveva una funzione di copertura nelle azioni di guerra per proteggere i suoi compagni da altri invisibili tiratori, con l'assedio di Sarajevo si è é assistito al loro impiego contro la popolzione inerme ed indifesa. Ancora più complessa si è fatta la situazione in Afghanistan e successivamente in Iraq, dove allo sniper viene lasciato il compito complesso di distinguere chi debba essere considerato un cittadino inerme e chi invece un potenziale gerrigliero o terrorista. Ed é ciò che il film di Eastwood cerca di mostrare, attraverso la figura e le gesta di Chirs Kyle, con la sua complessità e con la sua problematicità, oltre con il suo potenziale di logoramento nell'innescare a lungo termine una sindrome da stress.
 
Il film, come si diceva, si ispira al libro di memorie scritto da Chris Kyle con Scott McEwan e Jim De Felice, American sniper. Autobiografia del cecchino più letale della storia americana, edito da Mondadori, 2014
(Dal risguardo di copertina del volume) Tra il 1999 e il 2009 Chris Kyle, membro dei Navy SEAL degli Stati Uniti, ha fatto registrare il più alto numero di uccisioni a opera di uno sniper di tutta la storia militare americana. I suoi compagni d'armi, che ha protetto con precisione letale dall'alto dei tetti e da altre postazioni invisibili durante la guerra in Iraq, lo chiamavano "la Leggenda". 
Per i nemici, invece, era semplicemente al-Shaitan Ramadi, il diavolo di Ramadi. 
Texano di nascita, Chris impara a sparare da ragazzo, andando a caccia con il padre. Dopo aver fatto il cowboy e aver partecipato a diversi rodei, decide di arruolarsi nei SEAL e viene subito catapultato in prima linea nella "guerra al terrore" intrapresa dall'amministrazione Bush dopo l'11 settembre 2001. "American Sniper" è l'autobiografia di un guerriero che rimpiange di non aver ucciso più nemici, ma, al tempo stesso, non nasconde la drammaticità dell'esperienza bellica.
 Il racconto delle sue imprese si intreccia alle pagine dedicate alle vicende più strettamente private. Sino alla sofferta decisione di congedarsi, per diventare "un bravo papà e un buon marito", e per aiutare, i reduci in difficoltà e abbandonati a se stessi. Sopravvissuto a battaglie, imboscate e trappole di ogni genere, Chris Kyle troverà prematuramente la morte proprio per mano di un giovane veterano afflitto da disturbo da stress post-traumatico un anno dopo l'uscita dell'edizione originale di questo libro.

 

Scheda film
Un film di Clint Eastwood.
Con Bradley Cooper, Sienna Miller, Jake McDorman, Luke Grimes, Navid Negahban, Keir O'Donnell, Kyle Gallner, Sam Jaeger, Brando Eaton, Brian Hallisay, Eric Close, Owain Yeoman, Max Charles, Billy Miller, Eric Ladin, Marnette Patterson, Greg Duke, Chance Kelly
Genere: Azione.
Durata 134 min.
USA 2015.
Warner Bros
Italia uscita giovedì 1°gennaio 2015 
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9 settembre 2014 2 09 /09 /settembre /2014 06:39

Belluscone. Una storia siciliana. Un film emblema sulla Sicilianità deteriore che dice di più con i non detti e con le mimiche dei suoi personaggi-chiave

 

(Maurizio Crispi). Belluscone. Una storia siciliana di Franco Maresco (2014) si pone il difficile compito di esplorare le radici siciliane dell'ascesa, del potere e della fortuna di Berlusconi, indagano sulla "sicilian connection" tra il magnate di mediaset e la mafia siciliana. Un compito arduo e non facile. E come lo ha portato avanti? Semplice: andando alla ricerca di "persone informate sui fatti" e tirandole dentro al suo film, ma nello stesso tempo sviluppando un'inchiesta sul genere musicale neo-melodico che - negli ultimi anni - ha imperversato in alcuni quartieri popolari di Palermo in occasione di feste rionali, ottenendo un successo pari soltanto a quello dei narco-corridos, forma estrema del "corrido" messicano.

In questo senso il film di Maresco non è una docufiction, ma un documentario vero e proprio, anche se degli elementi fiction vengono sapientemente inseriti a tingere l'inchiesta del regista di giallo.
Infatti, nel bel mezzo della realizzazione del suo film, Franco maresco scompare, senza lasciare traccia. Che fine ha fatto? E' stata l'improbità del compito da portare avanti e la sensazione di rovistare con un coltello nell'acqua che lo ha trascinato verso una condizione di irreparabile depressione, al punto da spingerlo al suicidio, oppure si nasconde poichè lanatura della sua inchiesta lo ha messo in contatto con del materiale scottante.

Belluscone. Una storia siciliana. Un film emblema sulla Sicilianità deteriore che dice di più con i non detti e con le mimiche dei suoi personaggi-chiaveUn suo caro amico, critico cinematografico e giornalista,  Tatti (Gaetano) Sanguineti scende dal nord e, alla luce dei suoi appunti di regia, si mette sulle sue tracce, cercando di risolvere il mistero della sua scomparsa. Una trovata, questa, davvero geniale.

Ma quali sono i personaggi-chiave che franco Maresco tiene in gran conto per le rivelazioni che potrebbero fargli: innanzitutto, un tale Francesco Mira, noto come "Ciccio" tra gli amici e gli amici degli amici, ex-barbiere, musicante con un suo gruppo in eventi e manifestazioni di piazza, promoter a sua volta di eventi musicali, cacciatore di talenti nell'ambito del genere neo-melodico con il quale si stabilisce un asse di collegamento musicale partenopeo-palermitano, ma anche conduttore televisivo/animatore di una popolare e seguita trasmissione da un canale televisivo privato palermitano che accoglie performer in erba e che soprattutto serve ad inviare messaggi (scritti, ovviamente, su "pizzini" gialli) agli ospiti delle patrie galere per fatti di mafia e non, che seguono costantemente e appassionatamente il programma proprio per questo motivo, offendendosi se non vengono citati o messaggiati, per dimenticanze o volute esclusioni.
Abbiamo il piacere di vedere nelle riprese il vero Ciccio Mira, reso grottesco dall'uso del bianco nero e delgrandangolo spinto, mentre parla, ma soprattutto quando non parla. Infatti, se la dichiarazione d'intenti, è che può parlare di tutto senza problemi e che gli può essere chiesto di tutto, le limitazioni e le preclusioni sono così tante che ben poco può essere detto, anche se le sue mimiche e le mezze parole che pronuncia sono assa più eoquenti del suo silenzio di vere parole: un tipico esponente della sicilianità mafiosa, dove è necessario saper leggere tra le righe di qualsiasi discorso pronunciato o di qualsiasi cenno,anche di quello apparentemente più insignificante.

