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Qui su tre vetrine (o luci, come si dice oggi), in via Sciuti a Palermo, si affacciava la Libreria Sciuti (ingresso al 91/F), una storica attività in questa parte della città.
I titolari, assillati dalle ristrettezze sempre crescenti in cui versa il mercato librario a causa della spietata concorrenza di Amazon e di altri venditori online ma anche per motivi connessi con la necessità, oggi, per chi esercita questo mestiere, di reinventarsi radicalmente allo scopo di potere attrarre un pubblico sempre più distratto, hanno dovuto abbandonare la partita, con grande dolore loro e degli affezionati clienti.
L’ultimo atto si è consumato, in silenzio e quasi senza che nessuno se ne accorgesse.
Nella fase di smobilitazione, con le scaffalature prima gremite di libri e ora sempre più desolatamente vuote, più volte mi sono ritrovato a parlare con Alessandro Cusimano e con Massimo, da sempre il mio preferito referente quando mi ritrovavo a ordinare dei volumi, e a discorrere del futuro della libreria, se avrebbe riaperto i battenti, dove e quando.
Mi sono ritrovato spesso, nel corso di queste conversazioni, spesso fortemente emozionali, a dover trattenere lacrime e singulti, perché vedevo dissolversi - con questa progressiva smobilitazione - un pezzo della mia vita che si è esteso nell'arco di diverse decenni.
Ho voluto intendere nel corso di queste chiacchierate che essi nel dover chiudere fossero stati assillati da richieste esose da parte dei proprietari dell'immobile, a cui non avevano più potuto far fronte, ma non è così, in realtà: questa è stata indubbiamente una mia narrazione personale che forse si è originata da loro non detti di cose a cui dare parola sarebbe stato imbarazzante e faticoso.
In realtà, la causa principale di questa chiusura (in verità, una morte annunciata) è stato il cambiamento dei tempi e il restringersi sempre più grave dei profitti, con la necessità - come ho detto - di doversi reinventare, cosa peraltro non facile e che come mostra Shaun Bythell, nel suo "Una Vita da Libraio", richiede enormi enormi energie e una non indifferente creatività organizzativa, sconfinando in attività che non sono esattamente connesse con la vendita di libri ma che fanno cultura, commercio, aggregazione e, per questo, non bastano le semplici e tradizionali, canoniche, presentazioni di libri con annesso firma-copie: la stessa causa che, in definitiva, ha portato alla decisone dei conduttori della Libreria Sciuti di non riaprire più in altri locali ubicati in zona (e in questo caso, sì, venivano davvero avanzate richieste di pigioni assolutamente esose); oltretutto, nella nostra realtà, per l'avvio o il riavvio di un'attività commerciale qualsivoglia sono enormi gli intralci burocratici e innumerevoli le norme da applicare, i certificati da richiedere, le specifiche tasse da pagare: non è come in altri paesi europei dove tutte queste procedure sono semplificate al massimo e, soprattutto, sono meno costose.
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A giugno scorso (2023) la Libreria Sciuti ha chiuso i battenti, alla fine del doloroso sgombero e ancora per diverso tempo è rimasta l'insegna a sormontare le vetrine, come testimonianza del passato.
Il vicino negozio di arredi s'è espanso ad occupare i locali che furono della Libreria Sciuti.
Sono state rapidamente cancellate tutte le tracce che possano far dire che qui c’era una libreria “storica” della mia (della nostra città) con una necessaria azione di restyling e di omologazione alle vetrine già preesistenti del negozio di arredi che si espandeva già lungo tutto il marciapiedi.
Ancora di più - con la cancellazione delle ultime tracce - mi sento affranto e dispiaciuto.
Sono stato da sempre cliente affezionato di questa libreria che era a pochi passi da casa e per me, oltretutto, comodissima da raggiungere per soddisfare qualsiasi ghiribizzo librario mi saltasse in mente.
