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28 novembre 2015 6 28 /11 /novembre /2015 06:14
Qualcosa che ho da dire al gentil sesso: Se uno é grasso non serve deriderlo
Qualcosa che ho da dire al gentil sesso: Se uno é grasso non serve deriderlo
Qualcosa che ho da dire al gentil sesso: Se uno é grasso non serve deriderlo

Un mio caro amico nel social era - sino ad alcuni anni fortemente sovrappeso -; poi ha avuto un improvvisa "illuminazione" sulla sua (per così dire) via di Damasco e ha deciso - per una concomitanza di eventi significativi di cominciare a perdere peso e di riportarsi ad una condizione di normalità ponderale e soprattutto di forma fisica tale da consentirgli delle perfomance (senza strafare, ovviamente) sempre più soddisfacenti.
Ad esempio, è paradigmatico il caso dell'odontotecnico lombardo Renzo Barbugian che ancora nel 2003 fumava e pesava 98 chili e che con gradazione (ma con autorevolezza) si è messo sulla retta via, smettendo di fumare, iniziando ad alimentarsi in una maniera corretta e soprattutto a fare sport in una maniera sempre più coinvolgente, sino a diventare un brillante maratoneta e ultramaratoneta amatoriale (uno, per intenderci, dalle prestazioni nella fascia medio-alta.
Oppure, possiamo qui citare il caso di quello che adesso è considerato uno dei top britanicci della maratona e dell'ultramaratona e che pure è partito da una condizione di obesità e di tabagismo.

I punti di svolta nella vita sono molti ed inimmaginabili: bisogna saper cogliere l'occasione, quando si verifica una concomitanza di eventi che portano alla ineludibile " contemplazione" di una propria condizione psicofisica precaria, insoddisfacente, fonte di danni o di malattie, tale da far insorgere il desiderio di un cambiamento e di una trasformazione (che innanzitutto nasce dall'interno e dall'attivarsi di una disciplina per il corpo e per la mente).
Il siciliano Salvatore Sulsenti sta scrivendo - con il suo percorso di vita - una storia analoga a quella dei personaggi citati prima.
Quello che segue è la storia di episodio che gli capitò "diverso tempo fa e soprattutto molti chili fa" (forse quando venne a trovarsi all'apice del suo sovrappeso).
E l'episodio (titolato dal'autore - nella sua stesura originale, "Qualcosa che ho da dire alle donne") ha sicuramente ha avuto un qualche peso nell'attivarsi di una "contemplazione" della sua condizione, processo in cui - spassionatamente - il soggetto comincia a mettere sui due piatti della bilancia, da un lato vantaggi, benefici (primari e secondari) e costi della propria condizione e dall'altro desideri, aspirazioni, progetti futuri e strade precluse.
Solo dalla più impietosa "contemplazione" può scaturire un autentico desiderio di cambiamento e di trasformazione.
E il progetto di vita di Salvatore Sulsenti é adesso quello di portare a termine la celebrata 100 km del Passatore, camminando.

(Salvatore Sulsenti) Diverso tempo e. soprattutto diversi chili fa, quando per dirla chiara pesavo kg.146,5 conobbi una ragazza che faceva l’infermiera: si chiamava Susanna, almeno credo di ricordare fosse questo il nome. Ci vedemmo al mare per il nostro primo appuntamento. Lei occhi azzurrissimi ed una certa opulenza che apprezzai subito. Frizzante chiacchierata, caffè di rito al bar, cosa faccio nella vita, interessante fare l’infermiera...
Dopo un po’ capivo che la conversazione era in stallo e quasi senza accorgercene ci avvicinammo all’auto di lei ed evitammo così altri imbarazzanti silenzi.
Lei mi dice salutandomi: “Salvatore, sei un uomo interessante e mi piace la tua compagnia ma sei enorme, e-n-o-r-m-e”.
L'e-n-o-r-m-e fu ripetuto enfaticamente due volte, quasi nel caso che il concetto non mi fosse stato chiaro. 
Non aveva tutti i torti, ma trovai la cosa alquanto offensiva.
Se un uomo con cui esci o ti vedi per la prima volta non è chi credevi, non serve offenderlo. Comunque, l’infermiera Susanna, pensando di rimediare, mi disse ancora: “Però restiamo amici...”.
Nonostante fossi attratto da questa donna, dopo un secondo di riflessione le risposi: “Io potrò dimagrire e non essere più e-n-o-r-m-e, ma non potrò mai essere amico di una donna come te”. Se una persona con cui ci accompagniamo non ci è gradita non serve deriderlo, non serve umiliarlo.
Un uomo obeso a volte è solo goloso e/o vorace, a volte è malato, a volte è debole, a volte è solo, a volte è tutto questo insieme: un uomo che nel cibo trova quelle gratificazioni che la vita gli nega.
E se un uomo è anche insicuro e magari timido trova in un panino, magari due o tre, un rifugio. Di George Clooney io non ho l’età, non ho il fisico, non ho la carriera, non ho il fascino, non ho il denaro. Di George Clooney non ho nulla, neanche la moto.
Ma di Salvatore ho tutto. Per mia natura faccio poco per mostrami meglio, o comunque diverso, da quello che sono. Se sfoglio qualunque rivista di moda, costume, gossip o altro trovo modelle e modelli in assoluta forma e dalla fisicità scultorea. Ed io? Non sarò mica un extraterrestre? Con i miei rotolini sono più assimilabile all’omino Michelin che ad un modello di Dolce&Gabbana. Beh. Che faccio? Cosa posso fare per conquistarvi? Dimagrire?
Certo è la cosa che sto facendo, ma non per una donna.
Solo per mio piacere personale e consapevolezza conquistata.
Essere me stesso è l’unica cosa che realmente possa fare.
Ringrazio le donne che mi hanno amato o hanno creduto di amarmi, che mi hanno sopportato, che mi hanno fatto sentire importante e che mai mi hanno messo in imbarazzo, nonostante il mio peso.
Grazie di tutto anche se la vita ci ha separati. Che fossi obeso o meno non importava.
Torno a pensare a tutte quelle donne che mi rimettono al mondo con un solo sorriso ed un semplice saluto. Grazie a quelle donne che come madri, sorelle, mogli, compagne sono vicine ad uomini che non confesseranno mai d’invidiare Clooney ma che darebbero la vita per la loro donna.
Ho subito diversi interventi chirurgici e durante le mie degenze in ospedale ho visto donne prodigarsi per i loro uomini con tanta dedizione ed amore.
Ho visto donne dormire, o tentare di farlo, su una sedia per giorni e giorni senza mai chiedere nulla a nessuno se non di dedicarsi al loro uomo.
Grazie a queste donne.

