Ero un simpatico cagnolino da cappelliera d'auto
Me ne stavo sul retro alle spalle del mio padrone e, mentre l'auto si muoveva, la mia testa oscillava festosamente salutando il mondo che scorreva ai miei piedi
Poi, un giorno, ho visto una cagnetta
Bellissima! Aveva le ciglia lunghe lunghe e mi guardò una sola volta, ammiccando con i suoi occhioni neri
E poi, mi ha lanciato uno sguardo lungo e languido
Io, in un attimo, di fronte a tanta bellezza e leggiadria, persi la testa per lei
Fu un vero colpo di fulmine, di quelli che più non si dimenticano
La mia testa, letteralmente, se ne andò appresso a quella meravigliosa cagnetta, e il mio corpo - una spoglia vuota - rimase indietro, senza vita
Il mio padrone, avendo constatato che io ero ormai ero andato via - la mia testa perduta in un sogno d'amore - e fallito ogni tentativo di rianimazione del mio corpo senza vita e decollato, pensò che fossi ormai inservibile: non potevo più fare oscillare il mio capo con quella eleganza che mi contraddistingueva, fingendo un sorriso che non era più dentro di me
Allora, crudelmente, in un attimo decise di sbarazzarsi di me e, con una gentilezza riparatoria (questo lo devo ammettere), mi depose sul marciapiedi, vicino a dove aveva parcheggiato la sua auto
Spero che, un giorno, la mia testa rinsavita possa ricongiungersi con il resto del mio corpo
Ma non c'è più molto tempo ormai: stiamo arrivando ad un punto di non ritorno
Presto qualcuno mi raccatterà e mi butterà nel cassonetto che si erge minaccioso a soli pochi passi da me
Lo sento
Attendo malinconicamente e consumo questi ultimi istanti come una fiammella morente, prossima ad estinguersi
La mia vita di giocattolo mi sta abbandonando a poco a poco
Ma sino all'ultimo non smetterò di sperare che la mia testa ritorni o che qualcuno mi raccatti e mi porti via con sé, anche così come sono, decollato
Ho sognato che, mentre ero a casa,
e mi muovevo tra scaffali e pile di libri
improvvisamente, loro (i libri)
prendevano a moltiplicarsi
Si suddividevano e si clonavano
sotto i miei occhi esterrefatti
Da ogni nuovo clone
ne nascevano altri
Era un processo continuo, inarrestabile,
fuori controllo
Mi sembrava di vivere una situazione
analoga a quella dell’apprenti sorcier
del cartone animato Disney
Lo spazio di ogni stanza
si colmava rapidamente
Poi cominciavano ad esondare,
uscendo, schizzando e saettando
fuori dalle finestre e dalla porta,
sospinti da un’incoercibile pressione
Quando, all’esterno,
cadevano a terra
subito mettevano radici
trasformandosi in alberi
che con rapidità inaudita
crescevano vigorosi
sino alla fioritura
e poi fruttificavano
con frutti libreschi
i quali cadendo a terra
generavano nuovi virgulti
in un processo veloce ed inarrestabile
Presto tutt’attorno a me
cresceva una foresta di alberi
portatori di libri,
votata a diventare più grande e più fitta
d'una foresta amazzonica
E poi di botto
mi svegliavo
con un libro
posato sulla faccia
Esaminandolo per bene
mi accorgevo con un brivido
che, dalla sua rilegatura,
era in corso una gemmazione
di piccoli cloni
e il loop onirico ricominciava
(dissolvenza)
Risveglio
Sfoglio qualche pagina
scricchiolante
quasi fosse fatta di antica pergamena
Leggo parole
assaporandole una ad una
quasi fossero chicchi d'uva,
e poi digerendole
Una prima colazione
a base di parole,
parole lette dapprima in silenzio,
poi articolate e pronunciate
ad alta voce
con voce gracchiante,
spigolosa e rigida
come il richiamo del corvo,
Parole ispide e ruvide
come la barba non fatta
al tocco delle dita
E poi sono pronto
a lanciare le gambe
fuori dal letto,
che è come una nave spaziale
dove ho viaggiato
verso lontananze siderali,
per iniziare un nuovo giorno
Basta un nonnulla
- anche il tocco d'una piuma -
a mandarmi in frantumi
come i petali d’una rosa congelati
Sono deboluccio
e tutti pensano che io sia una roccia
che nulla può scalfire
E invece no!
Son fragile,
son vulnerabile,
son cagionevole,
son caduco,
son frangibile
e devo sempre muovermi circospetto
perché posso rompermi
ad ogni piè sospinto
So bene che il mio destino ultimo
sarà quello di finire a terra
come un giocattolo rotto
spaccato in mille pezzi
Abbiate misericordia!