Poi c'è - nientemeno - il più famoso degli avvocati di Berlusconi e cioè Marcello Dell'Utri, secondo alcuni (ed anche secondo le inchieste) ispiratore di Berlusconi e sua longa manus in terra di Sicilia, proprio per i suoi contatti e le sue conoscenze.
Anche lui campione di silenzio, ma di un silenzio ermetico e da maschera di ferro che - ad un certo punto punto inaspettatamente si scioglie nel desiderio espresso di voler fare una dichiarazione: che ci porta lontano, addirittura al caso Mattei, ma non appena comincia a dire qualcosa di cogente e risolutivo la sua voce si fa incrinata sino a che la traccia sonora letteralmente scompare, con l'ira nei confronti di una trupe d'inetti da parte di Maresco che vede vanificarsi il suo possibile scoop.
Belluscone. Una storia siciliana. Un film emblema sulla Sicilianità deteriore che dice di più con i non detti e con le mimiche dei suoi personaggi-chiaveE, sullo stesso divano, compare indossando per garantirisi l'anonimato una maschera gorttesca tutta bianca un pentito di mafia che, invece, parla e racconta (manon molto in definitiva)
Poi ci sono svariati rappresentanti di ultima generazione del genere neo-melodico (quello di cui mario Merola viene considerato un precursore), alcuni palermitani - come il famoso "EriK" - palermitano - o il partenopeo Vittorio Ricciardi - intrattenitori delle masse popolari (panem et circenses) e aedi dell'amore sfrenato ed incodizionato nei confronti di Berlusconi, vero eroe popolare che dspensa a tutti lavoro (opromesse in questo senso), denaro ma soprattutto un possenteesempio di come si possano realazzare i propri sogni (pescando nel torbido o muovendosi nella semi-illegalità), sino alla canzone clou e vessillo del film (che diventa essa stessa occasione per querelle sui diritti d'autore tra i protagonisti) sul tema di "Vorrei conoscere Berlusconi"che è poi, infondo, emblema e leit-motiv di tutta la pellicola.
Nel corso di brevi interviste a questi ultimi, emerge la loro profonda ignoranza (l'incapacità persino di trovare una definizione del genere musicale di cui sono paladini), ma anche l'atteggiamento omertoso nei confronti della mafia e delle sue connessioni e altri qualunquismi, al punto che alcune loro frasi si tramutano in gag che strappano allo spettatore non colluso un sorriso (per quanto amaro).
Ma il film si avvale anche della partecipazione straordinario dei due comici Ficarra e Picone che intervengono nel ruolo di "mediatori" per risolvere una grana di "diritti d'autore" sorta per l'utilizzo di una canzone di Eric.
Alla fine, anche - o forse soprattutto - attraverso i non detti, viene tracciato un percorso che delinea le connessioni tra l'astro nascente di Berlusconi e il clan dei Bontade, ma soprattutto disegnato un quadro che mostra quanto sia vivo il "berlusconismo" tra le masse prive di cultura dei panormiti DOC e quanto sia serpeggiante un vero e prorpio culto per l'eroe "Belluscone".

VDue fila avanti a me c'era seduto un signore che soprattutto davanti alla facce di Ciccio Mira si ganasciava dalle risate e che, alla fine, ha addirittura applaudito. Nell'intervallo si ègirato verso di me e mi ha detto: "E' tutto vero! Alcuni di questi li ho sentiti cantare durante una festa nella piazza di Borgo vecchio! Certo è che con le sue domande Maresco ha messo Ciccio Mira in serio imbarazzo!".
Assolutamente da vedere: ancora una volta un film sulla Sicilianità più deteriore e sugli intrecci tra Mafia e politica di alto livello, ma proprio per questo un documento antropologico prezioso, anche se Maresco si chernisce, dicendo: "E' solo una farsa".
Un film che, premiato a Venezia (Premio speciale della Giuria Orizzonti) , è destinato a lasciare un segno graffiante tanto che Forza italia ne ha chiesto alla Magistratura il sequestro, a causa dell'immagine negativa e diffamante che dà di Berlusconi.
Ma soprattutto viene da chiedersi, vedendo questo film, cosa mai possa cambiare in meglio in Sicilia e a Palermo (in particolare9 a fronte di atteggiamenti popolari così consolidati, grazie anche ad un terreno di abissale ed atavica ignoranza che forse nemmeno generazioni potranno dissodare e rendere fertile di idee e di afflati civici e di senso della comunità civile.

 

 

 


 


 

 

 


 

 

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2 settembre 2014 2 02 /09 /settembre /2014 13:34

Under the skin. Amore impossibile e solitudini che si intrecciano in un racconto onirico e suggestivo(Maurizio Crispi) Under the skin, film realizzato e diretto da Jonathan Glazer nel 2013, é basato sul romanzo Sotto la pelle di Michel Faber, ma va visto - a mio avviso - senza prima leggere il romanzo cui si ispira.
Il film, basato quasi esclusivamente sulla recitazione della brava Scarlet Johansson (che è l'inquieta Isserley del romanzo), è alquanto onirico e spiazzante. Apparentemente nulla accade: la donna viaggia alla guida di un furgone lungo le vie poco trafficate delle Highlands scozzesi, sempre in solitudine, salvo rare occasioni, quando chiede informazioni sulla strada da prendere o avvia delle "seduttive" conversazioni con autostoppisti o con altri passanti isolati. Poi, accadono delle cose abbastanza inspiegabili, con l'accompagnamento d'una colonna sonora che - nei suoi picchi che accompagnano i momenti maggiormente topici - è suggestiva,  ispirando l'idea che siano in corso esperienze paranormali. Il panorama dominante sono le strade quasi sempre grigie e piovose (con l'intermezzo di bellissimi e solitari paesaggi di mare e di terra), viste dall'automezzo costantemente in movimento, oppure in interminabili momenti di sosta al margine.
Ci sono incontri di seduzione che si  concludono in modo spiazzante, come se Isserley fosse in qualche modo una crudele Sirena omerica, priva di sentimenti come accade nel caso dell'incontro con il nuotatore e della coppia che annega, davanti a lei, lasciando il figlioletto a piangere disperato su di una spiaggia di sassi.
Non si può dire molto della trama (o della non-trama) poichè ciò rovinerebbe nello spettatore il piacere della scoperta.