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21 novembre 2015 6 21 /11 /novembre /2015 07:06
Merde di cane
Merde di cane

L’altro giorno, mentre camminavo lungo un marciapiedi vicino casa in un tratto fiancheggiato da molti negozi, ho visto ad una ventina di metri da me, uno - anzianotto - fare all'improvviso uno strano movimento sghembo, seguito da un passetto laterale, a causa del quale pareva che dovesse capitombolare a terra, ma il tizio - all'ultimo momento - s’è ripreso, ritornando padrone d’un traballante e precario equilibrio.

Ho pensato che avesse inciampato in un’asperità del terreno. Sopraggiungendo, tuttavia, ho dovuto constatare che era scivolato sulla classica buccia di banana. Solo che la buccia di banana, nella fattispecie, era una bella merda di cane, molliccia e sfatta, di quelle peggiori in simili frangenti, perché se ci metti il piede di sopra, specie se calzi scarpe con la suola liscia (di cuoio e quant’altro) tendi immediatamente a scivolare, come se sul terreno ci fossero olio o sapone.

Il signore, di suo mingherlino e alquanto instabile sulle gambe, si è fermato, imprecando contro i famigerati padroni di cani che lasciano che i loro amici a quattro zampe defechino in libertà sui marciapiedi, senza curarsi di rimuovere il malfatto.

Sono stato ben contento che con me non ci fosse il mio cagnolone Frida, perché immediatamente avrebbe rivolto la sua ira contro di me, vittima del tutto innocente, dal momento che io sono costantemente intento a togliere via le tracce delle diuturne cacate del mio cane.

Quindi, ritrovandomi a camminare da padrone di cane in incognito, non ho potuto non rallegrarmi, mentre il malcapitato passava dalle imprecazioni (che rimanevano in sottofondo come cupo brontolio) ai tentativi di rimuovere lo sterco molliccio e nauseabondo dalla sua calzatura.

Mi è venuto spontaneo pensare con sommo divertimento alla famosa canzone di Elio e le Storie Tese che tratta appunto di questo imbarazzante e disgustoso tema e e, giusto superando il “pulitore” ho ridacchiato e intanto solo con il movimento delle labbra ho detto “Merda di Cane”. E forse quello mi ha letto il labiale e mi ha scoccato un’occhiataccia, probabilmente augurandosi in cuor suo che un’intera vagonata di cacca di cane mi si abbattesse sulla testa: per una sorta di meritato contrappasso, una nemesi fortemente desiderata per superare la frustrazione dell’onta subita.

Io non ci posso fare niente: trovo che certe cose siano intrinsecamente comiche. Ricordo una scena simile al tempo in cui ero piccolo.

Avevo accompagnato papà e mamma in un vecchio magazzino fatiscente per scegliere dei mobili antichi di cui allora a Palermo vi era un fiorente mercato.

Il capannone era infestato da gatti e si sentiva molto forte l’odore dolciastro del loro piscio. Mio padre sfortunatamente (nella semioscurità era difficile vedere dove si mettevano i piedi) posò una scarpa sulle gattesche deiezioni (particolarmente abbondanti data l’incuria del luogo), imbrattandosela tutta.

Allora il venditore, imbarazzato e molto servile, disse: “Non si preoccupi, ci penso io, dottore!”.

Scomparve nei misteriosi ed oscuri meandri del suo magazzino e, dopo un po’ comparve con una vecchia scopa, lercia come non mai, e con quella si mise a spazzolare la disastrata calzatura di mio padre, rimuovendo il grosso della merda, ma spalmando il resto, cioè la parte più molla e appiccicaticcia, con grande disgusto ed irritazione di mio padre, la cui dignità offesa gridava vendetta. Noi che conoscevamo bene la sua permalosità (tipica delle sue radici Crispi-Orestano), leggevamo preoccupati nel suo volto i segni d’una incipiente manifestazione di ira, anche se poi lo scoppio temuto non si verifico e prevalse il buon senso anche se non il senso dello humour).

