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Tanto si è scritto sui campi di concentramento, su quelli di sterminio, sulla Shoah, ma sempre Auschwitz si pone all'apice della parabola mortifera del Nazismo e del suo progetto di sterminio.
Auschwitz, per motivi diversi, è divenuto l'emblema della Shoah.
Molte delle testimonianze dei sopravvissuti, a partire - per quel ci riguarda - da quella di Primo Levi, riguardano appunto Auschwitz che produsse al suo interno un ulteriore abominio, poiché vi si creò lo spazio per le turpi gesta di un medico delle SS, Joseph Mengele, sadico e torturatore in nome di una falsa concezione della scienza medica.
Questi operò ad Auschwitz, risultando essere particolarmente attivo ed instancabile nelle efferate selezioni in cui si decideva tra chi poteva vivere ancora per un po' e chi invece doveva essere subito messo a morte, ma - nello stesso tempo - utilizzò quelle selezioni sulle rampe per appropriarsi di coppie di gemelli di tutte le età sui quali compiva poi i suoi atroci esperimenti.
Venne per questo denominato l'Angelo della Morte o anche Dottor Morte: nelle sue attività pseudo-mediche cooptò dei deportati ebrei, rendendoli in qualche complici delle sue atrocità in una sorta di perverso patto per la vita.
Margherita Nani, nella sua opera L'Ospite. Le anatomie di Joseph Mengele (Editore Brioschi, 2019) ci racconta in forma romanzata appunto di Mengele durante il suo esilio brasiliano nella cittadina di Candido Godoi (nel cuore della selva brasiliana e che successivamente venne definita "la cittadina dei gemelli ariani di Joseph Mengele"), dove incontra un'adolescente, Pia, della quale si invaghisce.
Inizia così per lui un percorso di rivisitazione della sua storia personale: ma il suo abominio non può essere cancellato, poiché egli - Mengele - fu l'essenza stessa del Male ed interprete luciferino (e traditore, per questo) della deontologia professionale medica.
Quindi, nel romanzo della Nani, c'è la storia di un impossibile riscatto, in quanto il passato di atrocità e di crudeltà non potrà mai essere cancellato.
Mengele non venne mai catturato né tanto meno processato per i suoi crimini. Ciò è il motivo che ha portato molti narratori e cineasti ad ipotizzare quali siano state le sue possibili traiettorie di vita. Come racconta Oliver Guez, in un'altra narrazione biografica del 2018, La scomparsa di Joseph Mengele (Neri Pozza) Mengele non venne nemmeno sepolto. Le sue ossa vennero usate per scopi di studio come egli aveva fatto con le sue vittime.
Il libro di Margherita Nani merita sicuramente di essere letto.
(Dal risguardo di copertina) È il 1955 quando a Candido Godoi, nel cuore del Brasile, arriva un tedesco in cerca di una stanza in affitto. La famiglia Souza lo accoglie e Pia, la figlia adolescente, è fin da subito attratta dal fascino di quello straniero riservato e imperscrutabile, che a sua volta non potrà rimanere indifferente alla vitalità e all'innocente purezza della ragazza. Nessuno ha il minimo sospetto che l'ospite è in realtà il medico nazista Josef Mengele. In una serie di flashback e in un alternarsi di realtà storica e finzione letteraria, emerge il ritratto di un uomo la cui malvagità impedisce qualsiasi tentativo di comprensione. E Pia riuscirà a cogliere forse soltanto un frammento della complessa natura del dottor Mengele. In passato aveva tentato di farlo Irene, la moglie tanto innamorata quanto respinta dall'uomo in cui aveva inutilmente cercato tracce di un'anima. E poi Teresa, la ragazza ebrea destinata per anni ad affiancare la morte in persona nel campo di sterminio di Auschwitz. Cosa ha rivelato di sé Josef Mengele a ciascuna di loro? In questa biografia romanzata, l'ospite di Candido Godoi non troverà la giusta punizione, ma nemmeno quella pace tanto a lungo inseguita.
(gennaio 2020)
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Oliver Guez, La scomparsa di Joseph Mengele (nella traduzione di M. Batto), Nei Pozza (Collana Bloom), 2018
Finalista al Premio Strega Europeo 2018.
Vincitore del prestigioso Prix Renaudot, La scomparsa di Josef Mengele si immerge fino in fondo nel cuore di tenebra del secolo trascorso, tra vecchi nazisti, agenti del Mossad, dittatori da operetta e attori di un mondo corrotto dal fanatismo.
(soglie del testo) «Olivier Guez si immerge nella realtà storica, la cristallizza nella vita individuale, nella carne e nel sangue di un uomo di cui niente può giustificare l’esistenza». - Le Monde
«Sono pagine secche come uno sparo, senza una parola in più del necessario, per narrare l'orrendo esilio di uno sterminatore». - Andrea Kerbaker, Tuttolibri - La Stampa
«Olivier Guez ci dà con il suo La scomparsa di Josef Mengele il tassello che mancava alla sterminata letteratura su questo infame individuo». - Corrado Augias, il venerdì di Repubblica
«Un’arida ed efficace tessitura letteraria che comincia subito dopo la pagina più buia della storia e pone il lettore di fronte a verità inquietanti». - Francesca Frediani, D la Repubblica
«Olivier Guez ci restituisce, con stile asciutto e senza bisogno di aggettivi, il contrappasso di un uomo braccato e vittima delle sue nevrosi». - Gigi Riva, L’Espresso
Ogni due o tre generazioni, quando la memoria si affievolisce e gli ultimi testimoni dei massacri precedenti scompaiono, la ragione si eclissa e alcuni uomini tornano a propagare il male.
