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20 luglio 2022 3 20 /07 /luglio /2022 07:16

Scritto alcuni anni fa su Facebook e mai pubblicato qui nel blog. Un ripescaggio che ripropongo con qualche perfezionamento.

Il Libro illeggibile MN 1 (riprodotto in alto) è stato progettato da Bruno Munari per la Casa editrice Corraini nel 1984 e, nell’immediata profondità dei suoi colori, è ora arrivato alla sua settima edizione.

Il Libro illeggibile MN 1 (riprodotto in alto) è stato progettato da Bruno Munari per la Casa editrice Corraini nel 1984 e, nell’immediata profondità dei suoi colori, è ora arrivato alla sua settima edizione.

Esistono libri "illegibili" oppure siamo noi lettori transitoriamente incompatibili con un certo libro?

Lo spunto per pormi un simile interrogativo viene da una piccola nota che ho rinvenuto postata su Facebook, questa mattina.

Marco Pomilio, Il Cane sull'Etna, Rusconi

Dice, infatti, una Elena Cifali (runner, lettrice e mio contatto su FB): Il cane sull'Etna (1978) di Marco Pomilio  [che, nato ad Orsogna il 14 gennaio 1921  e morto a Napoli il 3 aprile 1990, è stato scrittore, saggista e giornalista] raccoglie cinque racconti che, in un primo momento, avrebbero dovuto essere inseriti in un romanzo organico. Dei cinque non sono riuscita a leggerne più di due.
Il libro non mi è piaciuto e interromperne la lettura l’ho trovato indispensabile.
Non mi ha appassionato, il linguaggio ricercato fa piacere e arricchisce, ma l’esagerazione nella ricerca dei termini e dei sinonimi mi risulta estenuante.
Troppo caldo e troppa poca concentrazione per poterne godere.
Al momento mi accontento di riporlo nello scaffale tra gli “illeggibili”.
Pazienza, ogni tanto capita anche a me di non riuscire a portare a termine un’opera!

L'idea che in una biblioteca personale possa esserci uno scaffale dedicato ai libri "illegibili" è stimolante, per alcuni versi: ma, nello stesso tempo, evoca l'idea che vi possa essere una sorta di ghetto dei libri, dove stanno quei volumi condannati alla condizione di "illegibilità" (o etichettati tali).

Un Aganteo Volloca (altro mio contatto su FB, nome fake, che è in realtà, l'anagramma del vero nome e cognome), leggendo la nota di Elena Cifali, ha soggiunto: Il reparto "illeggibili", se posso permettermi, ha un che di provvisorio; il mio è ben dotato ma, di tanto in tanto, qualcuno di questi libri in quarantena mi chiama e ... puff! scopro che nel frattempo è diventato un altro libro.

Ecco una profonda verità! Un libro può essere molti libri, presentarsi a noi con molti volti diversi, o meglio offrirci di sè solo quelle caratteristiche che, in un certo momento storico possiamo vedere, quelle e non altre.

Un libro non è mai illeggibile al 100%, bensì sei tu lettore che, in quel momento e in quelle circostanze, non lo puoi leggere. Al libro che, ad un primo tentativo di lettura, è parso "illeggibile", occorre fare ritorno. Occorre lascialo a sedimentare nella quiete dello scaffale su cui è stato riposto, ma anche ogni tanto occorre sfogliarlo, leggere qualche paragrafo qua e là, annusarlo, soppesarlo. Con il libro non ancora letto in modo completo perchè reputato "illegibile" dovrebbe attivarsi una schermaglia, un gioco in punta di fioretto, in attesa di tempi migliori.

I libri "illeggibili" possono essere una sfida con il lettore, perchè lo sottopongono ad un cimento, con il loro essere "challenging"!

A volte sono loro che ti chiamano e ammiccano, forse non cessano mai di farlo: i libri riposti attendono il momento in cui potranno prendere vita nella mente del lettore, introducendolo a cose ancora mai viste.

Mi è capitato diverse volte di poter leggere con fluidità e grandissimo interesse un'opera che, a un primo approccio, mi era parsa ostico.

La sfida, inoltre, è anche saper trarre delle cose buone da qualcosa che, in sé, di primo acchitto, ti pare cattiva.

Ma è anche ovvio che, nel mare magnum di ciò che viene continuamente sfornato dalle case editrici che, per motivi di gestione, devono continuamente produrre nuovi libri, anche se poi non li vendono (per destinarli poi al macero oppure al circuito delle vendite sottocosto), non è tutto oro ciò che viene pubblicato: qualche volta - o spesso - capita che vengano pubblicate cose che meriterebero piuttosto di essere scartate ancora in bozza, prima che dalla loro incubazione vengano fuori farfalle incapaci di volare. Specialmente oggi, quando tutti, incoraggiati dall'uso dei social si ritrovano all'improvviso con la vocazione dello scrittore...).

Ma, parlando di produzioni letterarie che siano mediamente di buona fattura, può anche capitare che vi debba essere una totale incompatibilità tra lettore e singolo libro.

A volte ciò succede perchè le "soglie" del testo ci traggono in inganno, promettendoci cose mirabolanti, oppure stimolando la nostra curiosità e le nostre voglie,  oppure perchè la visione del mondo dello scrittore è radicalmente differente dalla nostra, oppure perchè si tratta di elucubrazioni mentali e di controcimenti intellettuali che non hanno nulla da insegnarci: insomma, cose così.

Ma anche in questo caso: il libro che ti capita tra le mani e che abbiamo acquistato decisi a farlo nostro, deve essere comunque letto oppure anche se non letto integralmente almeno "saggiato".

Magari non una lettura approfondita: soltanto una lettura rapida, in croce, scorrendo le pagine velocemente con gli occhi, lasciando che la nostra attenzione venga catturata da singole parole e da frasi isolate qua e là e raccolte come acini d'uva da un grappolo ancora acerbo.

Ancora, leggendo, se ci sono, le soglie al testo, epigrafi, dediche, prefazioni, introduzioni, postfazioni e la pagina dei ringraziamenti che sempre ha tanto da insegnarci sullo scrittore e sulle sue piccole - o grandi - idiosincrasie.

E, detto tra noi, spesso, un libro che non ci è piaciuto, rimane più impresso nella nostra mente di uno che ci è piaciuto e che ci ha fatto andare letteralmente in estasi.

Quello che ho imparato scrivendo recensioni per libri e per romanzi, è che anzichè lanciarsi in una selvaggia critica destruente, bisogna sempre valorizzare le cose che ti sono piaciute, che hanno arricchito le proprie conoscenze, che hanno stimolato a pensare sia pure in direzioni divergenti da quelle praticate dall'autore, e soltanto dopo esporre le critiche, senza però cadere nei luoghi comuni della critica formale.

Per completezza, il libro cui la nostra Elena Cifali si riferisce è Il Cane sull'Etna. Frammenti di una enciclopedia del dissesto (Rusconi, Milano, 1978), di cui - secondo notize raccolte da internet, è stata pubblicata - postuma - un'edizione aggiornata ed ampliata nel 2014.

 

I libri "illegibili" per antonomasia sono piuttosto quelli "inventati" con piglio provocatorio e dissacrante da Bruno Munari: e sono quelli che tendono ad una rinuncia della scrittura testuale e che dovrebbero sollecitare il lettore ad altre modalità di approccio al libro, in quanto "oggetto", tra le quali venga valorizzato soprattutto quella "estetica".
Nel 1949 Munari progettò per la prima volta una serie di “libri illeggibili”, in base a questo assunto. Non più semplicemente supporto per il testo, la carta comunica un messaggio attraverso il formato, il colore, i tagli e la loro alternanza. Si omettono gli elementi che costituiscono il libro tradizionale, come il colophon e il frontespizio, e la lettura diventa lo svolgersi cadenzato di una composizione musicale, con timbri sempre diversi nell’alternarsi delle pagine.
Nel segno della rarefazione visiva e della sperimentazione dei materiali, la produzione di “libri illeggibili” continua per Munari lungo tutto l’arco della propria vita. Nel 1955 alcuni libri "illeggibili" furono esposti al MoMA di New York, nella cui Design Collection ne sono tuttora conservati 9 esemplari.

