Se effetto del sonno sono l’immobilità del corpo e la negazione del movimento, nel sogno niente sta fermo. Tutto in esso cerca un plurimo altrove che ogni desiderio vorrebbe esaudire: e il sonno diviene transito, ponte tra il corpo abbandonato a riposo e il mobile orizzonte additato dai sogni.
Hanno, gli ambienti del sogno, instabili confini e spazi indefiniti: privi di limiti certi e senza soglie che non siano varchi d’evasione da superare fuggendo, vagando, gravitando, volando.
Stefano Lanuzza, I sognAutori. Trame, linguaggi, scritture della notte, Stampa alternativa/Nuovi Equilibri (Collana Fiabesca), 2003, pp. 21-22)
I SognAutori è un piccolo libro che torno volentieri a leggere e rileggere di tanto in tanto, scoprendo pensieri nuovi e ritrovandone altri che già mi avevano colpito in precedenza.
L’autore, Stefano Lanuzza, ha pubblicato diversi saggi sempre per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri
Il suo scrivere sui sogni è una fonte una fonte di inesauribili riferimenti a opere letterarie e artistiche che vengono citate ed esaminate in funzione del testo e come esemplificazione didascalica delle sue riflessioni sul sognare.
Mi si parla soprattutto - e questo ne è il filo conduttore - del motivo per cui molti, anzi moltissimi, dai più umili mestieranti - tra quali mi pongo io stesso - ai più grandi scrittori e artisti tendano a trascrivere i propri sogni:
“Piaccia o meno a quanti credano solo alla luce del sole, metà della nostra vita è immersa nelle tenebre della notte: nel sonno e nei sogni che si esprimono per immagini talora parlanti e per lo più mute…
Non è tanto per comprendere i sogni quanto ‘per farli esistere’ che taluno li trasporta nella scrittura” (dalla quarta di copertina)
Forse è per questo che io scrivo instancabilmente le trame dei miei sogni, quando me ne ricordo.
Considerando che io (come tutti del resto) passo una buona parte della mia vita dormendo e sognando, allora cerco di ricordare il più possibile delle molte vite che vivo nei sogni, dei molteplici viaggi ed avventure che mi trovo a sperimentare in quella magica dimensione onirica.
E per questo motivo sono sempre qui a trascrivere o a dettare a volte
A volte sembra proprio di non ricordare: eppure capita, in queste circostanze che si riesce a catturare un piccolo frammento e allora tirando piano piano viene fuori attaccato al frammento che emerge sul piano del ricordo consapevole un parte del sogno che subisce allora una trasformazione narrativa e rimane lì fermo a raccontare un pezzetto di mondo nel quale sono stato
Quando ritorno a leggere le trascrizioni dei miei sogni a volte rimango sorpreso, altre volte meravigliato, altre volte mi sembra che quel racconto riguardi un'altra persona e non certamente me.
Ecco perchè dico che, a volte, i sogni, raccontano di molte vite, di nostre varianti di cui non sappiamo poco o nulla, cose di cui vogliamo mantenere il ricordo o attivare la reminiscenza
Qualcuno, in un mini-sogno istantaneo occorso all’interno del breve spazio di un micro-sonno, mi offriva un’iris fritta, ancora calda calda, e me l’avvicinava alla bocca già spezzata in due, in modo che io potessi vederne l’interno goloso con il ripieno di ricotta e pezzetti di cioccolata fondente, ma anche sentirne la fragranza
Ero veramente desideroso di assaggiare questa delizia
Ma la mano che mi aveva offerto l’iris si è ritirata prima che io potessi addentare quella prelibatezza
E rimanevo con quel desiderio inesaudito e con l’acquolina in bocca
Insomma, una variante del supplizio di Tantalo!
Tengo a precisare che, nella vita reale, l’iris la mangio molto di rado, ma non perché non mi piaccia!
Al contrario!
Direi piuttosto che faceva parte dei miei peccati gastronomici di gioventù, quando più facilmente mi lasciavo andare a merende e a merendine robuste, senza tema di prendere peso
Per chi non lo sapesse l'iris è un dolce tipico della gastronomia siciliana, la cui origine è palermitana. Come produzione tipica siciliana, è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).
Ed ha anche una storia particolare
L'origine del nome è molto particolare. Antonio Lo Verso (? - 08 agosto 1960), pasticciere palermitano, preparò questo dolce nel suo laboratorio, nel 1901, in occasione dell'opera Iris di Pietro Mascagni.