Ancora a distanza di tempo, in famiglia, noi rievocavamo spesso quest’episodio (che era divenuto parte di quel bagaglio delle nostre classiche “storie del focolare”) e sempre ci facevamo quattro risate, ma mio padre - se presente - immancabilmente si offendeva e, a volte, lasciava la nostra compagnia per ritirarsi adombrato e adirato nel suo studio, mentre noi continuavamo imperterriti a sghignazzare. E anche l’allontanarsi di papà e la sua incapacità di sorridere dell’accaduto,guardandolo con quel distacco che solo l’ironia può consentire, insomma, erano parte del divertimento.

 

Intramontabile pezzo di Elio e le Storie Tese, "Cani e Padroni di cani".

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26 ottobre 2014 7 26 /10 /ottobre /2014 18:44

Il Trattamento Ridarelli reloaded(Maurizio Crispi) Tempo addietro (2009, anno di cali dell'umore e di sensazioni di disfacimento sulle cui cause non starò ad annoiarvi) scrissi nel mio aggiornamento di status su Facebook (cosa che facevo sovente e adesso non più) un commento lapidario e, per puro caso, a causa d'uno slittamento inconsulto del mouse, mi ci sono ritrovato.
Eccone il testo: Maurizio Crispi ha appena messo il piede in una merda di cane, sfatta per di più. Trattamento Ridarelli al 100% con in più la colonna sonora di Elio e le storie tese. C'è da aspettarsi una botta di fortuna nelle prossime 48 ore...
Ogni tanto è puro piacere fare - anche attraverso un social network, un tuffo nel passato, in una casuale notazione, in una foto inserita sulla base di un'emozione di un movimento dell'anima in statu nascendi.

 

Ma, tornando al fatto di cui si parla, é impossibile che una cosa del genere capiti qui in UK, persino nell'East End che è appena un pelino meno pulito di altre parti di Londra.
Voglio specificare, per chi non lo sapesse cos'è il trattamento Ridarelli...
I più volenterosi potrebbero leggere il piccolo libro di Roddy Doyle, "Il trattamento Ridarelli" (Salani, 2001), giustappunto, una lettura lampo - roba di 30 minuti di applicazione... Molto divertente da leggere ad alta voce ai bimbi...
Per i pigri do qui di seguito una veloce sintesi della short story...
Il signor Mack fa un lavoro davvero interessante: l’assaggiatore di biscotti. Ma una mattina, sulla strada per la fabbrica dei biscotti, lo aspetta un destino davvero ingrato…il trattamento Ridarelli.
Il Trattamento Ridarelli reloadedA chi tocca ”il trattamento Ridarelli”? Agli adulti che sono cattivi con i bambini, che raccontano loro cose che non sono vere, che mangiano l’ultima fetta di pizza senza offrirla agli altri.
In che cosa consiste? Nel trovare sulla propria strada… una cacca di cane… messa lì apposta dai Ridarelli!
Ma chi sono i Ridarelli? I Ridarelli si prendono cura dei bambini.
Li seguono dappertutto per poter sempre essere vicini ai bambini.
Sono piccoli e pelosi e cambiano colore come i camaleonti… per questo nessuno li ha mai visti!
E cosi gli adulti si beccano il trattamento finchè non la smettono di trattare male i bambini…
 

 

La storia è gustossisima... lieve, divertente... e, sinceramente la consiglio a tutti...
Anche per riflettere che quando mettiamo un piede nella cacca di un cane, forse ce lo siamo meritato...
Magari, non abbiamo maltrattato un bambino, ma per certo siamo stati poco gentili con il nostro prossimo...

In ogni caso le qualità esilaranti della storia si comprendono meglio se si pensa che Roddy Doyle é britannico e che per i Britoni è davvero impensabile mettere per errore o distrazione il piede in una merda di cane, ameno che non si debba mettere in campo un sortilegio oppure una sorta di punizione divina.

 

 

 


 

 

 

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L'assertività di un avvistamento di merda.  Articolo - 1/04/12 - La crociata contro gli escrementi dei cani è sempre particolarmente vivace. Ne sono testimonianza i molti cartelli esortativi…

 

E poi la merda chi la raccoglie? Articolo - 31/07/13 - Nella foto, proveniente da Notiziario 360, si può vedere un bell'esempio di spreco di denaro pubblico e di ostentazione del…

 

Cani e padroni di cani… Una sventura che mi porta alla reminiscenza. Articolo - 15/03/13 - canzone, mentre stavo per entrare al Punto Einaudi di Palermo e ho appunto pestato una "Merda di cane"…, avvertendo sotto il piede una viscida sensazione di scivolosità e di…

 

 


 


 


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20 marzo 2014 4 20 /03 /marzo /2014 06:58

La famiglia dei ciccioniDi fronte a casa nostra in una palazzina ad un piano, con l'ingresso che si affaccia direttamente su Sutton Street abita una famiglia di ciccioni.
Frequentemente li osservo dalla mia finestra, nei loro andirivieni, sentendomi in ciò molto hitchkokchiano (ricordate "La Finestra sul Cortile"?).