Il Libro illeggibile MN 1 (riprodotto in alto) è stato progettato da Bruno Munari per la Casa editrice Corraini nel 1984 e, nell’immediata profondità dei suoi colori, è ora arrivato alla sua settima edizione.

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18 luglio 2022 1 18 /07 /luglio /2022 11:54
L'ultimo volo di Sylvain Estibal

(16 luglio 2015) L'ultimo volo (titolo originale: Le dernier vol de Lancaster, trad. di Orietta Mori), scritto dal francese Sylvain Estibal e pubblicato in Italia da Ponte alle Grazie (2004), racconta la storia di Bill Lancaster (nato il 14 febbraio 1898, a Birmingham, e deceduto nel Deserto del Sahara il 20 aprile del 1933), ex-Ufficiale della RAF, e pioniere dell'aviazione civile, uno di quelli che furono poi definiti "i temerari sulle macchine volanti". Nel volume viene proposta in forma di memoir narrativo il diario di Bill Lancaster, quando agonizzante attende nel pieno del deserto del Sahara dei soccorsi che mai arriveranno.
Questo volume l'ho acquistato tempo addietro in un remainder e, finalmente, una volta che nel rimescolamento degli strati archeologici della mia libreria di casa, è venuto alla luce, non ho resistito alla tentazione di leggerlo. Ed é stata una lettura davvero emozionante.
Come dicevo, Bill Lancaster fu un pioniere dell'aviazione e durante la guerra fu arruolato nella RAF. Successivamente, compì delle imprese ragguardevoli tra le quali la traversata in coppia (con la fidanzata Chubbie Miller) da Londra all'Australia.
Dopo di esse, si ritrovò al centro di una vicenda di cronaca nera, quando fu implicato nell'omicidio di un giornalista che, un po' pesantemente, aveva corteggiato la sua Chubby. Al termine del procedimento penale, tuttavia, da che era stato considerato come il principale indiziato venne dichiarato innocente, ma ciò nonostante la stima di cui godeva sino a prima del fatto venne ad essere pesantemente intaccata.
Decise, nel 1933, di acquistare un aereo - con il supporto dei suoi familiari - e di partire alla ricerca di un nuovo record: la trasvolata da Londra a Città del Capo nel tempo più breve.
Poco dopo la sosta ad Orano (Algera) dove si presentò con un certo ritardo rispetto alla tabella di marcia, avendo ripreso il volo - forse affrettatamente e senza aver fatto tutti i dovuti controlli, qualcosa andò storto e di lui si persero le tracce.
Vennero intraprese delle azioni di soccorso e di recupero, ma non con la dovuta tempestività, forse. In parte perchè le sue tracce si erano perse durante l'attraversamento di una delle zone più inospitali del Sahara (il deserto del Tanezroufts), ma anche perchè il suo nome a causa del precedente giudiziario non era ben visto. E, per lo stesso motivo, la fidanzata, dopo aver bussato a molte porte, non riuscì ad ottenere che uno solo sponsor, dei molti operanti già allora nel campo delle aziende produttrici di aeroplani, le affidasse un aereo per volare alla sua ricerca: una ricerca che, comunque, senza alcuna indicazione sulla posizione dell’atterraggio di fortuna - anche solo approssimativa -, sarebbe stata difficilissima e di esito incerto, se non impossibile come quella di un ago in un pagliaio.
Solo 30 anni dopo, un drappello di militari meharisti francesi, in ricognizione, in quella zona desertica, rilevó in distanza un punto nero che, ad un sopralluogo ravvicinato, fu identificato proprio come la carcassa di un aereo di vecchia costruzione. Accanto all'ombra di un ala ridotta ad una mera intelaiatura, giaceva il corpo mummificato di Bill Lancaster. Appeso all'ala, inoltre, venne rinvenuto un involto nel quale era contenuto il diario, puntualmente tenuto da Lancaster, nel quale egli aveva annotato tutti i momenti della sua lenta agonia, durata ben otto giorni, dai momenti iniziali in cui grande era ancora la speranza di essere tratto in salvo, agli ultimi giorni in cui dominavano lo sconforto e la disperazione, quando i segni della disidratazione si andavano facendo sempre più evidenti ed incalzanti.
Il libro, costruito come un memoir-collàge,  si basa su proprio su quei diari che, dopo gli esami medico legali, vennero pubblicati integralmente. Ad ogni nota diaristica fanno da contrappunto articoli di giornale, lettere scritte da Chubbie Miller illustranti i suoi disperati tentativi di ottrenere un aereo per partire alla ricerca del suo amato, altre missive scritte da un ufficiale fracese meharista di stanza in un avamposto francese, non distante dal lugo dell'incidente.
E' una lettura struggente che parla di una caparbia lotta per la sopravvivenza sino all'accettazione del fatto ineludibile di dover soccombere, lasciando tuttavia una traccia indelebile della propria lotta.
Seguiamo la sua agonia giorno per giorno e, in contemporanea, l'autore con licenza letteraria, ma con aderenza ai fatti storici ricostruisce lo scenario nel mondo circostanze, le ricerche che non furono mai condotte con vera determinazione, la storia d'amore tra Chubbie Miller e il pilota britannica sino allo sfortunato evento giudiziario che gettò un'ombra su di lui e creò uno stigma dal quale dipese in gran parte la tepidezza dei soccorsi.
Il corpo mummificato di Bill Lancaster venne ritrovato a distanza di 30 anni dall'incidente fatale (nel 1962) da una pattuglia francese in perlustrazione nel micidiale deserto del Tanezfouts, accanto alla carcassa del suo aereo e, appeso a ciò che restava di una delle ali, in un involto accuratamente racchiuso, il diario dei suoi ultimi giorni.
Una storia tragica, che è anche una palpitante storia d'amore.
Le deroghe alla storia reale sono poche e servono soltanto ad accrescere il pathos della vicenda, soprattutto quando Sylvain Estibal immagina che Chubbie sia riuscita ad ottenere un aereo scalcagnato e che giunga direttamente sul posto per tentare di portare le richerche da sola: ed è anche frutto di fantasia l'estremo tentativo di Chubbie di andare ala ricerca del suo Bill a dorso di cammello, perlustrando il deserto con l'aiuto del meharista Chauvet invaghitosi di lei.
La verità assoluta è nei diari di Bill Lancaster che furono pubblicati integralmente poco dopo il loro rinvenimento da Paris Match e, successivamente, nella biografia su di lui, scritta da Ralph Barker.
Del pari reali sono certi articoli di giornali, il cui testo viene riportato, mentre tutto il resto lettere ed epistolari di vario genere sono frutto interamente della fantasia dell'autore, per quanto assolutamente verosimili e coerenti con la vigenti.
La narrazione procede con la scansione temporale dei diari e, ogni giorno trascorso nel deserto, costituisce un capitolo: ogni capitolo presenta in epigrafe delle strofe struggenti tratte da canti tuareg.
(Dal risguardo di copertina) Nel febbraio 1962, in pieno Sahara algerino, una squadra dell'esercito francese scopre la carcassa di un aereo da turismo precipitato nel 1933 e mai ritrovato. Il pilota Bill Lancaster era partito da Lympne, in Inghilterra, diretto a Città del Capo, per tentare di battere il record di volo, stabilito su quel percorso. Appena diffusa la notizia dell'incidente, inizia una corsa contro il tempo che ha per protagonista la fidanzata di Lancaster, anche essa aviatrice, immediatamente partita per le ricerche e lo stesso pilota, attraverso le pagine del suo diario. Un libro d'avventura e d'amore, ma soprattutto un'ode al deserto, amato e odiato, che affascina e disorienta cambiando per sempre le vite di coloro che lo affrontano.



Bill Lancaster, ex-Ufficiale della RAF, pioniere dell'aviazione
Data di nascita: 14 febbraio 1898, Birmingham, Regno Unito
Data di morte: 20 aprile 1933, Deserto del Sahara

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13 luglio 2022 3 13 /07 /luglio /2022 20:00
Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo)

(21 marzo 2022) Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo), scritto a quattro mani da Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi (Nero, 2021) è un testo polimorfo sulla pandemia e sull'ambiente, sul suo degrado, sulle utopie della ecofriendlyness e di altri temi correlati che mi è piaciuto sin da subito, mi ha catturato - direi.

