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30 dicembre 2021 4 30 /12 /dicembre /2021 08:01

L'impatto astronomico descritto nel film è un'allegoria del riscaldamento globale e il film è una satira sull'indifferenza dei governi e dei media nei confronti dell'emergenza,

Wikipedia

Basato su fatti realmente possibili

Dalla locandina del film

Don't Look Up (Locandina del film)

La pellicola di Adam McKayDon’t Look Up” (USA, 2021) ha, ovviamente, due antecedenti illustri - facilmente identificabili - in entrambi i quali si racconta la storia di un meteorite che si approccia alla Terra e che causerà immani danni, forse anche l’estinzione del genere umano, se non la distruzione della Terra stessa, al momento dell’impatto.

Si tratta di “Deep Impact” e del successivo (ma solo di poco) “Armageddon - Giudizio finale”. Anche in “Don’t Look Up” l’incipit è del tutto analogo e, si potrebbe dire, canonico, con la causale scoperta da parte di un osservatorio stellare e il conseguente tentativo di coinvolgere le autorità in un progetto che tenti di fermare la cometa, distruggendola oppure frammentandola.
Ma qui la narrazione diverge senza assumere i toni da epopea dei due film che lo hanno preceduto e questa narrazione diventa un’occasione di satira feroce del bisogno da parte di chi governa di mantenere l’audience e di ottenere punti di consenso, oltre che modo per illustrare gli effetti devastanti d'un sistema di comunicazione mediatica falsificato e incurante della verità. In più, vi è anche un’efficace rappresentazione di come il potere politico e l’azione dei decisori possa essere inquinata dai grandi sponsor e dalle holding che gestiscono i flussi di denaro e quindi anche le opzioni praticabili.
Tutto evolve verso una conclusione di catastrofe annunciata e di tentativi abortiti e falliti miserevolmente.
I decisori e i loro sponsor fuggono su di una nave spaziale, i loro corpi ibernati, alla ricerca di un nuovo pianeta vivibile, mentre la cometa impatta sulla Terra aprendo uno scenario di devastazione totale.
Io personalmente l’ho trovato un film estremamente interessante, con un cast di attori eccellenti e con un’altra grande interpretazione di Leonardo DiCaprio.
Non mi sono preoccupato di celare il finale del film, poiché non si tratta di un thriller e soltanto apparentemente d'un action movie, ma è piuttosto un’opera di satira politica e di analisi graffiante dei sistemi di comunicazione contemporanei.
Il finale lo si può facilmente indovinare dalla narrazione stessa.
Ciò che conta di questa storia è il percorso, non il finale.
Tutti sanno, ma a nessuno (tra quelli che contano per prendere delle decisioni efficaci) importa, in definitiva di quali saranno gli esiti della vicenda, come appunto è avvenuto - e continua ad avvenire - nel caso del riscaldamento globale del pianeta. Le decisioni drastiche, quelle che ancora potrebbero modificare di qualche misura il corso degli eventi, raramente vengono prese a breve termine, ma vengono sistematicamente dilazionate e posposte ad un tempo che verrà-

 

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8 maggio 2021 6 08 /05 /maggio /2021 10:50
Fonte: inconscienzazen.it

A posto siamo! Ci mancava soltanto il razzo cinese a colorare di ansia i nostri giorni.
Il missile cinese "Lunga marcia 5B" sta per fare un rientro incontrollato sulla superficie terrestre.


(Larepubblica.it) Un razzo in caduta libera e dieci regioni italiane del Centro-Sud in allerta. Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna potrebbero essere interessate dalla caduta di frammenti del razzo spaziale cinese 'Lunga marcia 5B'.
La previsione di rientro sulla terra è fissata per le ore 2:24 del 9 maggio, con una finestra temporale di incertezza di circa 6 ore, avanti o indietro sull'orologio. Il consiglio della Protezione civile è di stare al chiuso e non in luoghi aperti dal momento che "è poco probabile che i frammenti causino il crollo di edifici".
La protezione civile avverte anche che è più sicuro stare nei piani bassi delle abitazioni e raccomanda di "stare al coperto".

 

Le misure di protezione suggerite mi hanno fatto pensare a quando feci l'ufficiale medico di complemento: durante il corso a Firenze, tra le diverse materie in programma, ci fecero studiare anche "Difesa ABC" che significa allora "difesa contro armi atomiche, biologiche, chimiche". Spiegavano che in caso di esplosione nucleare andava bene, per proteggersi, anche mettersi sotto un tavolo se non c'era nessun altro riparo a portata di mano. E del resto, negli Stati Uniti, negli anni della guerra fredda, facevano fare alla popolazione civile delle esercitazioni, simulando un attacco nucleare: e, anche in questo caso, venivano date analoghe indicazioni.
In uno dei film con Indiana Jones (Spielberg, il regista; ma non ricordo esattamente quale della serie inaugurata con "Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta"), Indy in una sequenza di antefatto viene a trovarsi in una città finta, ma costruita alla perfezione con tanto di manichini che simulano le persone di una tranquilla cittadina della provincia americana (esempi: una famigliola seduta a tavola a fare colazione, gente per strada intenta in varie attività, una mamma con passeggino). Indiana Jones, dopo un attimo di smarrimento, comprende che si tratta di uno scenario per l'esecuzione di un test nucleare e, fino a questo punto, è ancora tranquillo. Negli anni Cinquanta e Sessanta, negli Stati Uniti, facevano esattamente così, ed inserivano manichini ed oggetti di uso quotidiano per studiare gli effetti dell'esplosione nucleare su persone e cose.
Ma, in un crescendo di ansia, il nostro protagonista sente una voce diffusa dagli altoparlanti che invita tutti i tecnici a sgombrare il campo e a ritirarsi nei rifugi appositi, e quindi comincia un conto alla rovescia. Non avendo vie di fuga, Indiana Jones apre un frigorifero - messo lì come arredo - lo svuota di tutto il contenuto e ci si chiude dentro. Il conto arriva allo zero: grande deflagrazione, tempesta di vento e di fiamme, fungo atomico. Quando il furore della bomba si placa, dove c'era la finta città si vede soltanto un deserto di macerie, e - al centro di questa distesa desolata - il frigorifero-rifugio anti-atomico intatto. Dopo un attimo di sospensione, si apre la sua porta, spinta dall'interno: ed ecco che si vede uscire Indiana Jones, un po' impolverato, ma sostanzialmente illeso.
Quei test nucleari negli Stati Uniti, condotti all'insaputa della popolazione che viveva attorno e a media ed anche a notevole distanza causarono molti morti nel lungo termine per via della contaminazione radiottiva e della ricadute delle scorie nucleari: ma tutto era secretato. Si trattava di attività - come si dice oggi - "classificate". E quegli scienziati militari (pazzi!) ebbero modo di studiare anche, in questo modo crudele e disumano, gli effetti, a media e a lunga distanza, delle ricadute radioattive.
Quante cose, ancora oggi, avvengono a nostra insaputa, con ricadute gravi sulla nostra salute e sul benessere del pianeta? Non lo sappiamo, ma possiamo soltanto immaginarlo!
E non abbiamo modo di difenderci...

