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Ho una grossa borsa pesante
con tutte le mie cose dentro
(tutto ciò che mi serve
per la mia giornata di lavoro)
Vado ad un Centro di Salute Minerale
che è ubicato
come un tempo
in Via dei Cantieri numero zero
Non so perché io stia andando proprio lá
Quando arrivo c’è grande arrivugghio (trambusto e confusione)
Moltissima gente
utenti e operatori
Alcune facce nuove, altri conosciuti
(ma il tempo non é stato clemente)
Sono in incognito
(in effetti, nessuno mi riconosce)
ho la mia borsa
che mi qualifica
e null’altro
Grandi stanze
che formano un labirinto intricato
Miriadi di pazienti e aspiranti tali
che formano lunghe code
e che mi guardano in cagnesco,
pensando che io sia uno di loro
e che voglia bypassarli
Sono un medico,
faccio io, alzando la borsa
quasi fosse uno status symbol
Sì, vabbé!
reagisce qualcuno,
subito pensando all’imbroglio e al raggiro
da parte del solito furbetto di turno
Continuo nella mia ricerca
Scanso corpi sudati e puzzolenti
Sfioro bocche sdentate vocianti
da cui, assieme a torrenti di parole incomprensibili,
escono nuvole di saliva nebulizzata
e talvolta qualcosa di più
(Aiutooo! Dove sono finito!)
A quanto pare è in corso
un contest indetto da big pharma
per la presentazione di un nuovo pharmacon
(Miracoloso! La cura delle cure!)
e l’attenzione di tutti gli operatori
è polarizzata sulla distribuzione di gadget e buffi cotillon,
e poi sul ricco buffet che seguirà
Intanto io continuo ad aggirarmi
per quelle stanze sovraffollate e dense di afrori,
come un’anima in pena
Arrivo ad un grande ambiente circolare
pieno di scrivanie e grandi banconi
che fanno da separatori
tra il pubblico dei postulanti e i curanti
Qui i postulanti sono stati contrassegnati
da coccarde colorate rosse gialle verdi bianche e persino nere,
affisse sul petto e sulla testa,
in taluni casi
Gli operatori indossano
ampi camici bianchi svolazzanti
aperti sul petto
e anche loro hanno delle coccarde
di diverso colore
(penso stranito
che stiano ad indicare i diversi livelli
di competenza e di affidabilità
rispetto alle diverse patologie affluenti)
C'è ressa, c'è confusione,
l'atmosfera si divide tra attonito stupore e attesa sospesa,
affaccendamento senza scopo e tensione elettrica
Tant'è che c'è qualcuno che si alza di continuo dalla panca
e chiede se può telefonare a suo figlio
perché è in pensiero per lui
Un altro entra ed esce dallo stanzone
per andare a fare pipì
e ci sono anche due energumeni che si offendono a vicenda
e che poi vengono alle mani
Due colossi corpacciuti
un Gargantua e un Pantagruel
poco bonari ma - in definitiva - inoffensivi
(tanto rumore per nulla)
che si scagliano l'uno contro l'altro
come due colossi di Rodi scesi dal loro piedistallo
Urlano e gridano,
si accapigliano,
sferrano colpi,
ma nessuno punta a far male
oppure osa una presa di bella
(una testata, un morso, un dito nell'occhio,
come erano le risse crudeli di un tempo)
Gli astanti nel vedere la lotta
si vivacizzano e puntano scommesse
mentre improvvisati broker si danno da fare
Un altro occupa l'attesa,
bevendo litri su litri di acqua da una bottiglia di plastica
e quando finisce va a riempirsela di nuovo dal rubinetto
per poi rimettersi assiso su di uno scranno
con le gambe esili
che scompaiono sotto un enorme ventre idropisico
e sembra un Buddha alieno
in meditazione
E c'è un altro che grida e sbraita,
vomitando un torrente di parole incomprensibili
e poi, ogni tanto, batte i pugni su di un tavolo, con gran fragore,
mentre un altro si scaccola con gravoso impegno
per poi esaminare il contenuto di ciò che ha cavato dalle fosse nasali
e piazzarlo diligentemente sotto la seduta della seggiola che occupa
Un delirio, una tarantella e, ancora, un delirio
(tre, quattro passi nel delirio per poi passare alla controdanza
in una successione repentina dalla comicità più estrema
ad una tragedia senza confini (con piccoli sprazzi di Butō)
e poi ritorno
In tutto questo io sono un senzacolore,
né paziente (o utente o cliente) e nemmeno operatore
Io, chi sono io?
Pensavo di saperlo prima,
adesso non più
Vorrei proprio saperlo,
o che qualcuno me lo dicesse
All’improvviso, mi accorgo
che mi manca la borsa
Troppo stanco l’avevo poggiata
da qualche parte nella grande stanza rotonda
Prendo a cercarla, rovistando ogni angolo
Introvabile!
Se la sono portata!
É sparita!
Zio santo! Santo zio!
Mi sento smarrito e confuso
Prima ero soltanto un senza colore, adesso sono anche un sanpapié,
un nulla di nulla, insomma
Vado verso un bancone
sotto il quale occhieggia un borsone
simile al mio
Lo prendo e lo apro,
tra le proteste del suo proprietario,
ci rovisto dentro,
ma niente!
Il contenuto non corrisponde,
nemmeno di striscio
Vedo una faccia conosciuta
e mi ci rivolgo
chiedendo aiuto
Quello mi ascolta serio
e poi esce fuori dal salone
da una porta che s'affaccia direttamente
sulla strada principale
e vedo che si rivolge ad un malacarne
corpulento e massiccio
che ha attorno una coorte di scugnizzi
Dopo aver confabulato
con il mio conoscente,
il malacarne lancia concisi ordini
ai suoi adepti
e quelli si disperdono immediatamente
come uno stormo di api esploratrici
Il mio conoscente rientra:
Buone notizie, mi dice strizzandomi l'occhio,
Tutto a posto! La tua borsa verrà ritrovata!
Ma io non ci credo
Non ci crederò finché non la vedrò di nuovo
E poi, in quali mani mi son messo?
(Dissolvenza)
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