E' stata una lettura complessa, intrigante, a tratti difficile, ma capace di dare ai lettori vertiginose aperture su questioni attualissime e scottanti, dagli scenari pandemici, alle crisi energetiche, all'esaurimento delle risorse, alla retorica della green economy.
Ogni affermazione riportata è documentatissima e non manca alla fine del libro un ampio repertorio bibliografico che per i lettori che vogliano accedere direttamente alle fonti menzionate + una vera e propria miniera. Lo si può considerare una lucida narrazione del disastro prossimo venturo.

Questo scrivono i due autori nella loro premessa:


"Questo libro è una creatura strana. Nasce da una newsletter, 'MEDUSA - Storie dalla fine del mondo', che abbiamo iniziato qualche anno fa, scrivendo ogni due settimane di natura e società, letteratura e ambiente.
Ci sembrava che in Italia, nel nostro panorama culturale, si parlasse troppo poco di crisi ecologica e climatica e che, quando se ne parlava, se ne parlava ricorrendo al linguaggio tecnico, o prescrittivo, oppure ancora  in termini spesso riduttivi. Il numero zero di MEDUSA è dell'ottobre 2017. Da allora è cambiato il mondo; Com'è ovvio, è cambiata anche la sua fine, e le storie della fine. Mentre scrivevamo, abbiamo assistito alla più grande protesta ambientalista di sempre e alla prima pandemia del secolo. Nel frattempo la newsletter ha raccolto una comunità di lettori attenti che ci ha portato a conoscere libri e persone, e ci ha spinto più di una volta a cambiare idea sulle cose.
Dopo quasi cento numeri, ci è sembrato finalmente chiaro che tutto quello che avevamo scritto su questi temi - per MEDUSA e per altri libri e riviste - fosse connesso in un racconto più ampio, una storia che abbiamo provato a ricomporre, e poi completare, qui dentro.
Anche per questo, abbiamo scelto di unire le nostre due scritture in una sola voce e di usare la prima persona singolare: da qui in poi, siamo un io.
" (p. 7)


(Seconda di copertina) I roghi, le alluvioni, l'aria intossicata, le estinzioni di massa, la pandemia. L'emergenza climatica ci sta abituando a disastri ecologici che sono sintomi di una catastrofe già in atto. Mentre l'universo politico discute di green economy e capitalismo sostenibile occorre iniziare a misurarsi con dubbi finora impensabili: siamo davvero sull'orlo dell'estinzione? Com'è possibile sopravvivere su un pianeta che sta esaurendo le sue risorse? Quali legami si possono ancora tessere nel pieno di uno stravolgimento che non è solo ambientale, ma anche filosofico, sociale e morale? Nato dall'omonima newsletter bisettimanale che in quattro anni ha raccolto migliaia di iscritti, "Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo)" è un viaggio che dalla cima del Pirellone vi porterà alla Gola di Xiling, e poi ancora lungo le rive del Mississippi e nelle grotte di Tora Bora, nel verde amazzonico e nel petrolio nigeriano, tentando l'ultimo rito che resta di fronte al disastro: raccontarlo.

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13 luglio 2022 3 13 /07 /luglio /2022 10:53

Una mia piccola recensione risalente al 2014 e pubblicata solo nel mio profilo Facebook, scritta tuttavia a distanza di molti anni dopo aver visto il film (e, probabilmente, solo quando ebbi finito di leggere il romanzo breve omonimo).

Il Nascondiglio (Pupi Avati, 2007), locandina film

Nel 2007 ebbi occasione di vedere un bel film diretto da Pupi Avati, Il Nascondiglio, con Laura Morante nella parte dell'interprete principale diretto dallo stesso Pupi Avati. Qualche anno dopo, nel 2014, ho finalmente letto il romanzo breve, scritto dallo stesso Avati e uscito nelle librerie pure nel 2007: un classico caso, per me di libri acquistati alla loro prima comparsa in libreria e poi letti a distanza di anni, se non di decenni. In quessta circostanza, nel dilazionarne la lettura, vi fu in me il desiderio di stemperare, quanto più fosse possibile, il vivo ricordo delle sequenze cinematografiche e quindi quello di potermi approcciare al testo scritto, quasi fosse un novum.
Del film si può leggere una trama doviziosa in wikipedia:
Parlare del film o del libro è quasi la stessa cosa, poiché dal punto di vista del contenuto sono pressoché identici. Del libro, edito da Mondadori (Piccola Biblioteca Mondadori), attualmente in rete ve ne sono scarse tracce (se non su Amazon dove lo si può acquistare di seconda mano). Come se fosse scomparso. Mi chiedo perchè. Anche l'inizio della carriera di Pupi Avati come scrittore nelle note biografiche attualmente rinvenibili in rete, è posticipata ad anni successivi. Forse perchè, il Nascondiglio altro non è che un canovaccio della sceneggiatura, risistemato come una prova narrativa.
Ma, in effetti, andando a guardare la nota biografica su Pupi Avati in Wikipedia, il romanzo breve in questione è menzionato nell'elenco delle sue opere letterarie. Dilemma risolto.
Quella narrata nel libro e nel film è una storia che si sviluppa secondo diverse possibilità a partire dal tema della casa "stregata" o abitata da presenze oscure: una casa che nasconde atroci misteri e che "parla" alla protagonista, che vi si è insediata a vivere, attraverso le condutture del sistema di aereazione.
Gli snodi possibili sono diversi: potrebbe trattarsi di fantasmi, di presenze occulte, oppure di allucinazioni e del delirio della protagonista, ma nella piccola cittadina di Davenport Dove si trova ubicata l'antica casa c'è molta omertà relativamente ad un fatto di sangue, accaduto anni prima proprio in quella cupa dimora. E nello stesso tempo ci sono degli scheletri nell'armadio della protagonista, legati al suicidio del marito di cui lei si sente responsabile, e che ora è sepolto proprio in questa cittadina del Midwest.
Solo alla fine il mistero si chiarirà, ma tutto riprecipiterà nell'oblio determinato dall'omertà e dalla volontà di coprire le responsabilità di chi in origine diede vita a tutto.
Il romanzo breve e scorrevole si legge bene, ma la cosa più interessante è la nota di chiusura in cui Pupi Avanti racconta la genesi dell'idea, partire dalla scoperta di un luogo realmente esistente che ebbe modo di visitare negli Stati Uniti durante le riprese degli esterni di un altro suo film ad ambientazione statunitense sulla vita del famoso cornettista jazz Bix Beiderbecke (lavoro che porto avanti assieme al fratello e che poi si trasformo anche in un bel libro edito da Frassinelli, Bix): si tratta del luogo che ispira la lugubre "Snakes Hall". Questa scoperta fu seguita poi da una serie di curiose coincidenze che l'hanno portato a scoprire una storia realmente accaduta che poi l'avrebbe ispirato.

 

Pupi Avati - quarta di copertina del romanzo "Il nascondiglio", edito da Mondadori (2007)

L'autore. Pupi Avati inizia la sua carriera artistica nel jazz come clarinettista, fa parte infatti della Reno Jazz Gang con cui incide anche qualche disco, gruppo che abbandona dopo l'ingresso nella band di Lucio Dalla con cui rimane grandissimo amico e che collaborerà a vari film di Avati. Lavora poi per quattro anni alla Findus surgelati, anni che considera i peggiori della sua vita.
Intraprende poi la via del cinema e riesce a collaborare alla sceneggiatura di Salò e le 120 giornate di Sodoma di Pasolini. Come regista gira alcuni horror tra cui nel 1976 La casa delle finestre che ridono.
L'anno successivo esce Bordella, una commedia che ha tra gli interpreti un giovanissimo Christian De Sica. Da ricordare anche la regia televisiva di uno speciale dedicato ai Pooh.
Inizia poi a girare una serie di successi: da Una gita scolastica a Impiegati a Regalo di Natale. Regie televisive e cinematografiche si alternano, così come la scrittura di libri tratti dai suoi stessi film.
Tra i suoi libri ricordiamo: Gli amici del bar Margherita (2009), Una sconfinata giovinezza (2010), Il ragazzo in soffitta (2015).

