Sogni iterativi e di lotta
questa notte
Non ricordo nessun dettaglio,
ma che fatica
Ho dormito arrotolandomi
nelle coltri
Lanciando in alto i guanciali
con destrezza
Cambiando posizione,
di continuo
Lato destro,
lato sinistro
Coperto,
scoperto
A testa in giù
Piedi sotto,
piedi sopra
E sognavo sempre la stessa roba
Faticavo
Ripetevo
Qualche volta respiravo
Talaltra me ne stavo
bravamente in apnea
Ma non ricordo nulla
Notte breve
Notte di travaglio
La notte é una severa maestra
E adesso sono qui
a raccontarmela
e a cantarmela
Hanno riparato i lampioni
fuori nella strada
che non è più un pozzo di tenebra
I gabbiani abitatori dei tetti
intraprendono i primi voli
La loro memoria atavica
dice loro che i palazzi di città
alti e svettanti
sono le loro scogliere di cova
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Va bene, e poi nella mattinata ci fu un sogno
Ero al lavoro nella mia stanza
Entravano utenti, degenti, pazienti, uno via l’altro,
ognuno aveva un problema da esporre,
una domanda da fare,
un problema da risolvere
e così via
Uno mi diceva che voleva andare al mare
ed era vestito come un gran fighetto con una giacca di fresco di lino
che pareva appena uscita dal negozio o dalla stireria
Mi diceva che era andato al mare assieme a un antico marinaro
e che si erano attardati a lungo a prendere il sole e a fare splash splash
Mi chiedeva il permesso di poter tornare nuovamente al mare,
quest’oggi,
per fare ancora una volta splash splash
Per parlare mi si avvicinava a due millimetri dalla faccia e io lo scostavo
Ed era una specie di danza: lo scostavo e mi allontanavo
Lui si avvicinava implacabile e di nuovo lo spostavo
Era assillante come un segugio
Non ne potevo più
Poi gli spiegavo con pazienza
che ognuno ha una sua distanza ottimale per interagire con il prossimo
Gli dicevo che ognuno ha dunque un suo spazio privato che deve rimanere intangibile
e i cui confini non devono mai essere superati
perché possa sentirsi a proprio agio
Sembrava che capisse, ma poi si avvicinava di nuovo implacabile
Era proprio impagabile
Nel corso di questa danza cadevo per terra, inciampando nei miei stessi piedi
Non tentavo di ostacolare la caduta, anzi la facilitavo
Poi mi alzavo e spiegavo al tizio con la giacca di lino intonsa che non bisogna mai contrastare una caduta, facilitarla, al contrario
E questo è il modo per evitare di farsi del male, gli dicevo
Anche in questo caso il tizio in giacca di lino che pareva un magnaccia faceva mostra di avere capito, ma avevo dei forti dubbi a riguardo
Continuava la conversazione, sempre nello stesso tenore
Poi mi facevo sulla soglia della stanza e lì c’era un altro degente
altissimo, spilungone e allampanato,
accanto a lui mi sentivo un nano
Mi rivolgeva la parola ed ero costretto a guardarlo dal basso verso l’alto
Cercavo una scaletta o dei gradini pieghevoli sui quali arrampicarmi
per poter ritornare ad essere - quanto ad altitudine - pari suo
Questo degente pareva sofferente, ma non diceva niente
Era pallido
Era smunto ed emaciato
Stavo un poco ad ascoltarlo (anche se non era discorso fatto di parole) e poi me ne andavo
C'era un'incombenza da sbrigare
Andavo alla porta e uscivo
Cominciavo a camminare
Ero esitante
Tornavo indietro
Mi affacciavo ad una finestra corrispondente ad una sala utilizzata per le riunioni
Mentre facevo ciò, mi rendevo conto - con sommo imbarazzo -
di essere tutto nudo, ma nudo-nudo,
nudo come mamma mi ha fatto
o, se vogliamo dirla in altri termini, in costume adamitico,
anche se, per le pari opportunità, dovrebbe anche potersi dire "evitico"
A questo punto ero sommerso dall’imbarazzo
Non sapevo cosa fare
Non potevo rientrare perché, rientrando,
avrei denunciato la mia condizione di Re nudo davanti a tutto il mondo
Non avevo il telefono con me e non potevo chiamare nessuno in aiuto
Come unica soluzione disponibile,
mi incamminavo per strada,
tutto nudo ma sì, chi se ne frega
Il Re è Nudo
Il Re é Nudo
Dissolvenza
Dissolvenza
Così l'imperatore marciò alla testa del corteo, sotto il grande baldacchino, e la gente per la strada e alle
finestre non faceva che dire: "Dio mio, quanto sono belli gli abiti nuovi dell'imperatore! Gli stanno proprio
bene!" Nessuno voleva confessare di non vedere niente, per paura di passare per uno stupido, o un
incompetente. Tra i tanti abiti dell'imperatore, nessuno aveva riscosso tanto successo.
"Ma l'imperatore non ha nulla addosso!", disse a un certo punto un bambino. "Santo cielo", disse il padre,
"Questa è la voce dell'innocenza!". Così tutti si misero a sussurrare quello che aveva detto il bambino.
"Non ha nulla indosso! C'è un bambino che dice che non ha nulla indosso!"
"Non ha proprio nulla indosso!", si misero tutti a urlare alla fine.
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