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24 dicembre 2019 2 24 /12 /dicembre /2019 11:53
Angel Heart, Tre Edizioni, 2012

Angel Heart (titolo originale: Falling Angel, nella traduzione di Anna Cascone), Edizioni Tre, 2012 (copertina originale di Otto Dolci) ha avuto una prima edizione nel 1987, oggi praticamente introvabile. Una seconda edizione per Tre Edizioni, nel 2012, ha fatto seguito, ma è stata malamente distribuita.
Vale sicuramente la pena di leggere questo romanzo scritto da William Hjortsberg e pubblicato in lingua originale nellontano 1977.L'edizione peri tipi di Tre Edizioni è fortunatamente ancora in commercio e reperibile attraverso IBS, Amazon etc.
E' un romanzo magistrale, dalle atmosfere cupe. Quello che sembra in superficie è un noir d'investigazione, in cui il detective privato Harry Angel viene ingaggiato per ritrovare un valente musicissta jazz misteriosamente scomparso. di costui, da un momento all'altro, si sono perse le tracce, proprio mentre era all'apice del suo successo.

Ma la narrazione si trasforma con un punto di svolta eclatante e ad effetto in una narrazione sovrannaturale e spaventosa, in cui gioca un ruolo fondamentale un patto con il diavolo, al quale - come è nel cliché - per quanto ci si sforzi ci si sforzi non ci si può più sottrarre, quando il Diavolo si presenta a riscuotere il conto. Ritorna dunque, nella filigrana, ed applicato ad un altro campo, lo scellerato patto faustiano con Mefistole
Il film che ne è stato tratto (Angel Heart - Ascensore per l'Inferno) riesce a rendere un po' l'atmosfera anche se il lungometraggio gioca molto di più su effettacci visivi e ruffianeschi, con l'inserimento - per puri effetti filmografici - dell'immagine dell'ascensore che scende dritto all'inferno. Inoltre, l'ambientazione di Angel Heart è stata spostata a New York, dallasede originaria dellavicenda che è New Orleans, molto più vicina, per sedimentazioni culturali, alla cultura vudù e a riti animistici di importazione africana, oltre che correlata ale radici del Blues, se si pensa ad esempio al Blues come alla "musica del diavolo" e alla storia che riguarda uno dei grandi del Blues, Robert L. Johnson dalla statura leggendaria del quale si dice che, avendo incontrato il Diavolo in persona, ad un incrocio deserto tra strade rurali del Profondo Sud degli States, vendette a costui la sua anima per ottenere il dono dell'ispirazione musicale.


(quarta di copertina) Vudù e magia nera in un thriller soprannaturale. Un detective privato, Harry Angel, assunto dal diabolico Louis Cyphre, scende nell'inferno di New York per rintracciare un famoso cantante scomparso, mettendo a repentaglio non solo la vita ma anche la propria anima. Un romanzo all'ultimo respiro, molto più terrificante dal film che ha ispirato con Robert De Niro e Mickey Rourke.


L'autore. Nato a New York nel 1941, Wlliam Hjortsbergha studiaato a Yale e a Stanford.Oltre a Angel Heart ha scritto un cultt della fantascienza "Gray Matters" e "Nevermore" (Tradotto in Italiano con il titolo di "Mai Più"), un pastiche che mette in scena sir Arthur Conan Doyle, hl grande Houdini, mago ed escapista e il fantasma di Edgar Allan Poe.

Hanno detto:
"Un romanzo straordinario, a metà tra il generre poliziesco e quello esoterico. E' come se "L'esorcista" fosse stato scritto da Raymond Chandler" - Stephen King

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16 ottobre 2019 3 16 /10 /ottobre /2019 10:20
Mio fratello rincorre i dinosauri (Italia, 2019)

Mio fratello rincorre i dinosauri (Italia, 2019) è un bel film, molto educativo e molto vero, che racconta di quanto possa essere arricchente in una famiglia la presenza di un bimbo down, ma anche quali e quante possano essere le difficoltà con le quali alcuni della famiglia debbano confrontarsi. E, naturalmente, le cose si complicano quando l'unità sociale elementare che è la famiglia deve istituire un confronto con il contesto societario più vasto oppure quando il portatore della disabilità - qualunque essa sia - deve fare il suo ingresso nel mondo.