Il nascondiglio. Libro e film di Pupi Avati, propongono una rivisitazione del tema gotico della haunted house
Il nascondiglio. Libro e film di Pupi Avati, propongono una rivisitazione del tema gotico della haunted house
Il nascondiglio. Libro e film di Pupi Avati, propongono una rivisitazione del tema gotico della haunted house
Il nascondiglio. Libro e film di Pupi Avati, propongono una rivisitazione del tema gotico della haunted house
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4 luglio 2022 1 04 /07 /luglio /2022 06:43
L'ultima missione di Gwendy

L'ultima missione di Gwendy (titolo originale: Gwendy's Final Task, nella traduzione di Luca Briasco), scritto a quattro mani da Stephen King e Richard Chizmar e edito neel 2022 da Sperling&Kupfer (Collana Pandora), é il terzo ed ultimo volume della saga di Gwendy, facendo seguito a "La scatola dei bottoni di Gwendy" e a "La piuma magica di Gwendy".
Gwendy è stata nominata custode della magica "scatola dei bottoni" da un certo (e misterioso) Mr Farris, per la prima volta quando aveva appena dieci anni e, successivamente, quando già si affacciava ad una carriera di scrittrice di successo.
La scatola dei bottoni regola in qualche modo il destino del mondo: premere i suoi diversi bottoni (di colore differente, uno per ciascun continente) puoi causare in parti diverse del mondo disastri e tragedie immani (che - chi sa come - accadono in base alle visualizzazioni di colui che preme il bottone). Ma vi è anche un bottone, quello rosso, che potrebbe realizzare i desideri più malvagi di colui che lo preme, mentre quello nero, se pressato, potrebbe causare la distruzione della Terra e forse perfino dell'intero Universo.
In qualche modo perverso, la scatola dei bottoni è uno strumento che potrebbe assecondare i desideri di colui che la ha in custodia.
La scatola, inoltre esercita, un potere su chi la tiene con sé e, sottilmente, potrebbe condurlo a premere il bottone sbagliato.
Ma, nello stesso tempo, è dotata di due dispositivi per alleviare la tensione del suo custode e per gratificarlo.
Si tratta di due levette: premendo una di esse esce dalla scatola un cassettino che dispensa un cioccolatino buonissimo con le fattezze di un animale via via diverso, mentre azionando l'altra si ottiene un dollaro d'argento di antico conio.
Farris di tanto in tanto ha bisogno di reclutare un aiutante, quando il peso di tenere con sé la scatola dei bottoni si fa per lui eccessivo. E' così che Gwendy viene reclutata la prima volta, perchè egli - dopo averla a lungo osservata - ritiene che - malgrado la giovane età - abbia la saggezza necessaria per poterla gestire.
Ora che Gwendy ha raggiunto quasi i 65 anni (siamo nel 2026) ed è senatrice al congresso degli USA, Farris si manifesta nuovamente, per la terza volta. E' vecchio e stanco, deperito. E affida a Gwendy per la terza volta il pericoloso oggetto, dicendole che i custodi precedenti sono tutti morti, poichè la scatola aveva assunto troppo potere nei loro confronti, inducendoli a fare delle cose che non avrebbero dovuto (premendo i bottoni che non andrebbero mai toccati). Le dice anche che qualcosa è cambiato e che delle forze contrarie vogliono impadronirisi della scatola per alterare l'equilibrio dell'Universo.
Gwendy, controvoglia, viene ingaggiata per la sua ultima missione: in fondo, sente il forte richiamo del dovere, malgrado il peso di aver tenuto la scatola dei bottoni, la prima volta, per ben dieci anni di seguito. Ma forse, proprio per questo, Farris si è rivolto a lei.
Si tratta di portare la scatola dei bottoni nello spazio e distruggerla irrevocabilmente.
E qui comincia il racconto di quest'ultimo capitolo della saga di Gwendy.
La sua partecipazione, da civile, all'impresa spaziale si alterna al racconto della sua vita precedente sino al terzo incontro con Farris.
La sua impresa non sarà semplice, anche perchè Gwendy deve combattere con i sintomi incipienti di un Alzheimer che possono essere soltanto temporaneamente rallentati dai cioccolatini magici dispensati dalla scatola (non sempre, però, soltanto quando la scatola lo decide) ed anche con forze oscure che si oppongono alla sua missione.
Non dico altro, per non rovinare il piacere della lettura, ma come sempre nelle narrazioni kinghiane la parte fascinosa è l'affabulazione, la capacità di tessere storie che si agganciano alla trama principale.
In ogni caso, qui, riemergono molteplici temi di Stephen King, l'universo di Derry e quello di Castle Rock (due cittadine immaginarie del Maine) dove sono ambientate molte sue storie, ma anche quello dei malefici uomini in giallo (che - se non ricordo male - compaiono in "Cuori in Atlantide": "The low men in yellow coats") e gli elementi della saga della Torre Nera e del Re Rosso che costantemente attenta all'equilibrio dei mondi: insomma, per quanto in maniera sintetica, si dispiega nella narrazione tutta la cosmogonia kinghiana. E da questo punto di vista, essendo in gioco i massimi sistemi coinvolti nell'eterna lotta tra il Bene e il male, il mantenimento dell'equilibrio dell'intero Universo è pur sempre transitoria, poichè è prevedibile che possano esservi altri - e più subdoli - attacchi alla sua integrità.
Devo dire che le immagini finali del romanzo (non le descriverò) sono bellissime e commoventi e che mi è dispiaciuto commiatarmi da Gwendy, così come mi è accaduto con la scomparsa di scena del protagonista di "Elevation", uno dei più recenti (e brillanti) romanzi brevi di Stephen King.
Questa trilogia (soprattutto i suoi due primi capitoli) mi ha accompagnato nei primi due anni della pandemia.
Ah! Aggiungo qui che, nella narrativa di King e Chizmar, anche la attuale pandemia sarebbe stata causata da uno dei custodi "deboli" della scatola che avrebbe premuto sconsideratamente il tasto con il colore dell'Asia.
Il presente volume - come i due precedenti della "saga di Gwendy" - sono abbelliti da numerose illustrazioni. In questo caso quelle di Bob Baldwin e di Keith Minnion.

 

(Risguardo di copertina) Gwendy Peterson è tornata, e l'esito della battaglia tra Bene e Male è nelle sue mani.
Quando Gwendy Peterson aveva dodici anni, uno sconosciuto chiamato Richard Farris le consegnò una misteriosa scatola di mogano, da custodire con cura. Quell'oggetto dispensava dolcetti e vecchie monete, ma era molto pericoloso: premere uno dei suoi sette bottoni colorati poteva portare morte e distruzione. La scatola dei bottoni è ricomparsa a più riprese nella vita di Gwendy: diventata una scrittrice di successo e una figura politica in ascesa, ha dovuto di nuovo fare i conti con la tentazione costituita da quell'oggetto inquietante. Ora è il 2026, Gwendy Peterson ha sessantaquattro anni e a breve sarà il primo senatore in carica degli Stati Uniti a viaggiare su un razzo fino a una stazione spaziale. Il suo incarico, sulla carta, consiste nel monitoraggio climatico. Ma a nessuno sfugge la valigetta bianca con sopra la scritta materiale top secret che tiene ben stretta a sé. Il vero motivo del suo viaggio è lì dentro: una scatola di mogano che, ancora una volta, Gwendy deve proteggere a ogni costo dalle oscure forze del male che cercano di impossessarsene. È giunto il momento di portare a compimento la sua missione più importante e più segreta: salvare il mondo. E, forse, tutti i mondi possibili.
Stephen King e Richard Chizmar firmano l'atto finale della trilogia iniziata con La scatola dei bottoni di Gwendy e La piuma magica di Gwendy, un'avventura che tocca alcuni dei luoghi più iconici dell'immaginario kinghiano, da Castle Rock a Derry, e ne espande i confini oltre il pianeta terra.