Qui potevo sempre entrare a dare un’occhiata alle novità, a ordinare i libri che andavo selezionando per i miei approfondimenti, ad acquistare quelli da dare in regalo, a scambiare quattro parole con i titolari e i dipendenti, circostanze che, a volte, si trasformavano in vivaci conversazioni e scambi di idee.
Ora, è tutto finito.
Ma è una storia che si ripete
Come è successo prima e come, sicuramente, succederà ancora
Per esempio, come non menzionare la scomparsa della Libreria L'Aleph in via Vincenzo di Marco, condotta dal mitico Lorenzo Giordano e soppiantata da un emporio cinese, o - ancora prima - con la storicissima Libreria Flaccovio in via Ruggero Settimo, che è persino nei miei ricordi di infanzia, perché mi ci portava mio padre, al cui posto s’è insediato un venditore di intimo femminile e che, negli anni del dopoguerra sino certamente alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, è stata un centro pulsante della intellighenzia culturale di Palermo e della Sicilia, per non parlare di tante altre librerie cittadine (e mi viene in mente la Libreria Ciuni, collocata di fronte al Teatro Massimo) e di tanti altri storici esercizi invasi e metarmofizzati in attività di tipo diverso che sono effimere e che, soprattutto , non hanno tradizione alcuna e un mondo di cultura alle loro spalle.
Questi casi che ho menzionato sono vividi esempi di un mondo che scompare, che viene cancellato sistematicamente senza che si faccia nulla per serbarne tracce per una futura memoria collettiva e senza che si reagisca.
Siamo diventati torpidi e indifferenti.
La civiltà dello spettacolo in cui tutto passa ed è effimero, senza un reale valore, ci ha abituati a questo.
Non voglio essere o apparire sterilmente nostalgico o dare l'idea di essere uno che si piange addosso e guarda continuamente al passato, rimuginando e rimpiangendo ciò che non è più; e che è disgustato dal modo in cui il mondo sta cambiando velocemente, troppo velocemente persino.
Se fossimo in altri paesi con una maggiore vocazione culturale e un’attitudine a conservare le tracce del passato e a farle vivere nella memoria individuale e collettiva, nei luoghi che hanno ospitato queste tre librerie verrebbero affisse delle targhe in bronzo o in marmo per fissare il ricordo e così tramandarlo.
Ed è quello che io propongo agli amministratori distratti di una città che si avvia a vivere una crescente condizione di “non luogo”, senza conoscenza delle proprie radici storiche e culturali e senza memoria collettiva
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A Palermo lanterne cinesi al posto di libri - Frammenti e pensieri sparsi
( Maurizio Crispi ) In Via Generale Arimondi, al posto della bellissima e amata Libreria Aleph di Palermo, chiusa poco più di un anno fa a causa dell'improvvisa morte del suo gestore, Lorenzo ...
http://www.frammentipensierisparsi.net/article-lanterne-cinesi-al-posto-di-libri-124743491.html
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Salvatore Cangelosi, La Città e i Libri. Avventure di un libraio, Torri del Vento Edizioni (Collana I Capperi), 2014
Il volume è arrichito dalla prefazione di Marcello Bonfante. Vi si parla di pezzi di storia delle librerie di Palermo e vi si chiariscono anche i rapporti "di parentela" per così dire tra Libreria Ciuni e la Libreria Sciuti
Andrebbe sicuramente letto per chi ha desiderio di consolidare ulteriomente le radici delle proprie memorie
(risguardo di copertina) Alla fine degli anni settanta, un giovane monrealese si impiega, per puro caso, in una libreria, senza sapere che quel lavoro diventerà tutta la sua vita. Attraverso le vetrine delle librerie in cui negli anni lavorerà, Cangelosi vedrà una città in continuo cambiamento, incontrerà volti noti e meno noti, stringerà la mano a scrittori più o meno famosi, ma soprattutto inizierà a conoscere se stesso. Un'autobiografia scritta come un romanzo di formazione, una prosa asciutta e ponderata frutto di anni di frequentazioni intellettuali e di meditate letture.
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