In queste situazioni, l'affettività ha un potente ruolo cementante ed evolutivo. E sono sempre gli elementi più giovani dell'unità familiare che più facilmente possono subire le pressione del contesto allargato a potere subire delle conseguenze, come appunto dimostra la vicenda autobiografica raccontata da Giacomo Mazzariol (pubblicata da Einaudi Collana Stile Libero Extra nel 2016, con il titolo Mio fratello rincorre i dinosauri. Storia mia e di Giovanni che ha un cromosoma in più) e trasposta in film da Cipani.

Il film - fatta salva qualche interpolazione necessaria per  rendere più fluida la sua sintassi - segue in modo piuttosto aderente il racconto scritto.
Alcuni hanno detto che il libro di Mazzariol (e il film) rappresenti la risposta italiana a Wonder (libro e film che ne è stato tratto): in effetti è così, anche se - ovviamente - vi sono delle differenze sia legate al contesto sia al tipo di "diversità" di cui viene raccontato. Anche se in Wonder vi è un fronte familiare compatta accanto al piccolo protagonista della vicenda, mentre nel racconto di Mazzariol è lo stesso Giacomo che, in un momento ben preciso della sua storia di evoluzione sociale e di costruzione del Sè, ripudia il fratello Gio affetto da Sindrome di Down salvo a ricredersi e a ritrovare il giusto e armonico equilibrio affettivo, con una riapertura e una dichiarazione in qualche modo "pubblica", attraverso un videoclip, divenuto rapidamente virale, "The simple interview".

Io stesso, nel vedere il film e nel leggere il libro, ho avuto una serie di flashback che mi hanno riportato indietro agli anni della mia pre-adolescenza e adolescenza e al difficile compito di mediare in quegli anni tra le istanze sociali nuove con cui iniziavo a confrontarmi e il fatto di avere un fratello disabile. Benchè in famiglia vi fosse la precisa consapevolezza di essere uniti affettivamente e motivati per costituire un team affiatato in cui il problema della disabilità di mio fratello doveva essere condiviso e gestito da tutti, senza distinzioni, l'avere un fratello disabile ha creato dentro di me - indubbiamente - delle risonanze e delle titubanze che, quando mi sono ritrovato davanti alle prime aperture nel sociale, hanno plasmato in qualche misura la costruzione del mio carattere, portandomi in taluni casi a scelte di isolamento piuttosto che di coraggiosa apertura.
Penso certamente che libri come questi (e i relativi film che a loro sono stati ispirati) dovrebbero essere fatti leggere nelle scuole o essere letti e illustrati ad alta voce dai docenti e poi discussi con gli allievi, poichè hanno da insegnare veramente tanto sui temi dell'accettazione e dell'integrazione, non in maniera teorica ma in modo semplice e diretto fondato su fatti realmente accaduti.

Chi ha tratto interesse a questi due racconti potrebbe trovare utile iun confronto con la priva prova letteraria di Mariapia Veladiano, La vita accanto (Einaudi, 2011), nella quale si racconta dell'infelice Rebecca, nata in una famiglia di rango sociale marchiata dalla sfortuna - sin dalla nascita - di essere palesemente brutta e, per questo, sin dalla nascita, rifiutata dalla madre e condannata ad una vita di semi-reclusione, dalla quale si salverà soltanto grazie al suo talento naturale e dal fatto che alcune delle persone che la circondano le vogliono bene, malgrado la sua bruttezza. Il racconto della Veladiano contraddice radicalmente il detto popolare "Ogni scarrafone è bello 'a mamma sua". In effetti si può essere condannati ad una forma di severo ostracismo per la propria malattia o bruttezza (e, in fondo, cos'è la malattia se non un'offesa alla purezza dei canoni estetici che si vorrebbero garantiti per sé e per i propri cari?). Ma anche il libro della Veladiano conferma l'assioma che sono gli affetti a salvare le persone e che anche nelle situazioni di più estreme di rifiuto affettivo possono aprirsi delle vie insperate per incanalare l'affettività e per ricevere l'affetto necessario ad un sano sviluppo psico-affettivo.

 

 

Mazzariol, Mio fratello rincorre i dinosauri, Einaudi Stile Libero Big, 2016

Giacomo Mazzariol, Mio fratello rincorre i dinosauri. Storia mia e di Giovanni che ha un cromosoma in più, Einaudi (Stile Libero Extra), 2016

(Risguardo di copertina) Ci sono voluti dodici anni perché Giacomo imparasse a vedere davvero suo fratello, a entrare nel suo mondo. E a lasciare che gli cambiasse la vita.
Hai cinque anni, due sorelle e desidereresti tanto un fratellino per fare con lui giochi da maschio. Una sera i tuoi genitori ti annunciano che lo avrai, questo fratello, e che sarà speciale. Tu sei felicissimo: speciale, per te, vuol dire «supereroe». Gli scegli pure il nome: Giovanni. Poi lui nasce, e a poco a poco capisci che sí, è diverso dagli altri, ma i superpoteri non li ha. Alla fine scopri la parola Down, e il tuo entusiasmo si trasforma in rifiuto, addirittura in vergogna. Dovrai attraversare l’adolescenza per accorgerti che la tua idea iniziale non era cosí sbagliata. Lasciarti travolgere dalla vitalità di Giovanni per concludere che forse, un supereroe, lui lo è davvero. E che in ogni caso è il tuo migliore amico. Con Mio fratello rincorre i dinosauri Giacomo Mazzariol ha scritto un romanzo di formazione in cui non ha avuto bisogno di inventare nulla. Un libro che stupisce, commuove, diverte e fa riflettere.
Insomma, è la storia di Giovanni, questa. Giovanni che ha tredici anni e un sorriso piú largo dei suoi occhiali. Che ruba il cappello a un barbone e scappa via; che ama i dinosauri e il rosso; che va al cinema con una compagna, torna a casa e annuncia: «Mi sono sposato». Giovanni che balla in mezzo alla piazza, da solo, al ritmo della musica di un artista di strada, e uno dopo l’altro i passanti si sciolgono e cominciano a imitarlo: Giovanni è uno che fa ballare le piazze. Giovanni che il tempo sono sempre venti minuti, mai piú di venti minuti: se uno va in vacanza per un mese, è stato via venti minuti. Giovanni che sa essere estenuante, logorante, che ogni giorno va in giardino e porta un fiore alle sorelle. E se è inverno e non lo trova, porta loro foglie secche. Giovanni è mio fratello. E questa è anche la mia storia. Io di anni ne ho diciannove, mi chiamo Giacomo.