La sua creazione divenne talmente famosa che indusse Antonio Lo Verso a cambiare il nome del suo caffè proprio in Iris.
La pasticceria Iris, da quel momento, divenne un punto di riferimento per tutta l'aristocrazia e la borghesia palermitana che lì si servivano per le proprie colazioni a base di caffè e appunto iris.
Il pasticciere Lo Verso creò questo dolce nel suo laboratorio di via Livorno 3-5-7, situato nel retro dello storico Caffè Iris di via Roma 148 a Palermo.
Caratteristiche. L'iris è una preparazione fatta di pasta lievitata dolce fritta. Nonostante sia dolce, viene annoverato tra i classici cibi di strada della cucina palermitana, venendo gustato caldo e a tutte le ore da cittadini e turisti.
L'iris è un lievitato dolce di forma sferica (similmente al krapfen o al bombolone) che racchiude un ripieno: quello tradizionale prevede crema di ricotta dolce e cioccolato fuso (talvolta sostituito con pezzetti di cioccolato). Nel catanese è diffusa la variante al pistacchio, cioccolato e crema bianca ovviamente anche quella alla ricotta.
Una certa diffusione ha anche una variante dell'iris al forno.
Avendo fatto il sogno dell’Iris, non ho resistito alla tentazione e, quindi, stamane sono passato dal panificio vicino casa e ho comprato una magnifica iris fritta ancora calda calda e calda e, appena tornata a casa, me la sono pappata tutta quanta, in parte condividendola ovvio, accompagnandola con il caffè, e non in unica sessione: una parte è rimasta come dessert per dopo pranzo
Devo anche aggiungere che, benché nel ripieno mancasse la cioccolata fondente, é risultata essere davvero squisita!
Iris Origini Luogo d'origine Italia Regione Sicilia Dettagli Categoria dolce Riconoscimento P.A.T. Settore Prodotti della gastronomia Ingredienti principali farina burro zucchero uova ricotta L' ...
Partecipo, nel sogno, ad una riunione di gruppo che si svolge in una grande stanza luminosa, le cui pareti sono in massima parte costituite da enormi vetrate
Siamo tutti seduti su di un grande tappeto a vivaci colori su cui sono disposti dei cuscinoni ai quali ci appoggiamo comodamente
É in corso una discussione ma non ricordo su quale tema specifico: forse qualcuno a turno dice semplicemente la sua, cosa gli passa in mente, senza restrizioni, una specie di brainstorming o una discussione in stile “freewheeling”, per libere associazioni
Non so chi siano tutti gli altri presenti
Non li conosco, o forse i loro volti sono continuamente mutevoli, come quelli dei mutaforma, oppure come per effetto della mascheratura (lo "scramble suit") utilizzata da Bob Arctor, il poliziotto sotto copertura, protagonista del dickiano “Un oscuro scrutare”, in cui centinaia di volti si ricompongono di continuo sino a creare l’impressione che quella persona sia tutti e nessuno al tempo stesso
Ma l'identità dei miei interlocutori, invero, non pareva essere rilevante, né io ero assillato dalla necessità di far loro un volto e un nome
Oppure - riflettevo - avrebbero anche potuto essere delle mie varianti, o dei sosia o doppelgänger che dir si voglia
Ipotesi plausibile, perché non registravo il suono di voci parlate e dialoganti
Era come se fossimo in contatto telepatico
Mi accorgo che il tappeto ha delle grinze in quanto c’è un mobile che ostacola la sua perfetta distensione
Una grinza in particolare mi disturba profondamente e, quindi, mi alzo per rimediare
Anziché cercare di spostare il mobile in modo tale da poter distendere il tappeto senza nessun ostacolo, mi son dato da fare per realizzare delle complicate pieghe del tappeto in modo tale che quest’ultimo potesse, in un certo senso, aggirare l’ostacolo
Non so come spiegarlo meglio
Quel che so e che ricordo é che lavoravo alacremente, come se avessi dovuto realizzare a partire dal tappeto un origami
Una piega qui, una piega qua, un raddoppio là, un’altra piega e così via
Sono profondamente concentrato su questo lavoro e perdo del tutto di vista la riunione del gruppo
Ma ne vale la pena, perché alla fine riesco nel mio obiettivo
La sapienza orientale, in fondo, ci dice che non ha senso faticare a rimuovere un ostacolo e che è molto più economico, in termini di bilancio energetico, cercare di neutralizzarlo
Nel mentre arrivano altri, ritardatari, per partecipare alla stessa riunione
Altri miei sosia?
