Viviamo in tempi che sono sempre più corrotti e deteriorati dal virus letale del consumismo più sfrenato, in cui vige il principio dell'usa e getta, azichà la saggia disciplina praticata dai nostri avi del "riciclo" e del riutilizzo o della semplice "conservazione" in attesa di utilizzi futuri.
In applicazione di tali principi di sobrietà e parsimonia, le immediate adiacenze delle case dei contadini erano (e, in taluni casi, sono tuttora) delle autentiche esposizioni di oggetti in disuso, che una sapienza antica imponeva di conservare "perchè, prima o poi, sarebbero potuti tornare utili".
Questo principio della conservazione e del riutilizzo vigeva a maggior ragion per gli alimenti e, per alcuni di essi, in particolare.
Il pane (che è un alimento "sacrale", per alcuni versi, a causa del particolare ciclo di crescita del frumento e che è dotato di una speciale "forza" derivante - a detta di alcuni esperti in questa materia - dalle forti influenze di tutti i pianeti) non veniva mai buttato.
Quello avanzato veniva comunque utilizzato in tanti modi diversi, applicando le "ricette povere" dei nostri avi: o si riscaldava in forno dopo averlo inumidito con acqua, per citare uno dei più semplici modi di consumare il pane raffermo, oppure veniva utilizzato con ricette più o meno elaborate come quella della toscana "ribollita" o della ligure "torta di pane" (che, in una successiva elaborazione più raffinata, si è trasformata in quei di Milano nell'odierno "Panettone"). E se non poteva più essere utilizzato per l'uso alimentare, diretto veniva portato al più vicino panificio per farne il pane macinato che poi trovava utilizzo in molteplici ricette di cucina o schietto oppure "atturratu", cioè abbrustolito.
Infine, se la quantità di pane rimasto era eccedente, veniva destitto all'alimetazione degli animali (galline, maiali, cani).
Insomma, il pane, alimento principe della dieta mediterranea assieme all'olio di oliva, non doveva essere mai buttato via.
Buttare via il pane nella spazzatura era per i nostri antenati e per la cultura contadina dalla quale molti di noi provengono un atto blasfemo che contravveniva alla sua natura sacrale.
Perchè tutte queste riflessioni?
Vi dirò che oggi, camminando per strada, ho visto un lungo filone di pane (i francesi direbbero una baguette), infilato in uno dei tanti cesti stracolmi di spazzatura varia che affligono la mia città.
Questa vista mi ha rattristato il cuore.
Mi è sembrato un delitto lasciarlo lì, quel tocco di pane, assieme a incarti oliati, bicchieri di plastica, involucri di McDonald's.
L'ho raccolto e l'ho dato al mio cane che mi trotterallava accanto.
Frida lo ha stretto felice tra i denti e ha continuato a camminare fiera ed impettita.
In fondo, per lei cane - per i suoi ascendenti - con l'indole della caccia, quella era la sua pedra.
Quando - al termine di un lungo giro - siamo ritornati a casa, con grande goduria se ne è mangiata una buona metà.
L'altra metà, invece l'ha nascosta per bene, in qualche anfratto di casa: per i tempi di grama.
Anche i cani, applicano il principio della parsimonia e del non buttare ciò che è prezioso.
Solo gli uomini del XXI della civiltà dei consumi, accecati dalla loro stotezza, invece, si permettono di buttare via il pane, mentre l'80% dell'umanità vive sotto la soglia di povertà e, di questa percentuali, milioni e milioni sono affamati e muoino di fame.
Siamo caduti in basso: potremo mai rialzarci?