Dei miei amici stanno per prendere un cane trovatello.
Fra pochi giorni, dopo averlo scelto, lo riceveranno a casa da un canile napoletano dove è stato per circa un anno.
Pensano che la consonanza dei nomi potrebbe ingenerare qualche confusione o essere sgradita ai più.
Allora hanno pensato di chiamarlo in una maniera leggermente diversa e sembra che abbiano optato per Mario-lino...
Un simpatico escàmotage.
Mi viene da pensare alle mie prozie (le sorelle della nonna materna) che erano molto autoritarie.
Entrò in casa della mie prozie Irene e Natalia una giovane donna che veniva dalla Sardegna che - come si usava allora - si sarebbe occupata di fare i lavori domestici a tutto i servizi.
Era appena 17nne quando entrò in casa della prozia e si chiamava Maria.
Per il resto della sua vita visse con lei, salvo che per una parentesi di alcuni anni, in cui tornò nella sua terra nativa per sposarsi, ma poi tornò a casa della prozia assieme al marito (il cui nome era Gavino). Erano entrambi di Ittiri.
Maria, appena entrata in casa, suscitò imbarazzo nelle prozie perchè si chiamava nello stesso modo della nonna. Le due, allora, decisero d'autorità che da quel momento Maria sarebbe stata Mària (con l'accento retratto sulla "a") e così venne chiamata per il resto della sua vita.
Mària ci vide nascere, mio fratello e me.
Ci amava moltissimo, ma aveva un debole per me.
E da parte mia sopportava in silenzio ogni sorta di monelleria, salvo quando divenivano troppo plateali, e allora la prozia Irene mi inseguiva per casa, perchè - per punirmi - voleva pungermi la lingua con un ago.
Mi vengono i brividi solo a pensarci: ma era una cosa che andava di moda a quei tempi, anche nelle famiglie di buona cultura e di buon livello sociale a causa della persistenza inerziale dei cascami della cosiddetta "Pedagogia nera", teorizzata come metodo efficace di addestramento dei giovani virgulti nel corso del XIX secolo.
A casa nostra invece c'era - sempre a tutto servizio - una signora già abbastanza anziana al tempo della nostra nascita e originaria di Montelepre (Palermo).
Anche lei mi adorava ed egualmente sopportava da me ogni sorta di piccoli soprusi e prevaricazioni, oltre che terrificanti monellerie, alle quali cercava sempre di rimediare.
Ma sto divagando.
Anche lei si chiamava Maria. Inaudito! Per le prozie, anche lei non poteva assolutamente mantenere lo stesso nome della nonna e, quindi, loro - d'ufficio - decisero che il suo nome sarebbe stato da lì in avanti Marietta. E così fu.
Quindi, avevamo una Mària con l'accento sulla "a" ed una Marietta.
E naturalmente c'era la nonna Maria, dal temperamento dolcissimo e, nello stesso tempo, forte e paziente, quasi cieca già quando ero piccolo a causa di una grave forma di cataratta bilaterale.
E di lei ricordo che spesso, a sera tarda, mi chiedeva di infilare per lei il filo per cucire nella cruna dell'ago. "Fallo tu per me - mi diceva - tu che hai gli occhi buoni".
Io lo facevo e mi sentivo fiero di questo aiuto che le davo.
Ma anche qui sto divagando.
Insomma, le prozie risolsero elegantemente il problema delle omonimie, anche se - devo ammetterlo - con un piglio fortemente autoritario (che era tipico del loro modo di fare).
Io penso che non ci sia troppo da stare a sottolizzare.
in fondo, i nomi sono nomi e ciascuno ha diritto di avere il suo nome.
E se c'è consonanza, pazienza.
Io non mi offendo mica: a Villa Sperlinga, vicino casa, c'è uno che ha un Bull Dog - adesso purtroppo vecchietto e quasi inabile a camminare - che si chiama Maurizio e quando il suo padrone lo chiama non capisco mai se si rivolge a me oppure al suo cane...
Nell'incertezza, io rispondo sempre con cortesia al suo richiamo.
Quello che segue è un vecchio post che scrissi, una delle prime volte che incontrai il mio omonimo: Un celebre caso di omonimia