Non so!
Li accolgo, li saluto tutti uno per uno, stringendo loro la mano e li invito ad accomodarsi, raccomandandogli però di sfilarsi le scarpe, ma non i calzini anche se questi dovessero essere bucati
Abbiamo un’elevata tolleranza per i calzini bucati! - dico loro - L’importante è che non siano puzzolenti!
Dissolvenza
Philip K. Dick, Un oscuro scrutare (A Scanner Darkly), Fanucci
Los Angeles 1994: una droga misteriosa, la sostanza M, invade il mercato seminando follia e morte. La sua origine è ignota come la sua composizione e l'organizzazione che la diffonde. Bob Arctor, agente della sezione narcotici, si infiltra tra i tossici che ne fanno uso, per scoprire chi dirige le fila del traffico illegale: un abito speciale nasconde ai colleghi la sua identità e una sofisticata apparecchiatura elettronica gli consente di spiare se stesso nella sua nuova condizione di drogato. Giungerà alla verità solo dopo essere sprofondato nel buio e nella disperazione della dipendenza.
Protagonista assoluto è il tossicodipendente Bob Arctor, che vive alla giornata in una casa affollata insieme ad altri, come lui dipendenti dalla micidiale Sostanza M. Le giornate del gruppo di Bob trascorrono tra sballo, conversazioni sconclusionate, avventure tra il comico e il tragico.
Bob Arctor nasconde però un segreto: è un agente infiltrato della narcotici. Nella sua casa vi sono telecamere che riprendono tutto quel che avviene. Bob è il classico agente usato in operazioni sotto copertura, che riferisce ai suoi superiori nascosto da una tuta disindividuante (scramble suit nell'originale) che ne confonde i lineamenti e l'aspetto; questo per evitare che qualche talpa all'interno della polizia possa rivelare la sua vera identità alle organizzazioni di narcotrafficanti.
Bob quindi conduce una doppia vita: ogni tanto diventa l'agente di spionaggio Fred, spione e nemico di quelli che nella vita da tossico sono suoi amici. La situazione è complicata dal fatto che uno degli effetti collaterali della Sostanza M è la progressiva separazione dei due emisferi cerebrali, che porta gradualmente a una vera e propria schizofrenia. L'emisfero della razionalità e della logica diventa sempre più autonomo da quello dei sentimenti e dell'intuizione.
La vita di Bob/Fred va pian piano a pezzi, e con lui quella dei suoi amici/vittime tossicodipendenti, fino al tragico finale.
C’è stato il momento del traffico caotico
e della ressa
Camminatori a passo lesto
in direzione dello stadio di calcio,
a frotte,
si muovono con andatura
uniforme e coordinata,
sciarpe rosa-nero esibite festosamente
e altri accessori degli stessi colori
Stendardi e canti ritmati
Torme di motocicli
con due o tre viaggiatori a bordo,
tutti palesemente eccitati
e schiamazzanti
Dove vanno tutti?
Ma sì!
Al loro importante, immancabile, appuntamento
e con il loro andare nervoso,
non indolente,
trasmettono veemenza e tensione,
protesi come sono
verso un desiderio di vittoria
e immersi in un sogno di gloria
Adesso che le bocce sono in movimento,
al centro del campo di calcio
nella città in rovina è calato
un silenzio sepolcrale
in attesa di eventi
Le pizzerie sono vuote,
i bar degli aperitivi e delle apericene
disertati
C’è quiete
C’è pace
L’aria è inondata dal profumo sontuoso del gelsomino
Su tutto,
sovrasta lontano l’eco sciamanico
di cori di incitamento,
tempestosi e guerreschi
Io me ne sto tranquillo, nella mia pace,
lontano dalla pazza folla,
godendo del profumo
lussureggiante e sfarzoso
d’una primavera annunciante
Il prossimo decadimento
Nel fare benzina, l'altro giorno sono caduto in una trappola (mai capitata prima una cosa del genere)
Ho parcheggiato l'auto davanti all'erogatore, e sono andato alla colonnina per fare la transazione di autorizzazione con il Bancomat (scegliendo anche correttamente l'erogatore dal quale dovevo fare rifornimento).
Sono tornato all'auto e ho sollevato la pistola dell'erogatore inserendola nell'imboccatura del serbatoio.
Il display della pompa segnava un importo che era - se non ricordo male - di 27 euro e qualcosa.