 

Gli autori

Stephen King

Stephen King è autore di romanzi e racconti best seller che attingono ai filoni dell’orrore, del fantastico e della fantascienza, ed è considerato un maestro nel trasformare le normali situazioni conflittuali della vita – rivalità fra coetanei, tensioni e infedeltà coniugali – in momenti di terrore. Quando è ancora piccolo, sua madre deve far fronte a grandi difficoltà, perché il padre uscito di casa per fare una passeggiata non fa più ritorno. Nel 1962 inizia a frequentare la Lisbon High School e comincia a spedire i suoi racconti a vari editori di riviste, senza però alcun successo concreto. Conclusi gli studi superiori entra all'Università del Maine ad Orono, dove gestisce per un paio d'anni una rubrica all'interno del giornale universitario. Nel 1967 termina un primo racconto breve a cui fa seguito, qualche mese dopo, il romanzo La lunga marcia che riceve giudizi lusinghieri. Sottopone Carrie alla casa editrice Doubleday e ottiene un assegno di 2500 dollari come anticipo per la pubblicazione del romanzo.
A maggio arriva la notizia che la Doubleday ha venduto i diritti dell'opera alla New American Library per 400.000 dollari, metà dei quali spettano di diritto all'autore. Così, a ventisei anni, Stephen King lascia l'insegnamento per dedicarsi alla professione di scrittore. Da quel momento la sua carriera non avrà più interruzioni. Nel 1971 si sposerà con Tabitha, conosciuta due anni prima lavorando nella biblioteca dell'Università. Con un'operazione innovativa, il 14 marzo 2000 diffonderà esclusivamente su Internet il racconto Riding the Bullet. Nell'autunno dello stesso anno pubblicherà On writing: autobiografia di un mestiere, un'autobiografia e una serie di riflessioni su come nasca la scrittura. Tra i suoi libri più noti si ricordano Shining (1976; il film, del 1980, venne diretto da Stanley Kubrick); La zona morta (1979; versione cinematografica del 1983, per la regia di David Cronenberg); Christine la macchina infernale (1983; il film, dello stesso anno, è di John Carpenter); It (1986, il film è del 1990); Misery (1987; noto in Italia con il titolo Misery non deve morire, la pellicola è stata realizzata da Rob Reiner nel 1990), Mr Mercedes (2014). Tra gli altri ricordiamo: Cuori in Atlantide (2000), La casa del buio (2002), Notte buia, niente stelle (2010), Chi perde paga (2015), Fine turno (2016), The Outsider (2018), Elevation (2019), L'istituto (2019) e Later (2021). È del 2016 la nuova edizione aggiornata di Danse macabre, pubblicato da Frassinelli con l'introduzione e cura di Giovanni Arduino. A Stephen King è stata assegnata nel 2003 la National Book Foundation Medal per il contributo alal letteratura americana, e nel 2007 l'Associazione Mystery Writers of America gli ha conferito il Grand Master Award.

Richard Chizmar

 

Richard Chizmar è editore della casa editrice Cemetery Dance e redattore dell'omonima rivista, specializzata in particolare nel genere horror. Oltre a scrivere racconti, sceneggiature e a insegnare scrittura creativa, collabora da tempo con Stephen King ad alcune edizioni speciali dei suoi libri. Nel 2018 Sperling & Kupfer ha pubblicato il breve romanzo La scatola dei bottoni di Gwendy, scritto a quattro mani con Stephen King. Nel 2020 esce La piuma magica di Gwendy (Sperling & Kupfer).

La scatola dei bottoni di Gwendy

(risguardo di copertina) Gwendy Peterson ha dodici anni e vive a Castle Rock, una cittadina piccola e timorata di Dio. È cicciottella e per questo vittima del bullo della scuola, che è riuscito a farla prendere in giro da metà dei compagni. Per sfuggire alla persecuzione, Gwendy corre tutte le mattine sulla Scala del Suicidio (un promontorio sopraelevato che prende il nome da un tragico evento avvenuto anni prima), a costo di arrivare in cima senza fiato. Ha un piano per l'estate: correre tanto da diventare così magra che l'odioso stronzetto non le darà più fastidio. Un giorno, mentre boccheggia per riprendere il respiro, Gwendy è sorpresa da una presenza inaspettata: un singolare uomo in nero. Alto, gli occhi azzurri, un lungo pastrano che fa a pugni con la temperatura canicolare, l'uomo si presenta educatamente: è Mr. Farris, e la osserva da un pezzo. Come tutti i bambini, Gwendy si è sentita mille volte dire di non dare confidenza agli sconosciuti, ma questo sembra davvero speciale, dolce e convincente. E ha un regalo per lei, che è una ragazza tanto coscienziosa e responsabile. Una scatola, la sua scatola. Un bell'oggetto di mogano antico e solido, coperto da una serie di bottoni colorati. Che cosa ottenere premendoli dipende solo da Gwendy. Nel bene e nel male.

«Gwendy ci sta a cuore. A dire il vero, io in un certo senso me ne sono innamorato, e mi fa davvero piacere che sia tornata per una nuova avventura»

Stephen King

La piuma magica di Gwendy

(dal risguardo di copertina) Dopo il successo della Scatola dei bottoni di Gwendy, scritto a quattro mani con Stephen King, Richard Chizmar ci riporta a Castle Rock – patria d'elezione dell'immaginario kinghiano – per raccontarne il seguito. Una storia mozzafiato che ci interroga sul peso del fato e delle nostre decisioni, e sul prezzo che dobbiamo pagare per quelle stesse scelte quando ci portano a realizzare i nostri desideri più profondi.

Bentornati nella città degli incubi. Dopo una bufera di neve, la piccola città di Castle Rock si risveglia all'improvviso dal suo torpore: due adolescenti sono scomparse nel nulla. Lo sceriffo e la sua squadra danno subito il via alle ricerche, in una drammatica corsa contro il tempo. A Washington, Gwendy Peterson ha iniziato una nuova vita, conquistando la fama come scrittrice e come politica. Si è lasciata alle spalle l'infanzia trascorsa a Castle Rock e il ricordo dell'estate in cui un uomo misterioso le aveva dato in custodia una scatola dotata di bottoni colorati e di ambigui poteri. Tornato a riprendersela, lo sconosciuto le aveva promesso che non l'avrebbe rivista mai più. E invece, ora, ecco ricomparire quella scatola, senza motivo e senza istruzioni. Proprio mentre da Castle Rock le giunge la notizia delle ragazze scomparse. Gwendy ha sempre pensato di essere l'unica artefice del proprio successo, frutto di tenacia e duro lavoro. Ma forse il suo destino è legato a doppio filo a quella misteriosa scatola. Forse la missione che le era stata affidata non è ancora del tutto compiuta. Forse la attendono nuovi incubi da scongiurare prima di poter dormire sonni tranquilli.

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29 giugno 2022 3 29 /06 /giugno /2022 12:41
John Case, Sindrome, Marco tropea Editore

Sindrome (titolo originale: The Syndrome, nella traduzione di G. Carlotti) di John Case, pubblicato da Marco Tropea Edizioni (Collana I Marlin) nel 2002, mi ha preso molto, così come mi era piaciuto leggere, di John Case (in realtà una premiata ditta costituita da due scrittori, marito e moglie), L'Ombra del Cavaliere. Si tratta di un romanzo "complottista" in cui i cattivi tramano per ottenere il controllo delle menti di alcuni soggetti manovrabili e all'occorrenza anche sacrificabili.
Il tema sviluppato è lo stesso - fatte le debite differenze - de "Il Candidato della Manciuria", ad esempio ed è lo stesso tema quello che pervade il saggio d'inchiesta "Capre di Guerra" o anche "L'Uomo che fissa le Capre" (tradotto in un bel film nel 2009) o anche il recente romanzo di Stephen King "The Institute" per arrivare alla recentissima tetralogia elaborata da Dean Koontz che ha avuto esordio con "Il silenzio uccide", per non parlare del romanzo di quest'ultimo "Falsa memoria", di molti anni antecedente.
Il controllo delle menti altrui: un tema caro ai complottisti che, in tempo di pandemia, é ritornata in versione modificata, quando alcune frange estremiste dei no-vax hanno preso a sostenere l'idea che la vaccinazione di massa fosse solo un pretesto per realizzare - attraverso l'inserimento sottocutaneo di un microchip - il controllo globale dei cittadini del mondo, tematica peraltro discussa in modo intelligente e dialettico dagli esperti in "biopolitica" in cui uno degli assi portanti è il fatto che la politica contemporanea tenda sempre di più a realizzare attraverso l'enfatizzazione delle misure di controllo e di regolamentazione delle misure sanitarie un estensivo controllo dei corpi dei cittadini e, di conseguenza, una subordinazione delle loro menti.
Qui, vi è ovviamente di più, perché vi viene ventilata l'ipotesi di pochi che si assumono il ruolo di demiurghi onnipotenti e di "spazzini" della diversità e del dissenso, in modo tale da poter governare le sorti del mondo verso direzioni che siano conformi alle proprie vedute personali.
Lo sviluppo della trama di questo romanzo che, in qualche misura ricade nel genere del "medical thriller", è efficace ed incalzante. Io che solitamente passo con facilità e per il gusto del cambiamento da una lettura all'altra nel corso della stessa giornata sono stato polarizzato da questa narrazione.
Come spesso capita con molti di questi romanzi, un ampio spazio è dedicato all'intrigo, mentre il finale rimane sfumato e forse frettoloso: quello che conta è il tragitto che si compie non il raggiungimento di una soluzione finale.
In ogni caso, traspare evidente da questa narrazione che non vi sono né vincitori né vinti e che, mentre i due protagonisti, Jeff Duran e Adrienne, riescono ad avere salva la loro vita, i loschi affari dei "cattivi" guidati da una mentalità distorta potranno proseguire in forme mutate e pur sempre occulte.
Tutto passa nel dimenticatoio; nessuna inchiesta ufficiale verrà mai avviata. E, sicuramente, il mostro tentacolare da qualche parte è pronto a risorgere.