Cercate sempre di essere gentili con me
Toccatemi con cautela
Usate guanti di velluto
e ve ne sarò sempre grato
e forse non andrò in frantumi
Un mio piccolo scritto dimenticato del 2 dicembre 2009. E appartiene alla categoria delle 'foto raccontate' o delle "foto parlanti'.
La foto da cui scaturisce la piccola storia è un bell'esempio di quelle foto che suscitano delle storie; ma si potrebbe anche dire che ci sono delle storie nella mia testa che prendono corpo in una foto e che la foto che allora scatto la scatto proprio perché c'è quella storia che preme per essere espressa e raccontata.
In questa faccenda è difficile comunque trovare il bandolo della matassa, come è impossibile, del resto, rispondere alla fatidica domanda: 'Viene prima l'uovo o la gallina?'
Mi hanno lasciato solo, al freddo, esposto alla pioggia
Prima, la mia vita era stata una bella festa, vedevo tanti bimbi ciarlieri attorno a me
Non immaginavo che, senza alcun preavviso sarei stato considerato una vita di scarto e gettato via con tanta indifferenza
I miei occhi vuoti non vedono più niente nuovo
Ma ho scoperto il modo di trarre consolazione da questa nuova esistenza che mi rimane - anche se non so per quanto tempo ancora
Guardo il cielo, così alto ed immenso sopra sopra di me, e le nuvole che, a volte, viaggiano come fiocchi cotonosi simili a pecorelle e che, altre volte, si addensano minacciose, incutendomi timore
Guardo il sole nel suo ciclo giornaliero e qualche volta la sua radiosità mi fa male, perchè sono una creatura della penombra
Guardo la luna benevola e le stelle di cui è tempestata la volta celeste, di notte
E tutto questo mi tiene compagnia
Ora sei arrivato tu con quella macchinetta fotografica e mi hai salvato: anche se il mio corpo di carta si dissolverà presto, la mia immagine sopravvivrà per molto tempo ancora
Grazie, amico sconosciuto, per avermi preso con te!
Questo scrissi il 6 novembre 2009 come nota su Facebook. Poi trascurai di lanciare il raccontino su uno dei miei due blog di quel periodo e nemmeno su quello attuale.
Lo rilancio adesso: in un fondo è una storiella carina.
La fortuna è cieca, si dice, o anche viene detto che sia una "dea bendata".
Dunque, ecco un piccolo raccontino paradigmatico di questo assunto, a proposito di una cosuccia che mi è capitata di recente.
Ieri mattina scendendo le scale di casa mia, cosa vedo su di un gradino? Una banconota da venti euro, più volte ripiegata, assieme ad un foglietto bianco che, ad occhio e croce, sembrava uno scontrino fiscale!
Con concitazione, mi sono piegato a raccogliere il prezioso reperto, non senza provare quel lieve senso di colpa quando capitano queste inaspettate fortune.
Con disinvoltura, ho ficcato la banconota nella tasca dei pantaloni e ho proseguito per la mia strada.
Dopo un po' di tempo (ma nel corso della stessa giornata), frugando nella tasca, mi sono ricordato del ritrovamento e ho estratto la banconota e il pezzettino di carta bianca per esaminare meglio il tutto.
Lì per lì ho pensato che soldi e bigliettino fossero caduti a qualche fornitore che veniva per un consegna a domicilio.
Poi, guardando meglio, mi sono accorto di avere davanti agli occhi uno scontrino fiscale rilasciato da una bottega di ceramica, proprio la stessa dove il giorno prima io avevo fatto degli acquisti.
Che coincidenza!, ho pensato.
Esaminando lo scontrino nel dettaglio, vi scopro che l'importo è esattamente di trenta euro che era la somma che in quella circostanza avevo pagato, dando una banconota da cinquanta e prendendo il resto di venti.
Ergo, tirando le conclusioni, si trattava della mia stessa banconota che io nella fretta avevo infilato in tasca tutta stropicciata e che, evidentemente doveva esserne sgusciata fuori, mentre salivo le scale di casa.
E' ovvio che io sia rimasto un po' deluso: pensavo di avere ricevuto in dono un piccolo obolo e, invece, non avevo fatto altro che ritrovare ciò che avevo perduto.
La cosa notevole è che io non sapevo di aver perduto quei venti euro.
La cosa ancora più notevole è che dalla sera prima, quando mi era scivolata fuori dalla tasca, al mattino dopo (quindi, dopo un intervallo di poco più di 12 ore), la banconota era rimasta lì, sul gradino delle scale di casa, bella tranquilla, senza che nessuno se ne accorgesse.
Si potrebbe quasi dire che se fosse rimasta lì, acquattata, ad aspettarmi.