Solitamente, non appena uno solleva la pistola dell'erogatore dal suo alloggiamento, l'importo precedente si azzera e la pompa è pronta ad erogare.
Questo non è accaduto.
Ho sentito un rumore strano, come quando la pompa inizia a darti il carburante, ma poi nulla si è più mosso e l'importo precedente è rimasto fisso.
Indispettito mi sono assai.
Sono tornato indietro alla colonnina del pagamento e ho rifatto la procedura per il pagamento tramite bancomat.
Tempo che sono arrivato alla pompa mi è arrivato attraverso sms un accredito per l'importo di 27 e rotti euro (identico a quello segnato prima nel display della pompa).
In sostanza, mi sono stati presi quei soldi senza che io avessi spremuto una sola goccia di benzina.
Con la seconda autorizzazione di accredito disposta, il display si è azzerato, come dovrebbe succedere di solito.
E ho potuto procedere con il rifornimento.
Ma, mistero!, l'erogazione questa volta s'è bloccata all'importo di 18,98 euro.
Ho fantasticato che in questo modo si è predisposto il tranello per il prossimo utente.
In sostanza, per avere 18 euro di carburante, ne ho spesi 45.00!!!!
Preso per i fondelli!
Tutto difficile da dimostrare poiché, a giudicare dalle notifiche ricevute tramite sms relativamente ai pagamenti Bancomat, mi erano stati detratti entrambi gli importi.
La notte prima avevo fatto un sogno che preconizzava una situazione simile…
Una sorta di sonno di vaticinio e di premonizione, quasi profetico, insomma
La notte dopo aver subito il piccolo disguido-truffa, peraltro, ho fatto un sogno che rievocava in qualche modo la situazione appena vissuta
Il sogno di anticipazione è questo
C’è un evento scolastico importante e ci sono tutti i ragazzetti della scuola di Gabriel
Forse si tratta di una sessione d’esame o d’un test di qualificazione, una famigerata prova Invalsi, ad esempio
I ragazzi sono indisciplinati e caciaroni come non mai, per nulla intimoriti dalla solennità dell’evento
Ci dicono che si è verificata un’anomalia e che, per poter dar corso alla situazione, occorre che ci rechiamo in segreteria per pagare una tassa extra (e te pareva!)
Io e altri due genitori, molto ubbidienti e ligi, ci muoviamo per raggiungere la Segreteria che si trova al piano superiore e ci mettiamo in coda per effettuare il pagamento richiesto
Ci sono molte lungaggini
Colui che deve ricevere i soldi appare molta imbranato e incerto sul da farsi
Gli spieghiamo per bene tutto quanto e lui si prepara a ricevere il dovuto
I due che mi precedono pagano (ovviamente tramite bancomat per la tracciabilità) e, quindi, viene il mio turno
Alla fine dell’operazione ci rilascia, quel cazzone crozzone con la testa piena di cotone, splendido esempio da manuale di burocrate borbonico, un unico scontrino per l’importo complessivo di tre euro, laddove ciascuno di noi ne aveva sborsato diverse decine
Protestiamo vivacemente di fronte a questa anomalia, dicendo che ci sembra di essere vittime d’un imbroglio
Discutiamo, i toni si accendono, urliamo
Quel crazzone é irremovibile nella sua convinzione di essere nel giusto
Sarebbe cosa da prendere un remo e sbatterglielo sulla testa
Dice con assoluta superficialità che non importa
Noi replichiamo con veemenza: Come non importa?
Uno: se dovessimo richiedere un rimborso a che titolo richiederlo visto che la ricevuta é cumulativa per tutti e tre e per l’importo di tre euro soltanto??
Due: anche potendo dimostrare tramite gli estratti bancari che avevamo pagato individualmente e diverse decine di euro per ciascuno, rimarrebbe sempre l’inghippo di non avere nessuno valido un documento di riscontro
In più, come dimostrare di avere pagato i soldi richiesti per l’esecuzione della prova, avendo a disposizione soltanto uno scontrino per l’importo di tre euro?
Un dilemma paradossale, irrisolvibile!
Siamo impigliati in una situazione senza uscita, da Comma 22
Quel procione continua a sostenere che è impossibile restituirci i soldi già pagati e rifare tutto daccapo, poiché possiamo dimostrare di aver pagato solo tre euro: con quella sua faccia da schiaffi continua a sostenere di essere nel giusto
Siamo in un’impasse
Bocce ferme impigliate nel cemento
Bloccati
Nessuna mossa è più possibile
Stallo totale
Dissolvenza
Il paradosso del Comma 22 è formulato nel romanzo Catch 22 di Joseph Heller (Tranello 22, di norma tradotto con Comma 22).