Ho acquistato questo volume molti anni fa come occasione remainder, e mi sono ritrovato a leggerlo, solo ora, sicuramente a distanza di più di 15 anni. Anche questo è bello, ritrovarsi a pescare - di quando in quando - dalla propria riserva di libri una lettura che ci soprende o che ci appassiona, spinti dalla curiosità e dall'estro e ritrovarsi a leggere con passione.

 

#lemieletture #thriller #medicalthriller

 

(soglie del testo) Florida 2000. Nico è una giovane di trent'anni, soffre di forti crisi depressive ed è in cura da uno psicologo, Jeff Duran. Nel corso di una vacanza, uccide inspiegabilmente un anziano signore sulla sedia a rotelle. Passano poche settimane, e si toglie la vita. Adrienne, la sorella, vuole capire cosa abbia portato alla morte Nico. Convinta che Duran sia il responsabile, comincia a indagare su di lui con l'aiuto di un investigatore. E scopre che anche lo psicologo ha una mente molto instabile, e una doppia identità. Ma quello che non avrebbe mai potuto immaginare è che l'uomo e la sorella erano assidui visitatori di un misterioso sito internet, legato a una diabolica macchinazione.

 

(Risguardo di copertina) A Jeff Duran non piace uscire, e ogni volta che si allontana dal suo appartamento dove esercita la professione di psicologo sente crescere il panico. A volte gli vengono in mente frasi in lingue straniere che non dovrebbe conoscere, oppure ricorda all'improvviso odori e suon.
Ma queste sensazioni scompaiono velocemente, senza lasciare traccia, e lo restituiscono allo scorrere monotono e tranquillo della sua vita. Finché un evento, il suicidio di Nico, una sua paziente, si abbatte su di lui come un incubo. Nico ha una sorella, Adrienne, che è convinta che lo psicologo sia responsabile della tragedia ed è perciò decisa ad indagare su di lui. Ciò che emerge dalle sue ricerche è sconvolgente: Duran non ha frequentato l'università, non ha titoli per esercitare la professione, ed è stato addirittura dichiarato deceduto parecchi anni prima.
Ma chi è davvero Jeff Duran? La ragazza non ha il tempo di soffermarsi su questa domanda: come Jeff anche lei è finita nel mirino di qualcuno che li vuole morti, qualcuno che rappresenta una minaccia per il mondo intero. L'oscuro passato di Jeff e il suicidio di Nico fanno parte del piano apocalittico di un'organizzazione che, attraverso l'ipnosi e la neurochirurgia, ha trasformato persone inconsapevoli in pedine sacrificabili, programmate per eseguire ordini, perfino sentenze di morte. E ora Jeff e Adrienne sono gli unici a poter fermare tutto ciò; ma per farlo dovranno lottare non solo contro l'organizzazione ma anche contro la mente e i ricordi di Jeff; un territorio in cui nulla è come sembra e dove potrebbe annidarsi il loro vero nemico.

 


L'autore. John Case è lo pseudonimo di Jim Hougan e Carolyn Hougan, marito e moglie nella vita, ambedue scrittori affermati con delle opere proprie.
Jim Hougan è anche un giornalista d'inchiesta e autore di broadcast. Vive ad Afton in Virginia. La scrittura a due di Jim e Carolyn si è fermata a seguito della morte di Carolyn Hougan per carcinoma nel 2007.
La coppia ha firmato sei romanzi sotto pseudonimo (di cui solo due sono stati tradotti in Italiano) e precisamente:
The Genesis Code (1997)
The First Horseman, tradotto con il titolo "L'Ombra del Cavaliere" (1998)
The Syndrome (2001; pubblicato con il titolo Trance State in the UK e Sindrome, in Italia)
The Eighth Day (2002)
The Murder Artist (2004)
Ghost Dancer (2006; published as The Dance of Death in the UK)

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27 giugno 2022 1 27 /06 /giugno /2022 20:00
Sandra Rizza, Nessuno Escluso. Ianieri Edizioni, 2022

Dopo aver pubblicato saggi, biografie e interviste, Sandra Rizza, con "Nessuno escluso", pubblicata da Ianeri Editore (Collana Le Dalie Nere) nel 2022, si è lanciata in un’impresa narrativa che per lei è risultata impegnativa e faticosa - come lei stessa spiega in una breve nota in fondo al volume. E credo che il suo sforzo sia riuscito bene, poiché ha dato luce ad un romanzo che funziona come un’allegoria, visto che l’autrice ha volutamente escluso gli usuali riferimenti spazio-temporali.
L’amara favola che la Rizza racconta è dell’oggi, indubbiamente, ma di un oggi che ogni lettore può plasmare a suo piacimento e in base alle sue esperienze e convinzioni.
Nel finale in cui la tragedia si conclude a tarallucci e vino, con una convivialità natalizia di plastica che spegne ogni dissenso c’è una metafora di ciò che viviamo in questo nostro tempo: si è tutti sulla stessa barca, per convenienza, per amor di pace, per abitudine, per interesse personale e, intanto, si assiste allo spegnimento degli ultimi fuochi delle ideologie “vere” e delle convinzioni solide che prima permeavano la “vera” politica di un tempo (tutto questo ormai relegato in un museo della memoria, a parte i pochi che ancora ci credono).
La mafia e la connivenza stato-mafia ritornano così, in modo strisciante e insidioso, all’insegna di “Non è successo niente! Vogliamoci tutti bene! Tiriamo avanti”. Un atteggiamento che uccide qualsiasi empito ideale e il desiderio di vivere in una società più giusta, libera da scellerati patti ma anche da accordi disinvolti in cui si azzerano le differenze (anche etiche e morali) e si fa di ogni erba un fascio.

La vicenda di Mario Martellini, medico di successo all'apice della sua carriera, di recente passato alla politica con una scelta che ai più è sembrata opportunista e discutibile, e improvvisamente arrestato con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, è suddivisa in quattro tempi (o atti, direi io, che ne trasformano l'impiatto narrativo in tragedia che poi sfocia in tragicommedia). Il titolo di ciascuna parte rimanda alle diverse fasi di un percorso morale, se vogliamo, che sono: Innocenza, Dannazione, Espiazione e Redenzione.
Ciascuna parte o atto è preceduta da considerazioni di carattere generale sul senso da dare alla parola prescelta (proprio a partire dal significato dell'etimo) e su di un inquadramento filosofico del concetto sotteso.
E' come se per ciascun atto, intervenisse il Coro di una tragedia greca a fare il punto della situazione, mostrando allo spettatore le categorie morali in cui inquadrare le azioni (e i contorcimenti) dei diversi personaggi.
Soltanto che, alla fine, come dicevo non vi è una conclusione da tragedia, ma piuttosto da grottesca tragicommedia, in cui tutti quanti vengono riassorbiti in un brodo indifferenziato che assorbe e annulla tutte le diversità e tutte le divergenze.
Ed è questo aspetto, devo dire, ad essermi piaciuto particolarmente: mi ha stregato l'incipit di Innocenza, che ho letto subito, dal momento in cui ho avuto il libro tra le mani e che è stato per me un elemento trainante alla lettura delle pagine e delle parti successive.