(risguardo di copertina) Buenos Aires, giugno 1949. Nella gigantesca sala della dogana argentina una discreta fetta di Europa in esilio attende di passare il controllo. Sono emigranti, trasandati o vestiti con eleganza, appena sbarcati dai bastimenti dopo una traversata di tre settimane. Tra loro, un uomo che tiene ben strette due valigie e squadra con cura la lunga fila di espatriati. Al doganiere l’uomo mostra un documento di viaggio della Croce Rossa internazionale: Helmut Gregor, altezza 1,74, occhi castano verdi, nato il 6 agosto 1911 a Termeno, o Tramin in tedesco, comune altoatesino, cittadino di nazionalità italiana, cattolico, professione meccanico. Il doganiere ispeziona i bagagli, poi si acciglia di fronte al contenuto della valigia piú piccola: siringhe, quaderni di appunti e di schizzi anatomici, campioni di sangue, vetrini di cellule. Strano, per un meccanico. Chiama il medico di porto, che accorre prontamente. Il meccanico dice di essere un biologo dilettante e il medico, che ha voglia di andare a pranzo, fa cenno al doganiere che può lasciarlo passare. Cosí l’uomo raggiunge il suo santuario argentino, dove lo attendono anni lontanissimi dalla sua vita passata. L’uomo era, infatti, un ingegnere della razza. In una città proibita dall’acre odore di carni e capelli bruciati, circolava un tempo agghindato come un dandy: stivali, guanti, uniforme impeccabili, berretto leggermente inclinato. Con un cenno del frustino sanciva la sorte delle sue vittime, a sinistra la morte immediata, le camere a gas, a destra la morte lenta, i lavori forzati o il suo laboratorio, dove disponeva di uno zoo di bambini cavie per indagare i segreti della gemellarità, produrre superuomini e difendere la razza ariana. Scrupoloso alchimista dell’uomo nuovo, si aspettava, dopo la guerra, di avere una formidabile carriera e la riconoscenza del Reich vittorioso, poiché era… l’angelo della morte, il dottor Josef Mengele.
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Qualcuno ha detto che "Ippocrate morì ad Auschwitz". Vi è, al riguardo, un lungo saggio scritto da Robert Jay Lifton e fondato su un'enorme mole di dati ricavati da interviste rilasciate direttamente all'autore )e ottenute, in taluni casi, con molte difficoltà, in considerazione della reticenza a raccontare) da coloro che furono medici al tempo del nazismo e dei campi di concentramento: vi si mostrano diffusamente i modi in cui i medici nazisti (e non solo quelli dei campi di concentramento) tradirono il giuramento di Ippocrate.
Si tratta di I medici nazisti. Storia degli scienziati che divennero i torturatori di Hitler, pubblicato da Rizzoli negli anni Ottanta del secolo scorso e ora riedito (2016)
(risguardo di copertina) "I medici nazisti erano delle belve quando fecero ciò che fecero? O erano degli esseri umani?": è questa la domanda a cui si propone di rispondere questo libro, un'inchiesta sconvolgente che ha aperto una prospettiva inedita sul Terzo Reich e le sue perverse atrocità. Basata su interviste a vittime e carnefici dei lager, la ricerca di Lifton penetra con rara incisività i meccanismi psicologici che hanno reso possibile nei medici nazisti la sostituzione del dovere di guarire con quello di uccidere. Dai ritratti di medici come "l'angelo della morte" Joseph Mengele alla descrizione dei macabri esperimenti compiuti nei campi di sterminio, l'autore ricostruisce con chiarezza il processo che ha portato uomini normali a compiere atti disumani e a legittimare il genocidio degli ebrei come mezzo di risanamento biologico e razziale. Con la sua analisi, Lifton ci ricorda la dura necessità di affiancare alla condanna del male compiuto nei lager l'indagine delle spaventose ragioni che l'hanno reso possibile. Perché solo affrontando la cupa verità che quella nazista fu una crudeltà specificamente umana potremo evitare che essa si ripeta in futuro.
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Candido Godoi, la città dei "gemelli ariani" di Mengele
Tra le eredità che il nazismo ha lasciato in America Latina, oltre a Colonia Dignidad, v'è il caso dei "gemelli ariani" de Cândido Godói
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Mengele, lo scienziato del male, e lo strano caso dei gemelli brasiliani - Fivedabliu.it
Nel paese di Candido Godoi, in Brasile, in una gravidanza su cinque nascono gemelli, perlopiù biondi e con gli occhi azzurri. Lo storico Jorge Camarasa ha lungamente intervistato gli abitanti...
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