(Maurizio Crispi) Youth. La giovinezza, ultima fatica di Paolo Sorrentino (2015, nomination "Palma d'Oro", al festival di Cannes 2015) ci trasporta nel mondo della senilità in cui tuttavia gli opposti in qualche misura collidono.
La vecchiaia porta alcune persone, particolarmente dotate a vivere vieppiù nella loro giovinezza che è fatto di ricordi apparteneti al passato ma che può anche arricchirsi di nuove esperienze nel presente.
Siamo in un lussuoso resort climatico a Davos, in Svizzera: un luogo per ricconi e per agiati pensionati che vengono qui di anno in anno per rilassarsi, per fare bagli termali, per sottoporsi a check-out clinici completi e approfonditi, per svagarsi grazie a serate in cui sono programmati spettacoli diversi ed interessanti, per godere dell'ottima e raffinata cucina.
Qui, interagiscono alcuni personaggi, l'ottantenne Fred Ballinger, musicista, direttore d'orchestra e compositore di grande valore, la cui fama "popolare" è legata soprattutto alle sue "Canzoni semplici" e oggi in pensione e deciso a rimanere in questa condizione di "pensionato dello spirito", il coetaneo Mick Boyle un regista hollywoodiano che lavora con il suo staff di creativi alla sceneggiatura di quello che sarà il suo prossimo ed ultimo film ("L'ultimo giorno della mia vita"), che per lui dovrà essere un vero e proprio canto del cigno ed un testamento spirituale, Jimmy Tree un attore quarantenne che vive un singolare ritiro per mettere a punto i dettagli di una parte che gli è stata affidata in un film di imminente realizzazione e per calarsi meglio nel personaggio che dovrà interpretare.
E, naturalmente, attorno a questi due tre personaggi-chiave ruota una miriade di altri che, in un modo o nell'altro, ai tre vengono a legarsi, a volte anche solo come oggetti della loro osservazione disincantata, ironica, a volte tragica oppure come veicoli di rappresentazione allegorica di aspetti dell'esistenza.
I due meditano sulla vecchiaia, sul senso della loro amicizia cinquantennale. E sono, tra l'altro, legati da un vincolo di parentela acquisita, visto che Julian, figlio del cineasta, ha sposato Lena, figlia del musicista, con la complicazione di una rottura del matrimonio tra i due, scoppiata all'improvviso come un temporale a ciel sereno: ma le tempeste emozionali sono terreno fertile per il cambiamento e stimolano una riflessione coraggiosa sui temi portanti della propria vita. E le loro conversazioni oscillano di continuo tra le miserie della vecchiaia (epitomizzate nelle gocce di pipì che ciascuno di loro riesce a spillare faticosamente ogni giorno) e la nobiltà dei loro creazioni artistiche del passato (Ballinger) o degli sforzi nel presente di dare vita ad una grande opera (Boyle).
Parlano, passeggiano, si confessano reciprocamente piccoli segreti e dichiarano le loro riflessioni sul mondo, dicendo dei loro sogni e dei loro turbamenti.
Il tutto avviene in un montaggio frammentario ed onirico, in cui alla lentezza infinita della vita quotidiana infarcita di momenti rituali e "curativi", di conversazioni vacue o profonde, di rievocazioni, si contrappongono improvvise velocizzazioni e caleidoscopici, rutilanti, inserti, sprazzi d'una percezione che si rifà vivace e acuta o dell'emergere di inquietudini interiori.
Il distacco dal mondo, realizzato nel lussuoso hotel, che, atratti, sembra assumere i connotati di un universo concentrazionario ed omologante (con un'apparenza di "dorata prigione"), viene turbato dal fatto che un emissario della regina d'Inghilterra, Elisabetta, raggiunge Ballinger nel suo isolamento volontario per rappresentargli la volontà della Regina che, in occasione del compleanno del consorte Filippo, Duca di Edimburgo, Ballinger torni a dirigere a Buckingham Palace un'orchestra e un famoso soprano per mettere in scena proprio il repertorio delle sue "Canzoni Semplici".
Ballinger, dopo molti ed intransigenti rifiuti, finisce per accettare, una volta che riesce a dissipare i "motivi personali" che lo spingerebbero a non tornare a dirigere, specie per mettere in scena le "canzoni semplici": e dietro di essi si nasconde una tragica verità.
Vi è una lunga - a volte estenuante - riflessione sulla vecchiaia e sui limiti che un corpo vecchio ed imbruttito impone allo spirito, nel confronto con corpi giovani e sinuosi, o conmenti flessibili e ancora non nel pieno della loro potenzialità creativa: a questo riguardo, è emblematica la condizione di quello che un tempo fu un grande sportivo, ora ospite in incognito del Centro termale, che - con grande fatica e mentre non è visto da nessuno - si lancia in una sperimentazioni di virtuosismi con una pallina da tennis, rivelando che un tempo dietro la massiccia obesità e il grottesco ventre rigonfio a dismisura, si nasconde il grande calciatore di un tempo (non saprei: ma questo personaggio mi ha fatto pensare a Diego Armando Maradona: e, in effetti, vuole essere un rimando proprio a lui, benchè si tratti solo di un sosia!).