Padre, madre e figli: tutti ciccioni.
Sorelle e fratelli: ciccioni.
Visitatori: ciccioni.
Non c'è nessuno che sia solo lontanamente smilzo.
Nessuna variazione sul tema: l'unica variazione è data soltanto dal "quanto" sono ciccioni.
Il simile chiama il simile, evidentemente.
Ma c'è anche una linea di trasmissione trans-generazionale (genetica, ma soprattutto culturale): del resto, il gigante Gargantua generò un altro gigante: Pantagruel. Ed erano entrambi possessori di un corpo immenso e mangioni come non mai.
Oppure, si creano abitudini condivise: mangiare tanto e, soprattutto mangiare junk food.
Posso soltanto immaginare che, dietro quella porta che si affaccia sulla strada, siano costantemente in corso pantagruelici e rabelaisiani banchetti.

La padrona di casa è un donnone gigantesco, come la gigantessa di Rabelais o come un personaggio di Botero: a voi la scelta. Io la potrei mettere - nella mia galleria di immagini - accanto alla "Signora Massa" (sulla quale spero di trovare presto un mio scritto "Storie di Massa", perso nei meandri del computer)1.
Ho scoperto che, quando è in casa, il donnone se ne sta tutto il giorno avovlta in una grande e grossolana vestagliona rossa di pyle, dall'aspetto molto matronale.
L'altro giorno un tipo faceva il porta a porta per lasciare attraverso la buca della lettere qualche mateiale pubblicitario.
Non appena ha sentito armeggiare dietro la sua porta, quel donnone spaventoso (che potrei tollerare vicino a me soltanto nei peggiore dei miei sogni) ha aperto la porta ed è uscita a  razzo sul piano della strada, sempre paludata in quel suo vestaglione rosso, blaterando ed inveendo contro quel poveretto che, ignaro, si era nel frattempo allontanato, ignaro del pericolo che aveva corso: trovarsi a tu per tu con una gigantessa adirata.
Poi, dopo aver compiuto questa sua buona azione quotidiana, il donnone è rientrato in casa, sbattendo la porta con veemenza (almeno così ho immaginato io).
Il donone esce, ogni tanto, in compagnia di parenti ed amiche: tutte obese: in questi casi abbandona il vestaglione di pyle e ed abbigliata "in mise": se non fosse così cicciona, si potrebbe dire che riesce ad ottenere quasi un effetto vezzoso.
Quando salgono in macchina, l'auto sotto il loro peso sprofonda con un sussulto e la carrozzeria sembra dover toccare le ruote.
Quindi, faticosamente - e questa la mia impressione - l'auto si avvia e si allontana ansimando e scoppiettando: se fosse un personaggio di Disney, come nel film "Cars", sarebbe con la lingua di fuori e tutta sbilenca per via del peso.

 

 

 

 


Note


1. La signora Massa... quella è tutta un'altra storia... Era una che lavorava in ospedale come ausiliaria ... Ed era enorme... Ogni tanto si ritirava in un piccolo sgabuzzino che, non si sa come, aveva ottenuto per il suo personale e lì indugiava a lungo a fare dei bei spuntini. Si lamentava sempre del fatto che mangiava troppo, ma nello stesso sosteneva spesso di essere a dieta, ma le sue visite allo sgabuzzino dedicato agli spuntini erano molto frequenti...
Con una mia amica solevo scambiare dei messagini sulla signora Massa e la scommessa era di farli finire tutti in rima con "massa", cosa non del tutto facile perchè il repertorio di possibilità lessicali era - è - alquanto limitato.
In quel fitto scambi di messaggi ci siamo divertiti un mondo. Ero sempre che cominciavo, scrivendo: "E' passata la signora Massa..." e di seguito la rima: per esempio, "...suonando una grancassa"...
Tutto questo finì con il diventare un'interminabile storia a puntate, quasi una saga... di cui, in qualche modo, la diretta interessata venne a sapere, sicché un bel giorno mi interpellò: "Mi hanno detto che Lei ha scritto una storia su di me: ma di cosa si tratta?", ma io le inventai una penosa bugia a cui lei credette (Le dissi che le avevano detto una bugia per farle uno scherzetto...).

La storia la intitolava "Storie di Massa"... Purtroppo, il file è al momento irreperibile...

Ma, in realtà, la storia di cui la signora Massa mi chiedeva era un'altra...
Si trattava di una riscrittura di una notizia di cronaca sulla recrudescenza delle azioni di neo-pirati nei Mari dell'Estremo Oriente. 
Io riscrissi la storia, immaginando che la signora Massa era a capo di una ciurma di pirateschi ribaldi che assalivano le navi che trasportavano melassa e ci ricamai sopra.
Siccome, il tutto era molto divertente - per non dire esilarante - con la signora Massa che voluttuosamente, alla fine, si tuffava nella melassa - come zio Paperone nei dollari - alcuni si fecero scappare qualche indiscrezione...
E poi c'era un altro divertente scritto - in parte immaginario - in cui si raccontava della magnifica prestazione canora della Signora Massa al Festival annuale dei cantanti obesi (che si tiene annualmente, ma questo è vero)...

