(Maurizio Crispi) Scartabellando in libreria, dopo alcune scelte canoniche, la mia attenzione è stata attratta da un minuscolo libretto, tecnicamente un "pamphlet", poche pagine soltanto, ma dense, con una copertina minimalista, sia nei colori sia nelle geometrie, e dal titolo intrigante. Si tratta di L'ignoto ignoto. Le librerie e il piacere di non trovare quello che non cercavi, un fuori collana dell'Editore Laterza (2017), di Mark Forsyth, giornalista e blogger, autore di diversi bestseller sull'origine e sul significato delle parole della lingua inglese.
Feeling immediato e l'ho preso.
S'è trattato di una piacevole sorpresa: subito letto! Uno di quei libri minuscoli che ti fanno riflettere e che rinfolocano la passione per la lettura.
Mark Forsith ci spiega a partire da una dichiarazione di Donald Rumsfeld, noto personaggio politico USA e titolare sotto l'ammininistrazione Ford e poi Bush di una delle più alte cariche dello Stato, il concetto di "Ignoto ignoto" e tilizza a questo riguardo una serie di esempi che ci aiutino a comprendere meglio.
Cos'è l'ignoto ignoto? E' ciò di cui non conosciamo l'esistenza e che quindi, a tutti gli effetti, per noi non esiste.
In altri termini, c'è una netta differenza tra l'ignoto "conosciuto" e il doppiamente ignoto.
Ci sono dei classici di cui sappiamo, ma che non abbiamo mai letto (e pertanto sappiamo di non averli letti). E questa tipologia di libri appartiene senz'altro alla categoria dell'ignoto conosciuto.
Ma ci sono dei libri (questo ragionamento si può estendere al mondo delle cose, alla geografia etc) di cui non sappiamo l'esistenza: questi libri per noi non esistono (anche se da qualche parte ce ne sono copie cartacee). I confini dell'ignoto ignoto sono infinitamente estesi: qual'è la scommessa a cui puntare? Ma quella di erodere i confini dell'ignoto ignoto.
Come fare? Scartabellando nelle librerie, è certamente un modo.
Oppure leggere dei libri che contengono dei rimandi bibliografici e scoprire così che esistono dei libri di cui non supponevamo l'esistenza e che potrebbero interessarci.
La cultura letteraria di una persona si misura così attraverso il passaggio continuo di oggetti dal mondo esteso dell'ignoto ignoto a quello dell'ignoto conosciuto e da questo al mondo di ciò che è conosciuto (e dal punto di vista del pensiero, travasato, assorbito, metabolizzato).
In fondo, il rimando di Forsith è alla metafora della sconfinata Biblioteca di Babele borgesiana.
La condizione principale è quella di muoversi nel mondo della lettura con curiosità e animati dalla costante ricerca del senso della meraviglia e del novum, solo così ci si potrà imbattere continuamente in nuove "pepite".
Il lettore deve sapersi arrendere, tra l'altro, a ciò che "non cercava". In fondo, quando si cerca, si cerca ciò che già si conosce e che rientra in schemi di pensiero predeterminati e precostituiti e quindi, così facendo, si scopre ben poco. Altri parleberebbero, forse, di "serendipity", quando nel cercare qualcosa che fa parte di una "quest" consapevole (e pertanto dentro un certo schema cognitivo), se ne scopre un'altra che apre la via ad un territorio mai prima battuto.
Invece, bisogna sapere andare alla ricerca di ciò che non si conosce, di ciò che è fuori dagli schemi, e per far ciò bisogna continuamente uscire dal sentiero più volte percorso, con la mente aperta e pronta a cogliere le "anomalie".
E' stato lo stesso editore Giuseppe Laterza a scoprire questo pamphlet, ad innamorarsene e a tradurlo personalmente. «Sono le tante diverse intelligenze dei librai, le tante multiformi passioni di ciascuno di loro a rendere plurale il mercato editoriale. - afferma Giuseppe Laterza nella sua prefazione -Una ricchezza inaspettata, direbbe Forsyth: un patrimonio da scoprire ogni volta che attraversiamo la soglia di una libreria».
La lettura del breve testo di Forsith è davvero affascinante.
Ed ecco un estratto del pamphlet che Mark Forsyth, giornalista e blogger, ha scritto per l'Independent Booksellers Week.
Devo a Donald Rumsfeld la maggior parte delle mie opinioni sulle librerie.
In caso ve lo siate dimenticato – o non lo abbiate mai saputo –, Donald Rumsfeld è stato segretario alla Difesa con l’amministrazione di Gerald Ford e poi con quella di George Bush junior. Spesso viene accusato, in maniera piuttosto ridicola, di aver promosso guerre inutili, di credersi al di sopra delle leggi internazionali e di essere più interessato all’origami che alla vita umana. Ma non è solo questo che lui ed io abbiamo in comune. Ciò che ci lega veramente è l’opinione sulla necessità delle librerie.
Ci sono cose che sappiamo di sapere. Ci sono cose che sappiamo di non sapere. Ma c’è anche l’ignoto ignoto, cioè le cose che non sappiamo di non sapere.