In conclusione, anche se il bilancio della vicenda è stato un pari, posso ritenermi assolutamente fortunato.
La sfortuna mi ha levato qualcosa e la fortuna, in modo cieco e casuale, me l'ha restituito.
In ogni caso, il giorno dopo (cioè, oggi) sempre la fortuna mi ha dato un contentino, facendomi trovare una banconota da cinque euro.
Nel raccoglierla, mi sono chiesto se per caso anche questa non fosse mia, dimenticata in qualche tasca degli indumenti che indossavo e casualmente scivolata fuori.
In ogni caso, aggiungo qui, i soldi ritrovati nelle tasche (perché vi sono stati abbandonati da molto tempo) è come se fossero trovati ex-novo.
Un'improvviso ed inaspettato dono.
Ciò che viene trovato
ritrovato) - anche se di infimo valore - è prezioso sempre e vale il detto: "Ogni cacatedda di mosca, fa sostanza..."
Fortuna caeca est è una locuzione latina che si traduce con «La fortuna è cieca».
È una espressione tratta da un passo di Cicerone che, nel Laelius de amicitia (15,54), scrive precisamente: Non enim solum ipsa Fortuna caeca est, sed eos etiam plerumque efficit caecos quos complexa est (Non solo, infatti, la fortuna è cieca essa stessa, ma per lo più rende ciechi anche coloro che abbraccia).
Il motivo è ripreso dalla commedia greca, in particolare dal Pluto di Aristofane, dove a essere cieca e a rendere ciechi è però la ricchezza. Tuttavia, il parallelismo non ne soffre in quanto la dea Fortuna dei Romani ricopre funzioni simili a quelle del dio greco Plutos.
La fortuna è cieca anche per altri autori latini quali Marziale, Ovidio, Plinio il Vecchio, e Seneca. Si dissocia dal ritenere cieca la fortuna Dionisio Catone, secondo cui è l'individuo che deve imparare ad agire con raziocinio e con le dovute cautele, e quindi a essere cieco è più l'uomo che la fortuna.
In epoca moderna, il motivo torna, tra gli altri, in Shakespeare che, nell'Enrico V fa dire a Fluellen: La fortuna è dipinta cieca, con una benda sugli occhi; e in Gente in Aspromonte di Corrado Alvaro, con l'interessante variante: L'invidia ha gli occhi e la fortuna è cieca.
la Dea Bendata, Si dice che la fortuna sia una dea bendata, che "colpisce" qualsiasi uomo, senza distinzione, capace così talvolta di cambiare il corso delle cose, della vita stessa. Per Dante la fortuna rappresenta l' intelligenza celeste, la provvidenza, che dirige il disegno divinoin maniera incomprensibile alla nostra ragione. Quindi la fortuna non è ne capricciosa, né crudele, ma al di sopra dell'umana comprensione. La nostra possibilità di "intervento" è farsi trovare pronti quando il momento imprevisto arriva, così da cogliere le opportunità che la dea bendata ci offre oppure opporre ogni nostra risorsa agli elementi avversi
Fortuna è una figura della religione romana, la dea del caso e del destino, festeggiata come Fors Fortuna il 24 giugno dai romani. "...nam si a me regnum Fortuna atque opeseripere quivit, at ...
Il giorno é stato ribollente
Temperature roventi, mai viste
Verso sera l’aria si rinfresca,
ma solo dopo il delirio di raggi infuocati
d'un sole implacabile
che scende lentissimo
sulla linea dell’orizzonte
Quando il martellamento delle radiazioni UV decresce
scendo in spiaggia,
sentendo ancora il calore residuo
immagazzinato durante il giorno
Sono pronto
con un asciugamano bianco
drappeggiato attorno alla vita
Mi avvicino indolente al bagnasciuga
dove l’acqua semi immobile
produce un lieve sciabordio
tra piccoli detriti
frammenti di conchiglie
e corpi rappresi di meduse spiaggiate
È l’ora tra il brusco e il lusco:
il sole è già del tutto scomparso,
ma il cielo è ancora imporporato
dai suoi raggi
che diffondono una pura luminosità diffusa
in cui tutto appare nitido e schietto
In lontananza vedo dei pescatori a canna con mulinello
che sistemano con cura le loro postazioni
e si preparano a passare la notte
in attesa che qualche preda abbocchi
Io sono lì per immergermi e nuotare
Vado alla ricerca, ogni giorno,
del massaggiatore nero degli abissi
Tento la sorte
con il mio rito quotidiano
da consumare in solitudine