Dirò anche che ho acquistato questo libro per suggerimento indiretto del mio libraio (che lo consigliava ad un altro cliente e ciò è bastato ad incuriosirmi) e l’ho apprezzato.

 

(Risguardo di copertina) Un medico di successo arrestato per mafia, una famiglia che va in pezzi. Un avvocato che usa la politica per salvare l'imputato eccellente e un magistrato di fronte ad una scelta difficile. È la complessa vicenda giudiziaria attorno a cui ruota questo romanzo sulla borghesia mafiosa e sul crollo morale di un'intera classe dirigente. È un giallo dell'anima, una storia di dannazione e di redenzione impossibile, che impegna giovani e adulti, professionisti e politici di destra e di sinistra, in un Paese dominato dalla logica del compromesso. Ma è anche un racconto civile che esplora il microcosmo di un'umanità dolente in una società piegata all'imperio del successo a tutti i costi. Sullo sfondo, una città indifferente e perduta, mai chiamata col suo nome, perché può essere una qualsiasi, ma soprattutto perché è specchio dell'Italia intera.

Sandra Rizza

 

L’autore. Per un decennio cronista giudiziaria all’Ansa di Palermo, Sandra Rizza ha imparato il mestiere negli stanzoni de «L’Ora» di Palermo, negli anni caldi della guerra di mafia, passando presto dalle cronache di ordinaria marginalità sociale alla cronaca nera e giudiziaria.
Ha collaborato con «il manifesto» seguendo le udienze del maxiprocesso, e firmando servizi di approfondimento sul tema del garantismo, sul pentitismo e sugli aspetti «sociologici» del fenomeno mafia, a partire dal ruolo delle donne all’interno dei clan.
Ha collaborato con «La Stampa», ed è stata corrispondente dalla Sicilia del settimanale «Panorama» negli anni delle stragi 1992-93. Oggi collabora con «MicroMega» e «il Fatto Quotidiano».
Ha scritto Rita Atria. Una ragazza contro la mafia (edizioni La Luna 1993). Con Giuseppe Lo Bianco ha scritto, Rita Borsellino. La sfida siciliana (Editori Riuniti 2006), Il gioco grande. Ipotesi su Provenzano (Editori Riuniti 2006), L'agenda rossa di Paolo Borsellino (Chiarelettere 2007), Profondo nero (Chiarelettere 2009), L'agenda nera della Seconda Repubblica (Chiarelettere 2010), AntonioIngroia. Io so (Chiarelettere 2012), libro intervista al magistrato antimafia, e Ombre nere. Il delitto Mattarella tra mafia, neofascisti e P2 (Rizzoli 2018).

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17 giugno 2022 5 17 /06 /giugno /2022 11:10

Riporto qui una mia recensione informale scritta il 17 giugno 2021 e inizialmente pubblicata nel mio profilo Facebook

Tullio Avoledo, Nero come la notte, Feltrinelli, 2021

Sempre scenari di mondi alternativi si insinuano nelle narrazioni di Tullio Avoledo, anche se poi vengono immediatamente negati o minimizzati. Non credo affatto che le sue narrazioni possano essere catalogate come "fantascienza" che è una parola vuota, se usata in modo generico e soprattutto da parte di chi non ha dimestichezza con questo genere letterario, se vogliamo attenerci ad un discorso di generi (ed è il caso di ricordare qui che lo stesso Antonio Gramsci era molto interessato alla fantascienza).
Le opere di Avoledo contengono spesso degli elementi che le riconducono a tematiche ucroniche o distopiche, per utilizzare due termini più precisi e maggiormente descrittivi.
Io che sono un suo fan (e dunque la mia affermazione potrebbe essere contestabile), mi sento di poter affermare che Avoledo è un narratore di grande respiro capace di produrre interessanti mix di generi diversi, garantendo nello stesso tempo al lettore un radicamento nei luoghi e nelle realtà che egli meglio conosce (quindi, nel suo caso il Friuli e il Veneto). Si veda ad esempio un suo precedente romanzo "Furland", nel quale la componente distopica è dominante.

Se si dovesse sintetizzare in poche parole o con uno slogan "Nero come la notte" (pubblicato da Marsilio e successivamente riedito da Feltrinelli - nella Universale Economica - nel 2021), si potrebbe dire: "Nulla è come appare". Forse anche perchè nella macchina narrativa un ruolo importante è legato alla manipolazione chimica della mente con sostanze psicoattive per ottenere una copertura di falsi ricordi.
Forse, considerando l'ampia tessitura narrativa, la conclusione è un po' affrettata. In ogni caso, non c'è lieto fine; non si sono vincitori o perdenti.
O meglio, il vincitore è il sistema.
Infatti, Sergio Stokar, protagonista assoluto della vicenda e affiancato da una miriade di altri personaggi, abilmente costruiti, non ha una storia successiva, a quanto pare. Viveva in una sorta di limbo di nebbia prima, ritorna a vivere in un limbo dopo che la storia si conclude e, apparentemente, il mistero è risolto.
Il lettore che vorrebbe vedere un lieto fine rimane deluso, ma è giusto così: uno scrittore deve sapere rinunciare a qualsiasi forma di ammiccamento e di imbonimento.
Il plot travolgente - con tutti i suoi colpi di scena e con i suoi disvelamenti mozzafiato e con le sue incursioni nell'incubo e nell'horror più cupo - è per Sergio Stokar solo una parentesi tra periodi più lunghi (forse interminabili) di una vita in esilio, alla quale infatti ritorna.

(quarta di copertina) Sergio Stokar era un buon poliziotto. Forse il migliore a Pista Prima, degradata ma ancora grassa città del Nord-Est. Fino al giorno in cui, senza saperlo, ha pestato i piedi alle persone sbagliate. Così qualcuno l'ha lasciato, mezzo morto, sulla porta dell'ultimo posto in cui avrebbe voluto finire: le Zattere, un complesso di edifici abbandonati dove si è insediata, dandosi proprie leggi, una comunità di immigrati irregolari. Quel rifugio dall'equilibrio fragile e precario – con la sua babele di lingue, razze e odori – normalmente sarebbe un incubo per uno col credo politico di Sergio. Ma è un incubo in cui è costretto a rimanere, adattandosi a nuove regole e a convivere con una realtà che un tempo avrebbe rifiutato. Per poter stare al sicuro, è diventato “lo sceriffo delle Zattere”: mantiene l'ordine, indaga su piccoli reati. Finché un giorno il Consiglio che governa il complesso gli affida un incarico speciale. Alcune ragazze delle Zattere sono state uccise in modo orribile, c'è un assassino in agguato, e solo un poliziotto abile come Sergio può scovarlo, con il suo fiuto e le sue conoscenze, ma soprattutto grazie a un'ostinazione che lo trasforma in un autentico rullo compressore. In un'Italia appena dietro l'angolo – l'Italia di dopodomani, che ci indica con chiarezza dove sta andando il nostro paese – Sergio Stokar deve tornare dal regno dei morti e rimettersi a indagare, frugando nel passato e negli angoli più in ombra della sua città, per scoprire, alla fine, che forse l'indagine è una sola, e che l'orrore si nasconde in luoghi e persone insospettabili. Tutto è legato da un filo. Un filo nero come la notte, rosso come il sangue. Perché in un mondo che ha fatto dell'avidità il suo credo non esistono colpevoli e innocenti, ma solo infinite sfumature di male.