 

 

 

La famiglia dei ciccioni


La famiglia dei ciccioni

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19 agosto 2013 1 19 /08 /agosto /2013 05:06

Le pecorelle di Tarling StreetNel nostro sottotetto abita un bel gregge di pecorelle.
Nel sottotetto? chiederete stupiti.
Sì, esattamente!
E cosa fanno?
Semplice! Stanno sempre nel sottotetto.
Di giorno dormono e si muovono di notte.
Infatti, se la notte ti svegli ed ascolti attentamente, potrai sentire lo scalpiccio dei loro passi, mentre vanno al pascolo.
Su, nel sottotetto, c'è una grande abbondanza di pascoli. L'erba che vi cresce è succulenta, ma è tutta bianca perchè non vede mai la luce.
Per questo stesso motivo, le pecorelle sono di un bianco candido, di un bianco che non è quello solito delle pecorelle che vedi all'aperte: queste sono di un bel colore bianco candido, come la neve oppure come quelle che vedi nelle illustrazioni dei libri di fiabe.
Ma le pecorelle che vivono nel sottotetto, sempre perchè stanno sempre al buio, non hanno una vista molto sviluppata: sono semicieche e sopperiscono con uno sviluppatissimo senso dell'olfatto.
E, infatti, proprio per questo sono molto disturbati dalle caprette tibetane che invece vivono, assieme agli stambecchi proprio sultetto della casa di Tarling Street. Stanno sul tetto, perchè - come tute le capre - puzzano da morire e gli altri abitanti dell'edificio si lamenterebbero della puzza.
Anche le pecorelle sono molto disturbate dal forte afrore delle caprette e, infatti, preferiscono non mischiarsi a loro. Del resto, non ce ne sarebbe alcun motivo,perchè le caprette si nutrono della fine erbetta che cresce negli interstizi tra le tegole, di muschi e di licheni che prosperano soprattutto d'inverno.
Le pecorelle del sottotetto a causa della forma degli spazi che hanno disposizione sono anche un po' spigolose e sbilenche. Alcune - quelle che stanno proprio dove il tetto fa angolo - hanno le zampe di ciascun lato di altezza diseguale, altre invece hanno il dorso puntuto e rettilineo così possono incastrarsi alla perfezione nella parte sommitale del tetto.
Sia come sia, sono molto simpatiche e cordiali, per quanto timide.
Parlano ed ascoltano soltanto il loro pastore che poi sarei io.
Ma tutto ciò avviene per il tramite del vegliardo del gregge che è un grande montone (o montonessa? - non si sa bene), con un grande paio di corna ritorte e che, a differenza di tutte le altre pecorelle, è nero come la notte.
Di giorno dormono, le nostre pecorelle, e di notte pascolano: conducono una vita molto ordinata e semplice...
Ogni tanto, soprattutto di giorno e specie quando fuori fa un grande caldo ed il sole batte forte infuocando le tegole, si dispongono a ruota e ogni ruota è fatta di almeno venti di loro.
Ma almeno una volta, nel corso della notte, scendono giù nel nostro appartamento, attraverso un passaggio segreto che solo pochi conoscono e in una fila ordinata entrano nel bagno di casa e vi si affollano dentro, ma sempre con molto ordine e piene di cortesia l'una con l'altra. Fanno la coda per poter fare un bel bagnetto caldo nella vasca da bagno della nostra casa e dopo sono tutte fresche e rilassate e, soprattutto, rilassate.
Nel controsoffitto vivono anche tante papere di cui le pecorelle sono molto - e teneramente - amiche e, infatti, le portano con sé, quando viene il momento di fare il bagnetto quotidiano-notturno.
Nel sottotetto di tutte le altre case di Tarling Street abitano altre tribù di pecorelle: le diverse tribù non si sono mai incontrate personalmente, ma ogni tribù sa dell'esistenza delle altre.
Prima - lo sapevaano solo sulla base di un semplice intuito pecorellesco,  ma adesso - senza ombra di dubbio - ne hanno avuto la riprova attraverso il web e soprattutto con  Sheepbook di cui le nostre pecorelle sono divenute fanatiche utilizzatrici, poiché hanno improvvisamente avuto la vertigine di apprendere che non sono sole al mondo.
Dopo aver scoperto che  questa semplice (eppure profonda) verità, vorrebbero consociarsi con le altre tribù di Tarling Street e, infatti, sono in fase avanzata le trattative per creare "The Great Sheep Union of Tarling Street", con l'avvio di incontri e di scambi culturali.
Le nostre pecorelle hanno ricevuto anche delle vaghe informazioni sull'esistenza di altri gruppi operosi di consorelle che vivono nei sottotetti di Sutton Street e sono particolarmente interessate a quelle stanziali nel Dockside Hotel.
Ma del resto del mondo non sanno dire nulla, all'infuori di ciò che ogni tanto il loro pastore rivela loro.

Certo è che non sono particolarmente interessate a conoscere le pecorelle che vivono nei sottotetti del "Royal Borough of Kensigton and Chelsea": non saprebbero che farsene di pecore che vivono una vita da dignitari e che sono alquanto superbotte e con la puzzetta sotto il naso, benché si nutrano poi di bucce di banane ed arancia e non certamente della succulenta erbetta bianca (senza clorofilla) che cresce in abbondanza nei sottotetti di Tarling Street. E in questo senso le privilegiate sono proprio loro, senza ombra di dubbio.


