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Mi sono addormentato di botto
e ho dormito un sonno di piombo
Ho sognato
Per qualche motivo futile
andavo a casa di mio figlio grande
Non so, forse dovevo portare qualcosa,
o prender qualcosa, forse un libro,
o dei libri
Andavo prima da sua madre
E le dicevo che sarei entrato
nell’appartamento contiguo,
quello di mio figlio,
anche se lui non c’era
La chiave, pur nuova e lucente,
stentava a girare nella toppa
Ma poi la serratura cedeva
Ed ero dentro
Nel mentre sopraggiungeva
proprio lui, mio figlio
Era altero e di poche parole
Non sembrava interessato
a sapere di me e del motivo
che mi aveva spinto
ad andare a casa sua
Lui aveva fretta,
era solo di passaggio,
aspettava altri amici
con i quali doveva incontrarsi
di lì a poco
per andare ad una di quelle serate turbinose,
di musiche, strepiti e danze
Rimaneva tutto in sospeso
Le parole restavano non dette
Presto tutto crollerà
o comunque finirà
Case ed edifici che si erano pensati eterni
cederanno logorate dal peso degli anni
Le tubature cederanno
Le mura vetuste si sgretoleranno
E noi che abbiamo vissuto per anni
chiusi in una fortezza impenetrabile
vedremo crollare
una per una
le nostre difese,
bastioni, casematte,
camminamenti di controscarpa,
passaggi sotterranei e rifugi anti-atomici
e saremo vulnerabili ed esposti,
improvvisamente fragili,
come tartarughe private del loro scudo
Alla fine nulla rimarrà,
solo puzzo di bruciato,
una pioggia lenta di cenere grigia
e le pagine sparse e corrose
di chissà quali libri smembrati
si solleveranno in volo
sospinte dalle brezze letali,
come un turbinio di foglie accartocciate
danzanti una danza di morte
dopo l’olocausto nucleare e le piogge nere
Risveglio
Sentore di legna bruciata
Aria fresca e frizzante
Luce dorata
Monti dorati
Alba dorata
Il mattino ha l’oro in bocca
Poi,
uno sparo rompe l’armonia
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