Tullio Avoledo

L'Autore. Nato a Valvasone, in Friuli, nel 1957, Tullio Avoledo ha esordito nel 2003 con “L’elenco telefonico di Atlantide” (premio Forte Village Montblanc - Scrittore emergente dell’anno), romanzo che ibridava fantascienza e mitologia con una satira feroce del mondo bancario e della società italiana ai tempi dell’effimero trionfo della web economy. Ha poi pubblicato altri undici romanzi, prima per Sironi e poi per Einaudi e Marsilio, tra cui Lo stato dell’unione (2005), Tre sono le cose misteriose (2006, premio Super Grinzane Cavour), Breve storia di lunghi tradimenti (2007), Un buon posto per morire (2011, scritto a quattro mani con Davide “Boosta” Dileo dei Subsonica) e Chiedi alla luce (2016). Ha anche pubblicato per Rizzoli una personalissima e divertita versione, ambientata nell’Italia odierna, delle Baruffe chiozzotte di Goldoni (2014). Ha partecipato con due romanzi (Le radici del cielo e La crociata dei bambini, Multiplayer) a Metro 2033 Universe, una narrazione collettiva internazionale sul mondo post catastrofe nucleare immaginato dallo scrittore russo Dmitry Glukhovsky; il suo terzo romanzo della serie, Il conclave delle tenebre, è di imminente pubblicazione in Russia. Suoi libri sono stati tradotti in inglese, spagnolo, tedesco, russo, polacco e ungherese

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8 marzo 2022 2 08 /03 /marzo /2022 11:15
Ian McEwan, Rose Blanche, Marotta&Cafiero, 2022

Rose Blanche, il piccolo libro di Ian McEwan (nella traduzione di Giosuè Bellavista, pubblicato da Marotta&Cafiero, 2022) è bellissimo! Nella sua perfetta commistione di testo ed immagini, si legge e si guarda in una manciata di minuti. Poi si può tornare sulle singole pagine per godersele appieno e valutando, per ciascuna di esse, l’accoppiamento testo immagini.
E' la favola triste e struggente di una bambina che, sul finire della II Guerra Mondiale, scopre l’orrore dei campi di concentramento.
Il testo, breve ed incisivo, supportato dalle immagini, ha una potente capacità di evocazione.
La bambina protagonista si chiama Rose Blanche e questa scelta dell’autore contiene implicito un omaggio al movimento di opposizione al regime nazista attivo a Monaco e in altre città della Germania.

La Rosa Bianca (in tedesco Weiße Rose) fu un gruppo di resistenza tedesco contro la dittatura del nazionalsocialismo, formato da studenti e basato essenzialmente su valori cristiani. Fece ricorso ad azioni non violente nella Germania nazista dal giugno 1942 al febbraio 1943, quando i principali componenti del gruppo vennero arrestati, processati e condannati a morte mediante decapitazione.

Quindi, la breve opera di Ian McEwan contiene più di una sorpresa.
Certamente, ne è preziosa la veste editoriale, curata nei minimi dettagli, sino ad un’elencazione scrupolosa di tutti i crediti fotografici.
Insomma, siamo di fronte ad un piccolo gioiello in cui l’estetica è pari all’intensità del contenuto.

(Soglie del testo) Ian McEwan, accompagnato da fotografi provenienti da tutto il mondo, ci regala questa favola nera, il conflitto mondiale attraverso gli occhi di una bambina che non abbandona i suoi amici. La guerra raccontata con poesia e spietatezza.

Germania. Anonima cittadina tedesca. Un attimo prima del disastro. La piccola Rose Blanche osserva i soldati che mangiano umanità. Porta il nome di un gruppo di giovani che protestavano contro la guerra. Rose scopre un luogo dove bambini le chiedono cibo dietro un filo spinato elettrico. Un segreto che nemmeno sua madre conosce. Dall'est arrivano soldati con uniformi diverse e improvvisamente i bambini magri come fantasmi spariscono. Ian McEwan, accompagnato da fotografi e provenienti da tutto il mondo, ci regala questa favola nera, il conflitto mondiale attraverso gli occhi di una bambina che non abbandona i suoi amici. La guerra raccontata con poesia e spietatezza.

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10 febbraio 2022 4 10 /02 /febbraio /2022 11:32

«Il fatto è che la gente è sola. Terribilmente sola»

Sofie Divry, La custode di libri, Einaudi, 2012

Sophie Divry, La custode di libri, Einaudi

La custode dei libri di Sophie Divry, esordiente scrittrice francese di appena trent'anni  (Einaudi, 2012) è il racconto - in forma di monologo - di una donna che nella vita è stata ferita tante volte, ha sofferto per amore ed ora trova la sua serenità tra i suoi adorati libri riposti nella biblioteca in cui lavora, relegata in un sotterraneo.
E' un lungo e pensoso monologo in cui la donna (che sino alla fine rimarrà senza nome) parla in continuazione dalla prima all’ultima frase.
Il suo interlocutore (altrettanto senza nome) è un ragazzo che si è rifugiato nel seminterrato della biblioteca nelle ore notturne, e che la donna - mattiniera - ha scoperto addormentato poco prima dell'apertura al pubblico della Biblioteca e dell'arrivo degli altri impiegati e funzionari.
La bibliotecaria si rivolge a lui in un lungo flusso associativo tra amarcord, personali riflessioni e preferenze sulla lettura e sui libri, ma anche considerazioni sul lavoro del bibliotecario e della storia delle biblioteche pubbliche come strumento per edificare e acculturare il Popolo e del sistema di catagolazione universale che s'è andato sviluppando dalle loro prime esitanti origini. E in questo percorso, fornisce anche preziosi elementi che riguardamo la storia francese a partire dalla Rivoluzione in avanti e sul modo in cui lo silupparsi dell'interesse universale per la lettura si è intersecato con i fatti storici.
La bibliotecaria ha le sue personali idiosincrasie, certo, e non le nasconde, ma è molto amareggiata del dover vivere in un epoca che predilige il frastuono e che ha girato le spalle al vero piacere della lettura che è da consumarsi nell'intimità con se stessi e in un silenzio meditativo.
Ma la donna (con continue escursioni e sarabande associative) non esita anche a raccontare al suo silenzioso interlocutore della sua vita privata e dei suoi sentimenti: nelle sue parole emerge un terzo interlocutore, un interlocutore mancato - in verità - un ragazzo - forse uno studente universatario - che frequenta la biblioteca e, in particolar modo, la sezione di cui la donna è responsabile per portare avanti una sua ricerca (forse una tesi di laurea). La donna lo apprezza per la sua serietà e vorrebbe intrecciare un dialogo con lui, di cui studia da lontano la nuca che, appena coperta da capelli ricci, assume per lei un'intensa connotazione erotica, ma non trova corrispondenza al suo sguardo. Afferma anche che, quando viene interpellata, è come se rimanesse sempre invisibile: il destino di tutti i bibliotecari del mondo, afferma lei per consolarsi.
La sua voce è dolce e soave e porta nel cuore il dolore d'un amore finito male e solo attraverso i  suoi libri - e la segregazione di una vita nel sotterraneo di una biblioteca di una città di provincia - riesce a placare quella sofferenza.
Il libro va letto di getto senza fermarsi, per rimanere nello spirito del monologo: è quello che ho fatto in un pomeriggio piovoso, seduto in un bar sorseggiando un paio di tazze di the ( il tempo necessario: un paio di ore appena: si può fare dunque).
Fermarsi spezzerebbe il senso e il ritmo del monologo e ucciderebbe l'atmosfera emozionale che si va creando attraverso questa originale rappresentazione della lettura, dei libri e delle Biblioteche che certamente può toccare nel profondo tutti quelli che amano i libri e li considerano perennemente un oscuro oggetto di desiderio, ma li vedono anche come porte costantemente aperte verso altri mondi.
Poi, magari, dopo una prima lettura fatta di getto, si potrà tornare indietro per assaporarne in maniera più meditata, specifiche parti.
Un libro che consiglio vivamente a tutti quelli che amano leggere.

(Dal risguardo di copertina) È una querula bibliotecaria di provincia la donna che parla dalla prima all'ultima riga di questo incantevole monologo. Il suo interlocutore è un ragazzo che usa il seminterrato della biblioteca come bivacco notturno. A lui la custode si rivolge mischiando vita privata, libri, invettive. E la confessione di un tenero rapimento verso uno studente di cui però contempla solo la nuca. La sua voce ci arriva sommessa, un po' nevrotica, la voce di una donna ferita da un amore andato male, chiusa in un riserbo che solo i suoi amati romanzi riescono a scheggiare. Li ama, li classifica, li commenta convinta che solo l'ordine monastico della biblioteca è medicina per il caos dei sentimenti e degli uomini tutti. E poi d'un tratto la sua voce si accende e dalla donna autoreclusa nel sottosuolo esce una pasionaria della letteratura, una tenace sentinella del silenzio, che dalla sua misera trincea di provincia difende la vertigine della bellezza letteraria contro il chiassoso vociare della subcultura di massa.
Sophie Divry ha trent'anni e vive a Lione. La custode di libri è il suo primo romanzo.

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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