Irriconoscibile, obeso, costretto a camminare con un bastone, compare di tanto in tanto in momenti che sono vere e proprie chicche talvolta addirittura comiche. A un certo punto si rivolge a un bambino che suona il violino con la mano sinistra dicendogli: "Anche io sono mancino".
Il commento del suo dirimpettaio è: "Ma, cavolo, tutto il mondo sa che siete mancino...!".
Sorrentino, da sempre innamorato calcisticamente di Maradona, leader del suo Napoli che ha vinto tutto nell'era Ferlaino, dopo avergli dedicato l'Oscar, lo ha voluto omaggiare in "Youth" e non poteva perdere l'occasione per farlo esibire in un palleggio: l'ex campione, in boxer, enorme, obeso, che si regge a malapena in piedi, si esibisce con una palla da tennis.
Nell'atmosfera rarefatta che si respira nel Centro termale si intravede l'estraniamento dal mondo de "La Montagna incantata" di Thomas Mann (non è un caso che lo Schatzalp Hotel di Davos sia lo stesso citato da Mann nel suo romanzo) , in cui il rifugio di cura viene rappresentato come una sorta di limbo in cui si è confinati, rispetto al mondo e dove tutto rimane come sospeso: un isolamento che, per un tragico paradosso, è in realtà volontario e autoinflitto, in sostanza un'autoreclusione.
Ma, nella storia, c'è anche il potere vivificante della "giovinezza" come "ricordo" che si allontana nel passato sempre più distante e irraggiungibile, ma che talvolta sdi manifesta nella freschezza di una risata, in un improvviso guizzo ironico o nella battuta salace che è la giovinezza ancora presente in un corpo vecchio e stanco.
E, sopratutto, vi si ritrova il potere altrettanto rigenerante - e direi anche trasfigurante - dell'arte e della bellezza, quando si entra di nuovo nello stato d'animo in cui si può tornare a ripetere per la gioia degli altri un atto creativo che vivifica gli altri astanti, ma che, abbattendo straficazioni di cinismo, di indifferenza, di barriere contro il dolore, torna a vivificare e ad accendere l'animo dell'artista che un tempo ha creato e che adesso si è messo - per così dire - in pensione.
L'idea è che anche nel percorso di senescenza si possano attivare dei percorsi formativi e trasformativi e che la vitalità possa rimettersi in moto sulla base di riaccensioni emozionali e sanamente narcisistiche, oppure con la rimozione di blocchi che hanno portato ad una forma di auto-mortificazione dello spirito.
Il giovane attore Jimmy Tree, come anche la figlia di Ballinger Lena, sono i rappresentanti della giovinezza perduta, ma anche i testimoni della capacità creativa della generazione che li ha preceduti oltre che la ragione di essere di padri e madri che si sono impegnati, in passato, in un gesto creativo.
L'espressività artistica rimane sempre come un bagaglio universale e è un dovere morale poterla perpetuare e soprattutto rappresentare: l'artista, qualunque sia la modalità artistica che egli predilige, ha bisogno di un suo pubblico per dare vigore e vitalità alle proprie opere.
Non si possono non apprezzare un grandissimo Michael Caine nei panni di Ballinger e un altrettanto grande Harvey Keitel (Mick Boyle), ma anche l'interpretazione di Paul Dano, nei panni dell'attore "trasformista" che per interpretare un personaggio deve perdere se stesso, salvo al limite a rifiutarsi di essere altro da sé: non recitare più per tornare ad essere se stesso. Per non parlare della parte cameo di Jane Fonda nei panni dell'attrice di successo Brenda Morel.
Efficace, evocativa, pertinente, a tratti emozionante la colonna sonora, curata da David Lang, che - per tutta la durata del film accompagna lo spettatore/lettore in un'ampia gamma di cromatismi emozionali che oscillano dai tributi alla moderna musica pop alle forme eccelse, per quanto esplorative, di classicità.
Le riprese di Youth. La giovinezza sono avvenute nel 2014 principalmente a Flims e Davos in Svizzera, con alcune scene girate in Italia (Roma e Venezia) e Regno Unito (Londra).
A dicembre, mentre era in corso il montaggio, il teaser è stato mostrato in anteprima alle Giornate Professionali di Cinema di Sorrento.
Lo Schatzalp Hotel di Davos è lo stesso citato da Thomas Mann nell'opera La montagna incantata.[4]
Il film è prodotto da Nicola Giuliano, Francesca Cima e Carlotta Calori e co-prodotto da Indigo Film, Pathé, Bis Films, RSI, C-Film, Number 9 Films e Medusa Film.
L'uscita del film nelle sale cinematografiche è stata fissata per il 20 maggio 2015, a due anni esatti dall'uscita del precedente film di Sorrentino, La grande bellezza.
Youth. La giovinezza è il secondo film girato da Sorrentino direttamente in Inglese, dopo This must be the Place.