Ed è anche per questo che, come dicevo prima, l'ideale sarebbe vedere il libro senza sapere nulla del romanzo (visionario) di Michel Faber (in cui alcuni aspetti sono rivelati in modo più esplicito): ciò consentirebbe di seguire il film senza essere in posseso di alcuna anticipazione o di alcuna spiegazione che consenta di avere una griglia di lettura precostituita. Per lo stesso motivo, mi asptengo dal riportare estesamente la trama del film.
Il film va visto nel suo insieme come una struttura olistica, in cui ciascun dettaglio, contiene - in senso isomorfico - tutta la storia nei suoi contenuti più universali: traiettorie di solitudini che si intersecano, l'aspirazione impossibile di dare e ricevere amore, come anche l'impossibilità di uscire dalla propria condizione di Alieno, quella condizione di cui ciascuno di noi sotto la propria pelle è portatore.
E' un film metafisico sul dolore dell'esistere che si esaurisce in una serie di strade percorse in solitudine, di incontri mancati o impossibili e sul potere trasformativo della pietas, che scaturisce dall'incontro con il piccolo uomo deforme, affetto da neurofibromatosi (si tratta d'una trasformazione soltanto agognata e che è ontologicamente impossibile) e, quindi, in definitiva, sulla perdita della Speranza.
Dire che si tratti di un film di "fantascienza" è molto riduttivo.
Da vedere, con tutto il suo affascinante non sense e con la sua mancanza di una "morale".
Nato da una co-produzione statunitense-britannica è stato presentato nel 2013 al Festival del Cinema di Venezia.
Comparso nelle sale cinematografiche USA nell'aprile 2014, è finalmente arrivato - ma come sotto-prodotto cinematografico stagionale - nelle nostre sale cinematografiche, per una comparsa che sarà sicuramente molto breve.

 

 


 

 

 

 

 


Scheda film
Regia: Jonathan Glazer
Interpreti: Scarlett Johansson, Antonia Campbell-Hughes, Paul Brannigan, Krystof Hadek, Robert J. Goodwin, Scott Dymond, Michael Moreland, Jessica Mance, Jeremy McWilliams
Genere: fantascienza;
Durata 107 minuti
Origine: USA, Gran Bretagna 2013
Distribuzione Bim
Uscita nelle sale italiane giovedì 28 agosto 2014

 

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18 giugno 2014 3 18 /06 /giugno /2014 19:39

Le verità di Linda Lovelace dietro il film cult La Vera Gola Profonda (Deep Throat)

 

(Maurizio Crispi) Linda Lovelace (nata Linda Susan Boreman) è stata l'attrice che ha interpretato il film porno "Gola Profonda" (Deep Throat), realizzato a suo tempo con un budget di appena $25.000 e divenuto rapidamente nei primi anni Settanta campione di incassi e presto trasformato in un sempreverde film cult dalle più giovani generazioni, assetate dopo gli anni della contestazione di liberazione sessuale.
Il film infatti si impose - quasi paradossalmente - come "verbo" della liberazione sessuale più sfrenata negli Stati Uniti, ancora afflitti da uno strisciante - e onnipresente - Puritanesimo.
Nello stesso tempo, rimane tuttora un caposaldo della cinematografia "porno" moderna e di larga diffusione, ormai considerata come "intrattenimento", poiché permise il transito della pornografia in cinema dalle modeste (e squallide) pellicole in otto millimetri (per lo più dei cortometraggi) al 36 mm, dando la stura ad una serie di film con un loro script, con ambientanzioni e con attori/perfomanti che, in qualche misura, recitavano un loro copione, sino alle pellicole sontuose degli anni Ottanta.

Le verità di Linda Lovelace dietro il film cult La Vera Gola Profonda (Deep Throat)La "vera" Gola profonda(1) realizzato dal regista Gerard Damiano, nel profluvio di film porno di "qualità" che vennero sfornati nei decenni successivi, per raggiungere il loro culmine tra il 1980 e il 1990 che videro il massimo splendore del cosiddetto "porno chic"(2), molto prima dell'avvento del "gonzo-style", ha goduto di grande reputazione anche presso gli addetti alla critica cinematografica e, infatti, non sono mancati dei saggi qualificati dedicati ad un'analisi testuale del film e ai suoi stilemi espressivi.

 

Ricordo che in uno dei primi viaggi ad Amsterdam, andai a dormire in una struttura di accoglienza detta "Sleep In", una specie di enorme dormitorio con letti a castello a tre piani, in grandissime camerate, dotato di uno spazio comune con una piccola caffeteria e servizio di ristorazione a prezzi politici, possibilità di giochi ed intrattenimenti vari (compresa la vendita di derivati della cannabis) e per l'intrattenimento degli ospiti (si poteva stare all'interno della struttura soltanto dalle 17.00 in avanti per essere buttati tutti fuori alle 10.00 della mattina), quasi ogni sera veniva proiettato appunto Gola Profonda: considerato già allora - eravamo nell'estate del 1975 -  appena tre anni dopo la sua uscita, film culto con al centro delle riprese Linda Lovelace, eroina e rappresentante - secondo la percezione dei più - di una sessualità liberata e senza pudori.