Immergersi nelle acque marine
in quest’ora fatata (fatale) del giorno
prima che arrivi il buio più totale
(al massimo rischiarato da un raggio di luna)
ha un certo fascino,
soprattutto adesso,
in questa stagione dell'anno e a quest'ora del giorno,
quando le spiagge
sono deserte (a parte i pescatori)
Non più bagnanti
che tirano tardi o s’apprestano
a passare la notte al fresco,
per sfuggire al tormento
di asfittiche e claustrofobiche case
arroventate dalla canicola
e che sono lì pronti a scollinare le ore più buie
con le loro teglie di pasta al forno,
guantiere di arancini,
gigantesche insalate miste,
grigliate improvvisate,
e anguria ghiacciata,
tutti vocianti e sguaiati
No, in questo momento,
posso davvero pensare
di esser solo
nella mia ricerca,
che è anche il mio rito quotidiano
Lascio cadere dunque l’asciugamano
che mi cinge i fianchi
e subito m’immergo, del tutto nudo,
lasciandomi accogliere dal fresco abbraccio
dell’acqua immota
Procedo camminando
fino a che i piedi cominciano
a perdere la presa sul fondale
e allora mi lancio nel nuoto a rana,
procedendo agevolmente, senza impedimenti
Il piacere della pellicola d’acqua che scorre
sul mio corpo ignudo è sublime
Già dopo le prime bracciate
mi sento rigenerato
Di solito, mi piace nuotare
un po' distante dalla riva, a meno di cento metri,
in parallelo rispetto alla linea della costa
così da non perderla di vista
e sentirmi al sicuro
A volte l'acqua è torbida
perché il fondale è sabbioso
e non riesco a vedere granché
Man mano che la luce va scemando,
l'acqua si fa più buia
ed ecco che compaiono miracolosamente
tracce luminescenti
ad ogni mio movimento
Di regola, nuotando a rana,
tengo la testa fuori dall’acqua,
a volte la immergo
In questa dimensione in cui
progressivamente i colori ingrigiscono
e si fanno uniformi
si accavallano pensieri e rimembranze letterarie,
ricordi e desideri
E intanto l’acqua tiepida
accarezza il mio corpo,
attivando un sottofondo
di desideri più carnali e nostalgie profonde
Penso ai libri che vorrei ancora leggere,
ai paesi che vorrei visitare,
alle persone a cui voglio bene,
alle scopate che ho fatto
e a quelle che mi sono mancate,
a qualche altra cosa,
a qualsiasi altra cosa
e tutto questo pensare ha un fine:
distrarmi da pensieri assurdi, ma presenti,
che si incarnano in un grosso squalo,
per me l'essenza (0 l'incarnazione)
della minaccia sottomarina
La mia fantasia, alimentata da troppe letture,
a volte s'infiamma facilmente,
prendendo a deragliare su crinali pericolosi
Sì, ammetto di immaginare di trovarmi davanti
uno squalo o - peggio - un megalodon
la cui pinna dorsale, minacciosa,
inizia a disegnare un carosello attorno a me,
in cerchi concentrici sempre più stretti
fino a farmi sentire il contatto veloce e rasposo
della sua cute dura e viscida,
gelida come le dita della Morte
Questo pensiero è talmente intenso e forte
da attivare i miei sensi e far sì
che basti un nonnulla
a farmi trasalire
(e a farmi accapponare la pelle,
mentre un brivido freddo
percorre la mia schiena)
Tanto mi convinco, a volte,
che un'alga galleggiante
mi sembra un segno inquietante
della sua presenza
Dio mio, qualcosa di viscido
ha appena sfiorato il mio volto
e poi di nuovo il torace!
E aspetto il dolore urticante
provocato dal tocco della Medusa
Così, per sviare la mia attenzione,
prendo a ripetere
in una nenia silenziosa i titoli dei libri
che ho letto e che voglio acquistare
(Via! pensiamo positivo!)
E poi, di nuovo un'alga mi sfiora la gamba
e penso subito a una medusa
(come una di quelle
ridotte ad un cumulo di gelatina
dopo che si erano spiaggiate,
ma più GRANDE!)
e - per divincolarmi dal pericolo -
accelero il ritmo delle mie bracciate,
rischiando un crampo alla gamba
a causa di un movimento brusco
Sulla riva, a parte le esili figurette dei pescatori
intenti nelle loro faccende
non c'è proprio nessuno
a cui poter chiedere aiuto
(I bagnini e gli addetti
al salvamento chiudono baracca presto)
Così inizio a ripetere i nomi dei paesi che vorrei visitare:
Madagascar,
Patagonia,
Namibia,
Groenlandia...
