(Maurizio Crispi) Il breve saggio di Clarissa Smith, Recitare il porno. Il sesso e il corpo performante (Mimesis Cinema, collana Minima, 2013) contenuto in questo volume è stato già pubblicato con il titolo "Reel Intercourse", nel volume - fondamentale - curato da da E. Biasin, G. Maina, F. Zecca, Il Porno espanso.Dal cinema ai nuovi media, Mimesis, 2011.
In questo volumetto di solo poche decine di pagine, il saggio originale vede la luce in traduzione italiana.
L'autrice si interroga su cosa significa nella cinematografia porno la "recitazione", in altri termini si chiede se soprattutto le figuranti donne vanno considerati alla stessa tregua di "attrici" impegnate in una recitazione o semplicemente delle "performanti", ciascuna delle quali presenta delle propie peculiarità ed un proprio stile inconfondibile.
Una domanda interessante e che implica, nel percorso che potrà consentire di dare una risposta, l'esame specifico delle sequenze filmiche, allo scopo di individuare categorie e caratteristiche.
Al quesito posto dall'autrice non si può dare una risposta teorica: soltanto accumulando dati ed osservazioni di tipo antropologico e comportamentale di alcune specifiche performer si potranno raccogliere delle evidenze sufficienti ad elaborare una teoria.
A questo scopo, l'autrice si è concentrate su due porno star con caratteristiche abbastanza dissimili l'una dall'altra, rispettivamente Eva Angelina e Allie Sin, sviluppando la tesi secondo cui "...la perfomance di un attore porno può essere qualcosa di più del semplice 'trovarsi lì' a fare sesso ed essere ripreso" (ib., p. 8).
In questo senso, il volumetto della Smith sfata decisamente alcuni luoghi comuni (e i relativi pregiudizi) secondo cui i corpi delle pornostar siano soltanto carne da penetrare, da categorizzare o, al limite, da salvare.
E le conclusioni della Smith sono in linea, del resto, con quelle di altri studiosi nel campo, secondo cui il porno nella sua recente evoluzione tende verso una sempre maggiore spettacolarizzazione delle perfomance sessuali (riprese dalla telecamera o dal vivo) che richiedono per essere messe in scena abilità specifica, allenamento, resistenza e presenza di scena, tutte quelle qualità che si richiedono insomma a personaggio dello spettacolo e dello sport, unitamente alla precisa consapevolezza di sè, a presenza di scena e meticoloso studio delle sequenze performative.
E, ovviamente, ne consegue che ciascun perfomante travasa nella sua presenza scenica le sue specifiche caratteristiche ed il proprio "carattere" dando vita ad una perfomance unica ed irripetibile, come appunto mostra la Smith, mettendo a confronto le due porno-attrici oggetto della sua indagine.
E ciò è in linea con quanto ha dichiarato in una delle molte interviste rese ai media la nostrana Valentina Nappi, quando ha detto che per essere una porno-attrice di buon livello e per costruire un proprio stile personale, occorre molta applicazione, molto esercizio allo scopo di essere sempre più brave nell'arte del "sesso messo in scena", rappresentato e, in definitiva, recitato.
E badiamo bene che queste due attrici-perfomanti, selzionate ai fini del suo studio dalla Smith, appartengono - come la nostra Valentina Nappi - ad una generazione di frequentatori del porno del tutto nuova: quella in cui il porno non viene più realizzato per spettatori-voyeur che occhieggiano dal buco della serratura, per così dire, ma per cultori della sessualità spinta che traggono spunto da ciò che vedono rappresentano nello schermo del propio PC o nel display di uno smart-phone e che sono pronti ad entrare in azione a loro volta, riproducendo - se possibile - ciò che hanno appena visto.
In questa recente rivisitazione del porno le categorie di esibiziosta e voyeur tendono a scomparire e a farsi labili
(Dalla quarta di copertina) Cosa s’intende con il termine “recitare” quando si parla di pornografia? Le attrici (e gli attori) porno recitano? La concezione del porno come mera documentazione del sesso ha da sempre fugato ogni possibile dubbio al riguardo. Questo volume, piuttosto che limitarsi a considerare il sesso hardcore alla stregua di una proprietà “inerte” del processo filmico (o, viceversa, condannarlo come una forma di violenza), sceglie di esaminare la scena sessuale nelle sue caratteristiche performative. Per dimostrare che, nel porno, un attore (e, a maggior ragione, un’attrice) in realtà compie un lavoro molto più complesso di quanto non siamo portati a credere.
(Nota sull'autrice) Clarissa Smith è Senior Lecturer presso il Centre for Research in Media and Cultural Studies dell’University of Sunderland. Coordinatrice del progetto Porn Research, e membro del network di ricerca Onscenity, è autrice di numerosi articoli dedicati a pornografia e sessualità in riviste e volumi collettanei. Tra le sue pubblicazioni, One for the Girls! The Pleasures and Practices of Reading Women’s Porn (Intellect, 2007).
My academic career has been centred on considerations of the ways in which pornography matters to those who consume it and to those who would condemn it. I am interested in the textual formations of
http://pornresearch.org/about-the-researchers/3-clarissa-smith.html
Narrative film's increasingly frequent emulation of CCTV and surveillance footage has engendered a dialogue about the intersections between cinema and surveillance, and their historical and ...
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