 

A distanza di anni, è stata una sorpresa scoprire che la verità dietro la storia di Linda Lovelace fu ben altra: una storia che la stessa Linda, nata Boreman e per un breve periodo sposata con Chuck Traynor che, di fatto, si autoelesse suo "manager", raccontò in anni successivi in un memoir, pubblicato in lingua originale con il titolo "Ordeal" - per i tipi di Citadel Press - e scritto assieme al giornalista Mike McGrady.
In questo memoir Linda racconta la sua triste storia: quella di una ragazza ingenua che venne circuita da un uomo che, dopo averla sedotta con le sue gentilezze, finì con il diventare il suo aguzzino, minacciandola costantemente di morte se lei avesse tentato di fuggire, spingendola sempre più profondamente in una via costellata di episodi di prostituzione e di perversità varie.
Chuck Traynor viene descritto da Linda Boreman come un uomo violento, animato da un odio sostanziale nei confronti delle donne che, nel rapporto con lei, si manifestava con le percosse regolari di fronte ai rifiuti opposti e ai tentativi di fuga, ma anche nel trovare sempre nuovi "divertimenti" di umiliazioni e di degradazione per Linda.

Le verità di Linda Lovelace dietro il film cult La Vera Gola Profonda (Deep Throat)Linda Lovelace afferma con forza che, in nessuna delle sue scelte fu mai consenziente e che, piuttosto, venne usata ed abusata dal compagno (e successivamente marito) Chuck Traynor, con la minaccia costante di percosse e peggio.

Chuck Traynor viene rappresentato come un misogino pervertito e come un violento, che a tutti i costi vuole tenere in pugno la sua compagna (poi divenuta sua moglie) come un aguzzino, traendo piacere dall'umiliarla e dal sottoporla alle situazioni più penose e degradanti.

 

"When I was with Chuck, I was sure he had to be one of a kind.Thera could no be no else on earth like that. Now I know better. There are Chucks everywhere and there is some of Chuck in many people. I see it even in people who were once good friends of mine, people in their twenties and erly thirties. Suddenly they're swapping mates and having affairs with each other's wife and going to sex clubs." (ib., p. 250)


Chuck Traynor fu per Linda, inconfondibilmente, un abusatore, che si avvvaleva delle minacce (andava sempre in giro armato di pistola) e, a volte delle percosse, per ottenere da Linda ciò che voleva: "I was no longer experiencing things that made me feel good or bad. I felt as thoughmy selfhad been taken away from me.I was not a person anymore. I was a robot, a vegetable, a wind-up toy, a fucking-and-sucking doll. I had become someone else's thing. If I didn't do... whatever - I got beaten. So I simply did. Whatever." (ib., p. 91).

 

Insomma, accettare tutto divenne per Linda una questione di vita o di morte, l'unico modo per sopravvivere al "lupo cattivo".

 

Con Gola Profonda si verificò per alcuni versi l'apoteosi di questo percorso di "cosificazione", segnò anche il momento in cui assieme ai soldi veri, arrivò la celebrit, con le intervista, l'ingresso nella "famiglia" di Hugh Hefner, il creatore di Play Boy, la frequentazione con Sammy Davis junior e fu qui che il "potere assoluto" di Chuck Traynor, che oltre che manger si riteneva una sorta di padrone assoluto di Linda (stante anche lo status maritale), cominciò a vacillare, sino alla liberazione.
Perchè Linda non si liberò prima? Lo spiega nel racconto di questa parte della sua vita la stessa Linda, affermando che fu la gentilezza di Chuck ad imprigionarla ed anche il modo suadente e garbato che Chuck mostrava pubblicamente nei confronti degli altri le poche volte in cui cercò di fuggire, chiedendo aiuto a qualcuno che riteneva amico: un'affabilità di modi che portava ad un capovolgimento radicale della percezione dei fatti, a volte, con Linda che veniva vista come la moglie "cattiva", mentre invece Chuck  invece, era il partner/marito premuroso e gentile.
E, quindi, succedeva che quelli a cui si era rivolta per ottenere protezione, aprivano la porta al suo persecutore/aguzzino che se la riprendeva, affermando che si era trattato solamente di un'incomprensione tra coniugi, nulla che non si potesse risolvere in famiglia.
Le verità di Linda Lovelace dietro il film cult La Vera Gola Profonda (Deep Throat)Sì, alla fine, Linda Boreman semplicemente fuggì e fece perdere le sue tracce al suo persecutore, all'uomo che in pratica l'aveva tenuta in ostaggio per oltre quattro anni, essendo aiutata in questo percorso di affrancamento - ma soltanto dopo aver fatto da sola i primi passi senza confidare nella protezione di chicchessia - da alcuni con i quali si era confidata e soprattutto da David Winters, che aveva conosciuto al tempo della sua partecipazione al film Linda Lovelace for President, di cui Winters fu coproduttore, e che per alcuni mesi fu suo partner.
Si liberò sì da Chuck Traynor, ma non dalla sua fama di prima regina del porno chic: le fu impossibile avviare - come avrebbe desiderato - una carriera come attrice o donna di spettacolo "straight", poiché - gira e rigira - tutti le richiedevano scene di nudo se non addirittura "fucking and sucking scenes".
Per alcuni anni - prima di pubblicare il memoir - Linda Boreman si schierò accanto alle femministe americane contro il porno, tra le quali Andrea Dworkin e fu la testimonial della crociata anti-porno, anche se - successivamente - Linda, pur senza rinnegare la verità che intanto aveva  voluto raccontare nel suo libro, ebbe a dire che ciascuno - in materia di sessualità - deve fare ciò che più gli piace e che questo è il discrimine: la ricerca del piacere, ma unitamente alla consapevolezza di non sentirsi degradati come persone.

Anche la traduzione italiana del memoir di Linda Lovelace non la schioda dall'abbinamento - ormai pressocchè automatico - con il film cult: il volume, infatti, è stato varato con il titolo di Gola profonda una storia vera (Castelvecchi, 2012).(3)

 

Lovelace è un film-di recente uscito nelle sale cinematografiche italiane,ma completato nel 2013 - che si ispira appunto alle memorie di Linda Lovelace

Il film racconta appunto questa storia, dalla sottomissione più totale e devastante, alla liberazione.
Chi si accosta adesso pensando di vere una riedizione del film porno cult o di vedere sequenze spinte del backstage, rimarrà deluso. E' piuttosto una storia di ordinaria (e straordinaria) violenza perpetrata ai danni di una donna.

Linda Boreman morì tragicamente a seguito di un incidente d'auto (quasi una beffa, visto che l'incontro con il suo aguzzino era avvenuto proprio mentre era convalescente da un  altro incidente d'auto). E del resto la sua vita - nel complesso tragica - fu punteggiata da altri incidenti e disavventure.