(altra manovra diversiva)
ma l’ultimo nome fa riemergere
con prepotenza le creature marine tanto temute
e via con il lungo elenco tratto da un manuale di zoologia (fantastica) BALENA
MOBY DICK
ORCA
ORCA ASSASSINA
SQUALO
MEG
POLPO GIGANTE
K-K-K-KRAKEN
(che è il non plus ultra di questa sfilza di entità temute)
le immagini di esseri marini reali
e di altri fantastici
si susseguono in un caleidoscopio,
lasciandomi fremente e spossato,
pur nella mantenuta compassatezza del gesto del nuoto
costante e regolare
Penso a dei possibili scenari
in cui - per sfuggire alla presa dei mostri marini -
trovo salvezza su di una zattera (della Medusa? Altro orrore!)
per andare poi alla deriva nel vasto mare,
in balia delle correnti, senza né cibo né acqua
Oppure penso a me stesso naufrago
su di uno scoglio in mezzo al mare,
costretto a cannibalizzare me stesso per sopravvivere
Finalmente quella mezz'ora del mio nuoto rituale
è quasi del tutto trascorsa
Mi accingo ad uscire dall'acqua,
tonico e maschio, rigenerato
Mi avvicino a riva e mi ergo in piedi nell'acqua bassa
Percorro quegli ultimi passi
con i piedi ancora immersi,
con l'unico suono di un debole sciaguattìo ad accompagnarmi,
risucchiando la pancia in dentro
(perché per via della nuotata
ed anche della consapevolezza dello scampato pericolo
o di aver fatto fronte con efficacia alle mie paure più profonde
mi sento super-tonico)
ma - all’improvviso - sento
la stretta fredda ed implacabile
d'un qualcosa di viscido attorno alla caviglia destra
(un tentacolo!)
una presa che subito viene stretta
mentre una forza immane
mi riporta indietro
dentro il mare profondo, ormai nero
come la notte che incombe
e stavolta non bastano i pensieri
per scacciare la paura
La Cosa tanto temuta
- il Kraken, uno dei Grandi Antichi,
Yogh-Sothoth
Chutlhu che vive nella perduta città sommersa di R'lyeh,-
è adesso reale e mi ricaccia dentro il mare
Non c’è più tempo per pensare
In un attimo la mia coscienza si spegne
Non più pensieri,
non più desideri,
non più ricordi
Oblio
Oblivion
E poi mi risveglio nel mio letto
tutto sudato
con le lenzuola aggrovigliate
e l'estremità di una
strettamente attorcigliata attorno alla caviglia destra Allora era soltanto un sogno!
Sto per tirare un sospiro di sollievo,
quando all'improvviso tutto ritorna buio,
mi manca l'aria
e sento una stretta possente che stritola il mio corpo
Yog-Sothoth ( Il Guardiano della Soglia, La Chiave e la Porta, La Guida, Il Tutto-in-Uno e L'Uno-in-Tutto, L'Altrove) è una divinità presente nel Ciclo di Cthulhu e nelle Storie Oniriche di H. P ...
Il kraken è un mostro marino leggendario dalle dimensioni abnormi, generalmente rappresentato come un gigantesco cefalopode somigliante a una piovra o calamaro, con tentacoli abbastanza grandi e ...
Cthulhu Schizzo di Cthulhu realizzato dallo stesso Lovecraft (1934) Universo Ciclo di Cthulhu Lingua orig. Inglese Autore Howard Phillips Lovecraft 1ª app. in Il richiamo di Cthulhu Caratteristiche
R'lyeh è la città creata da quel lurido diucolo di Cthulhu taaaanti anni fa per nascondervisi quando gli altri dei lo prendevano in giro. Oh povero lui.
Mentre dormivo,
all'inseguimento di chissà quali immagini oniriche a sfondo erotico,
il mio cazzo si faceva duro e grosso
E scoprivo con sorpresa che non avevo un solo cazzo, bensì due
Un secondo pene turgido si gemmava dalla base del primo,
come un fungo figlio che si origina dalla base di uno già ben cresciuto
Questo clone era un po' più piccolo quanto a diametro,
ma quasi della stessa lungezza
Ero un po' perplesso per questa strana cosa
che mi accadeva
Mi sentivo spaesato e stordito
un po' come il povero Gregor Samsa
del celebre racconto di Kafka
Andavo subito dal Medico e gli parlavo di questo accadimento
Lui non sembrava affatto sorpreso
e, stemperando la mia veemenza, mi chiedeva:
Ma lei si vuole operare?
Come! - facevo io - Non se ne va da solo questo intruso?
E no! Purtroppo no! - replicava il Medico -
No? Ma io non posso vivere portandomi appresso
questa specie di ascia bipenne! - esclamavo io
Allora non ci sono alternative, visto che non se andrà da solo,
l'unica via da percorrere è quella chirurgica - insistette il Medico,
aggiungendo poi, quasi a riassumere - Se si convince a levarlo,
dovrà sottoporsi all'intervento chirurgico di ablazione!