L'Autore. Giacomo Mazzariol è nato nel 1997 a Castelfranco Veneto, dove vive con la sua famiglia. Nel marzo del 2015 ha caricato su YouTube un corto, The Simple Interview, girato assieme al fratello minore Giovanni, che ne è il protagonista. Giovanni ha la sindrome di Down. Il video ha avuto un'eco imprevedibile: i principali quotidiani gli hanno dedicato la prima pagina ed è stato commentato anche all'estero.
The Simple Interview è visibile su www.youtube.com/watch?v=0v8twxPsszY.html
Per Einaudi ha pubblicato Mio fratello rincorre i dinosauri (2016 e 2018) e Gli squali (2018).

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12 ottobre 2019 6 12 /10 /ottobre /2019 08:39
La Corsa de L'Ora (a cura di Franco Nicastro), Navaraa Editore, Palermo, 2019

"La Corsa de L'Ora" (2016) è un un bel film documentario di Antonio Bellia, premiato nel 2018, con Pippo Delbono, nella veste di narratore.

Il periodo compreso tra il 1954 e il 1975 fu quello in cui Vittorio Nisticò fu il direttore del quotidiano palermitano del pomeriggio L’Ora, originariamente avviato dalla famiglia Florio.

Il documentario ne ricostruisce le vicissitudini: da un lato, le battaglie contro l’intreccio di poteri e interessi tra la mafia e la politica in un momento storico di grande trasformazione per la Sicilia, dall’altro l’impegno di una generazione di intellettuali e artisti che vedono protagonisti personaggi come Sciascia, Consolo, Dolci, Guttuso, Caruso, che si fanno carico della necessità di essere interpreti di un cambiamento sociale e civile e che scelgono il piccolo quotidiano palermitano come luogo e strumento di questa grande scommessa.

Il film è stato vincitore nell 2018 Nastri d'Argento, sezione Docufilm.

Di recente con Navarra Editore (Palermo) è stato pubblicato un volume di contributi e di amarcord sul giornale L'Ora di Palermo che contiene abbinato il DVD con il film documentario incentrato su quegli anni ruggenti de L'Ora, ma anche con riferimenti al periodo successivo sino alla sua chiusura.
I diversi contributi, tutti scritti da giornalisti che lavorarono nella redazione dell'Ora e che successivamente seguirono altre strade sempre nel campo del giornalismo, avendo acquisito in quegli anni una solida statura formativa nel campo del giornalismo militante e coraggioso raccontano con diversi vertici d'osservazione, l'avventura del quotidiano palermitano non dalle sue più lontane origini, ma a partire dall'anno in cui Vittorio Nisticò ne assunse la guida, sino alla sua chiusura negli anni '80.
Ma gli anni ruggenti, quelli dell'esposizione del quotidiano che intraprese coraggiosamente grandi inchieste sulle condizioni della città furono appunto quelli della direzione di Nisticò e cioè quelli situabili nell'arco di tempo che va dal 1954 al 1975 e sono esattamente quelli su cui si é concentrato il documentario di Bellia.

Il volume è stato curato da Franco Nicastro.

(Dal risguardo di copertina) Nato all'inizio del Novecento come progetto della famiglia Florio, il quotidiano L'Ora fu diretto tra il 1954 e il 1975 da Vittorio Nisticò. Alla sua figura è dedicato La corsa de L'Ora, docufilm di Antonio Bellia (2017) allegato a questa pubblicazione, curata dal giornalista Franco Nicastro, alla quale dà anche il titolo.
L'Ora ha sempre conservato, lungo tutta la sua vita, le caratteristiche di un quotidiano sensibile ai fermenti di novità e ai tentativi di trasformazione dei vecchi equilibri.
Forte di una identità di sinistra, criticamente aggiornata. Difensore dell'autonomia siciliana come strumento di libertà e di progresso, ma mai "sicilianista".
Strettamente legato alle questioni della crescita sociale e civile di Palermo e dell'Isola, ma non provinciale, sempre attento, semmai, a quanto di nuovo maturava in Italia e nel resto del mondo. Un giornale di respiro nazionale impegnato a dare ai fatti locali il rilievo delle grandi battaglie di rinnovamento e a iscrivere le cronache e i commenti politici degli avvenimenti siciliani nella cornice ampia del riformismo e della democrazia.

L'attenzione sia del film che delle pagine dellibro è rivolta all'intera realtà de L'Ora quel "quotidiano che non fu solo una testata giornalistica ma un laboratorio di idee, un luogo di confronto vivace e irriverente, un presidio e uno strumento di battaglia civile..." (A. Bellia).
Gli articoli- firmati da A. Calabrò, M. Genco, F. La Licata,, S. Nicosia, M. Sorgi, V. Vasile,, P. Violante - sono ripresidal volume "Era l'Ora. Ilgiornale che fece storia e scuola" (a cura di M. Figurelli e di F. Nicastro, XL Edizioni, 2012).