Il paradosso riguarda un'apparente possibilità di scelta in una regola o in una procedura dove, per motivi logici nascosti o poco evidenti, in realtà non è possibile alcuna scelta bensì soltanto un'unica possibilità. Nella lingua inglese viene citato, di solito, con il significato di circolo vizioso.
I regolamenti a cui i piloti erano soggetti contenevano il Comma 22:
«Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo.»
Si tratta di una norma regolamentare che, in realtà, non è mai esistita.
Questo è invece il sogno successivo al piccolo disguido dal benzinaio
Ho sognato tanto
Tanto tanto
La mia testa ha ribollito di sogni
È diventata come la famosa ribollita toscana
Sognavo che il mio orologio si sfasciava e dovevo portarlo in manutenzione
Faceva molta fatica a trovare un posto dove lo potessero riparare, perché-mi spiegavano-ormai gli orologi non si riparano più ma si gettano via se sono sfasciati e se ne comprano di nuovi
Questo esige il consumismo illimitato ed estremo dei nostri giorni - e sarà ancora peggio in futuro (il consumismo ci consuma)
Riesco a trovare dopo molta fatica un riparatore di orologi e gli lascio il mio pataccone
Il tizio sgangherato e avvolto in uno scuro tabarro, dietro un bancone ingombro di oggetti i più disparati la cui congerie dà più l’idea di essere in un banco di pegni che in un luogo dove vigano la precisione e il nitore dell’Orologiaio, dopo aver esaminato il mio orologio con attenzione estrema e minuziosa indossando il tipico strumento oculare che mettono gli orologiai all’occhio quando devono riparare i più minuti meccanismi, mi dice: Sì, si può fare! Me lo lasci e ci rivediamo fra qualche giorno! La consideri cosa fatta!
Lascio l’orologio e me ne vado
Rifletto che non mi ha dato nessuna ricevuta, niente di niente, nessun documento cartaceo che mi consenta, eventualmente, di reclamare il mio oggetto
Qualche giorno dopo - c’è un salto temporale - devo ritornare a ritirarlo e mi trovo di nuovo a passare da quel luogo, come mi è stato detto
Faccio fatica a ritrovare il posto
Sembra scomparso
Non riesco più a riconoscere le insegne e nemmeno la vetrina
Poi, dopo numerosi passaggi dalla stessa via, strizzando gli occhi e guardando meglio, mi rendo conto che la bottega del riparatore ha cambiato funzione e sembra essere diventata un magazzino dove affluiscono merci rubate di tutti i tipi
Infatti, davanti all’ingresso sono ammassati colli delle più diverse dimensioni che vengono immagazzinati all’interno oppure caricati sui camion e, inoltre, vi sono numerosi lavoranti dall’aria patibolare che si danno da fare, caricano e scaricano, parlano, gridano, bestemmiano
Mettendo da parte le mie paure, mi avvicino e chiedo loro se conoscano quel tale riparatore di vecchi orologi
Quelli - dopo una certa esitazione - mi dicono che si, lo conoscono quel tipo, è il loro datore di lavoro - il nostro principale, dicono - e lo potrò trovare all’interno del fondaco
Con molta esitazione entro in quel luogo dove ero già stato e mi addentro nei meandri bui e oscuri, percorrendo lunghi corridoi di cui non ricordavo l’esistenza, creati dalle grandi casse accatastate e contenenti - come ora capivo bene o meglio intuivo - mercanzie rubate
Temendo ad ogni passo di perdermi in quel labirinto, arrivavo sino al bancone dove qualche giorno prima avevo sbattuto il mio orologio e chiamavo con voce stentorea: C’è nessuno?
Si affacciava da un angolo scuro l’orologiaio e gli chiedevo se il mio orologio fosse pronto
Ma lui cadeva dalle nuvole
Faceva finta di non capire
Faceva lo gnorri
Faceva l’indiano
Mi chiedeva: Ma di quale orologio stai parlando? Io qui non riparo orologi!
Ma se proprio vuoi un orologio, sappi che qui gli orologi non mancano e ce ne sono a bizzeffe, di tutti i tipi e per tutte le tasche!
Così dicendo, indicava con enfasi alcune delle casse ammucchiate, aggiungendo poi: Qui, qui e qui, di orologi ce ne sono di tutti i tipi! Non hai che da scegliere! Ti farò un buon prezzo, vedrai!