In ogni caso, le pecorelle sono molto felici: il momento più bello della loro giornata è quello del bagnetto.
Se qualcuno dovesse chieder loro, risponderebbero di certo proprio in questo modo.

Ma, di norma, sonon molto timide e non parlano mai con gli estranei.
Poi, se ne stanno tutto il tempo nel sottotetto a mangiare (di notte) e a uminare e a dormire (durante il giorno). La loro è una vita decisamente semplice e non certo complicata come la nostra.


Soltanto noi che abitiamo al numero 81 di tarling Street abbiamo il privilegio di avere anche le caprette tibetane e gli stambecchi sul tetto del nostro edificio.

E, mi raccomando, non ditelo a nessuno: è un segreto!

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23 aprile 2013 2 23 /04 /aprile /2013 12:00

Magnolie e carnotauriSpesso quando mio figlio era piccolo, a partire da piccoli eventi o da banali osservazioni nella realtà che ci circondava, gli raccontavo una piccola storia.
A volte la storia, a partire da un piccolo incipit assumeva il carattere di un dialogo e quindi si sviluppava secondo direzioni inattese.
Eravamo sempre molto interessati alle grandi magnolie che contornano possenti la strada che intereseca via Lombardia e che si chiama appunto "Viale delle magnolie", un tempo viale d'accesso ad una villa patrizia oggi scomparsa perchè inghiottita dal cemento dell'espansione urbanistica nord di Palermo.
Sulle magnolie con quelle radici pensili che uno facilmente poteva immaginare come tentacolari e voraci c'erano sempre molte storie da raccontare.
Queste storie spesso le trascrivevo quando erano ancora fresche nella mia mente e a volte le spedivo per lettera a Franceschino, sperando che qualcuno gliele leggesse o che a distanza di tempo se le ritrovasse come un piccolo lascito della memoria.
Magnolie e carnotauriMa, purtroppo, la maggior parte degli scritti - a lui trasmessi per posta - sono scomparsi in occasione di una "purga", motivata dall'esigenza di un generale rinnovamento della stanza di Franci, decretata da sua madre; e molte di quelle cose "da sbarazzare" mi sono state recapitate al mio domicilio, perchè io decidessi se conservarle o buttarle (perchè obsolete).
Ecco, io credo che in questo campo niente possa veramente andare incontro ad obsolescenza.
Tutto può rimanere molto vivo e palpitante, come espressione della volontà di preservare la memoria dei nostri anni passati e come strumento di una possibile (e umanamente desiderabile) proiezione nel futuro.
Stranamente, è venuto fuori che una storia è sopravvissuta alla purga omnia.
Franci mi ha rivelato di avere trovato un foglio in formato A4, ripiegato in quattro, come se fosse stato contenuto dentro una normale busta da lettera.
Franci mi ha portato il foglio per farmici dare un'occhiata, visto che io non riuscivo più a ritrovare il file da nessuna parte.
Ed ecco qua il piccolo dialogo daltitolo "Magnolie e Carnotauri", datato 9 giugno 2003.

 

 

 

 

 


 

Magnolie e carnotauri

Magnolie e carnotauriCi sono dei graffi sull'asfalto, delle profonde ed irregolari incisioni che sembrano essere state fatte da artigli giganteschi.

Cosa sono questi segni, papà?

Da qui sono passati i terribili carnotauri e questi sono i segni lasciati dalle loro  unghie. Vengono di notte, quando nessuno li può vedere, entrano nel giardino di questa casa e stanno a spiare cosa accade, sbirciando dalle finestre del terzo piano.


Perchè si mettono a guardare proprio attraverso le finestre del terzo piano, papà?


Perchè i carotauri sono troppo alti per guardare attraverso le finestre del primo o del secondo piano. Per farlo dovrebbero metttersi sdraiatia pancia sotto e non starebbero comodi.


E le magnolie, cosa fanno le magnolie?


Le magnolie sorvegliano la strada. Stanno lì con le loro radici pensili, pronte a bloccare i carnotauri che si avvicinano troppo alla nostra via.

L'albero orecchio all'angolo del viale delle magnolie, con il suo gigantesco orecchio fa da sentinella. E non appena si accorge dei passi pesaanti dei carnotauri in avvcinamento (che fanno così: Tum! TUM TUM!) mette sull'avviso tutte le altre magnolie che predispongono le loro radici come lazi per catturarli ed avvilupparli. Ma questa faccenda dei carnotauri che vengono di notte non la sa nessuni. E su di essa bisogna assolutamente mantenere il segreto. Se no, le magnolie non ci proteggeranno più dalle incursioni degli intrusi.