Sarà una cosa semplice semplice, una specie di crio-chirurgia amplificata!
Un'autentica passeggiata!
Ma non subito però, poichè per adesso
Lei mi deve continuare la terapia ormonale che sta facendo!
Quale terapia ormonale? - ho chiesto io, allarmato
(non avevo memoria di alcuna terapia ormonale intrapresa
in precedenza)
Ma quella che le ho prescritto alcuni mesi fa! Non ricorda?
- ha replicato il Medico, piccato -
Come è mai possibile che non si ricordi
di esser venuto da me
lamentandosi di un calo delle sue performance erotiche?
No, in effetti no! - ribattevo io, un po' smarrito e vieppiù perplesso
E intanto il Medico, quasi sovrapponendosi alla mia voce, diceva
- Se vuole che il neo-pene sia asportato, dovrà aspettare!
Dovrà portare pazienza!
Pazienza! Pazienza e ancora pazienza!
E, intanto, cosa che di sicuro non guasta,
avrà del tempo per riflettere! - aggiunse, deciso
Ma io non lo voglio asportato! - sussultai io
Non voglio sottopormi a nessun intervento chirurgico!
Voglio soltanto che questo coso anomalo se ne vada via da me!
Sia come sia, se ci dovrò convivere,
come farò ad apparire in pubblico?
E ad andare al mare, poi! Nelle spiaggie naturiste, se mai dovessi andarci?
Tutti mi considereranno un scherzo di natura, un mostro!
Ricordo che quando studiavo - dissi ancora al Medico
che mi guardava di sottecchi - c'era, in uno dei testi,
la foto inquietante d'un pene deforme - per causa congenita -
che si biforcava ad ipsilon!
Ed era un'immagine che mi turbava e mi infastidiva
Non voglio finire con l'essere citato in un testo per studenti di medicina,
con tanto di fotografia!
Il medico replicò allora,
tenendo tra gli indici delle due mani una matita in orizzontale
e facendola lentamente ruotare sul suo asse,
No, nooo, mio caro, deve stare tranquillo, non è niente di grave!
Se vorrà tenerlo, vedrà che ci farà l'abitudine!
E capitato anche ad altri (di cui - per discrezione - non Le rivelerò l'identità)
e costoro non sono certo morti di ostracismo sociale
oppure della sindrome dell'Uomo Elefante!
Le dirò anzi che si sono affezionati
alla realtà di possedere un pene clonato
E poi, pensi ai vantaggi della cosa,
con il doppio pene potrà soddisfare contemporaneamente due donne!
Oppure, pensi all'altro indubbio vantaggio
di poter replicare immediatamente un rapporto,
senza soluzione di continuità:
appena finisce con uno dei suoi membri,
l'altro sarà già pronto, in piena erezione!
(e Le dirò anche che su questa mia affermazione ci sono delle incofutabili evidenze!)
Ma non ci pensò proprio! - esclamai io -
anzi l'idea di fare sesso, adesso, in queste condizioni,
me lo fa ammosciare!
E, in effetti, l'erezione che mi aveva portato alla scoperta del secondo pene
era scomparsa da tempo
Vedrà che il secondo pene, continuando la terapia,
si rafforzerà sempre di più, fino a diventare pari,
se non più potente, del primo;
non rimarrà per sempre un cazzetto da strapazzo!
Lo potrà mostrare ed esibire al mondo intero con orgoglio
e trarne anche piena soddisfazione performativa!
- replicò il Medico con fare conclusivo
Me ne andai perplesso e tutto mogio
Mah... proprio non sapevo cosa fare!
Elencavo nelle mia mente tutte le situazioni imbarazzanti
in cui sarei potuto incorrere con il pene replicato
e non potevo più dormire
Poi, malgrado l'irrequietezza, alla fine
sono scivolato nel sonno
e ho sognato che mi trovavo con tanta gente
impegnato in una grande manifestazione pacifica a favore dell'Europa
Eravamo su di una grande nave
che, dopo aver navigato nel Mediterraneo e attraverso il Mar Nero,
avrebbe dovuto risalire il corso del Danubio,
toccando tutte le città che vi si bagnavano
e portando a tutti un messaggio di pace
Portavamo con noi un'enorme bandiera dell'Europa
che tutti quanti dovevamo tenere sempre ben dispiegata sul ponte
in modo tale che dall'alto dei cieli fosse costantemente visibile
anche da grande altezza
(come ad esempio ai ricognitori aerei e ai droni
che si fossero trovati a sorvolarci):
così saremmo stati protetti da eventali incursioni missilistiche
e il nostro messaggio sarebbe stato chiaro ed evidente
Il corso del fiume si faceva sempre più tortuoso e fitto di anse
Il viaggio pareva interminabile
A tratti, pareva che il fiume andasse in discesa
e la nave, sbuffando e tremando in tutti i suoi giunti,
doveva arrancare, come in salita, di conseguenza,
non soltanto controcorrente
E, alla fine, arrivavamo a Vienna,
e, benchè ci fosse ancora un po' di navigazione da fare,
già sentivo che la nostra missione era compiuta,
che il nostro canto per l'Europa era stato cantato
sino in fondo
Avremmo salvato l'Europa?