Per ragioni che non capirò mai, c’è gente che di fronte a frasi come queste resta perplessa. Anzi, le ridicolizza. È persino successo che nel 2003, nell’ambito della “Campagna per una lingua inglese chiara e semplice”, a Rumsfeld fosse assegnato il Premio “Foot in Mouth” (ovvero “Gaffe”) per la frase più sconcertante pronunciata da un personaggio pubblico. Ma in realtà quella frase è tutt’altro che sconcertante. Io so che Parigi è la capitale della Francia, ma la cosa più importante è che so di sapere che è la capitale della Francia. Io so di non sapere qual è la capitale dell’Azerbaigian, pur essendo certo che ce n’è una. È il tipo di cosa che devo controllare. Ma io non so... e qui la faccenda si complica. Tu non sai qual è la capitale dell’Erewhon, perché non sospetti neppure lontanamente l’esistenza di un Paese chiamato “Erewhon” e dunque non ti rendi conto di questo buco nelle tue conoscenze. Non sai di non sapere.
Per i libri funziona esattamente allo stesso modo. So di aver letto Grandi speranze: questa è – per così dire – una ‘conoscenza nota’. E so di non aver letto Guerra e pace: e questa è per me una ‘non conoscenza nota’ (e tale rimarrà, sempreché non mi capiti di finire in carcere per un bel po’ di tempo).
Ma ci sono anche libri di cui non ho mai sentito parlare; e, non avendone mai sentito parlare, non mi rendo neppure conto di non aver letto. Mi piacerebbe citare almeno uno di questi libri, farvi qualche esempio; ma... capirete... non posso farlo perché non ne ho mai sentito parlare. Tolstoj, Stendhal, Cervantes: questi signori mi seguono ovunque. Li trovo negli angoli più nascosti che mi guardano a sopracciglio alzato in segno di disapprovazione. E questo semplicemente perché non mi è mai capitato di leggere i loro maledetti mattoni di migliaia di pagine sulle grandi questioni nazionali che attraversano i secoli e che non saprei neanche come definire. Non m’importa. Per la verità, ogni tanto me ne importa, altre volte invece ricordo di essere un lettore lento come una lumaca e che proprio dietro l’angolo c’è un pub. E allora dico “va’ a farti benedire, Tolstoj”, e lo dico con piena coscienza della sua enorme reputazione (e barba).
Ma gli altri? Dove sono? Chi sono? Non ne ho la minima idea. Magari sono a una festa nell’appartamento qui accanto. Il tipo di festa ideale, con ottimi vini e donne meravigliose. Ma io non sono stato invitato. Certo, non posso rimproverarli. Non ci siamo mai conosciuti. E non posso cercarli, visto che non ne conosco neppure i nomi. Sono degli ignoti ignoti, e non posso struggermi dal desiderio di incontrarli, considerata la mia doppia ignoranza.
Ed eccoci appunto alla libreria: perché, nonostante la leggenda metropolitana per cui il signor Rumsfeld parlava delle armi mesopotamiche, è abbastanza ovvio che si riferisse ai modi di acquisto di un libro. Capita a volte di essere fraintesi.
Ci sono – come lui diceva – tre tipi di libri: quelli che hai letto; quelli che sai di non aver letto (come Guerra e pace); e gli altri: i libri che non sai di non conoscere.
Non hai bisogno di comprare quelli che hai già letto. Probabilmente ne hai comprata (o rubacchiata) una copia, prima di leggerli. I libri famosi che non hai letto – quelli che sai di non conoscere – li puoi avere facilmente: li trovi su internet. Digiti Guerra e pace e qualunque sito commerciale ti dirà che lo ha disponibile a prezzi vantaggiosi, facendotelo recapitare a casa prima di cena da un simpatico giovanotto.
Immagino che a questo punto dovrei mettermi a criticare questo nostro tempo in cui si è perso il contatto umano e il mondo sta andando a rotoli. Ma proprio non ce la faccio. Internet è troppo comodo. Forse la vita era più sana quando tutto si faceva di persona. Ma ci voleva anche molto più tempo. E poi si tratta di una falsa nostalgia che è sempre esistita. Quando apparvero i primi libri in brossura c’era chi li detestava. E ho il sospetto che ai tempi in cui Gutenberg inventò la stampa nel XV secolo i monasteri fossero zeppi di monaci che si lamentavano perché la Bibbia stampata mancava del tocco umano. Probabilmente, se tornassimo indietro al 3000 avanti Cristo incontreremmo un egizio che si lagna perché i geroglifici sono stati brutalmente soppiantati dalla nuova moda della scrittura ieratica. Non c’è mai fine.
Il mondo va avanti e di un sacco di cose perdiamo le tracce, dai motori a scoppio alle videocassette al vaiolo. Possiamo pure strepitare, ma in realtà non vorremmo affatto che tornassero. Internet è un’invenzione meravigliosa e non scomparirà. Se sai cosa vuoi, internet te lo trova. La mia tesi, quella intorno a cui gira tutta la mia argomentazione, è che ottenere quello che già sapevi di volere non è sufficiente. Le cose migliori sono quelle di cui non conoscevi l’esistenza fino al momento in cui non le hai avute.
Internet accoglie i tuoi desideri e te li risputa addosso, soddisfatti. Fai la ricerca, inserisci le parole che già conosci, le cose che già avevi in mente e la Rete ti restituisce un libro, un’immagine, una voce di Wikipedia. Ma questo è tutto. Le cose che non sai di non sapere le trovi altrove.
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