 

Cosa l'ha guidata nel dare alle stampe il suo memoir? Certamente, il desiderio di riabilitarsi agli occhi del secondo marito e del figlio, ma anche - e soprattutto - per trasmettere un messaggio ad altre donne che potrebbero trovarsi a subire analoghe situazioni di devastante sottomissione ed umiliazione ad un uomo.

"The story is not unique. There are plenty of Chuck Traynors out there. And an endless supply of girls who are young, trusting, gullible and sometimes a little stupid. And it is certain that these people will, form time to time, come together. By the time they are apart incredible damage can be done (p. 251) - così si conclude la sua storia. 

 

 

Linda Lovelace in Wikipedia

 

Deep Throat (Gerd Damiano) was filmed in 6 days for 25 thousand dollars. The government didn't want you to see it. It was banned in 23 states. It has grossed over 600 million dollars. And it is the most profitable film in motion picture history.

 

 

 


 

 

Deep Throat - The Doctor Scene (Linda Lovelace e Harry Reems)

 

 

 


 

 


 

Lovelace è un film biografico del 2013 diretto da Robert Epstein e Jeffrey Friedman.

La pellicola tratta la storia vera di Linda Lovelace, pornodiva divenuta famosa dopo la sua partecipazione al film cult La vera gola profonda del 1972.

Il recente film racconta la vera storia di Linda Lovelace, dall'incontro col primo marito Chuck Traynor, allo schieramento contro l'industria del porno che la rese famosa.

In 1972 — before the internet, before the porn explosion — Deep Throat was a phenomenon: the first scripted pornographic theatrical feature film, featuring a story, some jokes, and an unknown and unlikely star, Linda Lovelace. For more movie trailers, celebrity interviews and box office news visit Hollywood.com!

 

 

 


 
Note
1) Gola profonda (Deep Throat), distribuito in seguito come La vera gola profonda, è un film pornografico del 1972, interpretato da Linda Lovelace e diretto da Gerard Damiano.

Si tratta di uno dei primi film porno ad avere una trama vera e propria, personaggi abbastanza delineati e standard produttivi relativamente alti. Alla sua uscita nei cinema Gola Profonda diventò un successo clamoroso e ricevette attenzione anche da un pubblico mainstream che di solito non frequenteva le sale a luci rosse, uscendo dalla nicchia riservata al cinema hard per diventare un caso nazionale negli Stati Uniti che diede il via al cosiddetto "porno chic".


 

Le verità di Linda Lovelace dietro il film cult La Vera Gola Profonda (Deep Throat)2) The Golden Age of Porn or porno chic refers to a period in heterosexual commercial American pornography that began in 1972. Following mentions by Johnny Carson on his popular TV show, Deep Throat, achieved major box office success despite being rudimentary by mainstream standards. In 1973 the far more accomplished, but still low budget, The Devil in Miss Jones was the seventh most successful film of the year, and was well received by major media. It became obvious that box office returns of very low budget pornographic films could fund further advances in the technical and production values of porn, making it extremely competitive with Hollywood movies. There was concern that left untrammeled the vast profitability of pornographic films would lead to Hollywood being infiltrated and influenced. In the event, within a year the United States Supreme Court had made pornographic films easy to successfully prosecute for obscenity, thereby greatly restricting their distribution and profit potential.

Video supplanted film in the 1980s as the preferred medium for pornography, which quickly reverted to being extremely low budget and openly gratuitous. The contrast of video porn with the film era's relatively high production values led to the days of theatrical released pornography film being dubbed the adult industry's golden age.

 

Le verità di Linda Lovelace dietro il film cult La Vera Gola Profonda (Deep Throat)3) Dal risguardo di copertina dell'edizione italiana. Linda Lovelace, pseudonimo di Linda Susan Boreman, nel 1972 divenne una delle più famose attrici del cinema pornografico recitando da protagonista nel primo film a luci rosse legale della storia, "Gola profonda" (rinominato poi in Italia "La vera gola profonda"). Il film catturò subito l'attenzione di un vasto pubblico, e diede il via al cosiddetto genere "porno-chic". L'incredibile successo però mise in secondo piano le drammatiche vicende che si nascondevano dietro le scene interpretate dalla Lovelace. Ridotta in schiavitù da suo marito, Chuck Traynor, Linda conobbe una realtà di brutali violenze, percosse quotidiane e stupri di gruppo. Costretta alla prostituzione, fu obbligata ad accettare il ruolo nel film sotto costanti minacce (accompagnate dalla pistola di Chuck).
In questa autobiografia racconta i terribili retroscena della sua storia, le umiliazioni, l'oppressione, i tentativi di fuga e la scoperta del lato oscuro e malvagio di un uomo che diceva di amarla e che l'ha usata per i suoi scopi. Un inferno, lungo due anni, raccontato giorno dopo giorno senza censure, fino al momento in cui è riuscita finalmente a scappare dalla "prigione" e a rifarsi una vita: "L'ho scritta per mio figlio, per l'uomo che pur sapendo tutto mi ha sposata, per ristabilire la verità dei fatti e per me stessa, per mettermi una buona volta tutto alle spalle".

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10 giugno 2014 2 10 /06 /giugno /2014 07:01

https://www.youtube.com/watch?v=feEyIRgiX2sOblivion è un film del 2013 (USA) scritto, diretto e prodotto da Joseph Kosinski, con protagonista Tom Cruise. E' ambientato in un post-apocalittico 2077 quando, in seguito a un'invasione aliena ed alla conseguente guerra nucleare vinta dai terrestri contro degli space invader chiamati Scavengers, la storia prende a ruotare intorno a Jack Harper (Tom Cruise), un tecnico di stanza sulla Terra ormai abbandonata, poiché contaminata dalle radiazioni e stravolta dalla distruzione della Luna. I tecnici sparsi su speciali stazioni di sorveglianza sono sparsi su tutta la superficie terrestre e sono coadiuvati da speciali guardiani computerizzati e estremamente minacciosi, per quanto spesso in avaria.
A loro volta i tecnici sono controllati da una lontana stazione orbitante dove si sono rifugiati gli ultimi sopravvissuti.