No so!
Ma so per certo che alcune cose si fanno
perchè è giusto così,
senza chiedersi perchè
Poi, mi svegliavo e non potevo più dormire
perchè ripensavo a quel mio cazzo biforcuto
e al fatto che non sarei più stato normale,
con un pene unico e solo, come tutti
Mi sono alzato,
abbandonando la stanza buia e silenziosa
nella quale mi sentivo soffocare
e sono andato via
Avevo qualcosa da scrivere, subito, prima di dimenticare
(Palermo, il 17 agosto 2022)
La seconda parte del sogno - chissà come - mi è stata ispirata dall'ultimo libro di Paolo Rumiz (Canto per l'Europa, Feltrinelli, 2021) che, da molti mesi se ne sta sul mio comodino in attesa di una lettura più vigorosa.
A differenza di altri scritti di viaggio di Rumiz non mi prende, forse perchè è troppo poetico e visionario.
Ma come sottolinea Umberto Eco il contenuto dei libri in modi misteriosi si travasa dentro di noi anche qando non li leggiamo in modo canonico, dall'inizio alla fine.
Giusto la sera prima avevo preso tra le mani il volume, cercando di recuperare il filo interrotto, ma avevo troppo sonno e ho lasciato perdere.
Eppure ciò è stato sufficiente a creare una traccia onirico.. E questo è davvero uno dei misteri del sognare.
(dalla scheda editoriale su IBS) Paolo Rumiz scrive un poema che ricorda le sonorità de La cotogna di Istanbul, ma al tempo stesso, nel richiamare il mito della fondazione del nostro continente, si interroga sulle sue origini, sui suoi valori, sui suoi strappi e sulle sue lacerazioni: in un dittico ideale con Il filo infinito.
«Una cintura di costellazioni ornava le murate della barca come segno d'augurio per il viaggio.»
Una giovane siriana, profuga di guerra, fugge sulla barca a vela di quattro uomini assetati di miti. La ragazza si chiama Evropa. Da quel momento la leggenda della principessa fenicia rapita sulla costa del Libano da Giove trasformatosi in toro si intreccia con gli eventi del Mediterraneo di oggi: emigrazioni, secessioni, conflitti, turismo di massa. Ingravidata in sogno dal re degli dèi, la ragazza riesce a sbarcare in Italia dopo infinite avventure e a dare il suo nome alla Terra del Tramonto, che però non riconosce in una figlia dell'Asia la Grande Capostipite. Dopo il suo drammatico sbarco, Petros, il capitano, continuerà a viaggiare da solo senza più attraccare in nessun porto. Clandestino anche lui, ma libero, fino alla sua misteriosa scomparsa.
Parlavo e parlavo, come se fossi immerso in una seduta di psicoterapia, ma ero io stavolta nella veste di paziente Dicevo: Dottore, questa notte ho fatto un sogno E lui : Sentiamo ... Ho incontrato
Ho sognato che ero alle prese
con un pericoloso omicida seriale
Lo chiamavano Il Friggitore
perché usava calare le sue vittime designate
in un grande calderone pieno di olio bollente
e friggerle sino a trasformarle
in deliziosi manicaretti
Malgrado l’ingombro del calderone
dal quale non si separava mai
il Friggitore era sempre in costante movimento
Si spostava instancabile
da un capo all’altro degli States
Imperversava in lungo e in largo,
lasciando dietro di sé una scia di ossa ben spolpate
Inoltre, si instagrammava e si tictoccava
predicando il suo verbo
e spiegando il suo modus operandi
con dei tutorial
Usava impanare ben bene
i suoi manicaretti
prima della frittura
che era la sua specialità
Gli piaceva mangiarseli ben croccanti
come fossero alette di pollo fritte
o costine di maiale cucinate nella pastella
Le sue prede erano frequentemente
bene in carne
ma talvolta non le disdegnava
se erano magre come stecchi
Talvolta - ahimé - si trattava di bambini di latte
Per variare la sua dieta
gli piaceva anche nutrirsi
occasionalmente di cavallette fritte
e di queste ne mangiava a quattro palmenti
come fossero yummy chips
Di ciascuna vittima umana
conservava sempre
come cimelio il mignolo sinistro
(ovviamente ben fritto)
e ciascun trofeo era accompagnato
da una scheda culinaria
in cui il Friggitore elencava
le delizie che quella particolare frittura
aveva portato al suo fine palato
Un vero incubo di cui non si riusciva a venire a capo,
come il famoso Illinois Enema Bandit
di cui Frank Zappa narrò le gesta
Io ero sulle sue tracce
e mi spostavo da un luogo all’altro
seguendo i resti che si lasciava alle spalle
Ossa rosicchiate,
olio combusto
e prove di acquisti all’ingrosso
di centinaia di litri di olio nuovo per friggere
Non riuscivo mai ad avvicinarmi più di tanto,
né a coglierlo sul fatto,
quel vilain
Potevo soltanto seguirne l’usta,
ma arrivavo sempre a misfatto compiuto,
un pelino troppo tardi
(o una fritturina di troppo)
e il mio era un tragico viaggio,
salutato ogni giorno
da un’alba livida
e dal cielo corruscato
Michael Hubert Kenyon, (born c. 1944 in Elgin, Illinois) also known as the " Illinois Enema Bandit", is an American criminal. He pleaded guilty to a decade-long series of armed robberies of female ...