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13 settembre 2019 5 13 /09 /settembre /2019 10:40
Apollo 11 (USA, 20199

Esce nelle sale cinematografiche, proprio in questi giorni, il film USA di Todd Douglas Miller Apollo 11 che, in forma documentaristica, racconta della spedizione Nasa che portò due uomini a mettere piede sulla superficie lunare (il terzo come è noto rimase in orbita attorno alla luna).
Il film è uscito in concomitanza delle grandi celebrazioni per la ricorrenza di quella che è considerata una grande impresa - forse la più grande - dell'ingegno umano e delle applicazioni tecnologiche al tempo più avanzate.
Superata l'euforia e l'ubriacatura di entusiasmo per quella riuscita che venne salutata con pubblicazioni entusiastiche di articoli e di libri (si veda ad esempio "Un fuoco sulla luna" di Norman Mailer, 1971) , a distanza di qualche tempo, entrò in circolazione nelle sale cinematografiche il film "Capricorn One" (Peter Hyams, USA, 1978) che mette in scena una nuova impresa della NASA che dovrà portare gli astronauti americani a mettere piede su Marte. Ma tutta l'impresa, come risulterà dal plot del film è una grande falsificazione, abilmente costruita: un'operazione secretata totalmente dei cui fondamenti menzogneri nulla deve trapelare, ma il diavolo ci mette  la coda e l'inganno viene rivelato.

Questo film consentì in realtà di parlare dei dubbi circolanti sull'autenticità di quel primo ed unico allunaggio, dubbi alimentati da numerosi leaks provenienti da personale che, a quel tempo, aveva operato all'interno dello stesso ente spaziale americano.

Il pubblico su queste teorie complottiste (peraltre supportate da una larga messe di documenti secretati e da analisi dettagliate di prove materiali confutanti lo sbarco) si divise profondamente.

Molti rimasero (e sono tuttora fermamente convinti) che l'allunaggio effettivamente ci fu.

Nessuno volle andare veramente a fondo della questione, archivando il caso come il frutto di una contorta e fantasiosa mentalità complottista.

I dubbi tuttavia rimangono e sono fondati.

Come mai, alcuni continuano a chiedersi, dopo "il piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'Umanità" di Neil Armstrong non ci furono più allunaggi, nè si tentò di costruire una "stazione lunare" presidiata da personale umano che avrebbe potuto fungere da trampolino di lancio verso i pianeti più lontani, come ad esempio, Marte?

L'impresa lunare, tuttavia, anche se fsse stata il frutto di  un falso, atto a sancire la supremazia americana sui Russi nella corsa al controllo dello spazio, proprio all'apice della Guerra Fredda, è entrata prepotentemente nell'immaginario collettivo, dal quale non potrà più essere facilmente scalzata ed è diventata per il grande pubblico un'autentica macchina dei sogni.
 

 

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9 febbraio 2019 6 09 /02 /febbraio /2019 10:16

Grazie a mio figlio Francesco che mi ha diretto ho fatto un'esperienza attoriale. Chi l'avrebbe mai detto?
Nessun merito da parte mia ma solo di mio figlio, che mi ha diretto egregiamente, spiegandomi ogni volta in maniera coinvolgente ciò che dovevo fare e quali stati d'animo dovevo provare ad esprimere.
Devo ammettere che quando mio figlio mi fece leggere lo script dal titolo "Addio alle stelle" e mi disse che avrei dovuto essere il suo personaggio adulto rimasi un po' perplesso.
Non avevo mai fatto prima una simile esperienza. Anche leggendo la sceneggiatra, mi ero sentito un po' confuso nel vedere l'elencazione e la descrizione dei diversi momenti in cui si sarebbe dovuta articolare la narrazione.
Per Francesco era un must che si dovesse realizzare in campagna da noi (ad Altavilla)
Pur con delle forti remore, gli dissi di sì.
 Ci lanciammo nell'impresa tra Natale e i primi dell'anno: devo dire che mi sono lasciato coinvolgere e che mi sono anche divertito, soprattutto quando si verificavano i classici svarioni (come gli errori nella sequenza gestuale, lo sguardo in camera, o l'andatura troppo svelta o troppo lenta), con quelle tipiche riprese da backstage che a volte si possono vedere mentre scorrono i titoli di coda dei film.
Per fortuna non era previsto il parlato.

Nel vedere il prodotto finale montato e con la colonna sonora (tra l'altro Francesco ha scelto di usare Sugaree, uno dei miei brani preferiti dei mitici Grateful Dead) mi sono anche commosso per ciò che il corto è riuscito a esprimere.
E non posso esimermi dal dire di aver provato anche una punta di autocompiacimento narcisistico: ma nel film, non sono più me stesso, perchè sono trasformato dall'occhio del regista
In Addio alle stelle c'è qualcosa di profondo, soprattutto nella proposta narrativa (che fa da filo conduttore) della commistione tra passato e futuro, mentre il presente non è altro che un attimo fuggente in cui alcuni oggetti carichi di magia possono fare da ponte tra età diverse della vita, con tutto il carico di nostalgia che il contatto con il proprio passato può comportare.

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25 novembre 2018 7 25 /11 /novembre /2018 10:31

Lo trovai nel garage un sabato pomeriggio, il giorno dopo che ci eravamo trasferiti in Falconer Road. L'inverno stava finendo. Mamma aveva detto che ci saremmo trasferiti in tempo per la primavera. <Non c'era nessun altro. Solo io. Gli altri erano in casa col dottor Morte, in pensiero per la bambina.
Era disteso al buio dietro le casse, nella polvere e nella sporcizia. Era come se fosse lì da sempre. Era lurido, pallido e secco e credevo che fosse morto.
Mi sbagliavo di grosso. Presto avrei cominciato a vedere la verità, che al mondo non c'era mai stato un altro essere come lui.