Lo scenario è quello di una Terra da dopo-catastrofe, in cui si alternano aree lussureggianti - e apparentemente incontaminate - e altre desertificate dove le vestigia dei grandi edifici e dei manufatti di un tempo sono parzialmente sepolte nella sabbia nera di un deserto in cui non cresce più nulla (e sempra di vedere le scene finali de "Il pianeta delle scimmie" (il primo, quello interpretato da Charlton Heston).
Su tutto e su tutti incombe la minaccia degli Scavengers? Ma sarà poi vero? O piuttosto la verità non sarà un'altra?
Jack Harper in modo del tutto casuale (a partire da una donna misteriosa che riesce a salvare dal naufragio di una capsula spaziale poco distante dalla sua stazione di controllo) si ritrova a scoprire a poco a poco la verità: tutto il film è la storia di un percorso di acquisizione di consapevolezza e di azioni conseguenti al fine di liberarsi per poi potere procedere verso un nuovo sviluppo dell'Umanità libera dal controllo assillante delle macchine e dei computer.
 

Le tappe che hanno portato alla realizzazione del film si sono articolate in una serie di passaggi dalla scrittura di un breve racconto omonimo, all'elaborazione di una graphic novel, alla stesura dello script e al conseguente reperimento di un budget per la sua realizzazione del film.
Ma a mio avviso, la storia è inquietantemente simile ad un romanzo dickiano, forse poco conosciuto ai più (i rappresentanti del grande pubblico), ma amato dagli appassionanti di P. K. Dick, uno dei più grandi maestri in assoluto della SF di tutti i tempi, per quanto "scomodo".
Il romanzo è "Penultima verità" (Fanucci, 2012): in esso gli uomini sopravvissuti ad una guuerra contro le macchine vivono asserragliati sotto terra in un reticolo di gallerie e non escono più fuori perchè sanno che fuori è in corso la guerra. Ma la guerra è terminata da tempo, non c'è nessun pericolo ad uscire allo scoperto: solo che viene fatto loro intendere che sia ancora in corso, perchè così ciò che rimane dell'Umanità può essere tenuta sotto controllo in una vita da schiavi-formiche.
Un romanzo che, come sempre, affronta la tematica della manipolazione della verità e della possibilità di conoscere la "realtà vera" dietro le menzogne e gli infingimenti.

(Dal risguardo di copertina di "Penultima Verità") Cosa accadrebbe se si scoprisse che quanto si conosce del mondo non è altro che una menzogna? È la domanda alla base di questo futuristico romanzo, un thriller intenso, ironico e paranoico in cui Philip K. Dick affronta i temi a lui cari della manipolazione della realtà e della dicotomia falso/autentico. In un futuro nel quale la Terra è stata devastata da una guerra nucleare, le città distrutte e ridotte a lande selvagge e radioattive, troppo pericolose per la vita umana, gli abitanti sono stati trasferiti nel sottosuolo, dove si affannano in formicai industriali e ricevono ordini da un presidente che sembra non invecchiare mai. Nicholas St. James, come ogni cittadino, crede a ogni parola del suo leader. Ma tutto cambia per lui quando risale in superficie, dove ciò che trova è più scioccante di qualsiasi realtà avesse mai potuto immaginare... L'introduzione al volume è di Carlo Pagetti.



(Storia della realizzazione del film) Joseph Kosinski concepì la storia narrata nel film per la prima volta nel 2005, scrivendo un racconto di dodici pagine intitolato Oblivion. Qualche anno dopo, trovò la collaborazione della Radical Comics per adattarlo in un romanzo grafico, il quale sarebbe stato scritto da Arvid Nelson e illustrato da Andrée Wallin. La graphic novel fu pubblicata per la prima volta nel 2010 al San Diego Comic-Con International, dove Kosinski era già impegnato anche per presentare il suo film Tron: Legacy; alla manifestazione ne furono distribuite circa 30.000 copie. La reazione positiva del pubblico attirò quindi l'attenzione delle major cinematografiche. La Disney nell'agosto 2010 ne comprò i diritti, tuttavia nei mesi seguenti rinunciò al progetto, poiché mal si adattava al target di film per famiglie che caratterizzavano le sue produzioni. Infatti, la storia concepita da Kosinski contiene elementi per i quali era preventivabile che il film avrebbe ottenuto un visto censura PG-13, il quale sconsiglia la visione ai minori di tredici anni. Nella primavera del 2011 i diritti furono acquisiti dalla Universal, la quale mise a disposizione un budget di cento milioni di dollari.

 


La trama dettagliata su Wikipedia

 

 

Trailer 

 

 


 


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30 maggio 2014 5 30 /05 /maggio /2014 06:02

Edge of Tomorrow. Le mille e una morti del maggiore Cage: un plot SF con un pizzico di videogioco(Maurizio Crispi) Edge of Tomorrow - Senza domani (di Doug Liman, USA, 2014) è il live action del romanzo "All you need is kill", scritto da Hiroshi Sakurazaka e illustrato da Yoshitoshi Abe.

In un futuro prossimo, una razza aliena, quella dei Mimics, ha colpito la Terra con una forza così massiccia da non dare alcun tipo di speranza agli eserciti terrestri, anche perchè la forza aliena da un certo momento in poi sembra conoscere in anticipo i movimenti delle forze terrestri.

Il tenente colonnello William "Bill" Cage (Tom Cruise) è un funzionario dell'esercito che, senza alcuna esperienza di combattimento (ma solo da "addetto stampa" nelle sue qualità di ottimo comunicatore ai fini della propaganda per il reclutamento di nuove forze), pavido e timoroso viene catapultato in quella che pare essere una missione suicida.
Egli, infatti, muore all'inizio della sua prima battaglia (una rivisitazione in chiave moderna ed ipertecnologica - e in stile videogioco - dello sbarco in Normandia nella 2^ Guerra Mondiale), ma si ritrova bloccato in un loop temporale, in cui è costretto a rivivere continuamente la medesima tragica sequenza di eventi, che culmina ogni volta con la sua morte.

Cage trova un'alleata nella soldatessa Rita Vrataski (la britannica Emily Blunt) delle Forze Speciali. Scontro dopo scontro, ciclo temporale dopo ciclo temporale, Cage e Vrataski aumentano la loro abilità di combattimento.