Sono tutti orologi di ottima qualità!
Fai pure la tua scelta!
Ma ricordati che sono tutti orologi usa e getta!
Ricaccio le mie proteste in gola
So bene che non ho alcuna speranza di riavere indietro il mio amato pataccone
Penso che sia più saggio fare buon viso a cattivo gioco, se posso - voglio - sperare di uscirmene vivo da questo posto
Quindi non posso fare altro che abbozzare, per quanto stancamente
Lo pseudo-orologiaio mi guarda di sottecchi, sornione e con una certa malizia, come a dire: ecco hai capito tutto adesso! Comportati bene e andrà tutto a posto e nessuno ti farà del male!
C’è una casa in grande disordine
E' come se questa condizione fosse dovuta ad una smobilitazione recente e mai completata, oppure ad un trasloco appena fatto e, dunque, tutti gli oggetti e gli arredi sono accatastati in totale disordine e senza logica alcuna
Altre cose sono davanti la casa, alcune ammucchiate sul marciapiedi e altre ancora dentro un furgone parcheggiato lì davanti
Dai molti indizi sono portato a pensare che si tratti di un trasloco in entrata piuttosto che di una smobilitazione per un trasferimento altrove, ma non c’è nessuno a cui chiedere
Spio all’interno del furgone e mi pare di vedere degli oggetti a me familiari, ma non sono del tutto sicuro del loro riconoscimento
Risalgo le scale per raggiungere di nuovo l’appartamento: entro al suo interno e mi ritrovo ad aggirarmi da una stanza all’altra, come se fossi in un sogno
Al centro della stanza d’ingresso ci sono delle rose spiaccicate a terra
Sembra che qualcuno sia passato su quel grande, enorme, mazzo di rose con un rullo compressore oppure che le abbia calpestate in una frenesia di folle danza derviscia sino a renderle bidimensionali e sottili come sfoglie
Questi fiori spiaccicati a terra mi procurano una grande pena
C’è Gabriel con me
Anche lui sembra soffrire davanti allo spettacolo dei fiori malmenati
Rosa fresca aulentissima… e amen dissolvente
Cielo chiuso,
grigiastro
Poi cadono solo poche gocce,
fangose,
e sporcano le auto
Un piccione solitario
sulla rossa cupola indugia
nella calura afosa
del primo mattino
C’è anche l’improvviso sguardo
sulla mortifera installazione
di quel che resta
d’un grande tronco
segato via
e d’una plantula morta anzi tempo
nel suo vaso striminzito,
due morti,
due destini convergenti,
messi in simbiosi
da mano sconosciuta
Caldume
Caldova
Caldumissimo
Come farò a resistere
a cotanto caldume?
Farollo!
Farollo!
Re Farolluk dell’Antistam***astan
Lo dico con tanto gusto,
ma anche con un po' di disgusto
Ora vado a comprare di ligustro
una piantina di molto buongusto
che a tutti i progressisti dà lustro
e la poggerò su di un affusto
E tutti, al passaggio, diranno:
Oh che magnifico bellimbusto!
Ed avvertirò in bocca il retrogusto
d’un amaro olocausto
e il dissapore contrasterò
con gelato al pistacchio
con tanto gusto
Fa parte delle vicissitudini umane che uno tra molti sia destinato a continuare a vivere per interpretare la parte del sopravvissuto
Io sono un sopravvissuto.
Chi rimane, deve ricordare costantemente chi non c'è più.
Lasciare una porta sempre aperta al flusso dei ricordi.
Mantenere in vita in questo modo le persone care che non sono più.
Tenere la stanza dei ricordi costantemente aperta, arieggiata, festosa, piena di colori e di suoni.
Maurizio Crispi (2 ottobre 2015)
(Un cassetto pieno di ricordi, giugno 2023) Qualche giorno fa, ho cominciato ad esaminare un cassetto nell'armadio della stanza che era di mia madre (e prima ancora di ambedue i miei genitori, sino alla morte di papà), dove la mamma aveva raccolto una serie di ricordi degli anni di guerra che furono anche quelli del loro fidanzamento e del loro matrimonio.
Pieno di emozioni ho preso a prenderne in rassegna il contenuto.
Non che non l'avessi fatto già prima.
Ma adesso ho deciso di guardare tutte le diverse cose con maggiore attenzione ai dettagli.
