
Ho fatto uno strano sogno questa notte
Ero in una città sconosciuta
Ero andato a trovare un mio collega, uno con il quale tempo addietro abbiamo lavorato assieme per scrivere un libro sul disagio giovanile
Mi ritrovavo in una stanza della sua abitazione dove regnava una grande confusione
In mezzo agli oggetti sparsi sul pavimento dovevo cercare e raccogliere dei grandi volumi del formato di raccoglitori ad anelli contenenti delle mie opere, scritti ed articoli vari
Con grande fatica riuscivo a raccattarli tutti
Ne afferravo un grosso fascio e me ne andavo reggendoli sotto il braccio: dovevo trasferirli da qualche altra parte
Lo spostamento non era semplice perché i grossi volumi - in considerazione delle loro dimensioni e del loro peso - non potevano essere portati agevolmente in quel modo e mi scivolavano continuamente: ne perdevo la presa e mi cadevano per terra, costringendomi a continue soste per raccattarli
Ricordo che questi volumi erano molto impolverati
Prima di uscire, gravato del loro peso, avevo sì provato a ripulirli, ma molto grossolanamente, per cui, sparse su di essi, rimanevano chiazze d'uno spesso strato di polvere secolare che, nell'inevitabile struscio, mi imbrattava i vestiti
Arrivavamo, infine, ad un altro edificio circondato da un alto porticato monumentale, indubbiamente antico, per non dire vetusto
Il mio amico era con me, ma non nel mio campo visivo: ne percepivo la presenza alle mie spalle
Mi diceva (voce incorporea) che dovevo salire le scale dell’antico palazzo e portare quei volumi a casa sua, dopo di ché sarei dovuto scendere per ritornaresino al luogo da dove eravamo partiti per prenderne altri
Ero un poco titubante, anche perché avevo capito inizialmente che quei volumi erano destinati a me (per il mio uso personale), ma lui no, sosteneva una tesi diversa dicendo che li doveva regalare uno a ciascuno dei suoi ospiti e che glieli avrebbe consegnati in dono nel corso di un banchetto che egli avrebbe offerto loro di lì a poco
I suoi ospiti sarebbero stati nel numero di otto: motivo per cui occorreva che io stesso sarei dovuto andare a prenderne altri quattro nel luogo di partenza
Ero molto indispettito per questo
E comunque, pur recalcitrante o riluttante che di si voglia, mi accingevo a penetrare nell’antica dimora per assolvere il compito, ma c’erano delle difficoltà: l’edificio pareva impenetrabile.
Il portone di legno massiccio appariva solido ed impenetrabile, non vi era traccia di citofoni esterni e nemmeno d'un battente di ferro sull’uscio
Il mio amico che ora riuscivo a vedere e che - come all’improvviso realizzavo - era seduto su una carrozzina a rotelle mi diceva che forse avrei dovuto fare un lungo giro seguendo il perimetro dell’edificio e lì sul retro avrei trovato una porticina (quella della servitù) che mi avrebbe consentito l’accesso
Ero molto disturbato dall’idea di dover fare questa lunga scarpinata reggendo il peso degli enormi volumi, ma sapevo anche che dovevo fare buon viso a cattivo gioco
Non mi allietava nemmeno l’idea che, dopo aver depositato il primo carico, avrei dovuto ritornare indietro per il secondo
Mi sentivo costretto a fare un lavoro da mulo (senza nessuna offesa per i muli)
Ero piuttosto scontento
Dissolvenza
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Cosa sono i "libroni" del sogno? Credo che corrispondano a dei raccoglitori ad anelli, dove all'interno di buste trasparenti collocavo, in ordine cronologico, tutto ciò che scrivevo, sia che fosse stato pubblicato a stampa, sia no (e quindi anche tutto ciò che andavo via rendendo visibile sul web o che veniva pubblicato in blog e/o testate giornalistiche digitali).
All'interno di ogni busta collocavo anche le diverse versioni, sino a quella definitiva.
Ho mantenuto questa abitudine a lungo.
Ci voleva un sacco di lavoro, oltre che materiali (carta, cartucce per stampante, raccoglitori ad anello, buste trasparenti) con un dispendio non indifferente
Poi, ad un certo punto smisi.
Conservo tuttora questo imponente archivio costituito al momento da decine di "libroni".
Se avessi perseverato in questa abitudine adesso sarebbero centinaia, con un non indifferente problema di immagazzinamento…
Diciamolo pure: in un certo periodo della mia vita e poi per molti anni a seguire (almeno 12, credo) ho coltivato questa smania di "archiviare me stesso"...
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Maurizio Crispi e Eugenio Mangia, Il disagio giovanile contemporaneo. Immagini di un’adolescenza tradita, Ila Palma, 1999
Credo che questa monografia mantenga tutt’ora una sua attualità, anche se quando fu scritto un po’ precorreva i tempi perché il nostro sforzo fu quello di cercare di trovare un filo rosso conduttore che unisse temi e problematiche solo apparentemente diversi.
Oggi richiederebbe di sicuro qualche ulteriore approfondimento per quanto concerne la pervasività delle moderne tecnologie digitali
Peccato che il volume in formato cartaceo non sia più disponibile nel commercio se no con qualche copia di seconda mano.
(Quarta di copertina) Perché sono oggi così attratti dai “non luoghi“ e dai “luoghi eterotopici“, moderni scenari metropolitani generatori di solitudine?
E che cosa li spinge ad impegnarsi ripetutamente in comportamenti rischiosi o corteggiare la morte?
In una società che è stata definita “normalmente tossicomanica“, ha ancora un senso parlare di prevenzione delle tossicodipendenze?
A quali motivazioni risponde il crescente consumo di designer drugs da parte dei giovani della “ecstasy generation”?
Quale valenza psicologica assume il moderno fenomeno delle “pubbliche confessioni“ televisive: storie di vita, di separazioni, di disastri familiari e fallimenti educativi, raccontate dagli adolescenti e dei loro genitori, all’interno dei salotti o delle platee di quella che è stata definita la “TV del dolore”?
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