Ogni battaglia che affrontano, li porta sempre più vicini alla vittoria, fino spezzare il ciclo temporale apparentemente senza fine.
Il film si vede bene e prende, anche perchè la ripetizione del loop temporale viene sfrutttata per effetti impredibilmente comici e per un dsapiente montaggio velocizzato che dei molti ed innumerevoli risvegli fornisce una ricapitolazione essenziale, agiungendo ogni volta un che di nuovo.

E tutto questo mano mano che prosegue l'appprendistato del Maggiore Cage, guidato dall'inconsapevole soldatessa Vrataski che aveva avuto il "dono" del loop temporale e che poi l'aveva perduto.
Ovviamente il prototipo del film, fondato sul loop temporale e sulle possibilità di "miglioramento" che offre al protagonista è rappresentato dal noto "Ricomincio da capo" di Harold Ramis con Bill Murray (1993) che vide una sua replica italian style con il comico Antonio Albanese nella parte che era stata affidata a Murray nella pellicola originale ("E' già ieri", 2004, per la regia di Giulio Manfredonia).

Il succo di tute queste storie é che vivere ogni volta la stessa giornata, morire ogni giorno di una diversa morte sembrerebbro essere una sorta di contrapasso ad una vita spesa male, ma nello stesso tempo una sfida potente a far di meglio, a tentar di più. a migliorarsi: quindi, da un lato una condanna, ma dall'altro un'occasione unica ed irripetibile per poter fare di meglio.
Mentre la comedy "Ricomincio da Capo" (con il suo remake all'italiana) pone il problema di quanto ci si potrebbe migliorare se, vivendo ogni giorno di nuovo, si potesse far tesoro dei propri errori e in qualche modo "riscattarsi" come upgrade necessario per uscire dal purgatorio del loop temporale, qui in Edge of Tomorrow domina l'idea che la stessa sopravvivenza del genere umano dipenda dalla possibilità di poter andar ogni giorno un po' più avanti verso il cuore della forza e del potere degli invasori alieni: e in ciò è contenuta appieno la filosofia dei videogiochi.

Come dire: "Every day we do it, we do it better".
O anche: "Morire per poter risolvere il problema alla replica successiva".

 

 

 


 

 

 

Scheda del film

Regia: Doug Liman.
Interpreti principali: Tom Cruise, Emily Blunt, Bill Paxton, Brendan Gleeson, Jonas Armstrong, Tony Way, Kick Gurry, Franz Drameh, Dragomir Mrsic, Charlotte Riley, Noah Taylor, Lara Pulver, Jeremy Piven, Madeleine Mantock, Marianne Jean-Baptiste, Jorge Leon Martinez, Adrian Palmer, Masayoshi Haneda
Titolo originale: Edge of Tomorrow.
Genere: Azione,

Durata 113 min.
USA 2014 (Warner Bros)
Italia uscita giovedì 29 maggio 2014

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26 febbraio 2014 3 26 /02 /febbraio /2014 08:29

The Counselor e sulle conseguenze dell'agire umano(Maurizio Crispi) The Counselor - Il procuratore (The Counselor) è un film del 2013 diretto e prodotto da Ridley Scott, con protagonisti Michael Fassbender, Brad Pitt, Cameron Diaz, Penélope Cruz e Javier Bardem.
La pellicola è basata sulla prima sceneggiatura originale dello scrittore Cormac McCarthy, qui anche produttore, scritta nel dicembre 2011.
Il film è dedicato alla memoria di Tony Scott, fratello del regista Ridley e anche lui regista, suicidatosi mentre il film era in produzione.

Un avvocato di successo (il cui nome non viene mai pronunciato), in un momento di difficoltà professionale ed economica ma innamorato della sua fidanzata Laura e pronto a sposarla, decide di accettare la proposta di un suo vecchio cliente, Reiner, affiliato alla malavita messicana dedita allo spaccio di droga, di prelevare un carico di cocaina del valore di 20 milioni di dollari oltre il confine messicano, aiutato da un poco di buono di nome Westray che però prova a metterlo in guardia sulla difficoltà dell'operazione. E così, in seguito a una catena di eventi apparentemente casuali (in cui però mette il suo zampino la perfida Malkina, la fidanzata di Reiner), sarà inevitabile per l'avvocato venire risucchiato nell'abisso di quel mondo, in una spirale di crescente violenza e morte.

Il film trasuda violenza: una violenza mai rappresenta in modo esplicito, se non per la scena della caccia al coniglio da parte dei ghepardi "domestici " di Malkina e della scena cruentissima dell'esecuzione di Westray per mezzo del "bolito". E' una violenza che è, il più delle volte, raccontata e che poi accade veramente tra le quinte e che si può soltanto immaginare, ma che, forse per questo è ancora più raccapricciante.
La violenza è quella crudele ed impersonale del cartello messicano della droga, più volte rappresentata in romanzi (basti pensare ai romanzi di Winslow) e in film recenti: una violenza crudele, atroce, ma espressione di una "questione d'affari", senza che vi sa mai una questione personale in ballo (anche questo viene detto nel film da uno dei personaggi, forse da Westray).
Anche questo film, come il recente "The Wolf of Wall Street" parla di avidità e del desiderio di realizzare cospicue somme di denaro in poco tempo: ma qui la posta in gioco è elevatissima, perché il gioco si é fatto duro e pericoloso e non ci sono più garanzie di poter cadere con adeguate protezioni.
 

Il regista racconta una vicenda incalzante e sempre più crudele, sino al parossismo, con fredda lucidità, senza mai esprimere un giudizio morale: lascia che sia lo spettatore ad adottare - se lo ritiene - un punto di vista etico sull'intera vicenda. 

La sceneggiatura (assolutamente da leggere) scritta da Cormac McCarthy, che qui è anche produttore esecutivo, riflette in pieno le tematiche mccarthiane e, in un certo senso, si riallaccia ancora una volta ai tre romanzi principe della sua produzione che sono raccolti nella cosiddetta "Trilogia della Frontiera" e al suo "Non è un paese per vecchi", tradotto in film qualche anno fa dai fratelli Coen.