O, forse, mi sono autorizzato a farlo, riflettendo al fatto che la mamma mi diceva sempre che voleva distruggere tutto ciò che era relativo ai suoi ricordi.
Malgrado la mamma avesse più volte esplicitata questa intenzione, soprattutto nei suoi ultimi anni, poi non lo ha fatto.
Ed io sono felice di ciò.
Vorrei che di tutto questo potesse perpetuarsi la memoria e che queste tracce, segni tangibili della storia personale delle persone che più mi sono state care, possano passare di mano un giorno.
Ma non so se i miei figli lo faranno, se vorranno mai raccogliere questa fiaccola e portarla con sé.
Viviamo in tempi di mortificazione assoluta delle memorie storiche e delle memorie personali.
Sembra che il passato, le storie che ci fanno capire da dove veniamo, quelle che ci danno indicazioni sulla nostra genealogia, non interessino più a nessuno.
I giovani di oggi, imbevuti di una cultura fortemente narcisistica e autoreferenziale, sono portati a negare fortemente la trans-genitorialità, cioè il riconoscimento che prima di loro c'è stata una linea di sangue che li ha preceduti, che è anche una linea di narrazioni da perpetuare e trasmettere e che, invece, sono destinate - purtroppo - a cadere nell'oblio.
Non ricordo più
Non ricordo di avere ricordato
Per ricordarmi di avere ricordato debbo leggere ciò che scrivevo nel tempo in cui ricordavo
Ricordo di avere ricordato
So anche che adesso ho smesso di ricordare e di scrivere di ciò che ricordo
La buona vena del ricordo s'è esaurita, forse
Perché scrivevo nel tempo in cui ricordavo di ciò che era stato?
Forse lo facevo spinto dal desiderio che qualcuno leggesse ciò che scrivevo e che quindi potesse utilizzare ciò che avevo scritto come “fonte” (in senso storiografico) per ricordare a sua volta e per aggiungere alla propria memoria personale profondità e spessore ed anche una componente intergenerazionale
Poi mi sono reso conto, però, che ciò che scrivevo era soltanto un vomitarmi addosso e che i ricordi non interessavano a nessuno
È un dato di fatto che oggi il ricordare non interessi più a nessuno: questo è un dato di fatto generale che travalica la semplice e limitata esperienza personale mia o di qualcun altro
Ricordare è faticoso
Mettere continuamente a confronto il presente con il passato é mentalmente dispendioso
Trarre insegnamenti dal passato non è più un’attività mentale praticabile
Si vive, in generale, senza passato e senza memoria
La storia viene continuamente riscritta senza considerare l’importanza di ciò che è accaduto prima
Siamo uomini senza memoria, purtroppo
Ma buona parte dell’identità di un individuo si basa sul ricordo
Quando si cancella il ricordo, l’identità attuale diventa fluttuante, fragile, incerta, liquida - come dice Baumann
L’Io senza memoria è un Io senza radici
Ci sono delle notti in cui i sogni sono vividi ed intensi Mi ritrovo con persone care da tempo scomparse, interagisco con loro in contesti ordinari che tuttavia si trasfigurano sempre, assumendo una
Questa notte ho compiuto imprese spettacolari, di sport e di resistenza (badate bene: non sto dicendo "resilienza"!)
Non ricordo i dettagli
Ogni volta che mi riaddormentavo, ripiombavo in sogni analoghi, tutti di performance mirabolanti
Nell’ultima parte del mio dormire dovevo percorrere a piedi - e forse anche in canoa - la distanza che separa Palermo da Cefalù
Prima di partire telefonavo all’ospedale di Cefalù per sapere se avevano a disposizione una camera per raccogliermi (appropriato lapsus, anche se nelle mie intenzioni la parola era “accogliermi”!)