L'incipit di Skellig

Savid Almond, Skellig, Salani, 2009

Con Skellig (Salani editore, 2009), il pluripremiato scrittore per ragazzi (e non solo),  romanzo d'esordio di una fortunata carriera (uscito nel 1998), il britannico David Almond ci ha regalato veramente una bella storia, quella di un ragazzino - il giovane protagonista - alle prese con un momento difficile della sua vita, il trasloco e lo star male della sorellina piccola che deve essere ospedalizzata per una grave patologia.Michael si ritrova a passare la maggior parte del tempo da solo, anche perché per qualche giorno in considerazione delle difficoltà familiari, è esentato dall'andare a scuola. Sarebbe totalmente da solo, se non fosse per la compagnia della fantasiosa e creativa Mina, una bambina che vive nella casa accanto.
In questo contesto, Michael fa la scoperta straordinaria  di uno strano essere che vive nel vecchio capanno adiacente alla casa, pericolante nella polvere, tra ragnatele e rifiuti. Potrebbe essere stato lì da sempre. Michael scopre costernato, ma nello stesso tempo con profonda curiosità che la creatura si nutre di insetti.
Michael da solo - e poi con Mina che gli darà supporto emozionale in questa avventura , aiutandolo a sopportarne le implicazioni fantastiche senza esserne intimorito - si prenderà cura di lui, lo nutrirà (portandogli del cibo cinese di cui sembra essere particolarmente ghiotto) e lo accudirà (persino con la somministrazione di vitamine per rinvigorirlo), sino a quando l'essere il cui nome - come si scoprirà - è Skellig, rivelerà a loro - e solo a loro - la sua natura meravigliosa (o meglio la "mostrerà" loro): e allora potrebbe essere davvero una creatura uscita direttamente dalle pagine di William Blake, di cui - tra l'altro - Mina è un'appassionata lettrice, un essere fantastico degno di stare nella galleria della Zoologia fantastica di Jorge Luis Borges, oppure un essere che possiede una natura divina e sovrannaturale.
Questo non si saprà mai, né l'Autore si pronuncerà al riguardo, lasciando che sia il lettore a decidere e a prendere posizione.
In ogni caso, catalogare e classificare sono attività che non hanno alcuna rilevanza: l'essenziale è cogliere ciò che è meraviglioso nelle cose (tanto per usare una frase che è molto vicina e affine alla famosa e più volte ripetuta citazione da "Il Piccolo Principe").
Rimarrà qualcosa di ineffabile e di non detto, una traccia di emozioni che soltanto Michael e Mina potranno condividere, dei doni - si potrebbe dire - che sono il corrispettivo dell'accoglienza e della gentilezza con cui è stato accudito: mentre gli adulti rimarranno ignari di tutto, pur essendo essi stessi beneficiari della discesa di questo senso meraviglioso su di loro e nei loro cuori. E per via della narrazione di questa complicità e condivisione, Skellig è anche una splendida storia sull'amicizia, per non parlare del tema dell'accettazione dell'altro da Sé e dell'Alieno che può incutere repulsione se non si riesce a venire fuori dalle proprie categorie mentali rigide e che, viceversa, può essere considerato un vero e proprio dono meraviglioso e possibilità di un arricchimento rigenerante per il proprio Sé: cosa che può accadere solo se si mantiene sulle cose e sugli incontri uno sguardo innocente, come solo quello dei bambini può essere eo degli adulti che si mantegono in un costante collegamente rigenerante con il prorpio Sè bambino.
Da questo romanzo, molto acclamato, è stato realizzato  il film "Skellig. The Owl Man", con Tim Burton nella parte di Skellig.

 

(Quarta di copertina) Nel garage della nuova casa, Michael scopre qualcosa di magico: una creatura, un po' uomo un po' uccello, che sembra avere bisogno di aiuto. Si chiama Skellig e adora il cibo cinese e la birra scura. Non sapremo mai di preciso cos'é; c'é del mistero in questa storia, ma va bene così. L'importante per Michael, e per la sua sorellina sospesa tra la vita e la morte in ospedale é che Skellig ci sia. Come scrive Nick Hornby, Skellig é una storia "meravigliosamente semplice ma anche terribilmente complicata (...). E' un libro per ragazzi perché è accessibile e perché i protagonisti sono bambini, ma credetemi, é anche un libro per voi, perché é un libro per tutti, e l'autore lo sa". Età  di lettura: da 11 anni.
 

David Almond

L'Autore. David Almond (Newcastle upon Tyne, 15 maggio 1951) è uno scrittore inglese, specializzato nella narrativa per ragazzi.
Il primo romanzo di Almond, ambientato a Newcastle, si intitola Skellig (1998) e ha vinto importanti premi letterari tra cui il Whitbread Children's Novel of the Year Award e la Carnegie Medal.
Successivamente, Almond ha pubblicato: Kit's Wilderness (1999), Occhi di Cielo (2000), Secret Heart (2001), The Fire Eaters (2003) (che si è aggiudicato il Whitbread Awards di quell'anno), Argilla (2005), Jackdaw Summer (2008) e The Savage (2008), un libro per bambini i cui temi sembrano però maggiormente rivolti a un pubblico adolescente e adulto. Il libro si segnala anche per le illustrazioni di Dave McKean.
Almond ha anche scritto un testo teatrale intitolato Wild Girl, Wild Boy, andato in tour nel 2001 e pubblicato poi nel 2002. Con Dave McKean pubblica anche un'altra opera Slog's dad (2009).
Nel 2010 Almond pubblica My name is Mina, uscito in Italia nel 2011 con il titolo La storia di Mina: quest'opera è strutturata come se si trattasse del diario personale di Mina, uno dei personaggi già comparsi nel romanzo Skellig.
I suoi scritti hanno come temi ricorrenti le complesse relazioni tra gli opposti (per esempio vita e morte, realtà e finzione, passato e futuro), l'educazione dei più giovani, la natura, il difficile processo di crescita e di cambiamento negli adolescenti. Almond è stato fortemente influenzato dal poeta romantico William Blake.
Nel 2010 debutta in teatro My Dad's A Birdman, in cui Almond si avvale della collaborazione con i Pet Shop Boys (autori della colonna sonora). Sempre nello stesso anno vince il premio Hans Christian Andersen come miglior autore per ragazzi.