 

 

 


 

Magnolie e carnotauri

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20 marzo 2013 3 20 /03 /marzo /2013 01:59

S'arrifriddò 'a cucuzzeddaStiamo camminando con mio figlio attorno alle 23.00 del 18 marzo (ieri), fa freddino, umido più che altro, dopo una giornata sciroccosa.
Mentre passiamo dalle parti di Torre Sperlinga vediamo uno che cammina.o un po' barcollando e parlando tra sé e sé ad alta voce.
in sostanza, detto in termini non tecnici, è uno un po' picchiatello e, se non è un picchiatello, è rincoglionito.
Da lontano ci guarda e dice: "S'arrifriddò 'a cucuzzedda".
Io lo guardo, perché ho l'impressione che ci voglia dire qualcosa e lui, avvicinandosi di qualche metro, ripete la stessa frase "S'arrifriddò 'a cucuzzedda"..., rimanendo in attesa di un'interlocuzione per questa cosa tanto importante che ci aveva comunicato: che del resto è pronunxiata come un assoluto, un vaticinio, un qualcosa di irrevocabile e defintivo già accaduto e non più modificabile.
Dopo la seconda ripetizione, segue un silenzio, gravido di sottintesi... di fronte alla fatidica e arcana significatività del suo dire.
"Vabbé, è proprio fuori di testa!"... è la nostra conclusione: un non detto in realtà, ma basta lo sguardo eloquente che ci scambiamo.
E lo lasciamo andare per la sua strada senza più dare importanza al suo fraseggiare.

Ma cosa voleva dire l'omettino? 
Forse che gli si era raffreddata la testa, visto che lui era senza cappello e aveva la testa contornata da una abbondante massa di capelli bianchi, alquanto stopposi e, probabilmente, da molto tempo non lavati...
Io, invece, avevo un berrettino di lana ben calzato sulla cucuzza, mentre Franci, per ripararsi il capo - ovverossia la sua cucuzza - si era messo il cappuccio della bomber.
Forse, il tizio voleva dirci che, siccome avevamo entrambi il capo coperto, era perché a noi, s'era raffreddata la cucuzza, ovvero la "cucuzzedda".
Vallo a capire...
Una tipica comunicazione trasversale ed enigmatica di uno in una condizione quanto meno al limite, per non dire di più.

"S'arrifriddò 'a cucuzzedda"

La frase mi è piaciuta e, indubbiamente, me la ricorderò.
E al signore, un po' picchiatello, ma sostanzialmente innocuo, che con tanta enfasi l'ha pronunciata, non posso che dire grazie, per avermi regalato questa piccola chicca destinata a rimanere memorabile.

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15 marzo 2013 5 15 /03 /marzo /2013 21:29
Cani e padroni di cani... Una sventura che mi porta alla reminiscenza
Quando mio figlio era piccolo e viaggiavamo in auto, ascoltavamo spesso una canzone inclusa nell'album Ciccipùt di Elio e le Storie Tese, indubbiamente una delle più riuscite dell'album per la sua genialità e per la sua capacità di deridere e fare sberleffi... e ci divertivamo e ridevamo alla grande...

Oggi mi sono imbattuto nello stesso incidente adombrato in quella canzone, mentre stavo per entrare al Punto Einaudi di Palermo e ho appunto pestato una "merda di cane"..., avvertendo sotto il piede una viscida sensazione di scivolosità e di appicicume.
"Merda!"  - ho imprecato ad alta voce. Quando ci vuole, ci vuole.
E, in questo caso, ho decisamente usato la parola più appropriata


A nulla è valso un ripetuto strofinamento della suola della scarpa sul marciapiedi e la sua ripetuta immersione in una provvidenziale pozza d'acqua, fresca dalla pioggia del giorno.

La sozzura - ahimé - rimaneva inestricabilmente attaccata alle filettature della suola...

Cani e padroni di cani... Una sventura che mi porta alla reminiscenzaE, naturalmente mi sono guardato bene dal fare ricorso al famoso "bastoncino" del ghiacciolo.
Vallo a trovare in questa stagione, del resto!

Francesco Passarello, titolare del Punto Einaudi, mi ha detto: "Qui tu non entri!" (come a dire: Pattti chiari ed amicizia lunga...).
Ed io: "Come faccio? Io voglio entrare. Non puoi farmi rimanere fuori!"


"No, fa Francesco, assolutamente no. Non se ne parla nemmeno!".

Gli ho detto allora: "Hai un sacchetto di plastica?"

"Sì", mi fa lui.

"Bene, allora dammelo", faccio io, imperioso.

"Perchè?"

"Dammelo e ti faccio vedere!"

Detto, fatto.
E così sono entrato al Punto Einaudi con il piede ben imbacuccato...


E naturalmente mi sono fatto immortalare...

Come non ricordare, a questo punto, la mitica canzone di Elio e Le Stoire Tese?


 


 
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15 marzo 2013 5 15 /03 /marzo /2013 08:33

