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I morti, quelli che non ci sono più o che, semplicemente, sono rimasti indietro da qualche parte.
A volte penso che essi, in qualche modo, rimangano vicino a noi, che ci guardino
Ombre, anime, spiriti, non so.
Altre volte, più razionalmente, penso che siano costrutti nella nostra mente e che semplicemente essi siano con noi solo perchè li pensiamo e ne serbiamo il ricordo.
E che, quando noi saremo morti a nostra volta, essi semplicemente svaniranno con noi.
Pensandoli, comunque, o percendone la presenza accanto a noi come angeli custodi, noi a volte interpretiamo, costruendo una pararealtà, talvolta è come se proprio - anche se in maniera benigna - delirassimo.
Una volta mi è successo questo. Ero nella stanza che era stata la stanza da letto mia e di mio fratello e poi sua soltanto. Era inverno.
Qualche tempo dopo la morte di mio fratello (lui morì a giugno), ogni volta che ci entravo, sentivo un soffio d'aria fredda che mi colpiva e che aleggiava attorno a me. E ciò capitò per diversi giorni di seguito. Era qualcosa di perturbante: sembrava che attorno a me spirasse un alito freddo.
Mi ritrovai a pensare più volte: "Ecco, è mio fratello, è qui accanto a me e ogni volta che entro nella sua stanza egli si fa sentire, per dirmi che lui c'è qui con me".
In realtà, come scoprii poi, la finestra, il cui fermo non funzionava alla perfezione, per un colpo di vento si era aperta rimanendo non vista (nascosta com'era dietro la tenda tirata) e quel soffio era dovuto al refolo d'aria che passava attraverso il varco.
Ci sforziamo di mantenere vivi i morti, come quando facciamo la contabilità della loro età, al trascorrere di ogni anno, e tenendo conto scrupoloso di tutte le ricorrenze che li riguardano, festeggiandoli privatamente anche. E ciò a prescindere dalle ritualità del giorno dei Morti.
Mio padre e mia madre, nati entrambi nel 1918, avrebbero oggi 102 anni, mentre mio fratello, nato nel 1947, ne aavrebbe compiuti oggi 73, due più di me.
A volte parliamo con loro, i nostri estinti. Ricordo che mia madre, nei momenti di sconforto, soprattutto negli ultimi anni, chiamava spesso la sua mamma: "Mamma!". E ciò mi colpiva molto, soprattutto per l'intensità delle sue invocazioni. Come se volesse dire: "Mamma, dove sei? Ti vorrei qui vicino a me! Aiutami!".
Ma la cosa più forte è che spesso, rispetto a loro, ci sentiamo dei sopravvissuti.
Ci sentiamo come se li avessimo lasciati indietro, rispetto a noi, le cui vite, invece, sono procedute in avanti.
Per esempio, mio padre è morto quando aveva compiuto appena 54 anni.
Io ho atteso, nel volgere degli anni, di arrivare a quella stessa età, pensando che quello sarebbe stato un fatidico giro di boa nella mia esistenza. E quando, senza traumi e senza incidenti, ho superato il mio cinquantaquattresimo anno, ho cominciato a dirmi: "Ecco, ora sono diventato più vecchio di papà!". Lui è rimasto indietro, ed io, sopravvissuto, sono andato avanti, raggiungendo tappe dell'esistenza che a lui sono state precluse, dal caso e dalla necessità. E naturalmente io posso solo ricordarlo come cristallizzato nel tempo con l'aspetto che aveva nel giorno della sua morte.
E così è stato, quando ho raggiunto e superato l'età di mio fratello, che mi ha lasciato molto più di recente.
Sì, siamo dei sopravvissuti ed è per questo che non possiamo non guardare di continuo ai nostri morti.
Essi sono sempre con noi.
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