Quando telefonavo mi qualificavo come medico, ma dal tono della telefonata si comprendeva bene che mi stavo rivolgendo ad un’ipotetica reception della struttura ospedaliera, come se la struttura fosse dotata di una foresteria per ospitare medici pazzi
Benché per tutta la notte abbia sognato di compiere le dodici fatiche di Ercole, al risveglio mi sono sentito particolarmente riposato e in pace con me stesso
Purtroppo mi mancano i dettagli
Peccato davvero, perché sarebbe stato sicuramente un bel racconto
È stata una notte di sogni molto agitati ed intensi
Una vera e propria tempesta onirica boreale, ed anche australe
Mi sembrava di vivere nel tempo di questa singola notte un’intera vita
Ogni volta che mi riaddormentavo, era come se il sogno continuasse a svilupparsi lungo uno stesso filo conduttore
È stato faticoso questo sognare, perché mi ha dato l’impressione, che stessi vivendo un’intera vita parallela
Ricordo due parti, in modo speciale e più vivido
In una arrivavo in un posto dove avevo lavorato in passato e da cui ero andato via a causa dei cattivi rapporti che si erano creati con alcuni operatori e che mi avevano fatto sentire - nelle loro conseguenze - vittima d'una forma di mobbing verticale
Ma nel sogno il luogo era totalmente differente
Riconoscevo alcune facce di quel periodo tra cui quella di un operatore (di cui non dico la professionalità) con un volto alquanto grifagno e savonarolesco
Portavo dei libri che, nelle mie intenzioni, avrebbero dovuto essere utili a tutti per l’aggiornamento
Entravo nella stanza degli operatori per collocarli in una grande scaffalatura
Mentre li ponevo al loro posto, parlavo e ne illustravo il contenuto
In particolare, mi rivolgevo con enfasi al Grifagno e gli dicevo: questi sono adatti per te e potresti presentarli tu a tutti gli altri colleghi
In questo gruppetto di volumi c’era anche il mio sul disagio giovanile, di cui ho recentemente parlato in occasione di un altro sogno
Lui mi guardava di rimando e dalla sua mimica capivo che mi disprezzava e che quei libri non li avrebbe mai letti e nemmeno presentati agli altri
Pensavo anche che il mio darmi da fare non avrebbe portato alcuno frutto
In questa circostanza, portavo con me anche dei CD che avevo acquistato nel corso di un mio viaggio in un luogo lontano e, tra questi, ve ne era uno di un gruppo americano che faceva musica blues e, proprio su di questo, mi mettevo a concionare, dicendo quanto questi musicisti fossero all’avanguardia per l’uso spregiudicato delle chitarre duellanti
Qui, l’inquisitore si mostrava un po’ più interessato e condiscendente
In una fase successiva, ero con Gabriel in un posto di mare: una lunga spiaggia, enorme, immensa, di sabbia bianca e, davanti, la distesa infinita del mare azzurro, scintillante nel sole
Facevamo qualcosa, ma non ricordo bene: forse dovevamo compiere una qualche impresa, al termine della quale ci avrebbero consegnato uno o più trofei
Poi eravamo seduti ad un tavolo della zona dello stabilimento balneare adibita ad area di ristoro e bar
Qui compariva un altro personaggio della mia vita passata, un altro psicologo, con il quale avemmo modo di scrivere, proprio agli esordi della mia attività di medico psichiatra, un libro sulle tossicodipendenze giovanili (il cui nucleo centrale nasceva dalla mia tesi di specializzazione in psichiatria)
Sembrava il boss di questo luogo, lo psicologo che aveva un’aria furbetta e volpina: parlavamo del più del meno, ricapitolando gli eventi della nostra vita come se fosse trascorso un tempo lunghissimo dal precedente incontro
Le cose andavano per le lunghe: intanto, Gabriel era scomparso dal mio campo visivo, non lo vedevo più in giro ed ero preoccupato per il protrarsi della sua assenza
Dopo un po’ ricompariva, tuttavia, ed era tutto contento: mi diceva che aveva appena fatto da solo una lunga nuotata e mi chiedeva anche di prodigarmi perché gli venisse consegnato uno dei trofei in palio
Me lo sono meritato!, ribadiva
Mi rivolgevo allo psicologo che sembrava essere a capo di tutto
Lui si metteva in piedi, incombendo su di me dalla sua alta statura, e si toglieva l’accappatoio bianco che indossava, rimanendo in costume da bagno e rivelando di avere la pelle lussuriosamente affrescata di tatuaggi policromi
Ed io rimanevo turbato ma anche ero preso da un senso di meraviglia nell’osservare quasi guizzanti sotto la pelle una folla di fantastiche creature che parevano vive
E qui questo secondo frammento finiva e andava in dissolvenza
Questo il libro reale che emerge dalla tessitura del sogno: Giovani e droga: aspetti psicologici delle tossicodipendenze giovanili da oppiacei. Riflessioni sulla letteratura in margine ad una esperienza presso la divisione neurologica dell'Ente ospedaliero Villa Sofia di Palermo / M. L. Benincasa, M. Crispi, A. Travaglino; prefazione di G. V. Caprara, Casa editrice Bulzoni (Collana: L'Uomo e la Società), 1981
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.