 

 

The Official Trailer - This moving tale of a boy who befriends a mysterious man with unearthly powers will cast a spell on the entire family! Young Michael hates his dilapidated new home, he's worried about his sick baby sister and he's bullied at school. But life changes when he stumbles upon "Skellig" hiding out in a backyard shed (Tim Roth, The Incredible Hulk), and quickly realizes that there's something very special about him. As magical things start to happen, an entirely new world opens up to Michael, who turns to a reluctant Skellig for help when his baby sister takes a turn for the worse. Don't miss this unforgettable story about the power of friendship and family, the beauty of hope and the rapture of learning to fly.

This book trailer was created by Janelle Briggs, who is a librarian from Dexter, New York. Summary: An unusual being called Skellig enters the life of Michael, a boy whose family has moved into a new house and whose baby sister is gravely ill. Michael's sadness and isolation lead to a special friendship with Skellig and with a neighbor girl.

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17 novembre 2018 6 17 /11 /novembre /2018 07:05
A Christmas Carol by Charles Dickens, frontespizio della prima edizione

Con The Man who invented Christmas, il cui sottotitolo è How Charles Dickens' A Christmas Carol Rescued His Career and Revived Our Holiday Spirits (2008), Les Standiford, fornisce una ricostruzione accurata sulla genesi storica (i fatti della vita di Dickens e quelli pubblici concomitanti) e interiore/intima) di "A Christmas Carol" (il cui titolo completo era: A Christmas Carol, in Prose. Being a Ghost-Story of Christmas), il notissimo racconto di Charles Dickens sul Natale, patrimonio intellettuale ed emozionale del suo tempo, e sugli effetti che questa storia ebbe su di un vasto pubblico di lettori nel Regno Unito e Oltremare. Questo volme ha ispirato il bel film omonimo, uscito anch'esso nel 2017: da qui l'urgenza di una nuova riedizione per i tipi di B|D|W|Y Broadway Books, New York (che è quella che ho avuto per le mani).
E, a tutti gli effetti, non si può non riconoscere che Dickens, con questo racconto (che, tra l'altro, in un momento difficile della sua vita e al confronto con un calo d'ispirazione, scaturì da un bisogno profondamente autobiografico) influenzò profondamente il modo in cui si prese a considerare e a festeggiare il Natale così come lo conosciamo oggi.

 

Les Standiford, The Man who invented Christmas (2008/2017)

Un'influenza che - come mostra l'autore - dura e si rafforza oggi, a più di 150 anni dalla pubblicazione di quel racconto che continua ad essere letto: un vero e proprio "long seller" e "evergreen", capace di modificare sostanzialmente le abitudini e le consuetudini, e ripreso cinematograficamente molteplici volte, inclusa una versione in cartoni animati della Walt Disney.
Il film poi, molto efficace, si sofferma particolarmente sul processo creativo di Dickens e su come egli - nel farsi della sua narrazione - si ritrovi, quasi allucinatoriamente, a dialogare con i personaggi che sta creando che, a volte, si sovrappongono o prendono le mosse da fantasmi del suo passato.
Il volume include il celeberimmo racconto "A Christmas Carol".
Purtroppo il saggio di Standiford, a tutt'oggi, non è stato tradotto in Italiano.

(Note di copertina dell'edizione in lingua inglese del 2017) As uplifting as the tale of Scrooge itself, this is the story of how Charles Dickens revived the signal holiday of the Western world. Soon to be a major motion picture.
Just before Christmas in 1843, a debt-ridden and dispirited Charles Dickens wrote a small book he hoped would keep his creditors at bay. His publisher turned it down, so Dickens used what little money he had to put out A Christmas Carol himself. He worried it might be the end of his career as a novelist.
The book immediately caused a sensation. And it breathed new life into a holiday that had fallen into disfavor, undermined by lingering Puritanism and the cold modernity of the Industrial Revolution. It was a harsh and dreary age, in desperate need of spiritual renewal, ready to embrace a book that ended with blessings for one and all.

 

Les Standiford

With warmth, wit, and an infusion of Christmas cheer, Les Standiford whisks us back to Victorian England, its most beloved storyteller, and the birth of the Christmas we know best. The Man Who Invented Christmas is a rich and satisfying read for Scrooges and sentimentalists alike.
L'autore. Les Standiford is the author of the critically acclaimed Last Train to Paradise, Meet You in Hell, and Washington Burning, as well as several novels. Recipient of the Frank O’Connor Award for Short Fiction, he is Founding Director of the Creative Writing Program at Florida International University in Miami, where he lives with his wife and three children.

Ed ecco di seguito alcuni apprezzamenti...

“In this small but remarkable book, Les Standiford offers readers ...a gift for all seasons. Carefully researched and written in a stately, lucid prose, this book will be cherished by those who love Dickens, enjoy Christmas, or ponder the endless mysteries of human behavior.

Roland Merullo, author of American Savior

A wonderfully absorbing and revealing account, full of things I did not realize about A Christmas Carol, Charles Dickens, and the world of publishing. Once I started reading this book, truly, I could not put it down.

Dan Wakefield, author of New York in the Fifties

“The Man Who Invented Christmas is destined to be a classic ...about a classic. As Tiny Tim might say, ‘God Bless Everyone,’ in this case Standiford, for creating such a delightful and engaging gem—part history, part literary analysis, and all heart, just like the book that inspired it.