Ancora a proposito di dialoghi canini... Frida ha ora un amico di penna ed intrattiene conversazioniDa qualche tempo a questa parte Frida ha trovato un amico di penna e, superate diffidenze e differenze iniziali, i due si scrivono lunghe lettere.
Ma - e questa e la cosa veramente strana - Frida scrive in ....Inglese...
Poffarbacco!
I cani sono degli esseri davvero meravigliosi e a volte ci sorprendono con la loro mente arguta.
Ci osservano e ci controllano. Forse, siamo noi Umani che, impropiamente, riteniamo di essere al centro del mondo (e del loro mondo) in una visione antropocentrica che mostra ormai dei cedimenti, ad essere in realtà in qualche misura i loro "servitori".
No, non è esattamente questa la parola che intendevo usare: la parola in sé mi pare brutta.
Nessuno "serve" nessuno, nel senso del "servilismo". ma semmai in una costante reciprocità qualcuno può essere utile a qualcun altro e fornire al tempo stesso nutrimento al mondo dei sentimenti e delle emozioni.
E, dunque, ragionando in questi termini si può essere sicuramente, in qualche misura, entità senzienti con pari diritti in una relazione di reciproco vantaggio in cui noi "serviamo" il cane e il cane con la sua presenza e con la sua compagnia ci elargisce dei vantaggi, "servendo" noi.
In passato, tanti si meravigliarono del cavallo che sapeva fare le operazioni matematiche (anche se questa prodezza si rivelò per essere un abile inganno) o di animali capaci di fini performance, ma questa del cane che sa scrivere (e quindi anche - supppongo - leggere in Inglese) non l'avevo mai sentita.
Certo, io credo che l'Inglese di Frida non sia perfetto e che sia alquanto pieno di improprietà, ma - del resto - cosa si può pretendere?
E' già meraviglioso il fatto che scriva delle lettere al suo amico di penna da poco acquisito.
Come mi sono accorto della faccenda? Semplice, accendendo il PC, mi sono accorto che era stato attivato un nuovo accesso utente, scoprendo che Frida si era un po' data da fare, mentre io dormivo. Dando così piena dimostrazione del detto che fa: "Quando il gatto dorme, i topi ballano".



Ancora a proposito di dialoghi canini... Frida ha ora un amico di penna ed intrattiene conversazioniNella lettera che segue, Frida descrive la visita dal veterinario a causa di un piccolo problema agli occhi e poi una disastrosa - ma avventurosa - gita a Mondello assieme al suo padrone (che sarei poi io).

Dear friend,
I'm quite OK with the eye... It's something... mmm ... [mumble... mumble] ... mmm ... well... I don't know well how to say it, but the vet used a very difficult word to be repeated again...
It's smething with my left eye, but not so bad...

He looked inside my eyes with a lens and a strong light ... and I was forced to keep my eyes wide openend... I was quite displeased...

Afterwards the vet and my friend (someone says he is my "father", in some way - spent a lot time talking about me and food...
In these days, I'm always hungry and would spend all the time eating... and stealing food, even dirty things on the road surface...
I dream of food, I wanto food, I lack food ... any day...
And He - my father - s always angry with me because of my persistent hunger and very, very disappointed...

Vet said that, since I'm not overweighting, I can have the permission of eating a little more... Oh, my god! Said something about my age... Yes, i'm getting a little bit older...

Wow! It was time!

So, from tomorrow I'll have some more food - and moreover it'll be a very special food! Vet let me try it: and was really good...

Then, vet put some eye drops in my eyes and we went away with a piece of paper - a prescription? Is this the wright word?

Immediately afterwards we went to the sea, to have a look at the beach with strong winds and big waves and huge clouds almost black...

And we were walking and here arrives a rush of wind and rain...
The umbrella was upside down and came to a complete crash...
We were drenched to the bones...

We rushed to the car and we went back to city...
Actually it was't a very good idea...
My dad want to take pictures everythere and at everything...
That's why he decided to go.
But I know that he likes to have a glimpse to the sea avery now and then.
I don't like water, instead, I've never sswum during all my life...
Ancora a proposito di dialoghi canini... Frida ha ora un amico di penna ed intrattiene conversazioniI prefer to feel my feet solidly grounded.

And so, it was a silly and stupid and crazy thing to do...
Weather was rainy and windy (almost stormy) and very, very cold...
Anyone else, would have decided in a different way...
But he! I would say he is a little crazy and eccentric...
I like him so much though...

I'm really glad of your writing to mereal letters...
I was getting tired - and disappointed too - no to deserve any attention from you...

I hope that will be getting more and more friend soon .

A lot of canine greetings

Frida

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14 marzo 2013 4 14 /03 /marzo /2013 12:09

Dialogo caninoCon i nostri cani, si svolgono di frequente dei dialoghi muti ed intensi.
Bastano uno sguardo o un certo movimento delle orecchie, o lo scondinzolio frenetico e gioioso, oppure la semplice postura, at attivarlo.
Come quello che segue, ad esempio, nel quale sono aggiunte - ovviamente - delle cose che non tanto sono frutto di fantasia galoppante, ma rappresentano piuttosto la misura di quanto sia umanizzato il nostro rapporto con loro: non bestie, ma persone di famiglia a tutti gli effetti.

Frida: "Allora ti decidi a portarmi a spasso? Ho bisogno di uscire... Non posso più aspettare..."
Io: "Ma sta diluviando, bella mia! Non puoi tenerterla ancora per un po'? Guarda ti ho persino aperto la finestra che dà sul balcone, così se proprio hai bisogno la fai là!"
Frida: "Non se ne parla nemmeno, se era per questo sarei andata in bagno, come mi hai insegnato a fare tempo addietro. No, io voglio uscire e voglio passeggiare!"
Io: "Anche sotto la pioggia?"
Frida: "Certamente! Caso mai mi metto l'impermeabile e il cappellino che mi hai regalato..."
Io: "Vabbé, allora andiamo..."

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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