Nella trilogia della frontiera è la natura, bellissima a far da contraltare alla castiveria umana, qui forse è l'amore. L'amore per Laura non è sufficiente a salvare il Procuratore dall'abisso, metre l'avidità degli uni e la crudeltà degli altri distrugge ogni cosa.
Quello di McCarthy é uno sguardo che indaga sulla fondamentale cattiveria degli esseri umani, che - secondo lui - non hanno molte possibilità di redenzione, se non quella derivante dall'esercizio di un proprio diritto di scelta, con largo margine di anticipo rispetto agli eventi cruciali che rischiano di sconvolgere la vita o che portano ad un'irreparabile rovina.
E, in ogni caso, per gli effetti delle azioni individuali gli scenari cambiano e la storia si modifica di continuo: motivo per il quale non è mai data una possibilità di ritorno.

Si ravvisa, ancora una volta, una variazione del tema del radicale pessimismo mcarthiano.
Fondamentale a questo riguardo è il colloquio telefonico tra il Procuratore, ormai alla disperazione e il Jefe in cui vengono pronuciate da parte di quest'ultimo lapidarie e memorabili affermazioni che contengono un'intera filosofia della vita.

 

«La inviterei a considerare la realtà della sua situazione, procuratore. Questo è il mio consiglio. Non sta a me dire quello che avrebbe dovuto fare. O non fare. Io so solo che il mondo in cui cerca di rimediare ai suoi errori non è il mondo in cui li ha commessi. Lei si trova a un bivio e crede di poter scegliere. Ma non c'è niente da scegliere. C'è solo da accettare. La scelta è stata fatta molto tempo fa». (p. 92 della sceneggiatura originale pubblicata da Einaudi nel 2013)

 

Ogni personaggio del plot è, in definitiva, un'icona, un carattere universale, in un gioco dei ruoli in cui -  come in una tragedia greca - si consuma il rapporto tra autoderminazione, libero arbitrio, Fato e Necessità.
E ancora una volta, come in altri romanzi di McCarthy ritorna alla fine a suggello di tutto l'enigmatica ed intangibile bellezza della natura che in questo caso è rappresentata dall'immagine ferina ed elegante assieme dei ghepardi di Malkina.
E proprio perchè i personaggi sono delle icone e la vicenda deve svilupparsi come un allegoria, non viene mai specificato nel dettaglio come debba svilupparsi l'affare in cui il Procuratore decide di tuffarsi", né viene spiegato se non per via di coincidenze fatalistiche, cosa esattamente va storto e quali sono le connessioni tra l'affare in cui sono implicati il Procuratore, Reiner e Westray e gli accadimenti casuali che si sovrappongono.
L'insegnamento che l'allegoria vuole trasmettere è che ciò che accade oggi è statodeciso molto tempo prima dalle scelte e dalle decisioni che abbiamo preso molto tempo prima, senza sapere che avrebbero avuto simili ricadute nelle nostre vite.

 

The Counselor e sulle conseguenze dell'agire umano«Il Procuratore è una figura della tragedia classica, un uomo rispettabile che una mattina si sveglia e decide di fare qualcosa di sbagliato…. Insomma, alcune persone possono condurre una vita orribile, sbagliare tutto e morire serenamente nel proprio letto a 102 anni.Il Procuratore non è fra queste» (Cormac McCarthy).

 

 

Cormac McCarthy, nato nel Rhode Island nel 1933, è cresciuto a Knoxville, Tennessee, dove ha frequentato l'università ed è poi tornato a più riprese nel corso della vita. In seguito si è trasferito a El Paso, in Texas, e attualmente vive a Tesque, nel New Mexico. Nel catalogo Einaudi sono disponibili: Il guardiano del fruttetoFiglio di DioIl buio fuoriMeridiano di sangue, la Trilogia della frontiera (costituita daCavalli selvaggiOltre il confine e Città della pianura), Non è un paese per vecchi (portato sugli schermi cinematografici da Joel e Ethan Coen), La strada (vincitore del Premio Pulitzer 2007 e trasposto nel filmThe Road da John Hillcoat), Sunset Limited (incarnato sullo schermo da Tommy Lee Jones, nel ruolo di Bianco, e da Samuel L. Jackson in quello di Nero), Suttree (pubblicata nel 1979 dopo una gestazione di oltre vent'anni e tuttora giudicata la sua opera più personale e più ambiziosa) e la sceneggiatura del film The Counselor - Il procuratore, diretto e coprodotto da Ridley Scott e interpretato da Michael Fassbender (nel ruolo del procuratore), Brad Pitt, Cameron Diaz, Penélope Cruz e Javier Bardem.. 

 

 

Scheda del film di Ridley Scott
Titolo originale: The Counselor
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito
Anno 2013
Durata: 117 min
Rapporto 2,35 : 1
Genere: drammatico (in alcuni siti web impropriamente ascritto alla categoria "thriller")
Regia Ridley Scott
Soggetto e sceneggiatura. Cormac McCarthy
Produttore Ridley Scott, Cormac McCarthy, Paula Mae Schwartz, Steve Schwartz, Nick Wechsler
Produttore esecutivo Michael Costigan, Mark Huffam, Michael Schaefer
Casa di produzione Chockstone Pictures, Kanzaman, Nick Wechsler Productions, Scott Free Productions, Translux
Distribuzione (Italia) 20th Century Fox
Fotografia Dariusz Wolski
Montaggio Pietro Scalia
Effetti speciali Craig Leong
Musiche Daniel Pemberton
Scenografia Arthur Max
Costumi Janty Yates

 

Il tralier

 

 


 

 

 

 

Interpreti e personaggi
Michael Fassbender: Il procuratore
Cameron Diaz: Malkina
Penélope Cruz: Laura
Javier Bardem: Reiner
Brad Pitt: Westray
Rosie Perez: Ruth
Natalie Dormer: La Bionda
Édgar Ramírez: Il prete
Bruno Ganz: commerciante di diamanti
Goran Visnjic: Michael
Rubén Blades: Jefe
Toby Kebbell: Tony
Emma Rigby: fidanzata di Tony
John Leguizamo: Randy
Dean Norris: L'acquirente
Doppiatori italiani
Massimiliano Manfredi: Il procuratore
Claudia Catani: Malinka
Chiara Colizzi: Laura
Massimo Lodolo: Reiner
Adriano Giannini: Westray
Sara D'Amario: Ruth
Loris Loddi: Il prete
Pasquale Anselmo: Jefe
Diego Suarez: Randy
Francesco Venditti: Tony

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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