Madeleine Blais, winner of the Pulitzer Prize and author of Uphill Walkers

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10 novembre 2018 6 10 /11 /novembre /2018 07:45
Locandina di Love (2015) di Gaspar Noè

 “Love” è un film erotico-esistenziale del 2015 scritto, diretto, prodotto e montato da Gaspar Noé, un regista di origini argentine che da tempo si è stabilito in Europa e autore di una filmografia, il cui filo rosso è stato definito come "il cinema del corpo", con immagini e rappresentazioni che vogliono illustrare senza veli e senza pudori la realtà fisica dei protagonisti.

Il film è incentrato sulla vita del giovane Murphy, studente americano in una scuola di cinema a Parigi, e della sua ex-fidanzata Electra, che Murphy ha frequentato per due anni (all'insegna di una passione amorosa senza mezzi termini e senza compromessi, totale e coinvolgente), prima di tradirla con  Omi, loro vicina di casa, rimasta poi incinta.

La gravidanza inaspettata di Omi pone fine - con grande astio da parte di Elektra - alla storia d'amore tra i due, intensa pur se anticonformista. Per Elektra, infatti, il deragliamento di Murphy è stato un tradimento imperdonabile, perchè - per accordo condiviso nel progetto di realizzare una fantasia comune - Murphy e Elektra avevano scelto  proprio Omi come partner sessuale in un terzetto trasgressivo che desse corpo e sostanze alle loro fantasie.
Qualche tempo dopo Murphy, infrangendo il codice di comportamento vigente in questi casi e approfittando di una momentanea assenza di Elektra, ha incontrato Omi per un rapporto esclusivo: da qui la percezione dell’imperdonabile tradimento da parte di Elektra.
Un giorno come tanti Murphy, quando è già diventato padre da due anni e si sente inscatolato in una routine familiare che non gli appartiene riceve una telefonata da Nora, la madre di Electra, che gli chiede se ha delle informazioni su sua figlia, dato che lei non ne riceve da diverso tempo.
Così il protagonista inizia a ripercorrere nella memoria la sua turbolenta e sregolata vita sentimentale con Electra, incluse le numerose trasgressioni di droga e di sesso che hanno compiuto assieme, alla ricerca del proprio piacere e per rafforzare il senso della condivisione e della complicità nel rapporto di coppia.
"Love" è decisamente un bel film che dimostra come si possa realizzare un’ottima cinematografica erotica senza veli e di qualità, abbinando assieme i temi dell’erotismo e gli stilemi del dramma essitenziale, in cui il protagnista intrappolato in una routine di vita nella quale non si riconosce più idealizza quel rappoerto amoroso del passato come fosse attinente ad una dimensione edenica ormai irrevocabilmente perduta.
Il film, inoltre, presenta senza pudore e senza veli alcuni trend contermporanei nei costumi sessuali, di una sessualità che, se da un lato continua a valorizzare i rapporti di coppia, dall’altro tende a diventare sempre più “liquida” e trasgressiva, ma sempre per far ritorno al "santuario" della coppia che anzi verrebbe ad essere rafforzata dalle trasgressioni condivise: è questo il senso della scena di sesso a tre oppure della frequentazione da parte dei due protagonisti di un locale scambista al quale i due approdano per consiglio di un commissario di polizia (davanti al quale Murphy è stato portato per via delle sue pbbliche intemperanze in preda alla gelosia nei confronti di Elektra), in modo tale da poter stemperare in una situazione di scambio di partner, condivisa ed esplicita, gli assalti e gli effetti della possessività esclusiva. Ma - come risulto essere in una comunità utopica del XIX secolo il cui fondatore aveva abolito il principio del rapporto di coppia esclusivo, considerato la causa della gelosia che finiva con l'avvelenare ed inquinare tutte le relazioni sociali, sostenendo viceverso il principio della promiscuità, assunta a regola di vita, la gelosia finisce sempre con il far la sua ricomparsa malgrado la "cura".
In questo senso “Love” è, a tutti gli effetti, un documento sul nostro tempo e delle derive contemporanee delle pratiche della sessualità cosiddetta "trasgressiva" che costiuisce certamente una delle forme di "sdoganamento" del Porno nella vita quotidiana, ponendo questo genere - o attitudine - entro i limiti posti dallo psichiatra e psicoterapeuta statunitense Robert J. Stoller che si è occupato di ciò in un uno studio di grande interesse, Il Porno. Miti per il XX secolo (Feltrinelli, 1993), opera fondamentale per la comprensione di alcune radici del fenomeno. In questo senso, siamo di fronte ad un'opera che testimonia efficacemente del processo illustrato nei numerosi saggi critici che compongono il volume "Il porno espanso: dal cinema ai nuovi media" (a cura di Enrico Biasin, Giovanna Maina, Federico Zecca, Mimesis, 2011).
Il lungometraggio, inolte, è come altri prodotti cinematografici d'avanguardia, un esempio notevole del fenomeno avanzato di "normalizzazione" dei linguaggi del Porno, cioè dell'abbattimento dei recinti dentro cui la rappresentazione pornografica stava racchiusa e che faceva sì che qualsiasi scena disesso esplicito oppure la visione integrale dei corpi dei protagonista, portassero immediatamente all'etichettatura di "pornografico" e facessero immediatamente scattare la repressione censoria.

Il film, che di recente è stato incluso nel portale Netflix, è stato presentato per la prima volta il 20 maggio 2015 al Festival di Cannes, mentre è stato distribuito nelle sale francesi dal 15 luglio dello stesso anno.
In Italia è stato presentato il 14 gennaio 2016 a Torino, durante il festival internazionale di cinema erotico Fish&Chips Film Festival.
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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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