«Mi sembra di vederli questi ragazzi, Franco che passeggia con i romanzi e i libri di scuola sottobraccio per le calli di Venezia, e Rosa che cammina sul ciglio della strada tornando dalla fabbrica, entrambi con i pensieri che si hanno a quell’età: un amore, le amicizie, il futuro.
Cent’anni dopo la nascita di Basaglia cerco di dipanare il groviglio di fili di due vite parallele, in cui si intrecciano storie di guerra, sofferenza, malattia mentale, speranza.»
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Nel mio percorso di letture basagliane (molte riprese e altre del tutto nuove) avviate da quando ho rinnovato i contatti con le pratiche psichiatriche (senza averne mai abbandonato i saperi) non poteva mancare un approccio all'opera di Valentina Furlanetto, Cento giorni che non torno. Storie di pazzia, di ribellione e di libertà, pubblicato molto opportunamente nel 2024, anno in cui si è celebrato il centenario della nascita di Franco Basaglia, da Laterza Editore (I Robinson Letture).
Si tratta di un testo che si muove tra biografia, ricostruzione storica degli eventi che hanno portato alla legge di riforma psichiatrica e oltre, sin quasi ai nostri giorni, ma è anche un amarcord accorato (e su questo aspetto c’è un disvelamento che sarà fatto in maniera chiara ed esplicita solo in conclusione del percorso).
Molto brava l’autrice che, partendo dal progetto di raccontare due vite parallele e coeve (quella di Rosa e quella di Franco Basaglia) riesce a raccontare con grandissima e ferrata documentazione la storia della psichiatria italiana a partire dai primi anni Sessanta sino all’attualità dei nostri giorni in cui, assieme al drammatico e radicale cambiamento della tipologia dei pazienti sofferenti di disturbi psichici, assistiamo un po’ al fallimento della visione di Basaglia e siamo costretti a doverci confrontare con la realtà dilagante della creazione di una rete di mini-manicomialità diffusa, per non parlare dei manicomi “chimici” (a cui l'amico e collega Piero Cipriano ha dedicato uno dei suoi volumi) e della persistenza di quelli mentali (o meglio con i costrutti mentali del Manicomio) e ciò in una situazione in cui è stato presentato un preoccupante progetto di legge sull’assistenza psichiatrica (momentaneamente fermo) che, sia pure in modo elegante, riaprirebbe le porte agli internamenti di lunga durata e ad una esplicita filosofia custodialistica, proprio quella che pensavamo di esserci lasciata alle spalle, anche se in chiave "modernistica", oltre a mettere nelle mani delle organizzazioni private a scopo di lucro fette ancora più grandi dell'assistenza psichiatrica.
E' un libro assolutamente da leggere, sia da parte degli addetti ai lavori (che sempre di più sono sono sommersi da informazioni in stile DSM-5 e di tipo psico-farmacologico, ma sempre meno (almeno in larga maggioranza) sono attenti ad un approccio alle problematiche della salute mentale (sia quelle del benessere psichico sia quelle della malattia) in chiave umanistica e di risoluzione dei conflitti.
(Soglie del testo) «Mi sembra di vederli questi ragazzi, Franco che passeggia con i romanzi e i libri di scuola sottobraccio per le calli di Venezia, e Rosa che cammina sul ciglio della strada tornando dalla fabbrica, entrambi con i pensieri che si hanno a quell’età: un amore, le amicizie, il futuro. Cent’anni dopo la nascita di Basaglia cerco di dipanare il groviglio di fili di due vite parallele, in cui si intrecciano storie di guerra, sofferenza, malattia mentale, speranza.»
Questa è la storia di Franco Basaglia, nato nel 1924, figura rivoluzionaria che ha dimostrato che i ‘pazzi’ potevano vivere fuori dagli istituti e che ha lottato per il superamento degli ospedali psichiatrici.
Ma è anche la storia di Rosa, coetanea di Basaglia, una giovane donna nata e cresciuta non lontano da lui, che viene investita da un’auto e che da quel momento combatte con le crisi epilettiche e con la malattia mentale.
Rosa per tutta la vita affronterà il manicomio, l’elettroshock, l’uso massiccio di psicofarmaci, l’assenza di diritti civili, lo stigma.
«Cento giorni che non torno», ripete a una delle figlie che la va a trovare in manicomio di nascosto, perché una madre internata è una vergogna.
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Le due vite di Franco e Rosa corrono parallele in un secolo in cui l’approccio alla malattia mentale cambia profondamente.
Con l’approvazione della legge 180 si apre una stagione di speranze, ma l’iniziale entusiasmo lascia spazio presto alla lotta delle famiglie con servizi pubblici sottodimensionati, alla preoccupazione per i Tso violenti, alla diffusione di un ‘manicomio chimico’.
Valentina Furlanetto ci accompagna, con la lucidità della cronista e la sensibilità della scrittrice, in un viaggio tra dolore, vergogna, voglia di libertà.
L’autrice. Valentina Furlanetto, giornalista, lavora a Radio24 e collabora con “Il Sole 24 Ore”,“Il Foglio” e “Review”. A Radio24 conduce la trasmissione Immagini. Le storie della settimana e lavora ai radiogiornali. Ha pubblicatoSi fa presto a dire madre (Melampo 2010) e L’industria della carità (Chiarelettere 2013). Per Laterza è autrice di Noi schiavisti. Come siamo diventati complici dello sfruttamento di massa (2021, Premio Leogrande Studenti 2022).
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