Svegliozzo, ma senza singhiozzo,
sono stato a lungo a titillarmi il pirillozzo
Forse ho il gozzo
E magari, siccome son gaglioffo,
mi imbarcai su di un ghiozzo
per andare alla ricerca
del mitico bacherozzo
Però alla fine della cerca trovai
soltanto un misero barilozzo
Dovetti accontentarmi
di questo accozzo
e, allisciandomi il cozzo,
sganciai un pirotozzo
Così facendo precipitai
in un profondo pozzo
ritrovandomi sul cranio un bel bozzo
E cosa trovai in fondo a quel pozzo?
Ma un fragrante e caldo maritozzo!
Che mangiai avidamente
intasandomi il cannarozzo
E dell’intera storia ho subito scritto un cotal abbozzo!
Ieri sera, tornato a casa, come di consuetudine, ho indossato le mie comode pantofole
E subito ho sentito un impiccio e come delle piccole punture al piede sinistro
Ero stanco e non ci ho fatto caso più di tanto
Ma avevo pensato anche: “Ma che sia un sassolino?”, interrogativo che è rimasto senza risposta, perché poi non ci ho pensato più
Stamane, al mio risveglio, nell’alzarmi dal letto, ho infilato i piedi nelle pantofole ed ecco che di nuovo mi sono sentito pungere il piede sinistro.., Ma cosa sarà mai? Già, la stessa cosa di ieri… Un attimo che do un’occhiata, mi son detto
E ho preso la pantofola incriminata per ispezionarla
Ho infilato la mano, ho frugato dentro e ecco che ho sentito materializzarsi sotto i polpastrelli uno strano oggetto…
Indecidibile dire cosa fosse al tatto
Di sicuro, ho avvertito delle parti pungenti
L’ho estratto e …
Cos’era?
Ma un elefantino! Perfetto, con tanto di proboscide e di zanne
Un Babar!
Cosa ci faceva l’elefantino nella mia ciabatta?
Forse si era perso e aveva cercato un luogo caldo dove riposare per un po’, prima di proseguire nel suo viaggio
Non saprei proprio dire come fosse finito lì
Mi sono chiesto in quali avventure mirabolanti si fosse imbattuto o quali guai fosse scampato prima di arrivare a me
Ora dovrò, in qualche modo, occuparmi di lui
Dargli da mangiare
Vestirlo
Spazzolarlo
Ricoprirlo di fango per dargli sollievo, quando soffierà lo scirocco
Asciugargli la proboscide che cola muco quando si raffredderà
Ma anche asportare via le sue deiezioni delle dimensioni d'una palla da futball, così come faccio con quelle dei miei cani - per fortuna di dimensioni più modeste
Ma sicuramente potrò dire che mi sono levato un elefantino dalla scarpa!
La morale della storia è che, se ti sentì un sassolino nel tuo calzare, devi subito provvedere a rimuoverlo. Se non lo fai, potrebbe diventare qualcosa ben più grande e grosso di una semplice pietruzza che - peraltro - da sola potrebbe causare molto danno, tramutandosi in montagna impervia e petrosa.
Ma, in alcuni altri casi, il sassolino può essere qualcosa d’altro che spalanca le porte della meraviglia.
E, tornando a bomba a questo mio sassolino nella ciabatta, sono certo di poter dire che m'è accaduta una cosa molto speciale e che non a tutti capita nella propria vita di vedere un sassolino trasformarsi nella meraviglia d’un fiabesco elefante!
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.